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non è un progetto che parte da un’idea originale, ma è il tentativo di sviluppare e
approfondire un’analogia che viene spesso utilizzata nei contesti di analisi
ipertestuale.
Lo scopo di questa ricerca è da individuare nel tentativo di analizzare le
ragioni teoriche che stanno alla base di questi due campi distinti, sia per
confermare l’intuizione dei diversi autori che utilizzano questa metafora, sia per
osservare se esiste qualcosa di più concreto rispetto all’utilizzo del concetto di
rizoma come pura metafora.
Il rizoma inteso come concetto può essere letto come un metodo di
scrittura che si definisce nella pratica stessa dell’opera Millepiani. L’ipertesto è a
sua volta una nuova forma di scrittura e di archiviazione. Sarà proprio riferendosi
a questo livello che si mostrerà come entrambi cerchino un superamento della
linearità e della sequenzialità insita nella tecnologia del libro e nella scrittura
dell’alfabeto fonetico: tecnologie del sapere che dominano la cultura occidentale.
A questo livello si potranno quindi operare importanti ricerche per il confronto di
questi due sistemi di scrittura e lettura ed è su questo piano che riteniamo che la
nostra tesi possa sviluppare il suo senso.
Chiariti i fini che questo lavoro tenterà di sviluppare possiamo descrivere
il metodo di ricerca che intendiamo seguire. Il rizoma è in primo luogo testo che si
presenta come difficilmente comprensibile e definibile, non a caso Deleuze insiste
sul fatto che è lo stesso lettore che deve dare un senso a questo testo, come se il
testo stesso non lo possedesse. L’analisi partirà dunque dal tentativo di offrire un
senso a questa produzione filosofica. La soluzione di questo problema, se pur
banale dal punto di vista teorico, presenta delle intrinseche difficoltà dovute alla
3
struttura e alla forma del testo, giacché esso è costruito in maniera sintetica e
intensiva sfuggendo così da una definizione precisa e chiara dei propri intenti.
Bisogna ricordarsi, infatti, del titolo del testo in cui il concetto di rizoma è inserito
e di cui è l’introduzione: Millepiani, Si cercherà dunque di trovare, nell’opera
deleuziana, quegli elementi filosofici e teorici in grado di giustificare e
chiarificare gli elementi che sono presenti in maniera intensiva in questo testo nel
tentativo di mostrare i vari piani che in questo testo si sovrappongono.
Procederemo con due movimenti paralleli, il primo si incentrerà sulle
tematiche che possiamo riscontrare nei testi di carattere critico, così da poter
lavorare su un campo che ci permetta di osservare la nascita e la dipendenza di
alcuni concetti all’interno di un insieme che si richiama alla storia della filosofia,
saranno giudicati indispensabili lavori come Empirismo e soggettività testo
dedicato all’analisi della filosofia di Hume e il rapporto di Deleuze con Foucault
che si concretizza nella raccolta di saggi dal titolo omonimo. All’interno di questa
prima parte si dovrà considerare di rilievo anche opere come Kafka. Per una
letteratura minore o Marcel Proust e i segni che pur riferendosi ad un ambito
letterario, hanno al loro interno forti connotazioni filosofiche. Queste opere ci
fanno riflettere sull’eterogeneità degli interessi di Deleuze e sulla valenza che il
suo percorso filosofico attribuisce agli aspetti estetici. Dal confronto con autori
come Kafka e artisti come Francis Bacon egli non solo offre degli studi originali
nell’interpretare le loro opere, ma cerca di far emergere la capacità che hanno
questi artisti di esprimere e comprendere la natura della realtà, divenendo così, per
i nostri fini, utili guide nella definizione del suo percorso filosofico. La necessità
di questi collegamenti non è da ritenersi un modo come un altro per meglio
4
comprendere il testo che dà alla luce il concetto di rizoma, ma è a nostro giudizio
un invito fatto dal testo stesso che richiama con una certa frequenza questi autori e
le teorie che emergono dai testi dedicati a questi. Ancora una volta si è di fronte
alla segnalazione che questo testo non vuole darsi come logicamente concluso ma
preferisca richiamarsi e agganciarsi continuamente a elementi esterni. Riteniamo,
con questo nostro atteggiamento, di avere seguito le indicazioni che il testo stesso
ci fornisce per essere interpretato.
