2
viene occultata ogni traccia della soluzione sacrificale, Girard riconosce
che vi è stata un'evoluzione della storia dei miti dove la violenza e il
ricordo dell'assassinio collettivo sono stati progressivamente eliminati:
le tracce superstiti sono riscontrabili nelle varianti dei miti stessi.
Il capitolo III, "La rivelazione cristiana", esamina l'attenzione
con cui Girard si è dedicato allo studio della Bibbia e dei Vangeli, i
primi testi che, secondo il nostro autore, avrebbero dato finalmente
voce alle vittime ingiustamente perseguitate.
Segue una rassegna di episodi biblici interpretati secondo l'ottica
mimetica del pensiero girardiano: il rinnegamento di Pietro, la
decapitazione di Giovanni Battista, la vicenda di Giobbe.
Nell'ultima parte del capitolo viene presa in considerazione la
figura del Dio delle vittime, che sarebbe la fondamentale novità della
religione cristiana rispetto a tutte le altre religioni, invischiate nel
sistema mitico-sacrificale. Satana non sarebbe altro che la
personificazione di questo meccanismo della violenza, che regna sul
nostro mondo sin dalla preistoria.
Nel capitolo IV, "L'ultimo Girard", viene esaminata l'evoluzione
del pensiero girardiano, che negli ultimi anni ha abbandonato la vecchia
concezione non sacrificale del cristianesimo in favore di una
rivalutazione del "sacrificio" particolare di Cristo.
Inoltre si prende in considerazione un recente saggio dove Girard
allarga la propria analisi alla religione indiana e in particolare alla
tradizione vedica, riscontrando delle affinità tra le critiche
antisacrificali presenti nell'ultima parte dei Veda e la tradizione
giudaico-cristiana.
3
CAPITOLO I
IL MIMETISMO
1.1 L'autore
Renè Girard nasce ad Avignone il 25 dicembre 1923. Dopo aver
studiato all'Ecole des Chartres a Parigi, diviene archivista paleografo
nel 1947. Studia poi negli Stati Uniti addottorandosi in storia nel 1950
alla Indiana University. Diviene "incaricato" in questa stessa università
e anche nella Duke University, assistente al Bryn College, professore
alla State University di New York e al dipartimento delle lingue
romanze della John's Hopkins University, nel Maryland. Dal 1981 è
professore di lingua, letteratura e civiltà francese alla Stanford
University.
Reputato dagli specialisti di scienze umane uno dei più
importanti pensatori del nostro tempo, Girard può essere annoverato al
tempo stesso tra i tanti studiosi di scienze della religione, antropologi,
etnologi, storici, sociologi e psicologi, anche se egli si è dedicato in
particolar modo agli studi letterari.
Dimostrando una vasta competenza nei vari settori delle scienze
umane, Girard esamina le teorie di vari studiosi, non risparmiando
critiche e acute osservazioni, studiando i fenomeni religiosi in modo
globale e non soltanto dal punto di vista del letterato.
4
1.2 Il primo Girard: il triangolo del desiderio
Nel 1961 Renè Girard pubblica "Mensonge romantique, verité
romanesque", stampato in Italia nel 1965 col titolo "Struttura e
personaggi del romanzo moderno" e poi nel 2002 con la traduzione più
fedele "Menzogna romantica e verità romanzesca".
In quest'opera, compiendo un lavoro d'analisi sui testi delle
grandi opere letterarie della narrativa occidentale, Girard fa luce sulla
problematica del desiderio mimetico che ricoprirà un ruolo basilare
nella evoluzione del pensiero girardiano nel corso degli anni.
Nel libro l'intuizione fondamentale è che il desiderio umano è
sempre imitazione: il nostro modo di desiderare non è biunivoco, ma
triangolare; non procede in modo diretto dal soggetto all'oggetto, ma è
frequentemente mediato dall'altro che riveste al contempo il ruolo di
modello e di rivale.
Analizzando l'opera di Cervantes constatiamo che Don
Chisciotte vuole dedicare la propria vita all'imitazione di Amadigi di
Gaula, rinunciando di fatto a una prerogativa fondamentale
dell'individuo, in quanto non è più egli stesso a scegliere gli oggetti del
proprio desiderio, ma è Amadigi a scegliere per lui.
