2ad altre fonti energetiche a minor impatto ambientale e, allo stesso tempo, a
sistemi di razionalizzazione dei consumi attuali come:
• Energia del vento;
• Energia solare;
• Energia idroelettrica;
• Energia geotermica.
In Italia e nel mondo, esistono molte centrali che producono energia elettrica
usando fonti alternative. Queste sono:
- Le centrali eoliche, sono chiamate così perché sfruttano la forza del vento.
Il vento è la fonte d'energia rinnovabile che può, nel medio termine, diventare
competitiva nella produzione di energia elettrica rispetto alle fonti tradizionali.
Gli aerogeneratori derivano dai tradizionali mulini a vento e sono costituiti
essenzialmente da un rotore, formato da alcune pale fissate su un mozzo e
progettate per sottrarre al vento parte della sua energia meccanica; il rotore
tramite un moltiplicatore di giri aziona un albero su cui è calettato un
generatore elettrico.
L’esercizio di queste centrali dovrà dimostrare la fattibilità tecnico-economica
della tecnologia eolica, in vista di un futuro investimento di questa forma di
energia alternativa per la produzione di energia elettrica
- Le centrali fotovoltaiche sono chiamate così perché sfruttano i raggi solari
grazie a dei pannelli fotovoltaici. La conversione fotovoltaica si basa sulla
proprietà che hanno alcuni materiali semiconduttori, come il silicio
opportunamente trattato, di generare direttamente energia elettrica quando
vengono colpiti dalla radiazione solare. I generatori che utilizzano questo
processo sono conosciuti con il nome di celle solari o celle fotovoltaiche. Le
3attività di ricerca oggi in tutto il mondo in questo settore hanno un comune
obiettivo: ridurre l’alto costo dei sistemi fotovoltaici che ne impedisce
attualmente una vasta penetrazione nel mercato.
- Le centrali idroelettriche sfruttano una tecnologia ormai matura il cui
funzionamento è da diversi anni competitivo rispetto ad altre fonti energetiche
commerciali. L’attuale potenziale tecnico-economico delle grandi centrali
idroelettriche non è stato però sfruttato oppure non è disponibile a causa di
vincoli ambientali.
- Le centrali geotermiche sfruttano l’energia termica interna alla terra,
essendo questa un enorme serbatoio di calore naturale; ma la gran parte di
quest’energia si trova in forma dispersa e a profondità troppo elevate perché
possa essere sfruttata industrialmente. E’ quindi necessario individuare le
zone della crosta terrestre dove il calore si è concentrato in spazi ristretti e a
profondità economicamente accessibili: i cosiddetti serbatoi geotermici.
Questi si formano grazie a particolari condizioni geologiche e
termodinamiche, come la presenza d’acqua sotterranea riscaldata da
un’inclusione di magma caldo nella crosta terrestre. Perforando
opportunamente il sottosuolo fino ad incontrare queste sacche, si può
estrarre il vapore e inviarlo in turbina per produrre energia elettrica.
41.2 ENERGIA SOLARE
L’energia solare può essere sfruttata per produrre energia elettrica attraverso
due metodi:
• tramite pannelli solari;
• tramite collettori solari.
Nel primo caso l’elemento base che permette la trasformazione
dell’irradiazione solare in energia elettrica e la “cella fotovoltaica“, costituita da
una “fetta di silicio“ opportunamente trattato con drogaggi con una tecnica
analoga alla fabbricazione dei semiconduttori. Il funzionamento di una cella si
concentra alla giunzione fra i due strati semiconduttori in cui si ha la
separazione fra le cariche negative e positive, elettrone e lacuna, che
permette la circolazione di corrente. Le attuali celle fotovoltaiche usate hanno
una superficie di 100 cm
2
e sviluppano una potenza nominale di 1,16 W con
rendimento del 12% e tensione a vuoto pari a 1,5 V. Così, data la limitata
potenza di una cella e la bassa tensione erogata per l’ottenimento delle
potenze richieste, vengono messe in serie/parallelo un numero molto elevato
di celle secondo la seguente configurazione tipica di una centrale solare:
1. Modulo fotovoltaico: costituito dalla serie di celle in numero di 36 per
ottenere una tensione d’uscita tipica pari a 24 V.
2. Stringa: costituita dalla messa in serie dei pannelli al fine di ottenere una
più elevata tensione d’uscita che risulta influenzata dalla potenza
complessiva.
3. Sottocampo: per potenze elevate > 16 kW un gruppo di stringhe viene
messo in parallelo per dare luogo ad un'unità completa.
54. Campo: costituita dalla messa in parallelo dei sottocampi sulle sbarre
collettrici.
5. Sistema di Conversione continua/alternata: dalle sbarre collettrici viene
derivato il sistema di conversione fra la tensione continua del campo in
corrente continua e l’utilizzazione in corrente alternata.
