2
dei diritti fondamentali dell’uomo. Inizialmente la storia dei rapporti
euroasiatici del XX° secolo ricalca infatti i tipici tratti del partenariato
commerciale, con i relativi accordi che si vanno via via arricchendo di quegli
elementi tipici che oggi definiamo i principi basilari della cooperazione
internazionale. L’obiettivo di questo lavoro è proprio quello di commentare
brevemente, nel primo capitolo, l’evoluzione storica delle forme e dei contenuti
degli accordi comunitari di cooperazione, insieme ai loro fondamenti giuridici
ed agli strumenti finanziari a disposizione, dapprima in linea generale ed in
seguito analizzando più specificatamente l’argomento Asia. Verrà a tal
proposito fatto particolare riferimento ai paesi del Commonwealth britannico
che, dopo l’entrata dell’Inghilterra nella Comunità Europea, possono di fatto
fungere da campo di studio e osservazione settoriale particolarmente
importante.
Nel secondo capitolo, dedicato ai rapporti europei con il regionalismo
asiatico, verranno altresì indicati i vari programmi di cooperazione allo
sviluppo che dal 1992 l’Unione Europea attua in Asia mentre, nel terzo ed
ultimo capitolo, particolare attenzione verrà rivolta alla cooperazione tra Ue ed
India. Si tratta in quest’ultimo caso di un partenariato consolidato, risalente agli
anni’70, e molto attivo nella cooperazione di tipo economico, visto che
l’Unione europea rappresenta per l’India il primo partner commerciale a livello
mondiale. L’importanza strategica di tale partnership è rilevante, considerando
le possibilità offerte dagli sviluppi potenziali del mercato interno del secondo
paese più popoloso del pianeta. Ma la peculiarità indiana è più profonda, visto
che, accanto ad indicatori che ne testimoniano il perdurante sottosviluppo, è
sorto in questo paese uno dei centri nevralgici dell’innovazione tecnologica
informatica a livello mondiale, aumentando sia le stratificazioni sociali interne
che le concrete possibilità di recitare un ruolo da protagonisti nella
globalizzazione planetaria della società dell’informazione, influendo altresì
qualitativamente sulle linee base della cooperazione del nuovo millennio con
l’Unione Europea.
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
3
CAPITOLO PRIMO
L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
1.1 I caratteri generali della politica estera comunitaria per la
cooperazione allo sviluppo ed i suoi fondamenti giuridici
L'obiettivo della politica di cooperazione perseguita a livello internazionale
dall’Unione Europea è innanzitutto quello di incoraggiare uno sviluppo
sostenibile che favorisca l'eliminazione della povertà nei paesi in via di
sviluppo e la loro integrazione nell'economia mondiale
1
, nonché di contribuire
al consolidamento del sistema democratico e dello stato di diritto soprattutto
attraverso la promozione del rispetto e tutela dei diritti umani e delle libertà
fondamentali
2
.
Per perseguire tali obiettivi, oltre a disporre di strumenti quali accordi
bilaterali e regionali, la Comunità europea adotta anche misure specifiche
settoriali come quelle inerenti, ad esempio, la sanità, (si veda la lotta contro le
1
Si veda il sito web dell’Unione Europea : www.europa.eu.int
2
In quello che si definisce come approccio “istituzionale” alla cooperazione si tende a
distinguere tra cooperazione internazionale di tipo classico, che si concreta tramite la presenza
nelle organizzazioni internazionali, e quella con le organizzazioni non governative (ONG), che
assume solitamente la forma di azioni per il cofinanziamento di progetti. In
www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/r12000.htm
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
4
malattie trasmissibili) o l'istruzione
3
. La politica di sviluppo prevede altresì la
cooperazione con le organizzazioni internazionali e la partecipazione della
Comunità e degli Stati membri alle iniziative avviate a questo livello, con
diversità di pesi e competenze a seconda del settore specifico di riferimento.
