3
militari, ha provato il colpo di mano secondo lui più facile, l’occupazione della Grecia. Il
regime andò così incontro ad un disastro totale, perdendo il consenso, che si era creato con
la conquista dell’Etiopia e le successive sanzioni.
Storicamente l’Italia e il suo esercito non si sono mai trovati a dover impostare un attacco
premeditato, sullo stampo dell’offensiva tedesca in Norvegia o di quella giapponese a Pearl
Harbour, Mussolini chiese proprio questo ai suoi generali, una versione italiana della
blitzkrieg germanica, ignorando o facendo finta d’ignorare le concezioni tattiche di una
forza militare saldamente ancorata all’esperienza della grande guerra.
Una guerra, quindi, voluta da Roma senza il consenso di Berlino, dove le responsabilità
politiche, come si vedrà, sono d’attribuirsi esclusivamente a Mussolini ed agli uomini
orbitanti nella cerchia del ministro degli Esteri Ciano.
Una guerra che ha messo in luce tutta la precarietà e la velleitarietà della politica
guerrafondaia del regime e l’impreparazione del Regio Esercito all’azione militare nella
quale fu trascinato.
Le fonti utilizzate sono per la maggior parte edite: un buon numero di opere di vario taglio
e spessore sono state scritte sull’argomento, dalla saggistica alla memorialistica,
comprendendo un arco temporale dal va dal 1941, a campagna finita (i libri scritti durante
il regime sono inevitabilmente intrisi di motivi propagandistici, ma come si vedrà non
mancano di alcuni spunti interessanti) agli anni Ottanta.
Ho analizzato vari epistolari e diari di combattenti, che sono il “cuore” di questa ricerca, in
quanto il fine che mi sono posto è quello di dar voce alla testimonianza diretta del soldato
in Albania per poi trarne delle considerazioni e riflessioni contestualizzando il tutto per
diverse tematiche.
Tra questi voglio ricordare l’opera di Giulio Bedeschi “Fronte greco albanese c’ero
anch’io” per la quantità delle testimonianze presenti, gli epistolari raccolti da Bianca Ceva
nel volume “Cinque anni di storia italiana” e l’ampio studio sulla memorialistica presente
nell’Annale V della Fondazione Micheletti.
La memorialistica del dopoguerra ha conosciuto il periodo di maggior fortuna dalla fine
degli anni sessanta agli inizi degli anni ottanta, con delle punte minori a cavallo degli anni
1949-1951 e 1959-1961 in seguito all’interesse del grande pubblico per la campagna di
Russia dopo l’uscita di “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi e del
“Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Di riflesso anche la “minore” campagna di
Grecia ha trovato un suo spazio.
4
Riguardo alla saggistica ho utilizzato fonti storico- militari (su tutte la relazione ufficiale
dello Stato maggiore dell’esercito italiano sulla campagna di Grecia scritta dal generale
Mario Montanari), diplomatiche (testi e volumi dei personaggi politici chiave della
vicenda) e opere di carattere generale (in particolare la “ Storia della guerra di Grecia” di
Mario Cervi).
La struttura del lavoro si articola in tre capitoli. Una prima parte tratta le vicende politico
militari della campagna, un quadro d’insieme sul variabile sviluppo dei rapporti italo greci,
l’ambiguo atteggiamento di Roma dall’occupazione dell’Albania al 28 ottobre 1940 e la
precaria condotta della guerra.
La seconda parte, dedicata ai soldati italiani, intende, attraverso le memorie di
quest’ultimi, tracciare un profilo del soldato lungo tre filoni che ho trovato idonei per
raccontarne la vicenda umana: le variegate motivazioni che animavano gli uomini partiti
dall’Italia, ovvero com’era sentita dalle truppe la brutta guerra di Grecia; le condizioni di
vita al fronte, segnate dalla sofferenza e dal disagio materiale; i pericoli della guerra, ossia
come gli uomini combattevano e morivano sulle montagne d’Albania.
La terza parte riguarda i comandanti superiori e i gerarchi in Albania. Si considera, oltre lo
studio dei piani operativi contro la Grecia elaborati dall’occupazione dell’Albania in avanti
(con un parentesi su quelli difensivi greci), anche l’opera dei tre generali che si
susseguirono al comando delle truppe in Albania durante la campagna; Sebastiano Visconti
Prasca, Ubaldo Soddu, Ugo Cavallero. Questa parte del lavoro è svolta grazie all’analisi
delle memorie di questi ultimi e di altre opere di carattere militare.