Un impianto fotovoltaico per le sue tipiche caratteristiche è un impianto
autonomo senza sorveglianza diretta per questo deve essere dotato di tutti i
controlli e automazioni. Quindi queste centrali per essere così automatizzate e
ben funzionanti necessitano di una tecnologia avanzata. Questa tecnologia
che comprende anche quell’impiegata nella realizzazione delle celle
fotovoltaiche, viene ad incidere sul costo della costruzione di una centrale
fotovoltaica e a causare il problema dell'ammortamento dei costi. Oggi giorno
per costruire una centrale fotovoltaica occorrono ben 12 miliardi; secondo
degli studi fatti si è visto che per recuperare questi soldi, con la produzione
d’energia elettrica, bisogna aspettare dai 20 ai 30 anni. Il problema più grave
è rappresentato da questi tempi perché in un arco di 30 anni, molte strutture e
strumenti all’interno della centrale devono essere già sostituiti con altri nuovi,
6quindi bisogna rinnovare la centrale. Così si deduce che l’intera somma
impiegata nella realizzazione della centrale difficilmente potrà essere
recuperata. Attualmente il costo del chilowattora prodotto e il prezzo attuale
dei moduli, sono ancora troppo elevati per consentire la competitività
commerciale. Nei laboratori specializzati vengono ricercate nuove soluzioni
con il duplice obiettivo di ridurre il costo dei pannelli e il rendimento,
dall’attuale 10/12% per il silicio cristallino al 5/7% del silicio amorfo.
Vengono inoltre sperimentati nuovi materiali quali l’arseniuro di gallio con un
rendimento del 20/30% attualmente utilizzato per l’alimentazione delle stazioni
spaziali. In effetti, un’iniziativa governativa americana chiamata”A THIRD OF
A SUN” ha aperto nuove prospettive per le celle fotovoltaiche. Infatti,
quest’iniziativa è riuscita a sviluppare dispositivi fotovoltaici in grado di
convertire in energia elettrica un terzo della radiazione solare.Questi
dispositivi sono costituiti da celle ad alta efficienza, in grado di raggiungere
una resa di conversione record del 32,3%. Per raggiungere efficienze tanto
elevate viene impiegata una cella “ multigiunzione “. Quest’ultime, dette anche
a cascata, sono costituite da una pila di due o tre celle a giunzione singola
accoppiate in un unico dispositivo. La cella superiore cattura i fotoni ad
energia più elevata (quindi la radiazione a lunghezza d’onda più piccola) e
lascia passare i fotoni ad energia più bassa che sono catturati dalle celle
seguenti. Questo progetto è stato sviluppato dal National Renewable Energy
Laboratori del DOE e dalla Spectrolab, uno dei principali produttori mondiali di
celle e pannelli solari, attiva nel settore da oltre 40 anni e da sola fornisce oltre
la metà delle celle per applicazioni aerospaziali. Un altro problema, oltre
all’ammortamento dei costi, del metodo fotovoltaico e che quest’ultimo è
utilizzabile con profitto solo se si hanno a disposizioni vaste aree da destinare
a centrale fotovoltaica. Inoltre c’è un impatto ambientale non indifferente: si
hanno cambiamenti climatici con raffreddamento delle aree dove sono ubicate
queste centrali e cambiamenti considerevoli della flora circostante. Comunque
7il campo della conversione fotovoltaica rappresenta il futuro della generazione
d’energia elettrica senza inquinamento e consumo delle riserve petrolifere.
1.2.1 COLLETTORI SOLARI
Gran parte dell’energia elettrica che si consuma a livello civile nel nostro
paese è da addebitarsi all’uso degli scalda acqua elettrici. Esistono svariati tipi
di collettori solari: il più semplice è il classico scaldabagno dipinto di nero che
si vede spesso nelle nostre località “balneari”. Naturalmente essendo il più
semplice è anche il meno efficiente: non si ha alcun tipo d’isolamento, né un “
effetto serra” per incrementare la quantità di radiazione catturata. Un altro
tipo di collettore è quello solare. Quest’ultimo sfrutta praticamente il principio
dell’effetto serra: cioè che un contenitore chiuso da un vetro lascia entrare
l’energia associata alla radiazione solare, caratterizzata da una certa
lunghezza d’onda, ma non lascia uscire l’energia riemersa dal suo interno,
che è caratterizzata da una lunghezza d’onda per la quale il vetro non è
trasparente, ma è riflettente. In questo modo possibile scaldare l’acqua che
scorre in una serpentina di rame a temperature elevate. La serpentina è
saldata su una piastra verniciata di nero e sotto di essa si ha uno strato
d’isolante termico. Il collettore viene collegato ad un termoaccumulatore che
garantisce una riserva adeguata d’acqua calda. I collettori più evoluti sono
quelli sottovuoto, costituiti da un tubo di vetro in cui è stato fatto appunto il
vuoto, e all’interno del quale è presente un sottile tubo, con un’aletta nera.