La seconda modalità con cui abbiamo cercato di affrontare e chiarire il
concetto di rizoma si muove essenzialmente all’interno del percorso filosofico
tracciato da Deleuze, ricercando delle basi filosofiche su cui il concetto da noi
analizzato si fonda e prende significato. Abbiamo potuto così confrontarci con
testi quali L’Anti-Edipo, Logica del senso, Che cos’è la filosofia, Differenza e
ripetizione. Questi testi non sono tratti nella loro complessità e totalità, ma
piuttosto come delle basi su cui fondare i complessi discorsi ritrovati nel testo da
noi analizzato. Il ruolo che svolgeranno all’interno della nostra ricerca si limiterà
ad oggetti atti al ritrovamento di aspetti filosofici capaci di sostenere e di
giustificare i concetti del rizoma, nello stesso tempo questo lavoro ci permetterà di
approfondire il pensiero di Gilles Deleuze. Questa ricerca è da ritenersi necessaria
per la sintesi estrema con cui i princìpi del rizoma sono esposti. E’ necessario,
prima di passare alla presentazione del secondo capitolo, chiarire la scelta che ci
ha condotti ad approfondire il percorso filosofico di Deleuze occupandoci solo in
parte di Guattari. In primo luogo abbiamo ritenuto di poter svolgere la nostra
ricerca in maniera più efficace confrontandoci con il pensiero di Deleuze in
quanto appartiene con più proprietà, rispetto al pensiero di Guattari, alla
5
tradizione filosofica così da avere un campo di indagine in cui le nostre
conoscenze potessero meglio articolarsi. Secondariamente si è ritenuto opportuno
limitare il campo di indagine della tesi per motivazioni pratiche. L’analisi del
pensiero di Guattari ci avrebbe costretto ad un ulteriore lavoro di ricerca che
avrebbe esteso oltremodo il campo di indagine producendo probabilmente un
effetto di dispersione, considerando anche il fatto che il concetto di rizoma dovrà
essere confrontato con quello di ipertestualità.
La seconda sezione della nostra ricerca si occuperà delle tematiche
riguardanti l’ipertestualità. Il primo punto da chiarire è l’oggetto di questa
sezione, esso, infatti, non si limiterà ad analizzare questa nuova forma di
archiviazione considerata nella sua tecnicità e assolutezza, ma cercheremo di
individuare la costellazione di problematiche che ruotano intorno a questo nuovo
media; è per questo che utilizziamo la parola ipertestualità piuttosto che ipertesto.
Come qualsiasi oggetto della tecnologia informatica anche l’ipertesto può essere
analizzato alla luce di molteplici prospettive. La metodologia con cui crediamo
opportuno confrontarci con questo oggetto vuole osservarlo e mostrarlo nel suo
manifestarsi. E’ per questo che il nostro punto di vista darà molta rilevanza al
rapporto pratico che l’utente può attuare con questo mezzo.
La presente ricerca seguirà due finalità precise: tracciare una linea di
analogia con il concetto di rizoma e le problematiche a questo connesse, e nel
medesimo movimento mostrare le linee teoriche che stanno alla base della pratica
dell’ipertestualità.
Il percorso così delimitato prenderà le mosse da un’analisi della storia
delle idee e dei tentativi utopici che maggiormente hanno influenzato la ricerca
6
dell’ambiente ipertestuale, a questo riguardo possiamo ritenere fondamentale le
figure di Theodor Nelson e di Vannevar Bush. Le idee di questi autori e i loro
esperimenti tecnici hanno avuto una notevole influenza sugli aspetti pratici e
teorici della realizzazione degli ipertesti, e tuttora continuano ad averne.
