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Nel sistema politico comunitario si è sviluppata una comunità degli interessi
altamente articolata e complessa e, sfruttando i numerosi punti d’accesso offerti dalla
struttura istituzionale dell’Unione Europea, i gruppi d’interesse costituiscono una
forza significativa che influenza la formazione dell’agenda decisionale e l’adozione
della legislazione comunitaria.
In questo contesto si colloca questo lavoro, in quanto analizza i meccanismi
di rappresentanza degli interessi a livello comunitario, definendo prima di tutto la
natura e il ruolo dei gruppi d’interesse, dei gruppi di pressione per poi giungere
ambiziosamente alla definizione di lobbying. Nell’Unione Europea, si è verificato un
notevole sviluppo dei gruppi d’interesse che trova la sua giustificazione nelle
caratteristiche istituzionali della stessa. In primo luogo, questi gruppi agiscono come
veri e propri attori del sistema politico comunitario in quanto, data la maggiore
apertura del sistema europeo rispetto a quelli nazionali e date le dimensioni ridotte
della burocrazia comunitaria, i gruppi d’interesse fungono da importante fonte di
informazioni specifiche. Informazioni di cui si avvalgono, nell’elaborazione delle
politiche comunitarie, i funzionari della Commissione e del Parlamento Europeo e gli
stessi Parlamentari europei. In secondo luogo, a favorire lo sviluppo di gruppi
d’interesse ha contribuito il ruolo poco incisivo dei partiti europei nella funzione di
aggregazione degli interessi a livello comunitario, laddove, invece, i comitati si
trovano direttamente coinvolti nell’elaborazione della legislazione comunitaria.
Bruxelles oramai rappresenta la vera capitale delle lobby dato che il sistema
dell’Unione Europea incide sulla formazione dell’80% delle legislazioni nazionali,
regionali e locali degli Stati membri. In un ambiente altamente competitivo come
Bruxelles, dove ciascuno punta a far valere il proprio self interest, l’attività di
lobbying si pone come un processo articolato e continuo dove i diversi attori
articolano interessi a livello europeo, nazionale e sub-nazionale (regionale e locale).
Il sistema politico dell’Unione Europea non può essere inteso esclusivamente come il
prodotto dell’interazione tra le diverse istituzioni comunitarie, dal momento che
queste, a loro volta, per l’espletamento delle loro funzioni, tendono ad avvalersi dei
gruppi d’interesse.
Nell’analizzare la rappresentanza degli interessi nell’Unione Europea è
sembrato doveroso illustrare brevemente le origini di tale fenomeno, riscontrando
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una crescente necessità di una sua regolamentazione, così come la stessa letteratura
prodotta sui gruppi d’interesse sembra suggerire introducendo il concetto di lobbying.
Lo sviluppo dell’attività di lobbying ha creato l’esigenza di norme e regole che
attribuissero a tale pratica quei connotati tipici di un’attività democratica, lecita e
trasparente, dotata di un’etica irreprensibile.
A questo punto, si è focalizzata l’attenzione sull’arena politica comunitaria
che, a causa della sua particolare struttura multistatale, si articola in un sistema
politico complesso e frammentato, dove la rappresentanza degli interessi non
riguarda esclusivamente la sfera economica, ma anche la gestione d’interessi
collettivi, quali la difesa dell’ambiente o la tutela dei consumatori, la difesa di
interessi territoriali, locali e regionali oltre che nazionali. E’ una rappresentanza
complessa che è stata sintetizzata nel concetto di multi-level governance, il quale
prevede la coesistenza di tre livelli di governo: quello europeo, quello statale e quello
delle autorità sub-statali; all’interno dei quali una molteplicità di attori interagisce
con le relative istituzioni comunitarie per sostenere i propri interessi.