" Il discepolo si precipita sugli oggetti che il modello della
cavalleria di sempre gli indica, o sembra indicargli. Noi chiameremo
questo modello mediatore del desiderio. L'esistenza cavalleresca è
l'imitazione di Amadigi proprio come l'esistenza del cristiano è
imitazione di Cristo".
1
Il terzo vertice di questo triangolo, il mediatore del desiderio, è
l'Altro, che involge contemporaneamente l'oggetto e il soggetto. E
poiché l'Altro desidera un oggetto anche il soggetto inizia a desiderarlo:
questo stesso oggetto acquista valore solo perché desiderato dall'Altro.
1
R. GIRARD, Struttura e personaggi del romanzo moderno, Milano 1965, p. 7.
5
Anche in Flaubert è possibile ritrovare il desiderio secondo
l'altro nel personaggio di Emma Bovary, che imita tutto ciò che è
possibile imitare dei modelli che ha scelto, ovvero le eroine romantiche
conosciute durante l'adolescenza tramite la lettura e desidera attraverso
il tramite di queste stesse eroine.
La presenza di quest'Altro sembra mettere in discussione il
concetto di individualismo alla base della modernità, che ci mostra
l'uomo come essere libero e autonomo nelle sue scelte, analogamente a
quanto accade in campo letterario con la figura dell'eroe romantico.
Non sempre la figura del mediatore appare distaccata dalla
scena, come avviene nel caso di Amadigi e Don Chisciotte. Spesso il
mediatore desidera l'oggetto, rendendolo immensamente desiderabile
agli occhi del soggetto: si verranno così a creare due desideri identici e
concorrenti.
Ciò avviene per la maggior parte dei desideri stendhaliani, dove
il mediatore è al contempo modello e ostacolo e " … il modello indica
al discepolo la porta del paradiso e con uno stesso e unico gesto gli
impedisce di entrare ".
2
Avremo così due categorie fondamentali in cui raggruppare le
opere romanzesche: in un caso si parlerà di mediazione esterna quando
le relazioni tra soggetto e mediatore sono tali da non permettere il
contatto. Avremo mediazione interna quando la distanza si riduce e le
due sfere si compenetrano più o meno profondamente.
Quando il mediatore frappone degli ostacoli tra il soggetto e
l'oggetto il suo prestigio invece che indebolirsi si accresce. Il soggetto
prova nei confronti del modello un sentimento lacerante, l'odio, che
scaturisce da una sentita venerazione e da un acceso rancore.
2
R. GIRARD, Struttura e personaggi del romanzo moderno, Milano 1965, p. 12.
6
Non appena allievo e maestro dispongono delle stesse
conoscenze ogni distanza tra loro scompare, ogni gerarchia viene
abolita, creando così un pericoloso stato di indifferenziazione , la
peggiore delle situazioni possibili. E nonostante i rivali mimetici tentino
di differenziarsi, finiscono per somigliarsi ancora di più.
La perdita delle differenze e la crisi che da essa scaturisce sono
punti fondamentali nel pensiero di Girard: ogni aspetto della cultura
umana si basa sulla creazione permanente di differenze, uno specchio
della diversità e della ricchezza proprie dell'umanità.
" Claude Lévi-Strauss per primo si è sforzato di pensare tutte le
regole culturali in termini di differenze. Vi è in tale sforzo qualcosa di
prezioso per l'intelligenza della sfera culturale, ma anche di
incompleto. Occorre situare le differenze nel loro contesto reale, quello
dei rapporti mimetici e del loro irresistibile potere di
indifferenziazione, di riduzione all'identico ".
3
Differenze che permettono di trovare il proprio posto a ciascuno
e ad ogni cosa. Ad ogni modo il modello non ha un ruolo passivo nel
triangolo del desiderio, in quanto fa di tutto per convogliare il desiderio
altrui verso un oggetto che gli è proprio. Alimentando desideri
competitivi, il modello mirerà a suscitare la concorrenza e a crearsi un
rivale da soppiantare.
I sentimenti tipici che si modellano sul desiderio mimetico,
ovvero ira, invidia, odio sono chiaramente presenti nell'opera di
Dostoevskij, che respinge l'oggetto in posizione marginale accrescendo
l'importanza del mediatore.
" A mano a mano che il mediatore si avvicina e si passa da
Stendhal a Proust e da Proust a Dostoevskij, i frutti del desiderio
triangolare si fanno più amari ".
