4
percezione, e in particolare le riflessioni sul corpo, sulla percezione, e sul suo
legame con la parola, e in secondo luogo sul concetto di cogito, il secondo
getta uno sguardo trasversale sulle riflessioni fatte da Merleau-Ponty nel corso
degli anni ’50. Saranno il confronto con la linguistica, con l’estetica, con le
scienze sociali e con la fenomenologia husserliana a mettere in un certo senso
in crisi l’impianto di Fenomenologia della percezione. In particolare, sarà un
nuovo modo di intendere la parola e il linguaggio, assieme all’introduzione di
nozioni che diventeranno centrali nell’ultimo Merleau-Ponty, come quelle di
‘chiasma’ e ‘carne’, ad aprire una fase del tutto originale, che confluirà in quel
testo incompiuto che va sotto il titolo di Il visibile e l’invisibile. E’ qui, infatti,
che si verifica per molti aspetti un salto di qualità: la fondazione di una nuova
ontologia e l’ulteriore approfondimento dei concetti già introdotti in precedenza
preludono all’illustrazione di quell’Essere grezzo, o verticale, di cui troviamo
traccia nelle «Note di lavoro» dell’opera appena citata.
Il concetto di cogito viene qui ripensato radicalmente proprio nella sua qualità
di cerniera tra le argomentazioni fatte nella prima parte, e che Merleau-Ponty
aveva già portato a termine e redatto prima della sua morte, e gli spunti che è
possibile ritrovare, seppur in forma frammentari, in queste «Note di lavoro».
Qui il cogito viene riconsiderato in maniera del tutto diversa rispetto a quanto
fatto in Fenomenologia della percezione. Le riflessioni sul linguaggio hanno
portato Merleau-Ponty addirittura a capovolgere l’impostazione dell’opera del
1945 in merito al cogito, ripensando radicalmente la coppia concettuale ‘cogito
tacito-cogito parlato’.
L’ultimo capitolo getta invece uno sguardo sull’attività di insegnamento di
Merleau-Ponty, che negli ultimi anni di attività stava tentando da un lato
un’ampia e approfondita rilettura del concetto di Natura, che sarebbe servita
da fondamento all’ontologia cui era al lavoro, e dall’altro un confronto con la
storia della filosofia, e nella fattispecie con alcuni filosofi, come Husserl e
Heidegger, emblematici non solo per la loro importanza, ma soprattutto in
quanto rappresentanti di una filosofia in crisi nel pensare compiutamente i
problemi posti da esperienze extra-filosofiche, come, ad esempio, quelle
artistiche. Il tema del linguaggio rimane per entrambi i filosofi citati insondato
nella sua originarietà: Merleau-Ponty cercherà di portare a fondo la sua
5
riflessione a tal proposito anche mediante un serrato confronto con l’ontologia
cartesiana. E’ qui che il concetto di cogito viene ancora una volta
riconsiderato, e in questo caso nella sua duplice dimensione di cogito
orizzontale e cogito verticale, quasi a voler superare il ripensamento avvenuto
ne Il visibile e l’invisibile, per sposare appieno il progetto ontologico di un
‘Essere verticale’.
Il fine del nostro lavoro risiede infatti nell’individuare il cogito, articolato nelle
sue dimensioni di tacito e parlato, come concetto guida di tutta il percorso
filosofico merleaupontiano. I due momenti in cui esso si struttura sono da una
parte il cogito silenzioso, operante al livello delle significazioni mute, come ad
esempio nella percezione e nel pensiero, e dall’altra quello proferito, che si dà
nella forma dell’espressione verbale. Se in un primo tempo i due poli
intrattengono sì un qualche tipo di rapporto, come Merleau-Ponty sostiene ad
esempio in Fenomenologia della percezione, dove la parola viene collocata fin
da subito in connessione con la corporeità e quindi con il mondo percettivo, e il
cogito con la sua espressione, sarà soltanto più tardi che questa impostazione
ancora sostanzialmente dualistica verrà messa in discussione.
