4
L'analisi risulta poi diversa anche a causa della differenza nel tipo e
nel numero di informazioni disponibili, a seconda che sia condotta da
un analista interno o da un analista esterno all'organizzazione
aziendale.
Il punto di partenza dell'analisi di bilancio è costituito dallo studio del
sistema impresa nel caso generale; l'equilibrio economico dell'impresa
viene infatti raggiunto quando siano soddisfatte le seguenti condizioni:
¾ i ricavi conseguiti riescono a coprire i costi ed assicurano
una congrua remunerazione ai fattori in posizione residuale;
¾ si raggiunge un'adeguata potenza finanziaria.
Altrimenti detto: gli obiettivi dell'impresa sono il profitto, lo sviluppo
e la sopravvivenza.
Oggetto del presente lavoro è lo studio, mediante un’analisi di
bilancio di tipo statico o “per indici”, di un’impresa operante nel
settore della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), da anni leader
nel proprio territorio di competenza. Ciò è stato possibile grazie
all’utilizzo e all’analisi dei bilanci di tre esercizi consecutivi
dell’azienda presa in considerazione, chiamata Aligros s.p.a., società
attiva sul mercato da circa trenta anni e, da più di dieci, leader
nell’area del Salento (Province di Lecce, Brindisi e Taranto).
5
Gli esercizi oggetto di questa analisi sono stati quelli degli anni 2001,
2002 e 2003. Questa scelta risponde ad una duplice esigenza:
il primo motivo è rappresentato dal passaggio definitivo alla
nuova valuta europea, cosa che ha impegnato l’ufficio
amministrativo di Aligros per moltissimo tempo, con l’obiettivo
di assicurare una contabilità chiara e semplice insieme allo
studio e alla previsione di futuri scenari competitivi. Per
esaudire questa volontà, quindi, è stato incluso l’anno 2001
(ultimo esercizio con contabilità in lire) come inizio
dell’orizzonte di analisi.
a seconda ragione risponde all’esigenza di studiare il quadro
economico e finanziario di Aligros prima, durante e dopo il
completamento di un lungo processo di ristrutturazione e
restyling che ha portato lo stesso gruppo all’ingresso diretto
nella distribuzione al dettaglio, tramite la creazione di marchi di
proprietà per supermercati di piccoli, medi e grandi formati. Al
contrario, durante l’esercizio 2004 (non preso in
considerazione) la situazione economica e finanziaria
dell’impresa è assimilabile a quella dell’anno precedente a
causa dell’assenza di cambiamenti strutturali o di una certa
6
rilevanza, né è mutato il quadro delle alleanze commerciali con
fornitori e gruppi d’acquisto. Per questa ragione è stato escluso
dall’analisi oggetto di questo studio.
Prima di passare in rassegna il percorso seguito, è bene descrivere
rapidamente il settore della distribuzione, con i suoi attori, funzioni,
finalità e canali.
Il compito della distribuzione è di trasferire il prodotto dalla fonte di
origine al mercato finale attraverso una rete, più o meno fitta, di
istituzioni ed imprese specializzate nelle attività necessarie allo
svolgimento di questa delicata funzione: realizzare cioè la diffusione
spaziale dei beni prodotti in tutti i punti dello spazio in cui vi sia
domanda effettiva, secondo le esigenze, le modalità e le condizioni
attese dai consumatori
2
. Nel sistema economico contemporaneo, la
maggior parte dei produttori non vende i propri prodotti direttamente
agli utilizzatori finali, ma tra i primi ed i secondi spesso vi sono degli
intermediari commerciali che agevolano il passaggio della merce dal
produttore al consumatore. L’uso degli intermediari è dovuto anche al
fatto che spesso i produttori non hanno le risorse finanziarie per un
programma di distribuzione diretto e quindi delegano le funzioni di
2
D.FRUSCIO, Economia e tecnica della distribuzione commerciale, Giappichelli, Torino, 1997.
7
vendita ad altri soggetti. Da un certo punto di vista, possiamo
addirittura affermare che gli intermediari commerciali fungono da
agenti di acquisto per i loro clienti e come agenti di vendita per i loro
fornitori.