I gerarchi al fronte sono trattati nella parte finale, dalla loro mobilitazione dai ministeri,
voluta da Mussolini, all’esperienza in Epiro. L’ampia memorialistica al riguardo (volumi
di Ciano, Bottai, Grandi) mi ha permesso di esporre un quadro ben definito sulle vicende
politiche, militari e personali degli uomini di spicco della gerarchia del PNF e del governo.
La valutazione complessiva delle fonti mi ha permesso di giungere ad alcune conclusioni.
La diplomazia italiana si mosse verso la questione greca sostanzialmente su due binari. Il
primo canale, ufficiale, legato all’ ambasciata italiana ad Atene, in particolare al ministro
plenipotenziario Emanuele Grazzi e all’addetto militare Luigi Mondini, che lavorarono
tenacemente ad un miglioramento delle relazioni tra i due paesi. Anzi, date le
caratteristiche del regime instaurato da Ioannis Metaxas, giunsero alla conclusione che la
Grecia potesse diventare, se non cobelligerante e alleata, almeno favorevole alle potenze
dell’Asse. Pensiero vicino a quello di Berlino.
5
Il secondo canale, ufficioso, era legato al ministro degli esteri Galeazzo Ciano che aveva
regolarmente scavalcato la diplomazia, per gestire la politica guerrafondaia contro Atene,
appoggiato dal luogotenente generale del re in Albania Francesco Jacomoni, pronto ad
orientare Mussolini, verso propositi bellicosi, ogni volta che le relazioni raggiungevano alti
picchi di tensione.
Mussolini rimase, in più occasioni, indeciso se attaccare o meno la Grecia; la questione
dell’espansione tedesca verso la Romania e i Balcani fu la scintilla che gli fece sciogliere
ogni dubbio a riguardo, anche se la “camarilla” legata al conte Ciano, fu sempre abile
nell’aver buon gioco, ogni volta se ne presentava l’occasione.
L’esercito peccò d’imprudenza nell’invasione. Il Capo di Stato Maggiore Generale Pietro
Badoglio e il generale Mario Roatta si difesero sostenendo che il Duce aveva assicurato la
copertura politica all’azione, che a suo giudizio sarebbe stata una passeggiata militare,
trascurando i piani operativi, che consigliavano l’uso di un maggior numero di uomini e
mezzi e non sottovalutavano le potenzialità dell’esercito greco.
In generale gli alti comandi, anche al momento della dichiarazione di guerra, oltre che dare
qualche timido consiglio a Mussolini, non si opposero mai fermamente. Anche sapendo i
limiti dell’organizzazione e della potenza militare italiana, nessuno si impuntò,
anteponendo al buon senso la paura di veder finita una brillante carriera.
I soldati sopportarono l’intero peso della vicenda. Al prezzo d’immensi sacrifici riuscirono
a tenere le posizioni e ad evitare l’espulsione dal territorio albanese, salvando il debole
prestigio delle Forze Armate.
Il partito fascista e l’intera struttura del regime vide il fallimento di vent’anni di retorica
bellicista ed imperialista, svelando al popolo italiano la precarietà della costruzione
mussoliniana. Se gli italiani esultarono nei momenti dell’Impero e del “posto al sole”,
quando si trattava di combattere guerre coloniali, alle prime bombe cadute sulle città
cominciarono a mettere in dubbio l’infallibilità del fascismo e del suo Duce.
I gerarchi mobilitati, nelle loro trattazioni e memorie, evidenziarono questi fattori, anche se
aspettarono il 25 luglio 1943, per cercar di rimediare alla situazione con la complicità
dell’esercito e della casa sabauda, quest’ultima dal comportamento ancor più riprovevole,
tanto gaudente alla prospettiva di nuove annessioni territoriali, quanto abile nello
sganciarsi quando le cose mutavano al peggio.
In conclusione l’intento di questa ricerca è stato quello di portare un contributo agli studi
sulla campagna di Grecia, al fine di preservarne la memoria storica.
6
E soprattutto la memoria di tutti gli umili fanti ed alpini che nel fior della gioventù,
vennero mandati a morire sul fronte greco albanese per la volontà di un uomo che, con il
desiderio di voler riportare l’Impero “sui colli fatali di Roma”, trascinò il nostro paese
nella tragedia del conflitto mondiale.
