4
rispondenza dell’attività spiegata ad esclusive finalità tecnico sportive, come accade
per la composizione delle varie rappresentative nazionali.
Nella decisione sul caso Donà è stato affermato che ”riveste carattere
economico l’attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti, che svologono
un lavoro subordinato o effettuano una prestazione di servizi retribuita.”Sui due
pronunciamenti, si scatenò un dibattito dottrinario, che si ripropose anche nella
soluzione della controversia sul caso Bosman.Un primo orientamento dottrinario,
preoccupato dell’impatto che sulle sorti dello sport poteva avere una rigida ed
immediata applicazione delle regole dettate dalla Corte di giustizia, tendeva a sottrarre
il calcio professionistico all’osservanza della normativa comunitaria, in particolare
dell’art.48 del trattato, sottolineando il carattere ”composto” del rapporto calciatore-
sodalizio sportivo, all’interno del quale si rilevavano elementi del contratto
associativo e del contratto di lavoro
5
, ora invece affermando che la normativa
comunitaria è applicabile esclusivamente alle fattispecie in cui il dato economico
riveste l’aspetto fondamentale, dove invece nelle competizioni agonistiche il
significato sportivo assume spesso (ma non sempre, basti vedere le recenti
problematiche sulla questione dei diritti televisivi) un valore preminente su quello
economico.
6
Queste argomentazioni, di cui la sentenza Bosman ha fatto giustizia
insieme ad altre quale quella ( sempre sostenuta dall’Uefa e da numerose Federazioni
nazionali) incentrata sull’autonomia dell’ordinamento sportivo, del quale si è
sostenuta l’incapacità a costituire una barriera invalicabile all’applicazione di norme
comunitarie definite di rango superiore a quelle statali,
7
non venivano condivise da
5
Barile: La Corte di giustizia della Comunità europeea e i calciatori professionisti, Giur.it., 1977, 1
6
Coccia: L’indennità di trasferimento e la libera circolazione dei calciatori professionisti
nell’Unione europea, Riv.dir.sport., 1994, 350
7
Sentenza della Corte costituzionale n.170/1984, Foro.it., 1984, 1
5
un’altro orientamento che riteneva il calcio professionistico, e lo sport in
generale,assogettabile alle norme comunitarie dettate a tutela dei lavoratori
subordinati, mettendo in rilievo l’efficacia immediata nell’ambito degli Stati membri
di dette norme e la conseguente loro azionabilità dinanzi al giudice nazionale.
A tal proposito si è ricordato che la tutela dei diritti fondamentali, di cui è
espressione l’art.7 del trattato, in quanto garantisce la parità di trattamento tra tutti i
soggetti, costituisce parte integrante dei principi giuridici di cui la Corte comunitaria
garantisce l’osservanza, e sulla base di una siffatta imposizione si è riaffermata, in
caso di contrasto tra normative, la prevalenza della disciplina comunitaria su quella
nazionale,
8
anche quando quest’ultima risulta prodotta d a soggetti diversi da quelli
statali.
In un’ottica diversa , viene evidenziato che nell’ambito applicativo delle
norme del trattato rientrano tutte indistintamente le attivita lavorative subordinate,
salvo che non siano escluse da tassative disposizioni, per cui una volta inquadrati (
nella nostra legislazione) gli atleti professionisti tra i lavoratori subordinati ai sensi
dell’art.3 della legge 91/81, non è consentito fare riferimento, per sottrarre lo sport
alle leggi comunitarie, nè all’oggetto dell’attivita svolta dal lavoratore, ne alle sue
modalità, ne ai tempi con cui l’attività deve essere svolta.
9
L’indirizzo seguito
sottolineava come il far ricadere la disciplina dello sport, e del calcio in
particolare,unicamente sotto i dettami dell’art.48 del trattato determinasse sul piano
pratico e su quello giridico non marginali inconvenienti, riemergenti in tutta la loro
portata anche dopo la sentenza Bosman,
10
che sembra guardare ai rapporti tra
8
Valenti: La competenza della Comunità europea in materia sportiva: note al problema di
legittimità del blocco calcistico delle frontiere, Riv.dir.sport.,1976,337
9
Bianchi D’urso: Attività sportiva e libera circolazione nella Cee, Dir.lav., 1992, 1
10
Bastianon: Bosman, il calcio e il diritto comunitario, Foro.it., 1996, 4
6
calciatore società sportiva in un’ottica prettamente giuslavoristica.Per la verità,
l’abrogszione(come conseguenza diretta dei principi affermati dalla sentenza Bosman)
dell’art.6 della legge 91/81 regolante l’istituto dell’indennità di preparazione e
promozione,
11
ha causato effetti negativi dal punto di vista economico sul bilancio di
quelle squadre che si erano sottoposti a sacrifici per assicurarsi le prestazioni di atleti
comunitari di vasta notorietà (basti ricordare cosa disse l’amministratore delegato
della Juventus Antonio Giraudo,in una intervista al quotidiano La Gazzetta dello sport
del 30/12/1995: ”L’abolizione del parametro avrà effetti violenti sui bilanci delle
società.Bisognerà ammortizzare il primo impatto.Ma le conseguenze per i vivai e le
piccole società saranno drammatiche.”) Il legislatore italiano è intervenuto
modificando,con la legge n.586/1996, l’art.6 della legge 91, confermando i timori
espressi dai dirigenti delle società in seguito all’abolizione del parametro stabilito
dalla sentenza Bosman, in quanto ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori
nell’ambito dell’Unione.
