13
mafiosa) sono piuttosto interessanti e sono stati enfatizzati dalla stampa quotidiana,
tuttavia devono essere considerati ancora come "segnali" di un fenomeno che potrà
forse assumere una rilevanza maggiore, ma che per ora può essere considerato
ancora marginale; forse tra una ventina d'anni anche l'Italia disporrà di una letteratura
scientifica sul fenomeno delle bande giovanili frutto di un eventuale incremento (che
penso nessuno auspichi) del fenomeno.
Non esistendo quindi materia d'indagine nel contesto italiano
(1)
(le poche fonti di
informazione scientifica studiano il fenomeno della criminalità minorile "frammentata"
da un punto di vista essenzialmente criminologico, e non sociologico) mi sono
orientato a studiare questo fenomeno attraverso le fonti scientifiche di quel paese
che più di tutti ha dovuto e deve affrontare questo problema (e per questo ha dovuto
anche studiarlo a fondo), gli Stati Uniti d'America. La scelta è stata piuttosto facile
poichè la risonanza internazionale di questo fenomeno (prodotta soprattutto dai
mass-media) e la sua rilevanza storica dirigono sempre l'attenzione al caso
statunitense, forse perchè proprio là esistono le condizioni più favorevoli al suo
sviluppo (problemi di convivenza interetnica, degrado delle strutture urbane, disagio
economico negli strati sociali più deboli, etc.).
L'occasione ultima mi è stata data infatti dalle incredibili notizie dei disordini e delle
guerriglie urbane avvenute a Los Angeles verso la fine del 1992, in cui probabilmente
si erano intrecciati ed accumulati tutti i motivi di protesta, rancore e disagio di quella
che alcuni sociologi nordamericani chiamano "black underclass": questa, a seguito di
una discutibile sentenza giudiziaria che in un certo qual modo avallava dei
comportamenti illegali delle forze di Polizia era insorta causando episodi di inaudita
violenza e gravi problemi di ordine pubblico alle autorità locali e federali, secondo
una sequenza per così dire di "stop and go", toccando i picchi massimi di ferocia
nelle ore notturne, quando si sa che comunque il controllo sociale è disagevole.
Quel che più mi colpì, allora ed ogni volta che osservo episodi così gravi di violenza
di massa, è quel processo in cui alcune persone (il loro numero può certo variare)
modificano così repentinamente (almeno in apparenza) e radicalmente il modello di
convivenza sociale: esso certo non è mai caratterizzato da una pace totale ma
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comunque raramente implica azioni di violenza di gruppo, anche contro inermi ed
innocenti, e che per di più nel caso in questione parevano non preventivamente
concertate.
Questi eventi hanno contribuito a focalizzare la mia attenzione sulla prospettiva
temporale degli anni '80, spesso descritti come periodo di rapide dinamiche sociali e
grandi mutamenti nei diversi ambiti del sistema sociale; ho pensato che forse un
periodo di grande espansione economica (almeno nei paesi più sviluppati) non
uniforme si accompagna nella nostra società ad un inasprimento dei conflitti sociali,
non soltanto economici.
A questo punto la scelta delle fonti d'informazione è ricaduta su tre delle più
importanti riviste di sociologia statunitensi: « American Journal of Sociology », «
American Sociological Review » e « Social Problems ».
L'idea iniziale era di esaminare quanto peso avesse nel quadro della sociologia
statunitense un fenomeno come questo e per questo motivo ho scelto le prime due
riviste, proprio perchè il loro campo d'indagine è molto ampio, generale: ritenevo
infatti probabile che questo fenomeno avesse una certa rilevanza nel quadro
scientifico sociologico e quindi è stato abbastanza ovvio decidere di verificarla
all'interno di due periodici di sociologia generale; se avessi rilevato una scarsa
attenzione all'argomento avrei probabilmente concluso che il fenomeno non era
molto rilevante neppure in quel paese, ed invece ho scoperto che il sospetto era
fondato (se così non fosse stato significava che i mass-media ancora una volta
avevano dato grande risalto ad un fenomeno tutto sommato poco rilevante, magari
per motivi strumentali).
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Devo inoltre sottolineare a questo proposito che, a testimonianza del peso di questo
fenomeno nella pubblica opinione e soprattutto nella scienza, ho notato che negli
Stati Uniti esistono dei periodici specializzati proprio nello studio delle bande criminali
giovanili
(2)
.
