4
Non è mancata l’opinione di chi ha cercato di minimizzare il
senso e soprattutto la portata della riforma. Secondo questo
punto di vista la riforma cambia poco e male, sono false le
accuse di destrutturazione del diritto del lavoro, si è fatto “tanto
rumore per nulla”. Non è neppure il caso della “gatta
frettolosa”, perché il procedimento per l’emanazione delle
nuove norme è durato circa due anni, dal Libro bianco
dell’ottobre 2001 al Patto per l’Italia del luglio 2002, dalla
legge delega del febbraio 2003 al decreto legislativo del
settembre 2003
3
.
Qualcuno afferma che il diritto del lavoro viene sottoposto a
una sorta di “mutazione genetica”, che lo vede assumere una
deriva di tipo commercialistico: il lavoro diventa una merce,
non dissimile dalle altre che sono oggetto di transazioni
commerciali nel mercato, e la compravendita di lavoro avviene
3
ANTONIO VALLEBONA, La riforma del mercato del lavoro: cambia poco ed è
sbagliata, in Il diritto del lavoro, 2003, pp 191 ss; ANTONIO VALLEBONA,
Introduzione alla riforma dei lavori, in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2003,
pp 906, dove, in particolare, si usa l’espressione “metri quadri” aggiuntivi di G.U. che,
comunque, occuperanno l’operatore giuridico.
5
tra partner contrattuali dislocati in una posizione paritaria. Si
tratta di una finzione giuridica, essendo il diritto del lavoro, per
definizione, diritto diseguale
4
. L’effetto dirompente della
riforma nasce sia dai contenuti del decreto legislativo che dal
numero elevato di istituti riformati e istituiti; concetti nuovi si
affacciano nel panorama legislativo che obbligheranno sia i
datori di lavoro sia i lavoratori a misurarsi con una nuova
cultura del lavoro.
Senza dubbio, la riforma non può che essere salutata
positivamente per gli obiettivi che intende raggiungere; non
brillantissima, invece, la tecnica legislativa usata,
probabilmente anche in ragione del coinvolgimento delle parti
sociali nella redazione del provvedimento
5
e qualche dubbio
4
IGOR PIOTTO, Eguaglianza e libertà nel lavoro in Lavori. Quaderni di rassegna
sindacale 2003, pp 217 ss, il quale pone l’accento sul fatto che il diritto del lavoro ha tra
i suoi assunti distintivi e quale propria ragion d’essere, quella di disciplinare la
strutturale disuguaglianza che c’è tra capitale e lavoro
5
Tiraboschi 2003.
6
sul rispetto dei principi ispiratori e dei suggerimenti contenuti
nel Libro Bianco dell’ottobre 2001
6
.
Nell’attuale e delicata fase di transizione dal vecchio al nuovo
mercato del lavoro, i diversi operatori dovrebbero fornire un
contributo decisivo nella esegesi e nella sistematizzazione della
nuova riforma, senza attardarsi in inutili polemiche
ideologiche, giacché la norma è diventata legge dello Stato.
Data per scontata la legittimità di ogni critica, è tuttavia certo
che lo spirito interpretativo costruttivo e propositivo che
dovrebbe alimentare ogni riflessione scientifica è preferibile ad
un ostruzionismo sterile, che di fatto non riesce a migliorare
una riforma che è tutt’altro che priva di difetti da risolvere. La
messa in opera della riforma richiederà quindi a tutti gli
operatori del mercato del lavoro un periodo di grande impegno
nello studio e nell’apprendimento della nuova normativa,
6
Di Nunzio 2004.
7
affinché emergano chiaramente tutte le potenzialità della
stessa.
Vuoi che si operi per la tutela dei diritti dei lavoratori vuoi che
si agisca per la realizzazione di un quadro di convenienze per
le imprese, nessun effettivo progresso potrà
essere realizzato senza aver prima tracciato con rigore ed
oggettività un terreno comune di confronto e di dialogo
partendo dalle norme e dai principi e non invece da ipotetiche
visioni circa la volontà presunta o reale di un determinato
Governo. Operazioni di pura e semplice demolizione
interpretativa non sono certo capaci di trasformare i profili
“critici” presenti nel decreto in opportunità per il necessario
ritocco della norma, per la modernizzazione del mercato del
lavoro e per il dialogo tra le esigenze di una realtà economica e
sociale profondamente mutata rispetto a quella fordista che ha
caratterizzato per decenni il mondo della produzione.
8
1.2 La riforma
Le richieste di flessibilità avanzate dalle imprese e dai
lavoratori hanno trovato un punto di composizione negli
interventi normativi che si sono succeduti dagli anni Ottanta ed
esprimono un “pluralismo tipologico”
7
destinato a sostituire in
parte o, perlomeno, a rivedere la tipologia standard del lavoro
dipendente a tempo pieno ed indeterminato.
Il rischio che si presenta oggi in maniera evidente è quello che
l’odierno diritto del lavoro possa finire per l’oscillare, se non
adeguatamente, tra l’essere un contenitore vuoto, inefficace e
facilmente aggirabile, e l’essere al contrario un ostacolo
pesante allo sviluppo del sistema economico e del benessere
generale
8
. È per questa ragione che la spinta per un
ripensamento ampio e globale del sistema delle tutele è
diventata sempre più forte negli ultimi anni ed è giunta oggi ad
7
D’Antona 1990
8
Amadei 2004
9
un passaggio fondamentale; peraltro tale ripensamento è in atto
in tutti i Paesi dell’Unione Europea e si esprime esplicitamente
attraverso le linee guida che costituiscono la Strategia Europea
per l’occupazione.