Se vi possono essere delle attenuanti per quanto riguarda la convinzione nel giugno 1940,
da parte del capo del governo, sulla brevità del conflitto ma non sul “migliaio di morti per
sedersi al tavolo della pace”, per l’aggressione indiscriminata alla Grecia il giudizio finale
non può essere che una ferma ed assoluta condanna da estendere ai successivi due anni di
occupazione militare sotto l’egida della Germania nazionalsocialista. Anche se non si
raggiunsero gli eccessi commessi in Jugoslavia (il famoso “si uccide troppo poco” del
generale Roatta), anche se molti studi e testimonianze confermano che gli italiani si
comportarono meglio di alcuni reparti tedeschi, specialmente le S.S. , le responsabilità per
le morti del terribile inverno 1941-1942 e altri episodi di repressione, corruzione e
sfruttamento deliberato delle risorse, sono da attribuire in buona parte all’amministrazione
militare italiana.
7
I
IL CONFLITTO ITALO GRECO,
UNA VISIONE D’INSIEME
1. I prodromi del conflitto, le tensioni italo-greche dalle origini al
settembre 1940
Fin dalle guerre balcaniche vi erano stati parecchi motivi d’attrito fra Italia e Grecia ma
l’episodio più grave si verificò il 27 agosto 1923. Una missione ufficiale agli ordini del
generale Enrico Tellini, incaricata di fissare i confini greco albanesi, venne trucidata in
territorio greco a Gianina; l’Italia chiese un indennità di 50 milioni di lire e la pena capitale
per i responsabili, secondo Roma, noti al governo greco. La Grecia si rivolse alla Società
delle Nazioni per ridiscutere tutte le richieste italiane, mentre Mussolini ordinò dapprima il
bombardamento di Corfù e quindi l’invasione dell’isola. La successiva mediazione inglese
portò alla risoluzione dell’incidente, gli italiani si ritirarono da Corfù, mentre la Grecia
pagò un’indennità all’Italia e l’indagine sull’eccidio della missione Tellini fu affidata ad
una commissione alleata.
Cinque anni più tardi, il 23 settembre 1928, venne stipulato a Roma tra Venizelos e
Mussolini il trattato di amicizia, di conciliazione e di regolamento giudiziario che in ogni
caso non modificò di molto i rapporti italo greci, infatti, sia in occasione delle sanzioni
decise dalla Società delle Nazioni contro l’intervento italiano in Etiopia e sia durante la
guerra civile spagnola il governo ellenico si schierò contro l’Italia.
In Grecia vi era timore delle pretese territoriali italiane, scrive a proposito l’addetto
militare italiano ad Atene dall’agosto 1938 all’ottobre 1940, generale Mondini:
“Inoltre, all’Italia erano attribuite mire espansionistiche su tutto l’Eptaneso, l’arcipelago
delle isole Jonie (…) di tanto in tanto i timori di colpi di mano nello Jonio si ridestavano,
specie quando a ridestarli erano fonti degne di rispetto. Se dobbiamo dar credito al libro
8
bianco greco (dal titolo L’aggression del l’Italie contre la Grèce, edito ad Atene nel 1940;
documenti n. 58, 59, 62) voci del genere trovano talvolta la loro fonte negli ambienti del
Vaticano (…) motivo di frizione era anche l’occupazione del Dodecanneso conquistato
alla Turchia ma di popolazione prevalentemente greca
1
”.
Qualcosa cambiò in quest’atteggiamento dopo la vittoria italiana in Etiopia, l’affermazione
di Franco e l’instaurazione in Grecia nel 1936 del regime dittatoriale del generale Metaxas.
Metaxas aveva imposto alla Grecia un regime di stampo fascista e una certa cuginanza
ideologica univa indubbiamente il regime greco a quello italiano. Cervi riporta nell’opera
“Storia della guerra di Grecia” le seguenti considerazioni:
“ Metaxas, da buon militare, ammirava i tedeschi nelle cui accademie si era, oltretutto,
perfezionato. Il suo spirito patriottico era intenso e sincero. Esistevano dunque tutti i
presupposti per un’opera di penetrazione politica e diplomatica che l’affinità dei regimi
avrebbe dovuto rendere abbastanza agevole (…) Il fascismo avrebbe potuto puntare molte
carte su quest’uomo, che era in qualche modo un uomo suo, posto a capo della Grecia per
farsene un alleato. Era la strada che volevano imboccare, con ogni evidenza, i tedeschi.
Metaxas aveva trascorso quattro anni di esilio politico a Siena, sentiva le affinità
mediterranee tra greci e italiani
2
”.