Se l'obbiettivo fosse stato diverso, cioè magari quello di studiare le caratteristiche
delle gang di alcune specifiche metropoli statunitensi o di quelle presenti nei piccoli
centri, avrei probabilmente consultato queste riviste maggiormente specializzate,
p.es. in criminologia o in problemi di disagio giovanile. La decisione di esaminare la
terza rivista, « Social Problems », è stata presa durante la ricerca in quanto
frequentemente veniva citata nei riferimenti bibliografici di articoli inerenti
specificamente il fenomeno delle bande giovanili: in sostanza la scelta delle tre riviste
ha lo scopo di un aggiornamento orientativo, nel quadro della "general sociology" nei
primi due casi (A.J.S. e A.S.R.) e della "applied sociology" nel terzo (S.P.).
Proprio perchè l'obbiettivo della ricerca è sostanzialmente di aggiornamento (e forse
anche perchè oggi più che mai viene dato risalto a questi fenomeni) ho scelto di
esaminare le tre riviste dall'anno 1980 al 1990, adottando quindi una prospettiva
temporale piuttosto limitata: non mancano comunque i riferimenti agli autori "classici"
che sin dagli anni '20 e '30 si sono occupati di questo problema e che hanno
elaborato le principali teorie della devianza fino ad oggi ancora in parte valide; anche
in questo caso l'individuazione è stata piuttosto agevole, in quanto nel corso
dell'analisi dei diversi contributi ho rilevato frequenti riferimenti a quelle prime opere
dei sociologi che si apprestavano ad affrontare questo argomento.
Dopo aver raccolto il materiale e prima di procedere all'analisi del contenuto ho
costruito una griglia di analisi al fine di mettere ordine nei diversi contributi da
esaminare, e innanzitutto per tentare di costruirmi un'idea seppure approssimativa di
ciò che stavo per analizzare; i criteri seguiti per classificare i diversi contributi sono di
due tipi: dapprima ho tentato di differenziare gli studi a seconda del "genere" di
approccio adottato nell'affrontare l'argomento e poi ho rilevato quali erano le
tematiche maggiormente ricorrenti ed attraverso la loro rilevanza nei diversi contributi
ho stilato una classificazione degli stessi.
Il capitolo 1 è costituito dall'esame dei contributi "classici" dei primi sociologi che si
occuparono specificamente di questo fenomeno: l'esistenza di questi primi studi mi è
16
stata segnalata in due fasi, innanzitutto nel momento in cui ho ricercato la letteratura
sull'argomento nelle suddette riviste di sociologia ed in secondo luogo quando sono
passato all'analisi del contenuto dei singoli contributi tra il 1980 e 1990; in molti studi
tra quelli analizzati sono presenti riferimenti a questi capostipiti dello studio delle
bande criminali giovanili. Il criterio adottato per l'ordine dell'analisi è stato ancora una
volta quello cronologico, se non altro per coerenza con l'esame degli autori
"contemporanei".
Nel capitolo 2 vengono brevemente spiegate le motivazioni delle diverse scelte
adottate, seguite dall'illustrazione delle fonti utilizzate; in seguito vengono descritti i
criteri di analisi del contenuto dopo qualche considerazione sul profilo quantitativo
degli studi rilevati e delle fonti: si passa quindi alla descrizione della "griglia di
analisi", una classificazione dei diversi contributi in base al genere di approccio ed in
base alle tematiche trattate. La parte più ponderosa resta sicuramente quella
compresa nel paragrafo 3, ossia l’analisi di tutti gli articoli pubblicati dalle tre riviste
Insieme ai "classici" sull'argomento questi 33 saggi costituiscono la materia da
esaminare e da cui si possono trarre delle conclusioni; da questa lunga serie di
contributi sociologici si può cercare di comprendere come si è evoluto il pensiero sul
tema in questione (oltre che il fenomeno stesso oggetto di studio) ma anche su
aspetti più generali del sistema sociale: questo è propriamente il contenuto del
capitolo 4, un tentativo di "fare il punto" della situazione degli studi sull'argomento e
di rispondere alle domande che mi ero posto all'inizio della ricerca.