Questa strategia si snoda attraverso i due pilastri
dell’occupabilità e dell’adattabilità, che sostengono il testo del
nuovo mercato del lavoro, a testimonianza dello sforzo che il
Governo intende compiere nella direzione indicata, anche se è
necessario l’intervento di tutte le parti sociali propositive per
vincere la scommessa per cui un sistema flessibile non deve
essere anche precario.
I temi dell’occupabilità – cioè del rafforzamento della tutela
del lavoratore nel mercato del lavoro piuttosto che nel singolo
rapporto contrattuale – e dell’adattabilità – cioè della
flessibilità del prestatore rispetto alle esigenze imprenditoriali
dettate dal loro bisogno di miglioramento costante e di
competitività – sono il riferimento costante del progetto di
10
riforma del mercato del lavoro, che si sta cominciando a
costruire.
In tema di occupabilità, il decreto interviene principalmente
attraverso un ampio progetto di riforma degli strumenti di
gestione dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro
attraverso un implicito riconoscimento delle difficoltà del
sistema pubblico attuale – semplicemente rigido e burocratico -
di essere garante dell’efficienza e dell’efficacia di tale incontro;
conseguentemente si prevede un’ampia apertura a diversi
soggetti – pubblici e privati – per la gestione professionale
delle attività riferite all’intermediazione, all’interposizione e
alla somministrazione di manodopera.
Oltre a ciò si prevede una razionalizzazione degli strumenti di
formazione professionale dei lavoratori che costituisce un
ulteriore elemento d’intervento finalizzato al miglioramento
complessivo dell’occupabilità dei lavoratori.
11
In tema di adattabilità, l’intervento predispone una nuova
disciplina incentivante del lavoro a tempo parziale, la creazione
di nuove e diverse tipologie contrattuali di lavoro, la
razionalizzazione di figure già esistenti – come le
collaborazioni coordinate e continuative – e, infine, la
certificazione del rapporto di lavoro.
In sostanza, la riforma del mercato del lavoro vuole realizzare:
a) un sistema efficiente di servizi per l’impiego – pubblici e
privati – autorizzati e accreditati che, in rete tra loro grazie alla
borsa continua del lavoro
9
, accompagnano, e facilitano
l’incontro tra coloro che cercano lavoro e coloro che cercano
lavoratori;
b) forme di flessibilità regolata e contrattata con il sindacato,
alternative al lavoro precario e nero, in modo da “adattare”
l’esigenza delle imprese di competere sui mercati
9
A volte si ha la sensazione di leggere istituti nuovi, ma nuovi solo nel
nome: è questo il caso della borsa continua nazionale del lavoro, ovvero
del precedente SIL.
12
internazionali con le irrinunciabili istanze di tutela e
valorizzazione della “persona” del lavoratore;
c) misure di politica attiva del lavoro a favore di quei gruppi di
lavoratori che oggi incontrano maggiori difficoltà nell’accedere
a un lavoro regolare e di buona qualità, o anche a conciliare
tempi di vita e di lavoro.
Se gli strumenti di flessibilità predisposti dalle nuove tipologie
di lavoro sono rivolti prevalentemente all’organizzazione del
lavoro propria delle imprese di medie e grandi dimensioni,
tuttavia, è importante registrare l’allargamento della possibilità
di accesso al mercato del lavoro per varie categorie di
lavoratori. Creare nuova occupazione attraverso la promozione
della flessibilità del mercato del lavoro è ancora uno degli
obiettivi prioritari della Comunità Europea ed è anche quello
del nostro Paese che si vede pronto a concentrare il proprio
impegno per dare seguito alla Strategia per l’occupazione
adottata a Lussemburgo e rafforzata dal Consiglio europeo di
13
Lisbona, il cui primo obiettivo è di portare il tasso medio di
occupazione al 70% entro il 2010.
Le nuove norme dovranno attrarre nel mercato del lavoro
regolare tutti i lavoratori ed in special modo i lavoratori del
Mezzogiorno, in cui il lavoro sommerso è diffusissimo, e
soprattutto tra i giovani, le donne e gli anziani.
Certo, in vari punti della riforma ci sono aspetti criticabili, ma
bisogna ricordare che il provvedimento è solo parziale, perché
rappresenta un primo tentativo di riforma del mercato del
lavoro che si inserisce in un movimento di riforma più ampio;
nel complesso si tratta, quindi, di un percorso molto ambizioso
che dovrà mostrarsi all’altezza delle sfide che il nuovo scenario
presenta.
Oltre agli aspetti specifici che sarebbe necessario vedere,
quella che allo stato attuale sembra essere la carenza più forte
del progetto è la mancanza di un maggiore collegamento tra
l’aumento consistente della flessibilità e la predisposizione di
14
un robusto sistema di ammortizzatori sociali in grado di
sostenere attivamente la ricollocazione del lavoratore nel
mercato del lavoro e per non trasformare la flessibilità in
precarietà ed instabilità. Come è noto, la riforma degli
ammortizzatori sociali è stata stralciata dal testo del disegno di
legge delega che ha portato alla legge 30/2003 ed è ora
contenuta nel disegno di legge 848 bis; tuttavia, perché il
progetto di riforma acquisti concretezza è necessario un
impegno di risorse che, almeno oggi, il Governo non sembra
intenzionato ed in grado di assumere. Tuttavia, nessuna seria
riforma degli ammortizzatori sociali finalizzata alla
predisposizione di nuove tutele per un lavoro che cambia e che
compensi i rischi di un mercato del lavoro sempre più
flessibile, potrà essere compiuta a costo zero.