Come è evidente l’oggetto di questa seconda parte riguarda il campo della
tecnica, ma è nostra intenzione affrontarlo comunque da una prospettiva
filosofica. A questo riguardo grande rilevanza ha il pensiero di Pierre Lévy che
risulta essere uno degli autori che riflette con maggior consapevolezza filosofica
intorno alle problematiche riguardanti ciò che viene definita la rivoluzione
digitale. La produzione teorica di questo autore ci permetterà di confrontarci con
una riflessione filosofica che ci servirà per accostarci a questo oggetto con una
prospettiva a noi familiare. Per rendere la nostra ricerca più vicina ad un’analisi
pratica sarà necessario anche il lavoro di ricerca condotto da George P. Landow
che con i suoi testi ha contribuito a rendere questa tesi puntuale su molti aspetti.
L’analisi di Landow parte infatti da un’esperienza sul campo, egli quindi non è
solo da ritenere necessario al nostro lavoro per le sue componenti teoriche ma
soprattutto per la sua vicinanza alla progettazione e realizzazione degli ipertesti.
Con l’aiuto delle voci di questi due autori tenteremo un’analisi di alcuni
aspetti dell’ipertestualità. Dopo avere dato una definizione di cosa sia un ipertesto,
tratteremo diversi aspetti il primo dei quali si incentrerà su come la concezione di
testo, così come noi la conosciamo grazie alla tecnologia del libro, venga
riconfigurata. Cercheremo di mostrare come il testo elettronico attui dei
cambiamenti nel modo di organizzare un testo e come questo si apra ad una
pluralità di collegamenti grazie alla funzione dei link che caratterizzano gli
7
ipertesti. Cercheremo di mostrare il mutamento di paradigma che avviene nella
scrittura ipertestuale se la si confronta con quella della tecnologia del libro.
Vedremo successivamente come la figura del lettore e dell’autore mutino
all’interno di questo contesto osservando il loro rispettivo avvicinarsi, le funzioni
che nella tecnologia del libro erano distinte in queste due figure sembrano
avvicinarsi, sarà nostro compito mostrare questo processo. L’ultimo aspetto che
affronteremo richiama direttamente la tematica della virtualità presente
nell’analisi della filosofia di Deleuze. In questo paragrafo cercheremo di stabilire
come sia da intendere il concetto di virtuale negli ipertesti e quali effetti esso
abbia nella pratica di questi.
8
1. Il concetto di rizoma in Gilles Deleuze
1.1. I princìpi del rizoma
Il rizoma risulta essere un concetto fondamentale del pensiero filosofico di
Deleuze ed è addirittura usato come titolo per il primo capitolo del libro
Millepiani scritto in collaborazione con Félix Guattari. Proprio da questa prima
sezione intitolata introduzione: rizoma intendiamo partire per svolgere il lavoro di
ricerca, infatti, esso svolge il ruolo introduttivo per la possibile comprensione del
progetto Millepiani, dunque se si comprenderanno le motivazioni teoriche che
agiscono in questa parte di testo si potranno capire le finalità dell’opera nella sua
globalità.
Le motivazioni che ci spingono ad analizzare questa particolare sezione
sono abbastanza evidenti: nel primo capitolo, infatti, vengono enucleate le
proprietà del rizoma ed è quindi analizzandole ed esponendole che la nostra
ricerca intende muovere i primi passi. Se pur non si possa parlare di un’opera
organizzata in modo da permettere una facile comprensione è presente un
tentativo di organizzare la spiegazione del concetto di rizoma attraverso sei
princìpi che dovrebbero permettere al lettore una comprensione dell’essenza di
questo concetto.