I contributi della linguistica da un lato, e le riflessioni sulla percezione e la
pittura, faranno emergere uno strato ben più profondo sia per quanto riguarda
il mondo della parola, sia per quanto concerne le significazioni mute,
giungendo a mettere sotto scacco l’idea di un cogito silenzioso che, sebbene
aperto al mondo dell’espressione, rimane pur sempre aderente a se stesso e
precedente rispetto alla significazione linguistica. La dimensione originaria e
autentica della parola farà emergere la precedenza del cogito parlato, come
apertura di ogni possibile significazione. E’ all’interno del mondo instaurato
dalla pratica della parola che è possibile concepire il concetto del cogito e
pensare l’esistenza di pure significazioni in un puro pensiero.
Questo passo, seppur decisivo, non precluderà a Merleau-Ponty di spingersi
oltre: se il cogito riveste un ruolo di cerniera nei confronti della nuova
dimensione ontologica cui egli stava lavorando, sarà proprio in questa
direzione che andrà la riconsiderazione del cogito. La dimensione ‘verticale’
indicherà infatti un sapere pre-riflessivo, pre-tematico e ante-predicativo,
anteriore quindi a qualunque sedimentazione linguistica e non, di cui si potrà
6
parlare soltanto in termini di apertura, cavità e indivisione. Prima di ogni
oggettivazione e di ogni riflessione seconda, ritrovabile nella dimensione
‘orizzontale’ del cogito, emerge dunque questo strato grezzo, selvaggio e
originario del cogito, che getta un ponte verso quell’ontologia dell’Essere
grezzo e verticale rimasta incompiuta.
Infine, potremmo così riassumere il nostro percorso.
Il primo capitolo si sofferma soprattutto su Fenomenologia della percezione, e
sul legame che Merleau-Ponty individua tra la dimensione corporea e gestuale
e la parola, per poi affrontare il problema del cogito.
Le riflessioni sul linguaggio e sul concetto di espressione sono al centro del
secondo capitolo: il confronto con la linguistica, con l’estetica e con la
fenomenologia husserliana portano a una prima riconsiderazione delle relazioni
tra significazioni linguistiche e significazioni mute.
Il visibile e l’invisibile è invece l’opera nella quale Merleau-Ponty getta le basi
della sua nuova ontologia e ripensa radicalmente il problema del cogito e del
linguaggio: nel terzo capitolo ci siamo concentrati su questo mutamento,
cercando di coglierne le ragioni profonde, anche in virtù del prezioso lascito
delle «Note di lavoro».
Il quarto e ultimo capitolo vuole essere una ricostruzione di ciò che rimane
disseminato in vari luoghi degli appunti e delle note degli ultimi corsi tenuti al
Collège de France: al di là della coppia concettuale ‘cogito tacito-cogito
parlato’, abbiamo individuato una ulteriore riconsiderazione del problema in
direzione di un’ontologia dell’Essere grezzo. Cogito verticale e cogito
orizzontale rappresentano qui un ultimo tentativo di superare le impasse
incontrate per cogliere uno strato più profondo e originario.
7
Capitolo I
Fenomenologia della percezione: la parola e il cogito
1. Introduzione
Prima di affrontare i problemi e i temi di questo capitolo iniziale, ci sembra
opportuno gettare un breve sguardo alla figura di Merleau-Ponty, al fine di
ripercorrere brevemente le tappe della sua biografia e fare emergere a grandi
linee le tematiche che hanno animato la sua filosofia.
Nato a Rochefort-sur-mer nel 1908, si dedica fin da subito allo studio della
filosofia, con un iniziale interesse soprattutto verso la filosofia di Henri
Bergson. L’interesse verso i problemi del concreto e del vissuto si riflette
anche nello studio approfondito che compie sulla psicologia e la fisiologia del
tempo, concentrandosi in maniera particolare sulle teorie della scuola della
Gestaltpsychologie. Il 1929 rappresenta già un momento di svolta per il
giovane Merleau-Ponty, che ha la possibilità di assistere a quattro conferenze
tenute da Husserl all’Università della Sorbona, che confluiranno poi nelle
celebri Meditazioni Cartesiane.