Pertanto, gli stati membri, pur rimanendo soggetti importanti a livello
comunitario, non sono più gli unici responsabili delle decisioni dell’Unione Europea
data l’influenza che attori non-statali, tra cui i gruppi di interesse, sono capaci di
esercitare. Proprio per questo, sono sempre più numerose le organizzazioni nazionali
che hanno preso coscienza della necessità e dell’importanza di essere presenti a
Bruxelles per poter seguire, più da vicino, il processo decisionale comunitario.
Fenomeno che è stato approfondito nell’Appendice al Capitolo 2 dedicando, tra gli
altri, un particolare sguardo alla situazione italiana. Infatti, è solo a partire dai primi
anni ’90 che il tema della partecipazione regionale ai processi comunitari ha
incominciato ad acquisire una certa rilevanza, dando vita a quel fenomeno definito
“mobilitazione regionale” che ha contribuito a sviluppare strategie di attivazione al di
fuori dei confini nazionali, concretizzatesi nell’apertura di uffici di rappresentanza
degli interessi regionali a Bruxelles per stabilire contatti stabili con le istituzioni
comunitarie, specie con la Commissione.
La Prima Parte si conclude con l’analisi dei rapporti tra gruppi d’interesse e
istituzioni comunitarie. Individuati i canali d’accesso tra questi attori comunitari, si
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instaura un dialogo continuo che permette di delineare quelle strategie di lobbying
atte ad influenzare il processo politico comunitario.
Il lavoro si compone inoltre di una seconda parte caratterizzata dalla raccolta
di dati empirici ottenuti grazie ad interviste con i funzionari degli Uffici di
rappresentanza di Bruxelles della Regione Veneto e della Regione Friuli-Venezia
Giulia. Dopo un capitolo introduttivo su elementi riconducibili ad entrambe le
Regioni, quali la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea;
l’Assemblea delle Regioni d’Europa; il Comitato delle Regioni e la descrizione
dell’evento Open Days; si è passati ad analizzare le relative specificità, con
particolare riguardo alle attività dei due Uffici di collegamento; l’attività di
domiciliazione, la partecipazione agli Open Days e alle attività del Comitato delle
Regioni . Tutti i dati, infine, sono stati confrontati attraverso l’elaborazione di una
griglia valutativa per porre visivamente in risalto le rispettive diversità e
caratteristiche riscontrate.
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PARTE PRIMA
Unione Europea e lobbying
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Capitolo 1
LOBBY E LOBBYING
1.1. La definizione di gruppi d’interesse, gruppi di pressione, lobby
E’ necessario, prima di affrontare il tema di lobbying a livello comunitario e
di rappresentanza d’interessi, chiarire termini quali “gruppi d’interesse”, “gruppi di
pressione” e “lobby”. Per decenni i politologi hanno dibattuto sulla definizione di
gruppo d’interesse, che nella teoria dei gruppi (group theory of politics) risulta essere
una questione di centrale importanza e piuttosto controversa. La rappresentanza degli
interessi, sia a livello comunitario che a livello nazionale, è caratterizzata da un
insieme eterogeneo di gruppi che interagiscono con le istituzioni comunitarie, ed è
per questa ragione che nel definire i termini “gruppi di interesse” e “gruppi di
pressione” bisogna tener conto della letteratura prodotta. Illustriamo perciò, in
maniera sintetica, i punti più rilevanti di tale dibattito, facendo inoltre riferimento al
sistema politico comunitario.
Un gruppo di individui accomunati da un interesse comune è definito “gruppo
d’interesse”, che diventa “gruppo di pressione” quando il primo mette in atto
un’azione allo scopo d’influenzare scelte politiche. Esercita così una pressione, cioè
applica una sanzione, o minaccia di applicarla, nel momento in cui una richiesta non
viene accolta (Finer, 1960: 118). Il gruppo di pressione, a differenza del gruppo
d’interesse, entra nel sistema politico e diventa un attore politico che cerca di
esercitare una pressione per indurre le istituzioni ad adottare, o non adottare, una
determinata posizione. I due termini però non sono sinonimi, in quanto non tutti i
gruppi di interesse diventano gruppi di pressione, mentre possiamo con certezza
affermare che un gruppo di pressione è sempre un gruppo d’interesse (Fisichella,
1997: 96 e ss.).