In linea generale vi è una sostanziale complementarità tra la cooperazione
allo sviluppo condotta dall’Unione Europea e le politiche degli stessi Stati
membri; con una buona dose di concertazione con le azioni di altri finanziatori
a livello mondiale, sia che si tratti di singoli Stati oppure delle suddette
organizzazioni internazionali (come la Banca Mondiale od il Fondo Monetario
Internazionale). Va inoltre menzionato un certo sforzo di coerenza tra
l’attuazione delle politiche di cooperazione allo sviluppo e le altre politiche
comunitarie, proprio perché queste ultime potrebbero produrre effetti sensibili
sugli stessi paesi in via di sviluppo (come ad esempio la politica agricola
comune o la politica commerciale comune).
Partendo dalla negoziazione di accordi di tipo commerciale, nel corso degli
anni si sono aggiunti alla cooperazione europea allo sviluppo settori sempre
nuovi, come la cultura o la tutela dei diritti umani e dell’ambiente, tanto per
citare i più importanti.
Attualmente, i rapporti di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi partner
del mondo in via di sviluppo s'inseriscono in un contesto di globalizzazione
delle relazioni economiche internazionali, con la nascita di nuove modalità di
rapporto fondate su un autentico partenariato non solo economico e sociale, ma
3
Gli strumenti classici di base dell’azione comunitaria verso la cooperazione internazionale
allo sviluppo sono solitamente tipici e spesso tra loro interrelati, consistendo a seconda dei casi
in accordi regionali (ad esempio quello con l’Asean, v. infra .2), aiuti alimentari, di prima
necessità, aiuti umanitari, sistema generalizzato di preferenze, co-finanziamento di progetti
realizzati da ONG ed azioni di cooperazione decentrata. Rientrano poi nella categoria tutti quei
programmi ed azioni legati più specificatamente ai settori tecnici e finanziari, a quelli
scientifici, dell’educazione, dei trasporti o della comunicazione, fino ad abbracciare le
molteplici aree in cui le culture ed i rispettivi backgrounds sono in grado di fornire un valore
aggiunto non secondario alle finalità più pratiche ed interessate della politica di cooperazione
internazionale. A testimonianza di ciò vi è la crescita del confronto e del dialogo politico su
temi globali, che vanno dalle politiche di sicurezza comune alla tutela dei diritti umani e le
libertà democratiche fondamentali, passando per le tematiche ambientali, la lotta al terrorismo
globale, la creazione di database fruibili e condivisibili.
In www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/r12000.htm
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
5
anche politico. L’evoluzione interessa l’intero ambito di questa politica
comunitaria a prescindere dalla zona del mondo in esame, con l’identità e
credibilità dell'Unione sulla scena internazionale indissolubilmente soggetta ad
un giudizio di merito in funzione di questi elementi.
Le origini della cooperazione europea allo sviluppo risalgono al regime
speciale
4
sancito nel rapporto di associazione alla Comunità dei paesi e territori
d'oltremare (PTOM)
5
, rapporto definito sin dal momento della costituzione
della Cee nel 1957. Molti di questi paesi ottennero poi l'indipendenza durante il
decennio successivo, per cui era nel comune interesse delle parti proseguire
ogni collaborazione in un quadro di accordi sempre più perfezionati che
assunse la forma delle due successive convenzioni di Yaoundé
6
(1963 e 1969).
All’indomani dell'adesione alla Comunità del Regno Unito, avvenuta nel
1973, si rese inoltre necessario un ulteriore adeguamento del quadro generale
di cooperazione (v. infra 1.4), tenuto anche conto del significativo aumento del
numero degli Stati parti degli accordi di cooperazione. Tale tendenza generale
si concretizzò, nella sua forma più nota, con la firma della prima convenzione
di Lomé (1975) avente ad oggetto il partenariato con paesi dell’Africa, dei
Caraibi e del Pacifico (ACP), le cui successive omonime convenzioni crearono
la base concettuale del celebre accordo di Coutonou nel 2000
7
. È comunque
4
Permangono, negli art.182-188 della parte IV del TCE, disposizioni relative al regime tuttora
applicabile ai PTOM. L’obiettivo di tale regime speciale di associazione consisteva
nell’estendere a tutto il territorio comunitario le relazioni particolari che i PTOM avevano, per
motivi storici, solamente con alcuni Stati membri, nonché quello di garantire a tutti questi
territori un trattamento privilegiato nei rapporti con la CE.