Tra il 1931 e il 1933, continua l’attività di professore di liceo a Beauvais, a
qualche chilometro da Parigi, proseguendo nel frattempo le sue letture in
campo psicologico e psicanalitico. E’ del 1934 un progetto di studio, dal titolo
«La natura della percezione», che testimonia gli studi compiuti fino a quel
momento da Merleau-Ponty: accanto alla Gestalt e al behaviorismo americano,
emerge un interesse verso Husserl che giungerà a maturazione soltanto
qualche anno più tardi. I tre anni successivi vedranno infatti Merleau-Ponty
intento alla stesura della sua prima grande opera, La struttura del
comportamento, e ad ampliare ulteriormente la sua formazione filosofica. Nel
1935 è tra gli studenti che seguono il celebre corso di Alexandre Kojève sulla
Fenomenologia dello spirito, che tanta influenza avrà sull’interpretazione
hegeliana in Francia e in generale su tutta la filosofia francese.
Il 1938 è l’anno della morte di Edmund Husserl, e in quello stesso anno viene
pubblicato un numero speciale della «Revue internationale de philosophie»,
che Merleau-Ponty ha l’occasione di leggere. Nel corso dell’anno successivo,
8
viene incaricato da Alexandre Koyré di scrivere un articolo su Husserl per una
rivista che non vedrà però mai luce, e nel 1939 si reca a Lovanio, in Belgio,
presso l’Archivio Husserl, per consultare alcuni manoscritti e inediti che
rappresenteranno una fonte assai feconda per la sua riflessione. E’ questa
maturazione in senso fenomenologico che farà superare le esitazioni
manifestate ne La struttura del comportamento e che darà vita all’opera del
1945, Fenomenologia della percezione.
Da qui al 1952, Merleau-Ponty fonda e dà vita, assieme a Sartre, ad una
rivista, «Les Temps Modernes», sulla quale verranno pubblicati suoi articoli di
vario genere e interesse, con una preponderanza per i temi di filosofia politica
e di stretta attualità. E’ proprio da alcuni dissensi con Sartre sul comunismo e
sul marxismo che matura, dopo sette anni di fruttuosa collaborazione,
l’abbandono della redazione della rivista. Da allora, i rapporti con il filosofo
esistenzialista, rimarranno irrimediabilmente tesi, mentre il pensiero politico di
Merleau-Ponty si svilupperà in una problematizzazione e ridiscussione del
marxismo in Le avventure della dialettica, pubblicato nel 1955.
Nel frattempo, l’attività più strettamente teoretica prosegue tra il 1945 e il
1948 nei corsi tenuti all’Università di Lione, per approdare poi alla Sorbona,
dove tra il 1949 e il 1952, occupa la cattedra di psicologia e pedagogia. Dal
1953 fino al 1961, anno della sua morte, Merleau-Ponty è professore al
Collège de France: la sua attività didattica sarà centrale per lo sviluppo della
sua filosofia, quasi a voler rappresentare una sorta di banco di prova delle
riflessioni portate avanti negli scritti che aveva in preparazione.
Nel corso degli anni ’50, il suo interesse verso l’arte, le scienze sociali e il
linguaggio è testimoniato dai molti saggi e articoli pubblicati prima su diverse
riviste, e poi raccolti nel 1960 in Segni. Ma è al termine di questo decennio che
Merleau-Ponty si appresta a compiere un passo decisivo in direzione della
fondazione di una nuova ontologia. Gli scritti raccolti postumi ne La prosa del
mondo e ne Il visibile e l’invisibile testimoniano appunto di una rilettura e di
un riordinamento dei concetti esposti negli anni precedenti in direzione più
marcatamente ontologia: l’intento è dichiaratamente quello di mettere sotto
scacco i dualismi e le cristallizzazioni della filosofia classica per ritrovare uno
strato di senso originario sul quale elaborare un’ontologia rinnovata.