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In questo contesto ricordiamo la critica di Giovanni Sartori che non concorda
nell’utilizzo indiscriminato dei termini “gruppi d’interesse” e “gruppi di pressione”.
Egli infatti, sostiene l’utilizzo dell’etichetta “gruppi di pressione” in quanto la ritiene
più precisa perché basata sulla politica di pressione (pressure policy): “se i gruppi di
pressione includono altri gruppi oltre quelli di interesse economico, tuttavia questa
etichetta esclude tutti quei gruppi che non si trovano in condizione di esercitare
“pressione” in un senso abbastanza specifico del termine” (Sartori, 1959: 21). Inoltre
definisce come gruppi di pressione quei gruppi che “esercitano un’influenza sulle
decisioni politiche premendo sui pubblici poteri” (Sartori, 1959: 7).
Samuel E. Finer, nella sua distinzione tra gruppi d’interesse e gruppi
promotori o di propaganda (promotional group), afferma che tutti rientrano nella più
ampia categoria di lobby, costituita da quei gruppi o associazioni che, senza
assumersi la responsabilità diretta di governare, cercano di indirizzare le politiche
pubbliche nella direzione da loro indicata (Finer, 1960: 117). Segnaliamo però, che
sia i gruppi d’interesse, i quali promuovono gli interessi specifici dei loro iscritti, sia
i gruppi promotori, i quali difendono cause ideologiche, possiedono gli strumenti per
esercitare una pressione sui poteri pubblici, anche se con forme e modi diversi.
A livello comunitario queste distinzioni terminologiche non risultano essere
così distanti tra loro. Arthur F. Bentley, il padre della teoria dei gruppi, nel suo
Process of Government (1908) introdusse la nozione di gruppo d’interesse,
considerando come interesse non solo quello economico, ma estendendolo a qualsiasi
interesse sociale. La società non era che il risultato dell’insieme dei diversi gruppi
con specifici interessi. Ma come fece notare Sartori, questa definizione risulta essere
troppo estesa perché gruppo e interesse vengono a coincidere, in quanto si identifica
ogni interesse con un gruppo e ogni gruppo con un interesse. In realtà, la società è
composta anche di interessi inespressi per la mancanza di risorse, o per la non
consapevolezza di un gruppo di avere un interesse in comune, e pertanto il gruppo
non si organizza per far valere tale interesse.
La distinzione tra gruppo d’interesse e gruppo di pressione può anche
derivare dal significato proprio dei termini “interesse” e “pressione”, intendendo con
il primo la motivazione e la finalità del gruppo, e con il secondo il modo con cui il
gruppo persegue tale finalità. Possiamo distinguere inoltre tra sistema sociale, dove
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agisce il gruppo d’interesse, e sistema politico, dove invece ritroviamo il gruppo di
pressione (Fisichella, 1997). Nel sistema politico comunitario però, è difficile
mantenere questa separazione tra sistema sociale e politico perché è un sistema
complesso basato sull’interdipendenza tra le arene politica, economica e sociale
(Pasquino, 1983). Possiamo affermare che nel sistema comunitario, proprio per la
variegata tipologia di attori che lo compongono, è poco proficuo operare la
distinzione tra gruppo d’interesse e gruppo di pressione; è il caso invece di adottare il
concetto di gruppo d’interesse in senso molto ampio. Questi attori rappresentano gli
interessi dei propri membri e per far ciò intraprendono un’azione sistematica di
lobbying interagendo con le istituzioni comunitarie per esercitare una politica di
pressione. E’ bene precisare che il termine “pressione” non implica necessariamente
l’uso di sanzioni negative (scioperi o manifestazioni di protesta), ma va inteso in
senso positivo come offerta di informazioni al governo dell’Unione; la possibilità di
applicare una sanzione, qualora una richiesta non venga accolta, va intesa come ritiro
del sostegno e delle informazioni.