Solo nel caso di primo contratto professionistico è previsto a carico della
società stipulante un premio di addestramento e formazione tecnica, nella misura
fissata dalla Federazione competente, a favore della società o associazione sportiva
presso la quale l’atleta abbia svolto la sua ultima attività giovanile o dilettantistica,
con l’obbligo di reinvestire il premio a fini sportivi.Riguardo la questione del premio
di addestramento e formazione tecnica occorre ricordare un recentissimo
caso(stagione sportiva 2002/03) che ha visto come involontario protagonista un
calciatore del Modena, Giacomo Ferrari.Costui, tesserato regolarmente dalla propria
società per la stagione sportiva 2002/03, si è visto negare per lungo tempo la
possibilità di esordire nel massimo campionato di serie A, ( e quindi di svolgere la
11
Bertini: il contratto di lavoro sportivo, Contratto e impresa 1998
7
propria attività lavorativa), perchè, qualora avesse esordito, il Modena avrebbe dovuto
versare alla società dove il giocatore aveva svolto l’attività giovanile una somma di
denaro,a titolo di indennità di formazione e preparazione.
Ritornando alla nuova disciplina del lavoro sporivo, in seguito alla
sentenza Bosman, nella materia in esame si è fatto riferimento agli art 85 e 86 del
trattato.Secondo quanto già evidenziato in dottrina
12
si può affermare che le norme
federali che pongono limiti, seppure indiretti, alla circolazione dei lavoratori sportivi,
attraverso l’obbligo del pagamento di un’indennità, o attraverso l’assunzione
dell’impegno di utilizzare nelle competizioni sportive ufficiali un numero limitato di
atleti di diversa nazionalità, vengono di fatto a introdurre una paralisi del mercato
sportivo,e ad incidere in termini negativi sul settore della libertà degli scambi, con
violazione dei principi sulla libera concorrenza fissati dai citati articoli 85 e 86 del
trattato.
13
Ed invero non si può dubitare che sono senza dubbio collocabili tra le
imprese economiche, destinatarie delle norme comunitarie, sia le società sportive(
quali enti di produzione di spettacoli sportivi, richiedenti un notevole impegno
finanziario
14
), sia le stesse Federazioni per le attività economicamente rilevanti svolte
in relazione all’organizzazione delle manifestazioni agonistiche.
15
La sentenza Bosman risultò applicabile non solo al calcio, ma a tutte le
attività sportive. Difatti nei casi in cui gli atleti e le società hanno fatto valere,
succesivamente alla sentenza,l’art.48 del trattato in ordine alle clausole di nazionalità
o al regime dei trasferimenti imposto dalle autorità sportive, si sono prodotti risultati
12
Vidiri. Il caso Bosman e la circolazione dei calciatori nell’ambito della Comunità europea,
Foro.it., 1996, 4
13
cfr Vidiri, cit.
14
Vidiri: Le società sportive: natura e disciplina, Giur.it., 1987, 4
15
Tesauro: Diritto comunitario, 1995.
8
simili anche in altri sports.Così, la sentenza Bosman, una settimana dopo essere stata
adottata, ha determinato in Francia la seguente situazione: il club di hockey su
ghiaccio Brest Armoric schierò nella partita contro il Grenoble sette giocatori non
francesi, uno di più di quelli consentiti dalla Federazione francese competente.Benchè
inizialmente la commissione gare della Federazione avesse comminato la sconfitta ”a
tavolino” al Brest Armoric per la violazione delle norme relative alla composizione
della squadra, la Federazione successivamente restituì i punti ottenuti sul campo.