9
Il progetto di Merleau-Ponty si interrompe però a metà: il 3 maggio 1961
muore improvvisamente, lasciando una notevole quantità di scritti e testi
incompiuti. Saranno questi manoscritti a formare un’opera, Il visibile e
l’invisibile, che verrà pubblicata, assieme alle note di lavoro redatte da
Merleau-Ponty stesso, nel 1964 a cura di Claude Lefort, e che raccoglie la
prima parte di uno scritto di ampia portata che avrebbe rappresentato, nelle
intenzioni dell’autore, una pagina decisiva del suo itinerario filosofico. Allo
stesso modo, verrà pubblicata soltanto nel 1969 La prosa del mondo, opera su
cui Merleau-Ponty era impegnato da tempo, ma la cui lavorazione venne
abbandonata dal suo stesso autore, e gli appunti e le note dei corsi tenuti negli
ultimi anni al Collège de France.
10
2. Corpo, espressione e parola
2.1 La struttura del comportamento
Maurice Merleau-Ponty giunge alla fase matura del proprio pensiero
influenzato da una serie di autori e di tematiche ben precise. Fin da subito, i
suoi studi e le sue letture denunciano un interesse verso la filosofia
bergsoniana
1
, che lo accompagnerà lungo tutto il suo itinerario di pensiero e
che marcherà costantemente una particolare attenzione verso le tematiche
della vita vissuta e del concreto. Già da qui, Merleau-Ponty manifesta «una
profonda diffidenza nei confronti di ciò che egli chiamerà più tardi ‘il pensiero
classico’ […], e una preferenza indistruttibile per l’originario, per il primordiale
– insomma per l’esistenza vissuta»
2
.
In seconda battuta, risulta decisivo l’incontro con la filosofia di Edmund
Husserl: tra il 1928 e 1930, Merleau-Ponty ha modo di seguire presso
l’Università della Sorbona, a Parigi, alcune lezioni sulla filosofia tedesca del
primo Novecento e nel febbraio 1929 assiste di persona a quattro conferenze
tenute in tedesco da Husserl stesso sulla fenomenologia trascendentale, che
confluiranno poi nel 1931 nelle Meditazioni Cartesiane, tradotte e pubblicate in
francese a cura di Emmanuel Lévinas
3
.
L’incontro con Husserl e la sua filosofia non parrebbe però così decisivo
almeno fino al 1933, visto che, ad esempio, in un progetto di lavoro sulla
percezione
4
accenni e rimandi all’opera husserliana sono presenti in maniera
1
Cfr. M. Merleau-Ponty, L’union de l’âme et du corps chez Malebranche, Biran et
Bergson. Notes prises au cours de M. Merleau-Ponty à l’Ecole Normale Supérieure
(1947/1948), recueillies et rédigées par J. Deprun, Vrin, Paris 1968.
2
Th. F. Geraets, Vers une nouvelle philosophie trascendentale. La genèse de la
philosophie de Maurice Merleau-Ponty jusqu’à la Phénoménologie de la perception,
Nijhoff, Den Haag 1971, p. 6.
3
Edmund Husserl, Cartesianische Meditationen und Pariser Vorträge, Kluwer Academic
Publishers B.V., 1950, 1963, tr. it. di F. Costa, Meditazioni cartesiane, con l’aggiunta
dei discorsi parigini, Bompiani, Milano 1994.
4
M. Merleau-Ponty, «La nature de la perception (1934)», in Le primat de la perception
et ses conséquences philosophiques précédé de Projet de travail sur la nature de la
perception (1933) et La nature de la perception (1934), Cynara, Grenoble 1989, pp.