Prima di questo capitolo però ho ritenuto utile compiere una breve ricognizione sul
contesto italiano, per verificare che effettivamente l’emergenza sociale delle gang
giovanili non rientrasse nei problemi della società italiana (poichè da qui era mia
intenzione partire nell’analisi del fenomeno): questo costituisce il contenuto del
capitolo 3.
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NOTE
(1) vedi gli articoli recenti di Segre su « Sociologia del diritto » N°2-2/92,
"Delinquenza giovanile in Francia" e su « Marginalità e società » N°20/91,
"Marginalità, povertà e criminalità in Scandinavia".
(2) Vedi la rivista « Juvenile gangs in context » , edita da Malcolm W. Klein.
Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.
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CAPITOLO 1
GLI SVILUPPI DEL FENOMENO DELLE BANDE GIOVANILI ATTRAVERSO GLI
STUDI SOCIOLOGICI CLASSICI
In questo capitolo vengono esaminati i contributi classici al tema della delinquenza
giovanile con particolare riferimento alle bande metropolitane; questi studi sono stati
scelti in base alla particolare rilevanza a loro conferita dai frequenti riferimenti rilevati
nel corso dell'analisi del contenuto delle opere selezionate all'interno delle principali
riviste di sociologia statunitensi (ciò che costituisce il contenuto del capitolo 2). Già
dai titoli delle singole opere, infatti, oltre che dal loro contenuto essenziale, risulta
abbastanza evidente quale sia l'attenzione e l'interesse degli autori: questo primo
indizio è stato poi confermato dall'analisi dei singoli studi, la quale è stata condotta
secondo un metodo diacronico, scelto al fine di comprendere l'evoluzione del
pensiero sociologico su questo specifico argomento; lo stesso criterio del resto è
stato adottato nell'analisi degli studi sociologici sul fenomeno delle bande giovanili nel
decennio 1980-1990 pubblicati dalle tre riviste citate nell'introduzione.
1. “The Gang”
Il primo studio sistematico che possiamo esaminare è quello di F. THRASHER e J.
F. SHORT pubblicato nel 1927 col titolo "The gang", riferito alla situazione di
Chicago.
La prospettiva generale adottata mostra che questo problema è solo uno dei tanti
sintomi della più o meno generale disorganizzazione sociale contestuale al rapido
sviluppo economico ed all'assorbimento di grandi masse di lavoratori stranieri; il
processo di precipitosa competizione nello sviluppo di questo nuovo benessere e la
conseguente tendenza all'aumento della divisione del lavoro ed alla specializzazione
ha stimolato la rapida crescita delle città e di tutti i processi di movimento ed
adattamento derivanti da essa.
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Il risultato è che le città industriali americane non sono ancora ben assestate e
capaci di autocontrollarsi: esse sono per così dire ancora "giovani", ed il caos
apparente in certe fasi della loro vita può esser considerato una specie di "ritardo
culturale".
Tutto ciò, insieme al mancato sviluppo di un forte codice sociale sostenuto da tutti i
membri della comunità, ha portato ad un alto grado di disorganizzazione che si
estrinseca nel vizio, nella criminalità, nella corruzione politica ed in altri disagi sociali
che tendono a fuggire verso i margini suburbani o a restare segregati in zone ben
definite della città quali p.es. la "cintura della povertà" di Chicago: il fatto che le gang
siano presenti più che altro in questa zona di transizione è significativo, in quanto
esse non solo trovano un ambiente favorevole al loro sviluppo ma anche la loro vita
ed attività si caratterizzano per il disordine tipico di questa zona. Riconoscendo le
probabilità che questo stato di carente integrazione sociale continui ancora per
qualche tempo, il problema consiste nella riduzione al minimo necessario della
disorganizzazione sociale che pur caratterizza il progresso.
1.1. I fattori caratterizzanti la formazione delle gang
I ragazzi che vivono in aree caratterizzate dalla presenza delle bande godono di
un'insolita libertà dalle restrizioni imposte dalle normali agenzie di controllo nelle
migliori aree residenziali della città; in questi ambienti non manca il divertimento e
nella gang essi trovano uno strumento per l'organizzazione del gioco e per la
soddisfazione di molti loro desideri.