4
3
R. GIRARD, La pietra dello scandalo, Milano 2004, p. 34-35.
4
R. GIRARD, Struttura e personaggi del romanzo moderno, Milano 1965, p. 38-39.
7
Il Don Chisciotte di Cervantes era sempre identico a sé stesso e
con una fede incrollabile nelle proprie convinzioni; l'uomo di
Dostoevskij, capace di seguire più idee alla volta, è l'emblema della
modernità occidentale degradata.
Il periodo critico e significativo di questo degrado è proprio lo
Ottocento, quando in Europa si comincia a delineare un assetto
democratico in cui si dissolvono le gerarchie e che assomiglia alle crisi
di indifferenziazione tipiche delle società primitive.
L'agonismo che riscontriamo nelle nostre società è al tempo
stesso portatore di effetti positivi, ma anche una continua fonte di
tensione nei rapporti umani. Se questa tensione scompare, prevalgono
sentimenti come la noia e l'apatia.
Se il rivale non è in grado di resisterci, allora non susciterà più il
nostro interesse e anche l'oggetto perderà ogni attrattiva. Se il rivale
sarà capace di resisterci, saremo infelici perché non riusciremo a
conquistare l'oggetto.
Questo è un aspetto caratteristico dell'infelicità del nostro
universo democratico. Anche lo snobismo, che Girard riscontra
analizzando le opere di Proust, conduce a un esito analogo: se non si è
ammessi all'interno di un circolo elitario, tanto più cresce il desiderio di
accedervi. Ma ancora una volta l'oggetto del desiderio perde gran parte
del suo valore una volta posseduto.
" Il desiderio mimetico è soddisfatto solo per un certo lasso di
tempo, che tende a essere sempre più breve ".
5
Il Romanticismo ha operato una sorta di lavaggio del cervello,
facendo perdere di vista la figura del mediatore e non cogliendo mai a
fondo la natura e l'importanza del desiderio mimetico.
5
R. GIRARD, La pietra dello scandalo, Milano 2004, p. 142.
8
Girard opera quindi una distinzione tra le opere romantiche,
dove non si svela la presenza del mediatore, e quelle romanzesche,
dove la "verità" sulla presenza del mediatore viene a galla. E l'idea
madre su cui si basa la teoria del romanzo romanzesco è proprio il
desiderio triangolare.
L'utilizzo delle opere letterarie per spiegare dinamiche proprie
della dimensione sociale dell'umanità ha sollevato delle polemiche.
Tra gli studiosi che sono intervenuti su questo punto bisogna
menzionare Henry Meschonnic
6
che sottolinea con ironia come, con
questo procedimento, anche le opere letterarie assumano una
dimensione reale, poiché scrittori come Cervantes, Stendhal o
Dostoevskij hanno svelato la verità del desiderio mimetico, ma non
completamente: sarà Girard a portare a compimento la loro opera.
6
H. MESCHONNIC, Religion, maintien de l'ordre, in "Nouvelle revue française", CCCXXV, 1980,
p. 94-107.
9
1.3 Il desiderio mimetico di appropriazione
" Bisogna rifiutare al desiderio umano quella specificità troppo
esclusiva che gli conferisce ancora la psicoanalisi e che vieta qualsiasi
trattamento scientifico. Già negli animali le interferenze mimetiche si
innestano sugli appetiti e sui bisogni, ma certamente non come negli
uomini ".
7
Partito dalla riflessione sul desiderio nel romanzo moderno, negli
anni Settanta Girard allarga il proprio campo d' indagine fino a
elaborare una antropologia mimetica che troverà il proprio fondamento
sulla rivelazione cristiana e sulla sua funzione demistificatrice nei
confronti del sacro violento.
Il mimetismo di appropriazione riveste un ruolo molto
importante per l'uomo così come per altri esseri viventi: se una scimmia
vede tendere una mano verso un oggetto sarà tentata di ripetere quel
gesto.
Il rifiuto di compierlo, la repressione di ciò che assomiglia a un
desiderio ci mostra che anche l'animale è sottomesso a una esigenza
tipica dell'umanità, ovvero prevenire i conflitti provocati dalla
convergenza su uno stesso oggetto di due o più mani avide.
Questa mimesi di appropriazione è facilmente riscontrabile
anche nei bambini: se si lasciano dei giocattoli in una stanza con dei
bambini molto probabilmente sorgeranno dei contrasti per la
distribuzione dei giocattoli stessi.