16
In
Germania un giocatore di hockey su ghiaccio denunciò davanti alla giurisdizione del
lavoro il sistema interno dei trasferimenti.In Spagna il club di pallacanestro femminile
Costa Naranja venne punito con la sconfitta a tavolino dopo una partita del gennaio
1996 disputata con tutte le sue tre giocatrici straniere(una delle quali Inglese)
schierate in campo allo stesso tempo.La normativa Federale permetteva che i clubs
iscrivessero a referto al massimo due giocatrici straniere.
Il motivo formale della sanzione Federale consistette, in ogni caso, nel
fatto che una delle giocatrici straniere, cittadina di uno Stato terzo, non seguì la
procedura corretta per il tesseramento.La società non propose appello,sebbene avesse
potuto invocare l’art.48 del trattato,nel caso in cui avesse potuto dimostrare che
l’argomento sostenuto dalla Federazione nascondesse, in realtà, una discriminazione
contro la giocatrice.
Per quanto riguarda il calcio professionistico, occorre ricordare che nessun club
spagnolo ha sfidato le regole, schierando un giocatore comunitario come se fosse
spagnolo.Ciò venne motivato dal fatto che al momento dell’adozione della sentenza
Bosman, vi era una presenza ridotta di atleti comunitari.
16
Demaret: Quelques observations sur la signification de l’arret ”Bosman”, Revue du Marchè
Unique Europèen, 1996, 1
9
Sebbene uno dei clubs che contavano nelle proprie file un atleta comunitario, la
S.A.D. Compostela, si riservò pubblicamente il diritto di schierare il calciatore
francese Passy nelle competizioni ufficiali senza ricoprire il ruolo di straniero, tale
circostanza non venne mai prodotta. Un anno prima il medesimo club mantenne una
posizione ben distinta riguardo all’unica infrazione concernente la normativa che
limitava lo schieramento di giocatori stranieri nella lega spagnola, della quale fu un
protagonista indiretto.
Nel corso della partita Real Madrid-S.A.D. Compostela, l’allora allenatore madrileno,
Jorge Valdano, schierò sul terreno di gioco, seppur per un breve periodo,4 giocatori
stranieri della squadra.Valdano venne sanzionato dalle autorita disciplinari sportive.
I dirigenti della squadra avversaria si rifiutarono di pretendere misure piu gravi per il
risarcimento del danno sportivo, unicamente per il fatto che, alla fine, il risultato della
partita non risultò a loro sfavorevole (pareggio 1-1).
D’altra parte, il fatto che la sentenza Bosman abbia prodotto effetti ex tunc, insieme
alla circostanza che uno degli stranieri fosse cittadino di uno Stato membro (il
calciatore danese Michael Laudrup), fà si che la sanzione inflitta all’allenatore fosse
illegale,in quanto contraria all’art.48 del Trattato.
10
La circolazione degli atleti dopo la sentenza Bosman: il caso Lehtonen
A distanza di pochi anni dalla sentenza Bosman, la giurisprudenza comunitaria si è
dovuta ancora una volta occupare dei delicati rapporti tra sport e diritto comunitario,
riprendendo il discorso che, dalla pronuncia sul caso Bosman, non ha conosciuto
momenti di tregua
17
.Nel fare questo, tuttavia la Corte si prefissa di stabilire alcuni
punti fermi sintomatici di una scelta ben precisa, volta ad evitare una interpretazione
eccessiva dei principi sanciti dalla pronuncia sul caso Bosman, dovuta dalla necessità,
avvertita da molti all’indomani dell’abolizione delle indennità di trasferimento per i
calciatori professionisti, di porre alcuni punti fermi indubbiamente indispensabili per
evitare il rischio che il principio della libera circolazione delle persone, se applicato
indistintamente agli sportivi e a tutte le disposizioni contenute nei regolamenti delle
varie federazioni sportive, nazionali ed internazionali, potesse trasformarsi in uno
strumento potenzialmente pericoloso in grado di stravolgere completamente non solo
l’autonomia degli ordinamenti sportivi, ma anche l’essenza stessa dell’attività
sportiva.
Per quanto riguarda la sentenza sul caso del giocatore finlandese Lehtonen, il quesito
posto dal Tribunale verteva sul fatto se si potessero considerare in contrasto con gli
artt. 12 e 39 ( e con gli artt. 81e 82 ) del Trattato le norme contenute nei regolamenti
delle federazioni sportive ( nella fattispecie, di pallacanestro ) che vietano ad una
società di utilizzare per una competizione ufficiale, un giocatore, cittadino di uno
Stato membro dell’Unione, tesserato successivamente alla scadenza del termine
ultimo previsto per il tesseramento dei giocatori stranieri.
17
Bastianon: La libera circolazione degli atleti nella giurisprudenza comunitaria post-Bosman: i
casi Deliege e Lehtonen, Riv.dir.sport. 2001, 459