La libertà e la sfrenatezza della vita dei ragazzi in queste condizioni è uno dei
maggiori ostacoli ai tentativi di organizzare i programmi di lavoro per questi soggetti:
il problema di organizzare le attività della banda nel tempo libero è di difficile
soluzione e richiede un alto grado di intelligenza e comprensione da parte di chi,
individuo od ente, tenti di risolverlo.
20
Le condizioni che rendono possibile la crescita delle bande sono riassumibili nella
inadeguatezza della vita familiare, nella povertà, nel degrado dei quartieri,
nell'inefficacia della religione e dell'educazione: tutti questi fattori formano una
situazione complessa che costituisce la matrice dello sviluppo delle gang.
(1) Qualsiasi condizione della vita familiare che promuova la noncuranza o la
repressione dei suoi giovani membri favorisce indirettamente il fenomeno
della banda stimolando il ragazzo a trovare la soddisfazione dei suoi
desideri fuori dal contesto familiare: le deficienze familiari possono essere
di varia natura ma sono riassumibili nella povertà, nella non-integrazione
dei gruppi di immigrati, nei difetti dei genitori, etc.
(2) Il fallimento della religione moderna nel penetrare nell'esperienza vitale del
ragazzo fa sì che non si riesca ad esercitare un sufficiente controllo sul suo
comportamento né a promuovere attività attraenti per il suo tempo libero
che siano alternative a quelle "convenzionali".
(3) Un sistema scolastico che non stimola l'interesse del giovane e che non
rappresenta un'organizzazione soddisfacente delle sue energie vitali
contribuisce all’aumento delle probabilità di trascorrere il tempo libero in
una gang.
(4) La mancanza di una guida adeguata nelle attività del tempo libero
costituisce una situazione favorevole allo sviluppo delle gang; il problema
non è quello di costruire campi da gioco o centri per attività sociali nelle
zone dove nascono o crescono le bande, ma è di trovare o introdurre in
quelle aree dei leader che organizzino le attività dei ragazzi e conferiscano
loro un certo significato sociale.
Queste condizioni non producono direttamente il fenomeno delle bande, in quanto
esso è interstiziale, cioè cresce negli spazi in cui le istituzioni sono assenti o
funzionano male: le gang sono un sintomo della vita disordinata di una "zona di
frontiera".
Mentre sono stati fatti grandi progressi nella modifica delle leggi e delle procedure
per venire incontro agli speciali bisogni dei bambini, i rappresentanti della legge non
21
hanno imparato a trattare efficacemente coi giovani delinquenti e le loro bande: dopo
che p.es. una gang viene sciolta o dispersa dalle forze di Polizia non si tenta neppure
di offrire delle attività alternative a questi ragazzi, ed infatti frequentemente essi
instaurano nuovamente questo tipo di relazioni. L'inadeguatezza degli apparati
pubblici nel trattamento della delinquenza, in particolar modo quella giovanile, è
dovuta principalmente al mancato riconoscimento dell'importanza del fattore
"gruppo": è necessario studiare il soggetto delinquente in quanto persona per
comprenderlo, ma bisogna anche trattarlo come persona in ogni situazione pratica
per studiarne un efficace programma di riabilitazione; i ragazzi, specialmente, non
sono meccanismi puramente biologici e predeterminati, per cui non si possono
ignorare le relazioni da loro sviluppate nel proprio contesto sociale. Tra i gruppi in cui
il giovane delinquente trova espressione, la gang è uno dei più importanti per lo
sviluppo della sua personalità; l'esperienza indica che esistono solo due alternative
per ricuperare un ragazzo diventato criminale attraverso l'influenza della gang:
(1) toglierlo radicalmente dall'influenza della banda
(2) cercare di mutare le caratteristiche della banda
Le istituzioni pubbliche hanno solitamente tentato la prima strada ma senza
successo, ed hanno generalmente trascurato la seconda: la procedura usuale nel
primo caso è di inserire il ragazzo in un istituto per un certo periodo di tempo nella
speranza che le metodologie ivi adottate lo "riorganizzino" in modo da prevenire
comportamenti delinquenziali quando egli tornerà nel suo vecchio ambiente.
Un'esperienza di questo tipo può essere un deterrente sufficiente in certi casi, ma è
molto dubbio che questo tipo di soluzione sia efficace una volta che il soggetto ritorna
nel suo ambiente originario: i controlli e le pressioni del gruppo sono troppo forti, in
certi casi, per riuscire a resistervi.