Un giudizio simile lo da Grazzi ministro d’Italia ad Atene: “Se in tutta la Grecia vi era un
solo uomo che provasse veramente un sentimento d’affetto per l’Italia quell’ uomo era
Giovanni Metaxas
3
”.
L’occupazione dell’Albania, attuata i primi di aprile del 1939, sconvolse gli assetti
balcanici insospettendo le nazioni vicine circa le intenzioni italiane nell’area.
Nel mondo ellenico lo scalpore fu enorme, lo sbarco del corpo di spedizione agitò a tal
punto l’opinione pubblica greca da spingerla a chiedersi se le truppe italiane non avrebbero
proseguito l’avanzata oltre il confine albanese e occupato Corfù.
Il 9 aprile l’incaricato d’affari italiano ad Atene ricevette da Mussolini un telegramma
rassicurante:
1
L. Mondini, Disavventure in Grecia, in AA.VV., Storia della seconda guerra mondiale, Rizzoli, Milano,
1965, pp. 415-416.
2
M. Cervi, Storia della guerra di Grecia, Rizzoli, Milano, 2005, pp. 17-18.
3
E. Grazzi, Il principio della fine, Faro, Roma, 1945, p. 27.
9
“Visitate personalmente Metaxas e ditegli da parte mia che gli esprimo tutta la mia
soddisfazione per l’atteggiamento osservato dalla Grecia nei riguardi di Zog e che lo
ringrazio per tutte le misure prese allo scopo d’impedire manifestazioni di Zog che
potrebbero gettare un ombra, sia la più lieve sui rapporti amichevoli che uniscono i due
paesi e il cui mantenimento sarà la base della mia politica nel presente e nell’avvenire
4
”.
Sempre il 9 aprile, a mezzanotte, Metaxas ricevette il ministro di Gran Bretagna ad Atene e
gli fece sapere che era deciso a resistere a qualsiasi attacco, che non avrebbe consentito
neppure ad un’occupazione limitata o parziale del territorio greco, e che perciò la guerra,
se fosse scoppiata, sarebbe stata totale. Poche ore dopo da Londra telegrafò il ministro di
Grecia Simopoulos:
“Il ministro degli esteri mi ha detto che l’incaricato d’affari italiano gli ha fatto visita ieri
sera e gli ha dichiarato da parte di Mussolini che l’Italia non nutre alcuna intenzione
ostile nei confronti della Grecia e della Jugoslavia, dove d’altronde, non è stata
manifestata alcuna inquietudine
5
”.
Il giorno successivo giunse a Metaxas una comunicazione verbale di Mussolini tramite
l’incaricato d’affari italiano:
“Qualsiasi voce possa essere o possa correre in merito ad una pretesa azione italiana
contro la Grecia è falsa. Non può essere che diffusa da agenti provocatori. L’Italia
fascista conferma essere sua intenzione di rispettare nella maniera più assoluta l’integrità
territoriale ed insulare della Grecia. L’Italia fascista vuole mantenere e sviluppare sempre
di più le relazioni cordiali di amicizia che uniscono i due paesi. Essa è disposta a fornire
prove concrete di tale volontà
6
”.
A seguito di questi sviluppi la calma ritornò ad Atene, soprattutto dopo la garanzia franco
britannica del 13 aprile; Chamberlain ai Comuni, Halifax alla camera dei Lords e Daladier
alla stampa francese dichiararono che la Gran Bretagna e la Francia non avrebbero
accettato cambiamenti nella situazione balcanica, e che, se la Grecia o la Romania fossero
4
M. Cervi, Storia della guerra di Grecia, cit., p. 19.
5
M. Montanari, L’esercito italiano nella campagna di Grecia, Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico,
Roma, 2001, p. 10.
6
E. Grazzi, Il principio della fine, cit., p. 16.
10
state costrette a difendersi con le armi contro un attentato alla loro indipendenza, esse
avrebbero prestato ogni aiuto in loro potere.
La vicenda si concluse con la partenza di Re Zog verso Londra. Il Re d’Albania si era
rifugiato in Grecia con la moglie e i familiari, prima a Larissa poi a Volos. Gli fu impedito
di svolgere qualsiasi attività politica, a dimostrazione della neutralità greca nella vicenda
albanese.