5
L’allegato II del TCE contiene l’elenco di tali paesi, mentre l’art.182 elenca gli Stati membri
che mantengono “relazioni particolari” con i PTOM.
6
Le convenzioni di Yaoundè I°e II° vennero sottoscritte dai sei Stati CEE e da 18 paesi di
nuova indipendenza, riuniti nella Association des Etats Africains et Malgache
7
Vista la scadenza della Convenzione di Lomè IV il 29 febbraio 2000 ed il mutato contesto
internazionale, soprattutto in seguito all'istituzione del WTO, si è reso necessario negoziare
nuovi accordi coi paesi ACP. Il nuovo accordo di partenariato tra l'Unione europea e i paesi
ACP, firmato il 23 giugno 2000 a Cotonou, capitale del Benin, poggia su cinque pilastri che
sintetizzano il perfezionamento della strategia cooperativa dell’Unione su scala globale.
Innanzitutto il dialogo politico permanente è inteso a prevenire lo scoppio di crisi, per evitare
di dover ricorrere alla clausola di condizionalità, cioè alla sospensione della cooperazione in
caso di mancato rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello Stato di diritto.
Anche la buona gestione della cosa pubblica è oggetto di un dialogo regolare. La
partecipazione della società civile e dei soggetti economici e sociali è favorita da alcune
disposizioni di moderna concezione inserite nel nuovo accordo, in particolare al fine di
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
6
proprio verso la metà degli anni’70 che si consolidò il rapporto di cooperazione
coi paesi del Maghreb e del Mashrek e che la Comunità avviò un processo di
partenariato istituzionalizzato con i paesi dell'Asia e dell'America latina
(ALA).
In generale l’Unione europea è giunta a rappresentare il principale partner dei
paesi in via di sviluppo, in termini di aiuti, scambi commerciali e investimenti
diretti, visto che la Comunità e gli Stati membri forniscono congiuntamente più
della metà dell'intero aiuto internazionale ufficiale allo sviluppo
8
. In particolare
nel continente asiatico i conferimenti dell’Unione relativamente al 1999 sono
risultati secondi solo al Giappone, ammontando ad un totale di 4,8 miliardi di
dollari, con programmi comunitari di aiuti allo sviluppo cominciati negli anni
‘70, (dapprima di modesta entità ed in seguito sempre più sostanziosi),
simultaneamente a quelli rivolti verso l’America Latina ed i Paesi Terzi del
Mediterraneo.
incoraggiare l'informazione e l'associazione delle organizzazioni non governative all'attuazione
dei progetti. L'obiettivo centrale del nuovo partenariato è costituito dalla riduzione della
povertà, proponendosi un approccio integrato allo sviluppo in modo da garantire la
complementarità tra le dimensioni economiche, sociali, culturali e istituzionali.
In www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/r12000.htm
8
Già nel 1999 il totale europeo ( nel quale il peso della Comunità ammontava a circa il 18% )
dei conferimenti all’ODA ( circa 26,8 bilioni di dollari ) rappresentava il 48% del totale dei
conferimenti mondiali, staccandosi nettamente dal 27% del Giappone, dal 16% degli Stati
Uniti o dal 9% degli altri paesi del DAC. Fonte
www.europa.eu.int/external_relations/asia/rel/index/htm
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
7
1.2 Gli strumenti giuridici e finanziari dell’Unione Europea per
la cooperazione allo sviluppo
Nonostante gli inizi della politica comunitaria in materia di sviluppo
risalgano all’atto costitutivo di Roma, è solamente dopo l'entrata in vigore del
Trattato sull'Unione europea del 1992 che è stato ravvisato un fondamento
giuridico specifico a supporto della cooperazione comunitaria allo sviluppo,
precisamente negli articoli 177-181 del trattato che istituisce la Comunità
europea, (il TCE)
9
, con una vasta gamma di strumenti giuridici e finanziari a
tal fine previsti, a testimonianza anche del carattere multiforme dei rapporti in
corso tra l’Unione ed i paesi interessati. L’articolo 177 del TCE imposta le basi
di tale politica in quattro punti chiave: sviluppare e consolidare la democrazia,
promuovere lo sviluppo economico e sociale, favorire l’integrazione
nell'economia mondiale e condurre campagne contro la povertà.