Parliamo di canale di distribuzione, intendendo con questo termine il
percorso tecnico-economico che i prodotti, intesi sia come beni fisici
sia come beni immateriali o servizi, seguono dai luoghi di produzione
per raggiungere i consumatori o utenti finali.
Scopo del canale di distribuzione è perciò colmare i tipi di discrepanze
esistenti tra impresa e mercato: di essi il più ovvio è quello geografico
(la produzione avviene in un dato luogo, mentre i consumatori sono
dispersi sul territorio).
Altre funzioni degli intermediari sono
3
:
la raccolta, concentrazione e conservazione delle
produzioni di varie aziende;
adattamento quantitativo e qualitativo secondo le
esigenze del consumatore e più precisamente secondo le
quantità e i tipi di prodotti che egli richiede (vi è infatti divario
3
W.J. STANTON, R.VARALDO, Marketing, Il Mulino, Bologna, 1989.
8
tra l’assortimento di beni e servizi realizzati dal produttore e
l’assortimento richiesto dall’acquirente).
Spesso, quindi, tali produttori si avvalgono degli intermediari
commerciali in quanto essi creano un’utilità di luogo, tempo e
possesso oltre che un’eventuale utilità di forma, derivante da
possibili cambiamenti di tipo fisico o chimico del produttore
trattato da parte dell’intermediario.
Il numero di soggetti coinvolti (e quindi il numero di stadi)
determina i tipi di canali di distribuzione che si distinguono in
diretto (se produttore e utilizzatore industriale o consumatore
entrano a contatto diretto senza interposizione di altri soggetti
economici), corto (se tra gli stessi vi è l’interposizione solo di
distributori al dettaglio), lungo (se nel percorso economico del
prodotto vengono coinvolti sia grossisti che dettaglianti)
4
.
La scelta da parte dell’azienda di affidare o meno ad altri soggetti
tutte o parte delle attività distributive consente di raggiungere i
seguenti risultati
5
:
4
Per G. Lugli, la lunghezza del canale è solitamente maggiore nei settori dei beni problematici che
in quelli non problematici (ad es. i grocery) per i quali è intervenuta una forte concentrazione
dell’industria e si affermato il prodotto di marca (G. LUGLI), voce “Canali di distribuzione”, in
E. VALDANI (a cura di), Marketing: enciclopedie e dizionari, Utet, Torino, 1995.
5
M.FILSER, I canali della distribuzione, Etas Libri, Bologna, 1992.
9
maggiore efficienza, determinata dalla possibilità
di utilizzare soggetti specializzati nello svolgimento di
determinate attività;
minore utilizzo di capitali, dovuto principalmente
al fatto di non possedere direttamente strutture logistiche e
distributive;
miglioramento del servizio per il consumatore,
soprattutto con l’integrazione, da parte dell’intermediario,
delle offerte di diversi produttori strutturando un
assortimento meglio rispondente ai bisogni del cliente.
Da questi fattori dipende poi anche l’intensità della distribuzione, cioè
il numero degli intermediari da utilizzare. Si parla così di
distribuzione intensiva (se cioè è capillare in maniera da ottenere la
massima diffusione territoriale); selettiva (con minore intensità di
presenza dei prodotti presso i distributori); esclusiva (se si vende il
prodotto ad un solo intermediario operante su un determinato
mercato).
Per ciò che riguarda le forme aziendali del commercio, se ne possono
individuare alcuni tipi analizzando le strutture dirigenziali delle
10
imprese ed i rapporti che legano organi periferici (punti vendita e
magazzini) e centrali (centri amministrativi e decisionali).
Ragionando in quest’ottica, possiamo distinguere:
1. imprese a succursali di medie e grandi dimensioni (grande
distribuzione);
2. imprese associate a gruppi d’acquisto o unioni volontarie
(distribuzione organizzata);
3. piccole e medie imprese indipendenti;
4. cooperative al consumo
6
.