Il nuovo ministro d’Italia Grazzi cominciò il suo lavoro alla delegazione di Atene; è bene
sottolineare come i canali diplomatici italiani viaggiassero su due piani differenti, quello
ufficiale e quello “ufficioso” del ministero degli Esteri. Lo stesso Grazzi, riguardo al suo
appuntamento con Ciano a Palazzo Chigi del 14 aprile 1939 prima di partire per la Grecia,
riporta:
“Attesi pazientemente fin verso le 21. A quel momento apparve nell’anticamera il capo di
gabinetto Anfuso, e mi disse che il ministro stava cenando con Muti, che non aveva nulla
di particolare da dirmi, e che mi augurava buon viaggio
7
”. Così Cervi: “Grazzi credeva di
andare a distendere le relazioni italo-greche, e Ciano non gli aveva dato spiegazioni. In
realtà a Ciano importava abbastanza poco quel che Grazzi potesse fare o riferire. La sua
politica verso la Grecia seguiva altri canali e si valeva di altre fonti d’informazione.
Questa era del resto in quel momento la caratteristica dell’azione del nostro ministero
degli Esteri, dove il <Gabinetto>, ossia il gruppetto di funzionari che circondava Ciano,
trattava e definiva tutti i problemi importanti all’insaputa dei responsabili delle direzioni
generali e di molti capi missione (…) I rappresentanti diplomatici che non si trovassero
nella cerchia privilegiata degli amici personali del ministro venivano ignorati o
scavalcati
8
”.
Nei mesi successivi la tensione internazionale andava acuendosi, a maggio Italia e
Germania firmarono il patto d’acciaio, nel frattempo l’atteggiamento verso la Grecia
alternava propositi guerreschi a politiche compiacenti.
Il 12 maggio annota Ciano nel “Diario” riguardo alla situazione albanese: “I lavori
pubblici cominciano ad andare bene. Tutto il programma stradale viene rivolto verso i
confini greci. Ciò è stato ordinato dal Duce che medita sempre di più di saltare addosso
7
Ivi, p. 18.
8
M. Cervi, Storia della guerra di Grecia, cit., pp. 20-21.
11
alla Grecia alla prima occasione
9
”, mentre a luglio Irene di Grecia, sorella di re Giorgio
II, sposò a Firenze il duca Aimone di Savoia-Aosta.
La crisi arrivò durante la seconda quindicina di agosto, in concomitanza della tensione
internazionale per il corridoio di Danzica; la Grecia improvvisamente attuò una
mobilitazione parziale delle sue truppe, ammassando ingenti forze alla frontiera albanese,
di conseguenza quattro delle cinque divisioni italiane presenti in Albania fecero altrettanto.
Già il 16 agosto Badoglio, capo di Stato Maggiore Generale ebbe ordine di preparare un
piano di guerra contro la Grecia.
Nel clima d’inquietudine generale che si stava creando, il ministro Grazzi il 21 agosto si
recò in visita al generale Metaxas. Ecco qui di seguito un ampio stralcio dell’incontro con
le parole del Ministro d’Italia ad Atene dalla relazione fatta a Ciano:
“Dopo un breve scambio di idee sulla situazione generale, che Metaxas vede con molto
pessimismo, mentre stavo per prender congedo (…) il Presidente mi ha pregato di
rimanere, desiderando intrattenersi con me sull’insieme dei rapporti italo-greci. Sua
Eccellenza, prendendo le mosse da un colloquio avuto con l’Eccellenza vostra avrebbe
avuto su questo argomento col Ministro di Grecia a Roma, mi ha detto di essere
profondamente dolente di dover constatare il continuo peggioramento dei rapporti italo-
greci, mentre era e rimane vivissimo desiderio del governo greco di avere con l’Italia le
migliori relazioni. Egli ha iniziato una lunga esposizione delle relazioni italo-greche,
partendo dal periodo delle sanzioni, intesa a mettere in luce questo concetto: che se da
parte greca possono essere stati commessi degli errori, da parte italiana si è mostrato di
non annettere grande valore all’amicizia ellenica (…).
Il Presidente ha ripreso la sua esposizione ripetendo che egli all’amicizia italiana annette
il massimo valore. L’aver accettato la garanzia franco-inglese non significa affatto che la
Grecia si sia schierata nel campo a noi avverso. Con altrettanta sincerità e riconoscenza
egli ha accettato anche la garanzia italiana (…).
Ho avuto a questo momento l’impressione che, pur senza riferirvisi espressamente, il
presidente avesse in mente la prossima scadenza del patto italo-greco.