Sostanzialmente l’obiettivo principale è quello di intraprendere iniziative volte
a consentire ai paesi in via di sviluppo di attuare le riforme interne necessarie
(sia di tipo economico che politico-sociale) al raggiungimento di tali risultati.
Per quanto riguarda gli strumenti giuridici, la CE utilizza due diverse
tipologie di interventi, uno di tipo convenzionale e l’altro di tipo unilaterale. Il
primo si basa sulla conclusione di accordi internazionali, in particolare di
associazione, sia multilaterali, nella misura in cui affiancano alla Comunità un
certo numero di controparti (si veda ad esempio le convenzioni di Lomé), sia
bilaterali, nel caso in cui riguardino invece le relazioni tra la Comunità ed un
paese specifico, come previsto dall’articolo 310 del TCE
10
.
9
Trattato che istituisce la Comunità Europea, Versione consolidata, in G.U.. n. C325 del
24/12/002
10
L’art. 310 del TCE prevede che la Comunità possa concludere, con uno Stato o con
organizzazioni internazionali, accordi che istituiscano un’associazione caratterizzata da diritti
ed obblighi reciproci, da azioni in comune o da procedure particolari.
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
8
I fondamenti del secondo risiedono essenzialmente nella possibilità
comunitaria di stabilire appositi programmi pluriennali di cooperazione allo
sviluppo (art.179 TCE) non confliggenti con le finalità della politica
commerciale comune (Tit. IX TCE). Uno strumento essenziale di tale
approccio è costituito, come vedremo, dal sistema di preferenze generalizzate
11
(SPG), ideato innanzitutto per facilitare l'ingresso nel mercato comunitario dei
prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo.
Lo strumento finanziario generale per l’attuazione delle politiche in oggetto è
costituito dal bilancio comunitario; da questo scaturiscono gli stanziamenti
dedicati alla cooperazione allo sviluppo seguendo un duplice approccio.
Il primo può definirsi un approccio di tipo geografico ed è ripartito sulle tre
zone del bacino del Mediterraneo, dell’Asia e America latina e quindi
dell’Africa del sud. L'aiuto viene in tale eventualità conferito sotto forma di
prestiti a fondo perduto ed è di norma usualmente orientato alla cooperazione
finanziaria, tecnica ed economica.
La seconda tipologia di approccio può definirsi come a carattere tematico
12
(o
settoriale) ed è basata sull’appartenenza dei beneficiari a specifiche e
11
Il SPG esprime l’approccio “commerciale” dell’Unione Europea verso la cooperazione
internazionale. Dopo la conferenza tenuta dall'UNCTAD nel 1968, la Comunità europea è stata
il primo soggetto di diritto internazionale ad applicare un sistema di preferenze generalizzate
(1971). L'idea è concedere franchigie, o almeno riduzioni doganali, ai paesi in via di sviluppo
sui prodotti industriali finiti e semilavorati, agricoli trasformati e tessili, senza la previsione di
alcuna clausola di reciprocità da parte dei paesi beneficiari, il cui solo obbligo è applicare la
clausola di nazione più favorita e non praticare alcuna discriminazione verso i paesi europei.