La prima caratteristica ne comprende in realtà due, e sono il principio di
connessione e il principio di eterogeneità: “qualsiasi punto di un rizoma può
9
essere connesso a qualsiasi altro e deve esserlo”
1
. La prima riflessione che questa
immagine ci propone si concentra sul pensiero albero che rappresenta la
razionalità occidentale, infatti, la principale caratteristica dicotomica di questo
modalità di pensiero è aspramente criticata attraverso la confutazione
dell’esempio della teorie linguistica di Chomsky: “costruirai delle frasi
grammaticalmente corrette, dividerai ogni enunciato in sintagma nominale e
sintagma verbale ( prima dicotomia…)”
2
. La divisione dicotomica è ciò che non
permette per la sua stessa essenza di fare in modo che ogni punto di un sistema sia
connesso ad un altro, anzi proprio nel suo attuarsi la dicotomia taglia i ponti e
delimita linee di demarcazione non più comunicanti con l’altra parte della
divisione, costituendo nello stesso tempo dei campi di omogeneità; si comprende
quindi i motivi per i quali Deleuze critichi così aspramente questo metodo nel
tentativo di costituire una teoria che faccia dell’eterogeneità e della connessione i
princìpi base.
L’immagine che sovente appare nel testo richiama in maniera continuativa
metafore arborescenti, l’albero e le sue radici con il loro propagarsi dicotomico
sono utilizzate per esemplificare e mostrare il metodo logico-teoretico del
procedere del pensiero filosofico occidentale: “La logica binaria è la realtà
spirituale dell’albero radice”
3
. Ciò implica per Deleuze che il molteplice viene
escluso dalla comprensione di un tale pensiero a causa del fatto che “necessita di
1
Gilles Deleuze, Félix Guattari, Rizoma. Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, Roma,
Castelvecchi, 1997, p. 20.
2
Ibidem. p. 20.
3
Ivi, p. 17.
10
una forte unità principale supposta per arrivare a due seguendo un metodo
spirituale.”
4
E’ quindi già evidente come il rizoma sia un concetto o un metodo di
pensiero attraverso cui sia possibile tentare di comprendere il molteplice. Questi
due princìpi indicano:
la possibilità del rizoma di connettersi ad un qualsiasi altro rizoma di serie
differenti. In questo modo è possibile produrre una infinita varietà di anelli
semantici attraverso la proliferazione di concatenamenti collettivi di
enunciazioni legati ad anelli biologici, politici, economici, scientifici,
sociali etc. Il linguaggio allora funziona qui producendo decentramenti e
dislocamenti dei contenuti semantici e pragmatici che lo aprono ad altri
registri ed a altre dimensioni.
5
E’ quindi di fondamentale importanza che non si diano linee di frattura
durature e definitive all’interno di un rizoma, né che si stabilisca un ordine
gerarchico tale da separare campi tra loro omogenei, all’interno del rizoma tutto
deve avere la possibilità di comunicare con tutto, mettendo in gioco nello stesso
tempo regimi di segni molto differenti.
Il terzo principio del rizoma è chiamato proprio principio di molteplicità.
La prima precisazione afferma l’importanza di trattare il molteplice come un
sostantivo: molteplicità, solo in questo modo si elideranno i rapporti con l’uno
come soggetto o come oggetto, come realtà naturale e spirituale, come immagine
e mondo. Deleuze descrive così l’importanza di questo concetto:
la molteplicità nel rizoma si evidenzia proprio per l’assenza di una unità
che funga da perno. Una molteplicità non ha né soggetto né oggetto, ma
soltanto determinazioni, grandezze, dimensioni che non possono crescere
senza che essa cambi natura.
6
4
Ibidem. p. 17.
5
Chiara di Marco, Deleuze e il pensiero nomade. Milano, FrancoAngeli, 1995, p. 249.
6
G. Deleuze, F. Guattari, Rizoma. Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, cit., pp. 21-22.
11
Il concetto di molteplicità è fondamentale nel pensiero deleuziano: esso si
collega direttamente e costituisce le basi degli studi condotti in Differenza e
ripetizione e nella concettualizzazione della teoria di un pensiero nomade. Questo
pensiero fonda le proprie origini in una decisa critica al pensiero platonico:
l’impresa teorica del platonismo si configurerà allora come lo sforzo di
ricondurre questo divenire come affermazione del molteplice all’unità di
un fondamento, e di ricacciare sempre oltre quanto si sottrae a questa
riconduzione.