Ho detto a S.E. che, come io avevo ascoltato la sua dettagliata esposizione, della quale
apprezzavo il tono di cordiale franchezza, egli doveva ora permettermi di rispondergli con
pari franchezza Premesso che non potevo entrare in discussione con lui sulla nostra
9
G. Ciano, Diario, Rizzoli, Milano, 2004, pp. 296-297.
12
politica nel Dodecanneso, la quale riguarda solo noi, gli ho detto essere inevitabile che in
Italia esista l’impressione che la Grecia abbia cercato di diventare un anello delle potenze
occidentali. Accettare le garanzie offerte da queste ultime era già in certo qual modo una
violazione di neutralità. Alle profferte anglo-francesi la Grecia avrebbe potuto rispondere,
come hanno fatto gli stati baltici di non sentirsi minacciata da alcuno.
Il Presidente mi ha interrotto per dirmi che la situazione greca era in quel momento ben
diversa da quella degli stati baltici. Anche se egli, personalmente, era sicuro che l’Italia
non nutriva propositi aggressivi verso la Grecia, l’opinione pubblica ellenica era
vivamente allarmata e del resto non mancavano manifestazioni italiane, anche di stampa,
che davano adito al sospetto che l’occupazione dell’Albania avrebbe avuto ulteriori
sviluppi ai danni della Grecia. Egli era lieto di constatare come il contegno delle forze
italiane alla frontiera sia stato più che corretto: tuttavia anche in occasione della recente
visita di V.E. in Albania sarebbero stati esposti in qualche località cartelli reclamanti
l’occupazione della Ciamuria. Egli non poteva respingere l’offerta anglo-francese, la
quale, del resto, copre anche l’eventualità di un’aggressione bulgara, senza crescere a
dismisura l’allarme dell’opinione pubblica. Gli ho risposto che questo pericolo mi pareva
grandemente esagerato. Egli era fin dal 9 Aprile in possesso di una nettissima
dichiarazione italiana, la quale avrebbe dovuto bastare a dissipare ogni allarme suscitato
nell’opinione pubblica da una errata interpretazione di manifestazioni altamente
esagerate e sottolineate dalla propaganda a noi avversa (…)
(…) Del resto la stessa allusione contenuta nel suo messaggio del 4 Agosto a una crisi
dello scorso Aprile che avrebbe minacciato il popolo greco era, a mio avviso,
ingiustificata e non poteva non creare una sfavorevole impressione in Italia. Nello scorso
Aprile non vi è stata alcuna crisi. Vi è stata solo una sistemazione dei nostri rapporti con
l’Albania, ratificata dalla enorme maggioranza degli albanesi e che non ha per nulla
minacciato la Grecia (…).
La discussione si è protratta per oltre un’ora, si è conclusa nel modo più cordiale da parte
del Presidente, col rinnovato voto da parte sua per un rapido miglioramento dei rapporti
italo-ellenici e con la preghiera che io riferissi a V.E. quanto egli mi aveva detto (…)
10
”.
Questo documento fornisce un quadro esauriente di come la situazione si presentava agli
occhi delle autorità elleniche, mentre per quanto concerne l’Italia, il rapporto del ministro
10
E. Grazzi, Il principio della fine, cit., p. 51 e seg.
13
Grazzi non ebbe alcun seguito, essendo lo stesso diplomatico all’oscuro del pensiero di
Ciano verso la Grecia.
Pochi giorni dopo anche l’addetto militare ad Atene Mondini chiese un colloquio
chiarificatore con il generale Papagos, capo dello Stato Maggiore greco, il quale denunciò i
frequenti sorvoli di territorio da parte di aerei italiani e lo schieramento di 4 divisioni alla
frontiera albanese. Mondini replicò punto per punto cercando di minimizzare tali episodi
denunciando a sua volta grossi movimenti di truppe greche e Papagos rispose: “Se proprio
volete saperlo, tutte queste misure noi le stiamo prendendo per voi italiani
11
”. Il colloquio
terminò in un’atmosfera molto tesa.
La situazione si ricompose con lo scoppio della guerra tra la Germania e gli alleati, il 2
settembre un comunicato dell’Agenzia Stefani divulgò la decisione italiana di non
belligeranza e Grazzi fu subito convocato da Metaxas, il quale espresse l’apprezzamento
suo e del popolo greco ed auspicò “un prossimo miglioramento delle relazioni tra Italia e
Grecia, le quali potrebbero tanto efficacemente collaborare nel campo politico, economico
e culturale
12
”.