Gli obiettivi dichiarati di tale scelta si sostanziano nel favorire l'aumento degli introiti dovuti
all'esportazione per i PVS, promuoverne l'industrializzazione ed accelerarne la crescita
economica. Gli sviluppi progressivi dell’SPG prevedono successivamente la possibilità di
istituire “regimi incentivanti” con criteri selettivi ( non prevedendoli ad esempio per i PVS
esportatori di petrolio ) attraverso clausole ambientali o sociali, oppure modulando le tariffe in
funzione dell'importanza dei singoli prodotti o adottando meccanismi graduali per favorire tali
paesi.. Va detto che il Consiglio ha la possibilità di sospendere il SPG qualora determinato
paese non rispetti alcuni parametri fondamentali, in particolare quelli legati ai diritti umani.
In www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/r12000.htm
12
Il cosiddetto approccio tematico è un altro aspetto che caratterizza le politiche di
cooperazione dell’Unione Europea e svolge sicuramente un ruolo non secondario rispetto a
quello istituzionale ed a quello commerciale. Occupa infatti un posto importante sia fra le
azioni a dimensioni universale sia in quelle a carattere regionale. Ciò è dimostrato dal numero
di settori coinvolti, tra i quali l'ambiente e la lotta all'AIDS e alla droga. Due ambiti rivestono
un'importanza particolare: il sostegno alla sicurezza degli alimenti e l'aiuto umanitario. In
www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/r12000.htm
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
9
prestabilite linee di bilancio di tipo settoriale; il suo raggio d’azione è inoltre
piuttosto vasto, potendo potenzialmente interessare tutte le regioni del mondo. I
settori prioritari sono il soccorso alimentare, l'aiuto umanitario e, non ultima, la
cooperazione con le ONG.
Esistono anche due strumenti finanziari più specifici alla base dell’attività di
cooperazione dell’Unione, quali il Fondo europeo di sviluppo (FES), costituito
dai contributi individuali di ogni Stato membro calcolati attraverso un
particolare criterio di ripartizione
13
e la Banca europea per gli investimenti
(BEI)
14
, che concede prestiti nel quadro delle proprie attività esterne.
13
Un fondo specifico di durata quinquennale è normalmente assegnato a ciascuna
convenzione. Va segnalato che da Lomè IV in poi, i finanziamenti a favore dei paesi ACP sono
quasi esclusivamente a fondo perduto
14
Creata dal trattato di Roma, la Banca europea per gli investimenti, i cui azionisti sono i
medesimi Stati membri, è l'istituzione finanziaria dell'Unione europea ed ha il compito di
contribuire al suo sviluppo equilibrato attraverso l'integrazione economica e la coesione
sociale. Guidata da un Consiglio di Governatori, composto dai ministri delle finanze nazionali,
la BEI è. dotata di personalità giuridica e di autonomia finanziaria e concede finanziamenti a
lungo termine per la realizzazione di progetti aventi precisi criteri di attuabilità sotto il profilo
economico, tecnico, finanziario e della tutela ambientale. Oltre a numerosi interventi settoriali
nel territorio comunitario, al di fuori dell'Unione la BEI sostiene le strategie di preadesione dei
paesi dell'Europa centrale e orientale ed inoltre attua il capitolo finanziario degli accordi
conclusi nel quadro delle politiche di aiuto e di cooperazione allo sviluppo dell'Unione
Europea. I prestiti concessi derivano essenzialmente da risorse raccolte sui mercati dei capitali,
con l’aggiunta di capitali aggiuntivi forniti dagli azionisti. Descrizione tratta dal Glossario
consultabile in www.europa.eu.int
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
10
1.3 Le linee generali della cooperazione regionale dell’Unione
Europea con i paesi dell’Asia e dell’America latina (ALA)
1.3.1 Il “miracolo asiatico” tra mutamenti sociali, economici e
culturali
L’Asia è un immenso continente dai frastagliati profili geografici, sociali ed
economici, tanto che risulta impossibile offrirne una descrizione unitaria,
soprattutto dal punto di vista politico. E’ pertanto indispensabile circoscrivere
il raggio d’azione di questo lavoro, limitando l’analisi a quei paesi con cui
l’Unione europea ha instaurato relazioni ormai consolidate
15
, paesi che, sulla
base della strategia cooperativa seguita dalla Commissione europea, vengono a
loro volta inseriti in più vasti raggruppamenti a carattere sub-regionale.