22
Il giovane inoltre torna alla vita normale ed alla sua gang avendo la fedina penale
sporca, il che lo fa sentire indesiderato dalla comunità e addirittura gli conferisce
maggiore prestigio all'interno della sua banda; il problema reale sembra quindi quello
di riabilitare il giovane nel suo ambiente effettivo.
Un altro espediente per allontanare il ragazzo dalla sua gang è quello di far
traslocare la sua famiglia in un altro quartiere, ma anche questo non ha successo
perché egli si sentirà spaesato e probabilmente farà ritorno, anche affrontando viaggi
piuttosto lunghi, alla sua banda. L'unica alternativa resta quella di trattare con la gang
al completo magari inserendola in un programma comunitario, ridirezionando le sue
attività in canali socialmente significativi: solitamente la banda viene "presa in
gestione" da un ente sociale come se fosse un club, le viene dato un nuovo nome e
viene inserita in una struttura più grande; i membri del gruppo apprendono i ruoli che
devono svolgere e partecipano pienamente alla vita della comunità.
Questa metodologia tuttavia è efficace soltanto se inserita in un programma
armonico, studiato a livello comunitario, di prevenzione del crimine: non può essere
adottata da un singolo ente sociale, in quanto la sua funzione ne risulterebbe limitata.
Il problema di dare un nuovo corso alla gang sta nel dare un significato alla vita dei
ragazzi, nel "definire la situazione" senza costruire tabù o proibizioni; molto
frequentemente le attività di un ragazzo appartenente ad una banda sono connesse
agli impulsi ed alle esigenze della situazione contingente con cui egli si confronta: il
suo comportamento non ha punti di riferimento più ampi di quelli dettati dall'istinto. Il
primo problema è di stimolare l'immaginazione del ragazzo e di fargli sviluppare
qualche ambizione: la gang è in grado di organizzare gli interessi dei propri membri,
ma li estrinseca in attività inutili o disastrose, comunque insignificanti per lo sviluppo
personale del ragazzo o per il bene della comunità.
23
La personalità del giovane può essere aiutata a svilupparsi dando ai suoi interessi ed
inclinazioni un minimo di pianificazione in modo che abbiano un qualche effetto
educativo completo: se p.es. un ragazzo propende per la lotta fisica sarà molto più
utile dargli un paio di guantoni e farlo combattere in un campionato di boxe piuttosto
che lasciare che resti coinvolto in pericolose risse nelle strade; in questo modo egli
probabilmente sentirà di avere una collocazione precisa e delle responsabilità
all'interno di un contesto più ampio.
L'organizzazione delle attività giovanili dovrà anche servire al miglioramento della
comunità: è curioso notare che in questo modo i ragazzi membri delle bande
arriveranno a proteggere quei beni che in precedenza cercavano di distruggere, e
che lo stesso meccanismo può funzionare anche con le gang di adulti; un movimento
di ex criminali di New York p.es. ha collaborato all'istituzione di corsi di orientamento
professionale ed alcune bande sono riuscite ad organizzare palestre ed altri servizi di
assistenza per poveri ed ex carcerati, per aiutarli a diventare "brave persone".
Qualsiasi metodo venga utilizzato, l'importante è che sviluppi un programma in cui le
attività ed i membri vengano incorporati e si dia loro significato in un contesto di vita
più ampio.
24
1.2. La prevenzione del crimine e la gang
La crescente gravità del problema del crimine negli Stati Uniti ha attirato l'attenzione
del pubblico più preparato sulla possibilità di un attacco più profondo e sistematico
alle cause del crimine; queste recenti formulazioni sulla questione della prevenzione
sono strettamente connesse al trattamento delle bande e delle forme di delinquenza
che esse promuovono. Secondo i recenti studi scientifici si può affermare che:
(1) le origini delle carriere criminali si ritrovano prevalentemente nelle reazioni sociali
tipiche dell'infanzia e dell'adolescenza;
(2) la concentrazione di delinquenti potenziali e di criminali si riscontra
prevalentemente nelle aree tipiche, interstiziali, le quali sono un terreno fertile per lo
sviluppo delle bande, della delinquenza e del crimine; sono le cosiddette "aree di
delinquenza" ben descritte da Clifford R. Shaw.