11
marginale. Ben più importante risulta, in questo periodo, l’influenza della
psicologia della Gestalt e del behaviorismo americano, soprattutto in vista di
uno studio attorno ai problemi della percezione e della corporeità. Infatti, in
questo primo progetto di lavoro, Merleau-Ponty sente la necessità di fare i
conti con i progressi fatti in quegli anni dalla fisiologia del sistema nervoso e
dalla psicologia della percezione che va sotto il nome di Gestalt-psychologie. A
questo proposito, vediamo citati i nomi di Wallon, Gelb, Goldstein, Köhler,
Koffka, Wertheimer, studiosi e psicologi estranei ad una formazione
prettamente filosofica e ben più impegnati sul versante clinico-analitico. E’ solo
ad un tratto di quest’opera
5
che Merleau-Ponty fa cenno alla fenomenologia
husserliana, affermando che essa darebbe luogo «a una teoria della
conoscenza assolutamente distinta dal criticismo»
6
, e facendo riferimento alla
netta demarcazione che Husserl stesso traccerebbe «tra le analisi
fenomenologiche della percezione e le analisi psicologiche riguardanti lo stesso
tema»
7
. In sostanza, Merleau-Ponty non si avvede ancora appieno della
fecondità della fenomenologia husserliana, restando più vicino alla scuola della
Gestalt. Ciò sarà evidente anche nella stesura della sua prima opera compiuta,
La struttura del comportamento
8
, dove frequenti rimarranno i rimandi a opere
e autori di ambito prettamente psicologico, mentre Husserl verrà citato nella
bibliografia del testo solo per Ideen
9
e per le Vorlesungen zur Phänomenologie
des inneren Zeitbewusztseins
10
.
15-38., tr. it. di F. Negri e R. Pezzo, «La natura della percezione (1934)», in Id., Il
primato della percezione e le sue conseguenze filosofiche (1946) seguito da La natura
della percezione (1934), Medusa, Milano 2004, pp. 75-93. D’ora in poi quest’opera
verrà indicata con la sigla PP.
5
PP, p. 80.
6
PP, p. 80.
7
PP, p. 81.
8
M. Merleau-Ponty, La structure du comportement, datato 1938, PUF, Paris 1942, tr.
it. di G. D. Neri, La struttura del comportamento, Bompiani, Milano 1963. D’ora in poi
quest’opera verrà indicata con la sigla SC.
9
E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen
Philosophie, a cura di M. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1952, tr. it. di E. Filippini,
Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino
1965.
10
E. Husserl, Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins, in
«Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», Halle 1928, tr. it. di A.
Marini, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Franco Angeli, Milano
1985.
12
Tutto ciò a conferma di uno studio approfondito della filosofia husserliana che
Merleau-Ponty intraprenderà in maniera feconda e decisiva soltanto dal
1938
11
, successivamente alla stesura definitiva de La struttura del
comportamento. Infatti, nel gennaio 1939 viene pubblicato un numero speciale
della «Revue internationale de philosophie»
12
, totalmente dedicato alla figura
di Edmund Husserl, scomparso il 27 aprile 1938, numero di cui Merleau-Ponty
prende visione e che gli fornisce evidentemente diversi spunti e stimoli di
ricerca. Qualche mese più tardi, riesce a recarsi presso l’archivio Husserl di
Lovanio, in Belgio
13
: qui ha l’occasione di leggere le parti ancora inedite della
Krisis
14
, e soprattutto un manoscritto che si rivelerà più tardi molto importante
ai fini della ricerca merleaupontiana
15
.
Risulta però evidente sin da La struttura del comportamento l’intento di fondo
che il suo autore vuole perseguire. Le tematiche affrontate sono infatti legate
11
A questo proposito ci rifacciamo alla tesi formulata nel primo capitolo di Theodore F.
Geraets, op. cit., in cui l’autore sostiene appunto che Merleau-Ponty abbia preso
realmente conoscenza dei problemi e dei temi sollevati da Husserl solo in un secondo
momento rispetto alla pubblicazione de La struttura del comportamento. Ciò
contribuirebbe a mettere in crisi il tradizionale accostamento delle prime due grandi
opere merleaupontiane, che vedrebbe la Fenomenologia della percezione come una
sorta di naturale sviluppo dei temi affrontati nell’opera precedente. Questa è, ad
esempio, la tesi di A. de Waelhens nel suo Une philosophie de l’ambiguïté.