Gabriel A. Almond e Bingham G. Powell (1988) distinguono tra gruppi di
interesse anomici, cioè gruppi più o meno spontanei che si formano nel momento in
cui nasce l’esigenza di manifestare un disagio o un malcontento; gruppi d’interesse
non associativi, che sotto il profilo associativo o istituzionale non sono ben
organizzati pur essendo accomunati dalla consapevolezza della presenza di un
interesse comune (come religione o etnia); gruppi di interesse istituzionali, che si
trovano all’interno di organizzazioni come partiti politici, burocrazie, forze armate o
chiese e svolgono funzioni politiche o sociali proprie e difendono i propri interessi;
infine gruppi d’interesse associativi, organizzazioni create per rappresentare gli
interessi di un gruppo particolare (Almond e Powell, 1988: 248 e ss.). E’ proprio
l’esistenza di un interesse comune e l’organizzazione interna che distingue questi
gruppi, i quali hanno la possibilità di ricorrere a canali istituzionali per salvaguardare
gli interessi di cui sono portatori, da quei gruppi che invece operano attraverso
dimostrazioni spontanee ed occasionali.
I gruppi d’interessi rilevanti nel processo di lobbying rientrano tra i gruppi
d’interesse associativi, che si caratterizzano per la rappresentanza esplicita degli
interessi di un gruppo particolare, per l’impiego di personale professionale e di
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procedure volte a trasformare gli interessi rappresentati in domande politiche.
Schattschneider (1960) distingue i gruppi in gruppi d’interesse pubblico
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e in gruppi
d’interesse speciale. I primi difendono interessi che possiamo definire “comuni”
perché condivisi dalla comunità nazionale, mentre i secondi difendono interessi
parziali di determinate sezioni della società. Osserviamo come gli interessi comuni o
diffusi si prestino ad essere difesi con maggiore difficoltà rispetto a quelli parziali o
concentrati, proprio a causa di un classico problema di azione collettiva (Olson,
1963). A questa definizione però, sono correlate due problematiche: la prima legata
alla definizione di interesse pubblico, la seconda legata alla complessità del processo
decisionale. Definire infatti, quando un interesse è condiviso dalla comunità
nazionale risulta molto difficile. Buchanan e Tullock (1962), ricordando Pareto, si
rifanno a quella teoria nota con il nome di “teoria dell’interesse comune” che
presuppone l’esistenza di elementi d’interessi individuali condivisi da tutti i membri
di una determinata collettività. In base a questa impostazione perciò, definiscono
interesse pubblico ogni interesse sostenuto unitamente nella società. In alternativa
citiamo la cosiddetta “teoria della maggioranza” che individua come interesse
pubblico quell’interesse condiviso da almeno la metà più uno dei componenti di una
data collettività (Massei, 1992, Borgonivi, 2000). Inoltre la compresenza di interessi
sopranazionali, nazionali e territoriali a diversi livelli, rende difficile l’individuazione
del livello a cui considerare “pubblico” un determinato interesse.
Coscienti dell’esistenza di diversi livelli di organizzazione dei gruppi che
interagiscono con le istituzioni comunitarie e che si pongono come attori politici,
affermiamo che sono gruppi d’interesse tutti quelli che, pur con interessi diversi,
cercano di esercitare una pressione sugli organi decisionali comunitari. Questi gruppi
hanno un ruolo determinante nella formazione delle decisioni comunitarie. E’ per
questo motivo che risulta più opportuno parlare di “gruppi d’interesse” o lobby, in
quanto sono termini generici che meglio esprimono la pluralità e la diversità dei
gruppi organizzati che operano nell’arena comunitaria.
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Sono gruppi in difesa di interessi comuni per esempio gruppi ambientalisti, pacifisti, di consumatori,
di difensori di diritti civili.