Il problema è di trattare con i "predelinquenti" o delinquenti potenziali in quelle aree
deteriorate in modo da assicurarne lo sviluppo di una personalità completa e di una
buona capacità di essere cittadini: sarà quindi necessario sintetizzare tutti i metodi
essenziali, in modo da affrontare coerentemente ed organicamente la situazione in
un'area di delinquenza. Tuttavia alcuni criminologi, persone competenti in maniera
giuridica, esperti di educazione ed operatori in ambito ricreativo e sociale non
riescono ancora a comprendere il principio fondamentale della prevenzione del
crimine, cioè l'organizzazione di un programma preventivo completo nella comunità
con la maggiore concentrazione di delinquenti; la banda, insieme ad altri fattori
personali e sociali nell'area interstiziale (che produce crimine) gioca un ruolo
importante nella corruzione (intesa come capacità di prescindere dalla morale) del
giovane e nella facilitazione del crimine e della delinquenza.
Dall'analisi della gang e della delinquenza giovanile gli elementi essenziali di un
programma di prevenzione del crimine in una comunità locale sembrano essere i
seguenti:
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(A) Lo scopo generale è di costruire un programma completo e sistematico per
coinvolgere tutti i ragazzi di un'area di delinquenza - specialmente i più disagiati e
quelli con maggiori probabilità di divenire delinquenti - in attività, gruppi ed
organizzazioni che li aiutino nei loro interessi del tempo libero e nelle altre loro
necessità.
(B) I mezzi per il raggiungimento di questo scopo sono:
- la concentrazione della responsabilità per la prevenzione del crimine nell'area locale
in questione (un problema di organizzazione della comunità)
- fare ricerca per conoscere fatti ed elementi essenziali come base per lo sviluppo di
un programma di prevenzione del crimine (che tenga in considerazione gli
adolescenti)
- utilizzazione dei servizi e cooperazione tra tutte le agenzie di prevenzione esistenti
nella comunità (un problema di organizzazione della comunità)
- applicazione sistematica del programma di prevenzione a tutti i ragazzi dell'area a
rischio nella comunità locale
- creazione di nuove agenzie, se necessario, per sostenere l'organizzazione sociale
quando si scoprono bisogni specifici che non possono essere soddisfatti dalle
disponibilità esistenti (anche questo è un problema di organizzazione della comunità)
- continuare i programmi educativi per guadagnare e mantenere l'interesse ed il
sostegno pubblico
Un programma di questo tipo rappresenta un distacco radicale dai metodi del lavoro
sociale e dell'organizzazione della comunità così come sono stati finora concepiti; gli
elementi di novità che costituiscono una promessa di un'effettiva prevenzione del
crimine consistono nella riorganizzazione della comunità (basata sulla ricerca)
piuttosto che nella proposta di nuove metodologie di trattamento dei bambini ed
adolescenti, sia a livello individuale sia di gruppo.
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Il primo passo dunque sta nella concentrazione della responsabilità in un programma
preciso e sistematico che sarà un adeguato mezzo sociale di prevenzione del
crimine; gli enti sociali tradizionali non sono in grado di espletare questo compito,
tuttavia molti di essi avranno dei ruoli importanti a questo fine; lo strumento che
assolverà la funzione principale dovrà assicurare la cooperazione di tutte le istituzioni
ed organizzazioni della comunità.
Alcuni suggeriscono che la responsabilità dovrebbe essere assunta da un "consiglio"
rappresentativo di tutti gli enti dell'area che cooperano per rendere operativo il
programma: potrebbe anche essere necessaria la nomina di un "esecutivo" di questo
consiglio, formato da un piccolo staff di persone qualificate per le funzioni di
prevenzione; ove non fosse possibile per ragioni diverse la creazione di tali organi,
l'iniziativa di sviluppare un programma di prevenzione del crimine dovrebbe essere
presa da qualsiasi agenzia che abbia un interesse fondamentale in questo obbiettivo
(gruppi ricreativi, Tribunale dei Minori, Dipartimento di Polizia, sistema scolastico
pubblico, etc.).