L’existentialisme de Maurice Merleau-Ponty, Publication Universitaires de Louvain,
Lovanio 1951.
12
Si tratta del numero 2 del 15 gennaio 1939, all’interno del quale viene pubblicato, a
cura di Eugen Fink, un inedito di Husserl dal titolo Die Frage nach dem Ursprung der
Geometrie als intentional-historisches Problem, pp. 203-225, tr. it. di E. Filippini in E.
Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il
Saggiatore, Milano 1961, 1997, pp. 380-405.
13
Cfr. in proposito H. L. Van Breda, Merleau-Ponty et les Archives Husserl à Louvain,
in «Revue de Métaphysique et de Morale», n. 67, 1962, pp. 410-430.
14
E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale
Phänomenologie, Husserliana VI, a cura di M. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag
1959, tr. it. di E. Filippini, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia
trascendentale, Il Saggiatore, Milano 1961, 1997.
15
Si tratta della «Umsturz der kopernikanischen Lehre in der gewönlichen
weltanschaulichen Interpretation. Die Ur-Arche Erde bewegt sich nicht. Grundlegende
Untersuchungen zum phänomenologischen Ursprung der Körperlichkeit, der
Raumlichkeit, der Natur im ersten naturwissenschaftlichen Sinne», inedito datato 7-9
maggio 1934, D17, in Philosophical essays in memory of E. Husserl, a cura di M.
Farber, Harvard University Press, Cambridge 1940, pp. 307-325, tr. it. Di G. D. Neri,
Rovesciamento della dottrina copernicana nell’interpretazione della corrente visione
del mondo, in «Aut Aut», n. 245, 1991, pp. 3-18. Merleau-Ponty se ne occuperà
diffusamente ad esempio nel corso del 1959/1960 tenuto al Collège de France, il cui
riassunto è stato pubblicato in M. Merleau-Ponty, Résumés de cours. Collège de France
1952-1960, Gallimard, Paris 1968. tr. it. di M. Carbone, Linguaggio, storia, natura.
Corsi al Collège de France 1952-1961, Bompiani, Milano 1995, pp. 117-123.
13
tra loro da un comune approccio e da una precisa volontà critica. Se lo scopo
dell’opera è «comprendere i rapporti di coscienza e natura»
16
, e analizzare
appunto il manifestarsi dei comportamenti attraverso la nozione chiave di
‘struttura’, i suoi bersagli critici sono soprattutto i dualismi classici, ossia tutta
quella serie di distinzioni e dicotomie invalse nella filosofia occidentale e
soprattutto nella filosofia francese. Le relazioni tra soggetto e oggetto, anima e
corpo, spirito e materia sarebbero, secondo Merleau-Ponty, da ripensare
radicalmente, e in termini profondamente diversi da quelli con i quali la
filosofia si è abituata a concepirli. Al posto di questi dualismi, che altro non
sono che astrazioni delle diverse scuole filosofiche classiche, bisogna ritornare
sui fenomeni per interrogarli nella loro concretezza, nella loro originarietà e
nella loro configurazione relazionale. Centrale, a questo fine, è la nozione di
‘struttura’, presa a prestito fruttuosamente dalla Gestalttheorie.
Tuttavia un primo sguardo ai problemi che saranno affrontati in maniera più
approfondita nella Fenomenologia della percezione
17
viene gettato sin da
questo primo testo: già nell’ultimo capitolo, intitolato «Le relazioni tra l’anima
e il corpo e il problema della coscienza percettiva»
18
, vengono dapprima messe
sotto scacco le concezioni dualistiche tipiche della filosofia classica, per poi
giungere a un primo confronto con Cartesio e con i problemi della percezione,
della coscienza percettiva e del cogito
19
. Qui il cogito che viene preso in
considerazione è quello che «non mi apre soltanto alla certezza della mia
esistenza, ma più generalmente mi apre la via a un intero campo di
conoscenza»
20
. In questo modo la realtà e le cose che ci si fanno incontro
diventano indubitabili e certe proprio in virtù dell’effetto del ‘pensiero di…’, del
cogito, appunto, diventando significati.