Questa rivalità mimetica è anche più forte negli adulti, ma
costoro, come le scimmie, hanno imparato a reprimerne almeno in parte
le modalità più facilmente riconoscibili dall'ambiente circostante.
Anche la gentilezza può rientrare in questo contesto come un modo per
evitare le occasioni di rivalità, scansandosi di fronte all'altro.
7
R. GIRARD, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Milano 1983, p. 351.
10
" Ciò che definisce il conflitto umano non è la perdita della
reciprocità quanto piuttosto lo slittamento, dapprima impercettibile e
poi via via più rapido, dalla buona alla cattiva reciprocità. Questo
slittamento si nota appena, ma la minima negligenza, la minima
dimenticanza possono turbare durevolmente i nostri rapporti ".
8
Paradossalmente anche la rinuncia può divenire fonte di rivalità,
come nel caso del potlatch, il sistema dei doni scambiati nel Nord-
ovest dell'America, in cui la mimesi di appropriazione si capovolge in
mimesi di rinuncia, determinando a volte esiti disastrosi.
Quando le società esauriscono le risorse catartiche, si sviluppa
una crisi mimetica in cui il desiderio fiorisce sempre più. Questa
situazione favorisce l'insorgere del cosiddetto double bind mimetico, a
causa del quale il soggetto non è in grado di interpretare in modo
corretto le disposizioni dell'Altro, che vuole essere imitato in quanto
modello e al tempo stesso non essere imitato in quanto rivale.
Nelle società arcaiche la presenza dei divieti limitava le scelte
individuali e le occasioni di rivalità. Nella società contemporanea la
scomparsa di tabù e riti di iniziazione ci propone individui impreparati
ad affrontare le prove della vita in comune.
Il bambino non verrà messo a conoscenza del fatto che i
comportamenti imitativi verranno ora lodati, ora scoraggiati;
l'educazione moderna crederà di risolvere ogni problema con
l'esaltazione della spontaneità naturale del desiderio.
Paul Valadier
9
non si mostra convinto dall'idea che alla base
della violenza reciproca vi sia il desiderio di appropriazione: egli
protende di più verso un desiderio di affermazione dell'uomo nei
confronti del proprio rivale, considerato come un ostacolo per la propria
identità.
8
R. GIRARD, La pietra dello scandalo, Milano 2004, p. 30.
9
P. VALADIER, Bouc emissaire et revelation, in "Etudes", CCCLVII, 1982, p.251-260.
11
Anche per Manuel De Dieguez
10
il sistema di pensiero
girardiano consente di mascherare dietro la rivalità mimetica tutti i
rapporti sociali intercorrenti tra gli uomini e lascia Girard libero di non
impegnarsi in un esame serio e scrupoloso dei moventi politici che
stanno alla base della società.
10
M. DE DIEGUEZ, Une ethnologie charismatique?, in "Esprit", s. III, n. 28, 1979, p.58-71.
12
1.4 Il mimetismo nella tragedia
Riconosciuto il mimetismo del desiderio infantile, Girard
afferma che:
" Il desiderio adulto non è diverso in nulla, se non per il fatto
che l'adulto, specie nel nostro contesto culturale, si vergogna, il più
delle volte, di modellarsi sugli altri; ha paura di rivelare la sua
mancanza d' essere ".
11
Così il discepolo si sente troppo al di sotto del proprio modello,
mentre il modello si sente troppo al di sopra del discepolo perché l'idea
della rivalità in cui entrambi si consumano non li sfiora neppure. Nella
più completa reciprocità possiamo constatare che il discepolo può
fungere anch' egli da modello, persino per il modello che aveva scelto
in precedenza.
Questa continua alternanza è evidente nella tragedia, dove i
personaggi non possono essere definiti gli uni in rapporto agli altri
perché rivestono tutti gli stessi ruoli successivamente e non è possibile
differenziarli tra di loro. Edipo può essere considerato oppressore se
esaminiamo l'Edipo re e oppresso se prendiamo in considerazione
l'Edipo a Colono.
A questa mutevolezza della tragedia, con i suoi continui
capovolgimenti, l'epoca moderna oppone la rigidezza, il carattere ben
definito dei personaggi, che vengono immobilizzati nel ruolo dei buoni
o dei cattivi.
Apparentemente è il possesso dell'oggetto che scandisce questa
continua inversione di condizione, questo passaggio dall'essere al nulla
e dal nulla all'essere.
11
R. GIRARD, La violenza e il sacro, Milano 1980, p. 205.