Il programma di prevenzione deve essere basato su una conoscenza precisa
(derivante dalla ricerca) delle problematiche dei ragazzi dell'area interessata e degli
influssi di livello macro che agiscono su di loro. Non è possibile una sintesi della
conoscenza essenziale per questo problema senza l'apporto della ricerca, in quanto
la prevenzione del crimine necessita di una comprensione sistematica ed
organizzata: proprio il ragazzo che non si fa coinvolgere dai programmi tradizionali
per il tempo libero, che rifugge dalle buone compagnie e dalle istituzioni è il più
probabile candidato ad una carriera da delinquente.
Il terzo punto implica semplicemente l'integrazione dei servizi di tutti gli enti
appropriati in riferimento ad ogni caso singolo che coinvolge un ragazzo, una famiglia
o una banda.
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L'applicazione sistematica del programma riferita a tutti gli adolescenti nell'area di
delinquenza è un elemento essenziale e semplice una volta che il problema è stato
compreso ed è stata scelto un ente adatto per la prevenzione del crimine.
L'area a rischio viene precisamente delimitata al fine di ridurre le dimensioni della
popolazione giovanile con cui interagire: in seguito si passano al vaglio i casi di "pre-
delinquenti", cioè quei ragazzi che per problemi di comportamento già manifestati o
per le condizioni del loro background biologico o sociale hanno maggiori probabilità
di diventare dei delinquenti; con lo sviluppo delle ricerche e la disponibilità di molti
dati sulle origini delle carriere criminali si potranno costruire degli indici con cui
prevedere con un certo grado di precisione quali giovani possono rientrare in questa
categoria. Per ora le conoscenze sono sufficienti per portare avanti un programma di
prevenzione, nei limiti della praticabilità, mediante il suddetto processo di cernita e la
concentrazione degli sforzi sui casi critici.
Il passo successivo sta nella creazione di nuovi enti laddove le opportunità esistenti
si siano dimostrate inadeguate: certo molte di quelle esistenti sono adatte allo scopo
una volta che si sia adempiuto ai primi quattro stadi del procedimento, ma è
probabile che in alcune zone sarà necessario istituire nuovi enti. La procedura finale
in un programma di prevenzione del crimine è di tenere informato il pubblico ed
educare la comunità a sostenere queste iniziative, soprattutto a livello nazionale: la
grande pubblicità che il crimine e le gang hanno ricevuto ha avuto qualche effetto
nella creazione di speciali agenzie per arrestare i "nemici pubblici", ma si è limitata a
produrre una sorta di tolleranza generale e di rassegnazione nel cittadino medio
all'esistenza dei gangster, dei fenomeni estorsivi e della corruzione politica.
Recentemente l'opera efficace del Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) del
Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti nella cattura e conseguente condanna di
noti criminali e dei cosiddetti "nemici pubblici" ha risvegliato l'interesse pubblico su
questo tipo di prevenzione del crimine; è stato però molto più difficile ottenere il
sostegno pubblico per il genere di attacco al crimine rappresentato dal
coordinamento delle agenzie comunitarie per la prevenzione studiato al fine di «
stroncare sul nascere la carriera criminosa » .
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Non esiste purtroppo un ente di livello nazionale, pubblico o privato, incaricato di
fornire un'informazione appropriata e scientifica sulle cause e sul controllo del
crimine: la possibilità di attuazione di un programma così fondamentale diviene più
certa quando la logica della nostra conoscenza del problema delle gang e del crimine
diventa ineluttabile; l'attività di pianificazione a livello sociale diventa sempre più
ineluttabile quando le verifiche pratiche vengono applicate alla struttura sociale
disorganizzata. Non esiste sicuramente una panacea per la soluzione di questi
problemi, ma l'esperienza richiede che l'enfasi sia posta sul processo di prevenzione,
il quale attacca le radici del crimine in quelle aree della comunità che sono note per
esserne centri di produzione.
Importanti progressi nella prevenzione del disagio e nella promozione del bene
pubblico sono stati il risultato di varie iniziative riguardanti il tema del benessere,
finanziate dalle contribuzioni di fondazioni e di cittadini ben consci delle esigenze
sociali: allo stesso modo i tempi sono maturi per iniziative pratiche della cittadinanza
(sulla prevenzione del crimine) adeguatamente finanziate, che saranno condotte
sperimentalmente e valutate scientificamente per un periodo di anni in diverse zone
del paese; in questo modo i principi di prevenzione del crimine potranno essere
fissati e la conseguente profilassi potrà essere più ampiamente applicata dagli enti
pubblici e privati.