E’ solo qualche pagina più avanti che Merleau-Ponty prende in considerazione
anche il cosiddetto ‘atteggiamento trascendentale’, sempre nell’ambito del
rapporto tra corpo e anima. Qui egli cerca di individuare un possibile punto di
16
SC, p. 23.
17
M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, tr. it. di
A. Bonomi, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965, 2003. D’ora in
poi quest’opera verrà indicata con la sigla FP.
18
SC, pp. 299-358.
19
SC, p. 314.
20
SC, pp. 314, 315.
14
approdo dopo aver passato criticamente in rassegna le tradizionali concezioni
sulla questione. I tre ordini dell’umano analizzati nel corso dell’opera, materia,
vita e spirito, risultano essere altrettanti ordini di significato e altrettanti
momenti dialettici di una totalità. E’ grazie a questa integrazione e
correlazione dialettica che «il problema dei rapporti tra l’anima e il corpo
sembra dissolversi»
21
: l’anima stessa cessa di essere un’entità astratta e
separata cui solo in un secondo momento si lega il corpo, in maniera del tutto
esteriore e contingente, e, allo stesso tempo, anche il corpo non è più ‘vivo’,
corpo proprio, Leib, senza un’anima che lo informi intimamente e gli dia senso.
Corpo e anima, dunque, formano una struttura vera e propria, ossia «la
congiunzione di un’idea e di un’esistenza indiscernibili»
22
.
Sia l’empirismo e la psicologia classica, sia il criticismo e il razionalismo
avevano frainteso radicalmente ciò che invece ora viene portato a chiarezza:
da una parte, non è possibile discernere compiutamente anima e corpo in due
elementi astratti, come ad esempio pretenderebbe di fare il parallelismo psico-
fisico, e dall’altra non sembra accettabile concepire la percezione come una
mera estensione delle facoltà della mente, come se la realtà fosse determinata
dalla coscienza. In realtà, secondo Merleau-Ponty, le cose stanno
diversamente: non si dà un polo della distinzione senza l’altro, anzi i due sono
in un rapporto profondamente dialettico e organico l’uno con l’altro.
E’ a questo punto de La struttura del comportamento che appare una frase che
sembra premonitrice rispetto ai futuri sviluppi del pensiero merleaupontiano.
La citiamo per intero:
E’ bensì possibile paragonare le relazioni dell’anima col
corpo a quelle del concetto con la parola, ma a condizione
di osservare sotto i prodotti separati l’operazione
costituiva che li congiunge e di scoprire sotto i linguaggi
empirici, sotto la veste esteriore o contingente del
pensiero, la parola vivente che ne è la sola effettuazione,
in cui il senso si formula per la prima volta, fondandosi
così come senso, e diventa disponibile per ulteriori
operazioni
23
.
21
SC, p. 325.
22
SC, p. 331.
23
SC, p. 338.
15
Non si può ignorare la profondità di questa prima intuizione riguardo il
problema del linguaggio, e del rapporto tra pensiero e parola. Sullo sfondo di
riflessioni che si soffermano su altre problematiche, ecco che forse già fin da
qui Merleau-Ponty intravede quello che sarà il tema di uno dei capitoli più
importanti di tutta la Fenomenologia della percezione, dal titolo «Il corpo
come espressione e la parola»
24
, nel quale il tema della parola verrà
affrontato in modo del tutto originale, anche rispetto, ad esempio, alla lezione
husserliana.