Le imprese appartenenti alla grande distribuzione sono diffuse
soprattutto per i prodotti grocery (beni di largo consumo) e sono
caratterizzate dall’accentramento decisionale, che si traduce in forte
controllo della rete di vendita da parte degli organi centrali: ciò da una
parte esalta il potere contrattuale del gruppo nei confronti dei fornitori,
dall’altra, la ridotta capacità di adattamento ad esigenze locali da parte
di unità standardizzate rappresenta un punto di debolezza (anche se, in
ogni caso, si può contare su capacità manageriali e tecnologiche
superiori alla media del settore).
6
Distinzione effettuata da D.PELLEGRINI, voce “Forme aziendali del commercio”, in E.VALDANI,
1995.
11
In risposta alla grande distribuzione, gli imprenditori locali hanno
colto i vantaggi dell’esercizio congiunto della funzione di ingrosso e
dettaglio e della connessa centralizzazione degli acquisti, dando vita a
quella che possiamo chiamare distribuzione organizzata.
Questo fenomeno di associazionismo, in Italia, si è diffuso soprattutto
nel campo alimentare dove si è registrata la nascita sia di unioni
volontarie (Vegè, A&O, Despar, Selex) che di gruppi di acquisto
(Conad, Crai).
Per unione volontaria si intende una forma di integrazione verticale
promossa da uno o più grossisti e alla quale partecipa un certo numero
di dettaglianti indipendenti, al fine di organizzare in comune gli
acquisti e le politiche di sviluppo delle vendite
7
. I grossisti forniscono
ai dettaglianti associati un’ampia gamma di servizi di tipo
manageriale, mentre i dettaglianti si impegnano ad acquistare il
proprio assortimento (o gran parte di esso) dal grossista al quale sono
associati.
Il gruppo d’acquisto, invece, è un’associazione tra soli dettaglianti, o
anche tra soli grossisti, promossa principalmente per effettuare gli
7
Definizione data da P. Kotler, Analisi,pianificazione, attuazione e controllo, Isedi, Torino, 1992.
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acquisti mediante un’unica centrale e per svolgere azioni promozionali
comuni.
Unioni volontarie e gruppi d’acquisto si distinguono dalla grande
distribuzione soprattutto per il fatto che i negozi associati non sono di
proprietà di un organismo unico, centrale.
Comunque, piccoli e medi imprenditori possono rinunciare ad
associarsi decidendo di svolgere la loro attività in maniera
indipendente (punto 3): si trovano, però, esposti ad evidenti svantaggi
competitivi anche se, soprattutto nel campo non alimentare, essi
possono sfruttare i vantaggi di una specializzazione assortimentale
che, insieme ad una localizzazione ottimale, può risultare il punto di
forza.
Un’altra forma aziendale del commercio è costituita dalla
cooperazione, basata sull’imprenditorialità diffusa di soci/consumatori
che vedono in essa una forma di risparmio: essi effettuano acquisti in
comune per ottenere più bassi costi. Successivamente, il punto di
vendita cooperativo può praticare prezzi corrispondenti o inferiori a
quelli medi del mercato, generando così per i soci vantaggi che si
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possono manifestare sotto forma di utili, oppure di prezzi
particolarmente convenienti, o entrambi.
Dopo aver descritto e spiegato il mondo della distribuzione
commerciale in Italia, il presente lavoro intende soffermarsi sul
singolo caso di successo di un’azienda del mezzogiorno, Aligros s.p.a.
Anche se non in maniera esaustiva, attraverso l’analisi degli indici di
bilancio di questo gruppo, ci si pone lo scopo di illustrare le
peculiarità tipiche di un intermediario appartenente alla Grande
Distribuzione Organizzata (GDO), oltre a quello di poter commentare
l’andamento positivo o negativo dei risultati di gestione della stessa
impresa, durante il periodo considerato.
Nel primo capitolo viene descritta brevemente l’azienda oggetto
dello studio, ne viene delineata una breve storia, dalla sua nascita ad
oggi, commentando le cause e gli effetti delle maggiori scelte
strategiche e operative effettuate negli anni.
Nel secondo capitolo viene descritto il percorso seguito nel
capitolo successivo nell’effettuare l’analisi di bilancio per indici. Qui
vengono spiegati gli scopi conoscitivi e i metodi di applicazione