Non verrà menzionato il Giappone, un partner “a parte” ed ormai potenza
mondiale, focalizzando piuttosto l’attenzione verso quelle aree che ancora
contengono elementi strutturali di sottosviluppo (includendo tra i suoi
indicatori anche la questione dei diritti umani così come elaborata dal
costituzionalismo occidentale e dalle dichiarazioni delle organizzazioni
internazionali), così definiti in base a parametri di valutazione globali, capaci
di giustificare una politica di cooperazione stabile in senso pieno, portatrice
cioè di elementi economici, politici, culturali e sociali. Non verranno incluse
nella trattazione quelle regioni dell’Asia più vicine all’Europa, la c.d.
“Eurasia”, visto la loro “posizione intermedia” difficilmente classificabile,
trovandosi attualmente in una fase transitoria cominciata con il riconoscimento
di democrazie formali (ottenuto nei primi anni ’90 a seguito della dissoluzione
dell’Unione Sovietica) e diretta verso l’effettivo esercizio della democrazia in
senso sostanziale
15
Si parla di quattro aree geografiche (Giappone compreso) comprendenti l’Asia del Sud
(Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan, Sri Lanka), l’Asia del Sud-
Est (Brunei-Darussalam, Cambogia, Timor Est,, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar,
Filippine, Singapore, Tailandia, Vietnam), l’Asia dell’Est (Cina, Hong-Kong, Macao, le due
Coree, Tibet e Taiwan) ed il Giappone.
Capitolo 1 – L’Unione Europea e la cooperazione allo sviluppo
11
Allo stesso modo non verranno trattati i rapporti con i paesi della regione
storica dell’Asia Minore, meritevoli di ulteriori e specifici approfondimenti che
andrebbero oltre gli obiettivi prefissati in questa sede (su tutti il caso Iraq).
I paesi oggetto di esame in questo lavoro comprendono molti sistemi
politico-istituzionali assai eterogenei, che vanno dall’Indonesia, lo stato
islamico più grande del mondo, fino ai sistemi comunisti di Laos o Vietnam,
oppure da comunità antichissime (Tibet) fino a Stati di recentissima
formazione (Timor Est), generalmente distinti in “democrazie forzate”,
democrazie in costruzione e vari regimi di tipo autoritario
16
.
Molti di questi paesi sono passati in breve tempo da economie di tipo
centralista ad un approccio globale dei circuiti commerciali internazionali
(valga per tutti il caso della Cina) oppure sistemi produttivi fortemente rurali
che nel giro di un ventennio hanno saputo creare eccellenze nel settore del new
tech (in primis l’India). Solitamente l’espressione “miracolo asiatico” è
associata alla forte espansione di tutti quei paesi del Sud-Est che, sin dagli anni
‘60, hanno registrato una fortissima crescita economica, dovuta essenzialmente
al rapido processo di modernizzazione cominciato all’indomani della loro
decolonizzazione. Quelle che furono ben presto soprannominate “Tigri
Asiatiche”, dei veri e propri avamposti anticomunisti nello scacchiere
geopolitico della Guerra Fredda, beneficiarono innanzitutto di un consistente
aiuto tecnico e finanziario da parte dell’Occidente, interessato ad ingenti
investimenti in un’area potenzialmente ricca di sviluppo.
Il basso costo della manodopera locale permise immediatamente di ottenere
un’alta competitività nell’export, mentre il mercato interno delle realtà
asiatiche rimaneva ancora fortemente caratterizzato da politiche iper-
regolative, tanto che i consumi interni non costituivano una fetta significativa
dei PIL locali.
16
WIESSALA, G., The European Union and Asian Countries, Ed. Sheffield Academic Press,
London-New York, 2002.