Ciò che qui emerge chiaramente è la volontà di Merleau-Ponty non solo di
scardinare questo ulteriore dualismo classico, ma anche di ricercare al di
sotto dei dualismi stessi e delle astrazioni quella dimensione fungente e
originaria che fonda il senso dei concetti stessi. Non è un caso che nel testo
sia sottolineata con forza quella ‘parola vivente’, che viene da subito
individuata come lo strato originario poi sedimentato nei rivestimenti
contingenti ed empirici del linguaggio stesso. E’ da qui che Merleau-Ponty si
mette in cammino verso quell’approfondita interrogazione del linguaggio e del
suo rapporto con il pensiero e con ciò che chiamerà più avanti ‘cogito tacito’.
Fin da subito, però, intravede come questo possa essere un nodo centrale ai
fini non solo del definitivo abbandono dei dualismi classici, ma anche di un
rinnovato modo di intendere la parola, e quindi il pensiero stesso.
Nelle ultime pagine de La struttura del comportamento troviamo le tracce di
alcune questioni che saranno poi approfondite nell’opera successiva, ferma
restando la cesura determinata dalla adesione al metodo fenomenologico
dichiarata nella premessa
25
all’opera del 1945. In primo luogo, la messa in
connessione di percezione e significato, dove non si intende che l’atto
percettivo possa essere rivestito di un significato a posteriori e in modo
contingente, bensì che il significato della percezione è incarnato nella realtà e
nella attualità della percezione stessa. Anche qui, non si dà atto percettivo a sé
stante, come pura passività fisica, e allo stesso modo non è possibile pensare
un significato che venga attribuito in seconda battuta all’atto percettivo. Al
contrario, i due momenti coesistono e si tengono l’un l’altro.
24
FP, pp. 244-274.
25
FP, pp. 15-31.
16
Tuttavia la percezione presuppone un’apprensione necessariamente parziale, e
collocata in una situazione precisa che è quella del punto di vista
dell’osservatore, rendendo così inconsistente, ad esempio, l’«idea bergsoniana
di una percezione pura»
26
. L’unica via d’accesso verso le cose e verso il mondo
è quella che mi è data dalla mia particolare configurazione fisica, cioè dalle
proprietà dei miei sensi, e dalla posizione in cui sono situato nel mondo. A
questo punto è centrale la nozione di intenzionalità
27
, senza la quale Merleau-
Ponty sarebbe costretto a fermarsi a una sorta di relativismo percettivo, dal
momento che l’angolo percettivo dell’osservatore rappresenterebbe la sola
fonte di verità rispetto alla realtà che ha davanti, facendo sì che ogni soggetto
percipiente ne abbia una sua propria e personale.
L’intenzionalità sottolinea al contrario come «è assolutamente necessario che
l’oggetto non si offra interamente allo sguardo che su di esso si posa e che
conservi invece aspetti intenzionati nella percezione presente, ma non
posseduti»
28
. Rimane però il problema delle significazioni intersoggettive, ossia
di come mettere in relazione ciò che sono le mie prospettive individuali, e
quindi necessariamente parziali, con una realtà formata da significati validi per
tutti. Merleau-Ponty, interrogandosi sul rapporto tra una coscienza come flusso
di eventi individuali e concreti e una coscienza come tessuto di significati ideali,
incontra «una contraddizione ben nota»
29
: per uscire da questa impasse si
rende necessario uno studio approfondito della percezione e del rapporto che
intercorre tra le sue manifestazioni attuali e i «significati ideali che vengono
intenzionati attraverso di esse»
30
.
E’ a questo punto che Merleau-Ponty sposa il metodo della riduzione
fenomenologica husserliana, prospettando un’epochè sulle formazioni
sedimentate e seconde, per ritornare alla «percezione come a un tipo di
esperienza originale»
31
.
26
SC, p. 342.
27
Cfr. FP, p. 27: «si tratta […] invece di riconoscere la coscienza stessa come progetto
del mondo, destinata ad un mondo che essa non abbraccia né possiede, ma verso il
quale non cessa di dirigersi, - e il mondo come quell’individuo pre-oggettivo la cui
unità imperiosa prescrive alla conoscenza il suo scopo».
28
SC, p. 342.
29
SC, p. 345.
30
SC, p. 352.
31
SC, p. 351.