7
Il tentativo di Deleuze è quello di riuscire ad evadere dagli schemi
dell’ontologia classica, un’ontologia che non esprime più l’evento, ma lo
racchiude in schemi precostituiti tali da renderlo irriconoscibile come tale. La
dialettica platonica, stigmatizzata nel pensiero del suo allievo Aristotele, si basa
sulla potenza dell’essere . Per Deleuze, come leggiamo in logica del senso, il
progetto platonico diviene chiaro quando soffermiamo la nostra attenzione sul
metodo della divisione, essa, infatti, racchiude in sé tutta la potenza della
dialettica. Lo scopo di Platone nell’utilizzo di questo metodo non va ricercato
nella divisione continua di generi in specie ma quello “di selezionare stirpi:
distinguere pretendenti, distinguere il puro dall’impuro, l’autentico
dall’inautentico”
8
, a questo tipo di impostazione il pensatore francese oppone una
visione della natura che si basa su una teoria della congiunzione:
il pluralismo filosofico a cui si richiama la molteplicità si fonda su questo
assunto la natura non è attributiva bensì congiuntiva: si esprime nell’“e” e
non nell’“è” […] la natura è il mantello di arlecchino, fatto tutto di pieni e
vuoti; pieni e vuoti, esseri e non esseri, ove ciascuna delle due cose si pone
come illimitata, limitando l’altra.
9
7
G. Battista Vaccaro, Deleuze e il pensiero del molteplice, Milano, FrancoAngeli, 1990, pp. 14 –
15.
8
Gilles Deleuze, logica del senso, Milano, Feltrinelli 1975 p. 224.
9
Ivi, pp. 234-235.
12
Nel rizoma, proprio a causa della molteplicità, non ci sono punti o
posizioni fisse, ma esistono linee di connessione che fanno saltare ogni struttura,
non esistono unità prestabilite, o unità di misura, a causa del fatto che il rizoma
non si lascia surcodificare, cioè non esiste una dimensione supplementare al
numero delle sue linee. Tutte le molteplicità occupano ogni loro dimensione,
questo crea un piano di consistenza a dimensioni crescenti in funzione del numero
di connessioni che su di esso si stabiliscono,
10
questo piano è il di fuori di ogni
molteplicità ed è attraverso di esso che possiamo definirle seguendo le linee di
fuga o deterritorializzazione attraverso le quali cambiano natura connettendosi ad
altre. Quindi è proprio nel formarsi di queste molteplicità che il rizoma acquisisce
un senso che va distinto da una creazione di un significato fisso o assoluto.
Il quarto principio è chiamato rottura asignificante, il rizoma è
paragonabile ad una colonia di formiche o a una massa di topi che si muovono
l’uno sull’altro, questi esempi di rizomi animali, che vengono riportati nel testo a
titolo di esempio, anche se turbati nel loro esistere, con azioni che tendono a
distruggerli, hanno la capacità di ricostituirsi. Possiedono cioè la capacità di
ricostituire un rizoma là dove si era rotto.
Il rizoma possiede sia delle linee di segmentarietà attraverso le quali si
stratifica, si territorializza e acquista un significato, sia linee di
deterritorializzazione attraverso le quali si distoglie dalla fase precedente; questo
processo non implica una contraddizione, infatti, per comprendere la coesistenza
di queste due piani bisogna escludere la logica dell’essere per collegarsi a una
visione della congiunzione, cioè prendere come assunto la possibilità di piani che
10
Un piano che non viene mai stabilito definitivamente in cui le dimensioni sono variabili ad ogni
13
producono contraddizione nella sfera della logica dicotomica, ma che non si
contraddicono nella logica deleuziana dell’e e dell’e opposta a quella dell’essere.
In questo modo si può comprendere il rapporto di territorializzazione e di
deterritorializzazione che sono fondamentali all’interno di questo passo.