Grazzi riferì il colloquio a Roma e richiamatovi, Mussolini gli dettò un promemoria da
consegnare al governo greco redatto nei seguenti termini:
“I – L’Italia ha già dichiarato in data 1° settembre che non intende assumere iniziativa
alcuna di operazioni militari.
II – Questa decisione del Consiglio dei Ministri, che vale in generale, vale
particolarmente nei confronti della Grecia.
III – Anche nell’eventualità, che l’Italia non può escludere data la sua posizione di grande
Potenza, di un suo intervento nel conflitto, l’Italia non prenderà l’iniziativa di operazioni
nei confronti della Grecia.
IV – Per dimostrare in modo concreto i sentimenti da cui è animato il governo italiano e
in modo speciale il Duce nei riguardi della Grecia, sarà ordinato il ritiro delle truppe
italiane a 20 Km dal confine greco-albanese.
V – Il Duce non esclude la possibilità nonostante le vicende attuali, di riprendere e
stabilizzare quella politica d’intesa fra l’Italia e la Grecia che ebbe consacrazione in
appositi accordi di carattere diplomatico
13
”.
11
L. Mondini, Prologo del conflitto italo-greco, Garzanti, Milano, 1945, p. 155.
12
E. Grazzi, Il principio della fine, cit. p. 63.
13
Ivi, p. 65.
14
L’esito della missione Grazzi ebbe l’apparenza di un vero successo, tanto che il 20
settembre le agenzie dei due paesi diramarono alla stampa il seguente comunicato:
“Il governo italiano e il governo ellenico, avendo ravvisato l’utilità, nella presente
situazione dell’Europa, di esaminare con particolare attenzione lo stato attuale dei
rapporti fra i due paesi, sono stati lieti di constatare che questi rapporti continuano ad
essere sinceramente amichevoli e ad essere ispirati da una completa reciproca fiducia.
Una prova concreta di questi sentimenti è stata fornita dalla decisione del Governo
italiano di allontanare le sue forze militari dalla frontiera greco-albanese, come pure
dagli analoghi provvedimenti che il governo ellenico sta adottando da parte sua
14
”.
Era ancora in sospeso la questione del rinnovo del decennale trattato di amicizia del 1928;
l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni rendeva il patto non riformulabile in
quell’ambito, conseguentemente in sua vece fu pubblicato uno scambio di note firmate,
nelle quali i due Governi si dichiaravano decisi “ad ispirarsi ai principi di amicizia e di
collaborazione contenuti nel Patto di amicizia, di conciliazione e di regolamento
giudiziario firmato a Roma il 23 settembre 1928 tra l’Italia e la Grecia
15
”.
La Grecia comunque non si era del tutto convinta della volontà italiana e le sue apprensioni
duravano, in tal senso il col. Mondini riferisce:
“ Ad ogni modo, l’abolizione delle misure militari sollevò generale soddisfazione (…)
Però la controllata stampa greca diede scarsissimo rilievo all’avvenimento, non commentò
il comunicato e, pochi giorni dopo, l’addetto militare turco, col quale intrattenevo
amichevoli rapporti, confidenzialmente mi assicurò che Metaxas aveva dichiarato al
ministro plenipotenziario turco che fra l’Italia e la Grecia non sarebbe stato firmato alcun
trattato e l’accordo non avrebbe avuto altra sanzione che uno scambio di note (…) E non
si andò oltre questo effimero, illusorio scambio di buoni proponimenti
16
”.
Metaxas in cuor suo aspirava ad una garanzia da parte di tutti i belligeranti; la riprova
furono i ripetuti approcci alla Germania, affinché lo garantisse in qualche modo dalle mire
14
M. Montanari, L’esercito italiano nella campagna di Grecia, cit., p. 15.
15
Ibidem.
16
L. Mondini, Disavventure in Grecia, cit. p. 419.
15
italiane e il suo tergiversare rispetto alle offerte d’appoggio franco-britanniche. Al riguardo
riporta Cervi:
“La Francia, che sembrava tuttora una formidabile potenza militare aveva ambizioni di
apertura di un fronte balcanico. Weygand, che era in Siria, avviò complesse trattative
franco-turco-anglo-greche. I greci impostarono il problema soprattutto dal punto di vista
delle misure da prendere per l’aiuto degli alleati in caso di attacco italiano e bulgaro: il
francese avrebbe voluto dar subito l’avvio ad una cooperazione militare... Ad essa
Papagos afferma, ed è credibile, di essersi opposto, e di avere soltanto consentito a che
due ufficiali francesi in abiti borghesi compissero una ricognizione sugli aeroporti che
sarebbero stati messi a disposizione degli alleati in caso di guerra
17
”.
Conclusasi la crisi iniziò un periodo in cui fra Italia e Grecia “come forse mai, le relazioni
pubbliche raggiunsero forme e parvenza di vera cordialità
18
” , a fine settembre l’Italia
partecipò ufficialmente alla fiera di Salonicco e il padiglione italiano fu visitato dalle più
alte autorità elleniche compresi il re, il fratello Paolo principe ereditario e la consorte.
Nel gennaio 1940 fu allestita, sempre a Salonicco, una fiera del libro italiano inaugurata
dall’onorevole Giuseppe Bottai, ministro dell’educazione nazionale con un discorso
inneggiante alla rinata amicizia fra Ellade e Roma. L’Istituto di cultura italiano e il
Comitato Atene-Roma promossero conferenze, relazioni culturali e corsi di lingua italiana;
vennero concesse alte onorificenze italiane a personalità elleniche e gli affari commerciali
ripresero nuovo impulso,“non sempre con felice esito e spesso per colpa italiana”,
aggiunge il col. Mondini, “una fornitura di aerei fu mandata a monte alla vigilia della
firma del contratto da improvvise richieste del ministero degli scambi e valute e una di
locomotive fu boicottata dall’alleato tedesco, che offrì condizioni eccezionalmente
favorevoli
19
”. Nonostante questi inconvenienti il nuovo corso sembrava percorrere solidi
binari:
“I rapporti erano diventati tanto amichevoli, da indurre il gen. Papagos a chiedermi se
l’Italia sarebbe stata disposta a vendere qualche batteria d’artiglieria (…) Una notevole
prova di fiducia mi venne offerta autorizzandomi a visitare istituti militari, la scuola degli
17
M. Cervi, Storia della guerra di Grecia, cit. pp. 24-25.
18
L. Mondini, Disavventure in Grecia, cit. p. 419.
19
Ibidem.
16
Euelpidi (l’Accademia militare), le scuole d’artiglieria a Tebe e di cavalleria a Larissa,
quella di guerra da poco ricostituita a Salonicco, nonché qualche reggimento
20
”.
A parte qualche episodio quindi, nulla turbò la rinnovata cordialità dei rapporti italo-greci
per molti mesi, precisamente fino al 10 giugno 1940, quando Mussolini annunciò al mondo
la “scesa in campo contro le demoplutocrazie giudaiche” al fianco della Germania
hitleriana.
L’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940 produsse in Grecia un sentimento di forte
apprensione per eventuali pressioni italiane verso Corfù e il confine albanese in funzione
antibritannica, “Non vi fu in tutta la Grecia una sola persona – scrisse il ministro d’Italia
Grazzi – che non considerasse come una calamità l’entrata in guerra dell’Italia
21
”.
Mussolini nella dichiarazione di guerra, in ogni modo, espresse la posizione dell’Italia in
questi termini:
“ Io dichiaro solennemente che l’Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con
essa confinanti per terra o per mare. Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto
prendano atto di queste mie parole. Dipende da loro e soltanto da loro se esse saranno o
no rigorosamente confermate
22
”.
E’ evidente che l’ultima frase toglieva alla dichiarazione gran parte del suo valore ma
Metaxas ostentò di voler dare all’assicurazione di Mussolini il significato più estensivo,
chiese di vedere Grazzi, e si affrettò a comunicargli che:
“ La Grecia è fortemente decisa a conservare la più stretta neutralità (…) la Grecia è
decisa a difendersi con le armi e l’Inghilterra è stata informata di tale decisione (…)
questa guerra chiarificherà l’atmosfera nel Mediterraneo e renderà possibile quella più
intima collaborazione tra l’Italia e la Grecia
23
”.
Anche l’addetto militare ad Atene col. Mondini riportò delle impressioni simili: “Al
mattino dell’11 Giugno il generale Papagos tenne ad assicurarmi che il suo governo aveva
molto apprezzato la dichiarazione di Mussolini e mi assicurò che la neutralità sarebbe
20
Ibidem.
21
E. Grazzi, Il principio della fine, cit., p. 109.
22
M. Cervi, Storia della guerra di Grecia, cit., p. 26.
23
Ivi, p. 27.