La vespa e l’orchidea sono presi ad esempio per esplicare il rapporto
rizomatico che si instaura fra due campi eterogenei, abbiamo così l’orchidea che si
deterritorializza divenendo calco della vespa, a sua volta la vespa si
riterritorializza su questa immagine, la vespa deterritorializza se stessa divenendo
parte dell’apparato riproduttivo dell’orchidea, la quale si riterritorializza in questo
apparato attraverso il polline. Deleuze nega che ci sia solamente un rapporto di
riproduzione di immagini, perché ciò che vuole mettere in evidenza è il divenire
vespa dell’orchidea e il divenire orchidea della vespa:
non c’è più imitazione né rassomiglianza, ma esplosione di due serie
eterogenee nella linea di fuga composta da un rizoma comune che non può
essere attribuito né sottomesso ad alcunché di significante,
11
dunque una rottura asignificante.
12
Abbiamo potuto notare come il quarto principio implichi una possibilità di
frattura all’interno del rizoma, tale da non poter però distruggere il piano di linee,
strati e piani che caratterizzano questa particolare forma. Anzi la frattura svolge
un ruolo rigenerativo tale da far emergere nuovi piani, nuove linee di fuga che
istante.
11
G. Deleuze, F. Guattari, Rizoma. Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, cit., p. 25.
12
Da segnalare anche il concetto di evoluzione aparallela che viene utilizzata da Deleuze per
mostrare come lo schema dell’evoluzione non si possa intendere in maniera arborescente, cioè una
linea di discendenza che si muove dal meno differenziato al più differenziato. Vediamo, infatti,
che il virus rappresenta quella linea che ci permette di stabilire una unità rizomatica tra il gatto e il
babbuino, dove è evidente che il primo non è il modello per il secondo (nel senso che il percorso
evolutivo delle due specie sono disgiunte), quindi i virus ci farebbero fare rizoma con altre bestie,
attraverso la proprietà dei virus di scambiare materiale genetico. Quindi si crea una frattura
14
impediscono la formazione di un possibile dualismo, continuando a comunicare
tra loro in un gioco di rinvio continuo: “per questo non può mai darsi un dualismo
o una dicotomia anche sotto la forma rudimentale del buono e del cattivo
”13
.
Cartografia e decalcomania sono rispettivamente il quinto e il sesto
principio, nella lettura fatta del testo non si è evidenziata una separazione o una
differenza di questi due princìpi, sono quindi da considerare come un tutt’uno. La
caratteristica della cartografia vuole suggerire il fatto che il rizoma sottraendosi a
ogni modello strutturale, non si presta e anzi si oppone al calco. Il calco per sua
natura cristallizza l’oggetto, e rende se stesso riproducibile all’infinito. Il calco
introdurrebbe nel rizoma un significante stabile o un processo di
soggettivizzazione, facendo sorgere così l’unità in ciò che per sua natura dovrebbe
essere molteplice; esso bloccherebbe così il rizoma in immagini stabili,
trasformandolo in un’arborescenza:
il calco[…] ha organizzato, stabilizzato, neutralizzato le molteplicità
seguendo assi di significanza e di soggettivazione che gli sono propri […]
Ciò che il calco riproduce della carta o del rizoma, sono solamente i vicoli
ciechi, i blocchi, le virtualità di perno o i punti di strutturazione.
14
Parlando del calco, Deleuze, accusa la psicoanalisi e la linguistica di aver
solo fatto calchi dell’inconscio e del linguaggio così da portare la morte o il crollo
dei desideri nei rispettivi campi di indagine. Questa affermazione critica la prassi
dell’indagine scientifica che, a causa del suo metodo dicotomico, focalizza la
propria attenzione su punti specifici, li estrapola e li cristallizza in schemi fissi
non più dialoganti con altri piani.
nell’albero delle discendenze a causa di linee trasversali. Seguire gli alberi della divisione
dell’evoluzione significa escludere tale possibilità.
13
Ivi, p. 24.
14
Ivi, p. 30.