Dentro tale tubo scorre un liquido termovettore (non acqua, perché bollirebbe
alle temperature che si raggiungono). L’assenza d’aria nel tubo fa sì che
venga eliminata la trasmissione di calore per convenzione dal tubo in cui
8scorre il liquido all’esterno: è così possibile raggiungere temperature
elevatissime, dell’ordine del centinaio di gradi. Una batteria di tali tubi
costituisce il collettore che poi viene collegato al termoaccumulatore dove il
liquido che scorre nella serpentina sostituisce praticamente la resistenza
elettrica.
1.3 ENERGIA IDROELETTRICA
1.3.1 LA STORIA DELL’IDROELETTRICO
L'uso dell'energia idraulica risale all'antichità: già i Greci ed i Romani usavano
ruote idrauliche per la macinazione del grano. Il basso costo del lavoro degli
schiavi e degli animali, tuttavia, ne frenò l'applicazione su larga scala fino al
XII secolo circa. Nel Medioevo furono costruite grandi ruote idrauliche di
legno da 50 cavalli. L'energia idraulica moderna deve il suo sviluppo
all'ingegnere britannico John Smeaton, che per primo costruì ruote idrauliche
di ghisa di dimensioni notevoli. All'inizio dell'ottocento l'energia idraulica, che
aveva giocato un ruolo importante nella rivoluzione industriale, diede impulso
9alla crescita delle industrie tessili, conciaria e meccanica. La macchina a
vapore era già stata sviluppata, ma il carbone era scarso e la legna era un
combustibile poco soddisfacente. L'energia idraulica contribuì allo sviluppo
delle prime città industriali finché, dalla metà del XIX secolo, l'apertura dei
canali navigabili rese possibile l'approvvigionamento di carbone a buon
mercato. L'installazione di ruote idrauliche in serie, su un dislivello di 5 m,
richiede la costruzione di condotte e di grandi dighe di sbarramento
difficilmente realizzabili. Questi svantaggi, uniti alla scarsità dell'afflusso
dell'acqua durante l'estate e l'autunno e alle gelate invernali, portarono alla
sostituzione di quasi tutte le ruote idrauliche con il vapore, non appena la
disponibilità di carbone lo rese possibile.
1.3.2 CARATTERISTICHE DELLA CENTRALE IDROELETTRICA
Il primo impianto idroelettrico fu costruito nel 1880 nel Northumberland. La
rinascita dell'energia idraulica coincise con lo sviluppo del generatore elettrico
e con la crescente domanda di elettricità che caratterizzò l'inizio del XX
secolo. Un impianto idroelettrico è composto da un bacino di accumulo, da
una condotta forzata, da un gruppo di turbine ed eventualmente di altri bacini
a valle. Gli impianti sono serviti da un grande bacino di riserva; quest'ultimo è
una sezione di territorio all'interno della quale le acque affluiscono in un
singolo corso d'acqua (torrente o fiume). I limiti di un bacino sono definiti dalla
linea di spartiacque, che coincide con la linea di cresta dei rilievi montuosi.
Forma e dimensione di un bacino idrografico sono generalmente determinanti
dalle caratteristiche geologiche della zona, mentre la ramificazione del
reticolo idrografico, in altre parole la densità dei corsi d'acqua minori, dipende
in modo essenziale anche dal regime delle precipitazioni, dai tipi di suolo e di
vegetazione e, in misura sempre maggiore, dall'attività umana. Di solito il
10
bacino si ottiene chiudendo con una diga, cioè un'opera di sbarramento, una
vallata. Le dighe si possono dividere in due grandi categorie:
• Diga a gravità;
• Diga ad arco.
Le dighe a gravità hanno generalmente sezione verticale triangolare o
trapezia, e sezione orizzontale ad asse rettilineo o talvolta curva; possono
essere massicce oppure alleggerite, ricavando vani nel corpo della diga o
assegnando alle varie sezioni forma di T o di I (diga speroni). La stabilità e la
resistenza alla spinta idrostatica sono affidate esclusivamente al peso della
costruzione. Possono essere realizzate in materiale diverso: calcestruzzo,
terra, accumulo di massi o scogliere. Nelle dighe ad arco la spinta idrostatica
delle acque d'invaso viene trasferita, mediante spinte, sulle pareti laterali su
cui poggia la diga stessa. Con forma convessa, possono essere costruite
solo per sbarrare valli non molto larghe con fianchi rocciosi. Attraverso
condotte forzate, controllate da valvole che regolano la velocità del flusso
secondo la domanda di energia, l'acqua entra nelle turbine e ne esce
attraverso il canale di scarico. La turbina è una macchina motrice provvista di
11
un organo rotante a cui è impresso il moto da un fluido in movimento. Le
turbine idrauliche sono macchine che utilizzano l'energia cinetica disponibile
in un salto d'acqua per fornire energia meccanica. Sono costituite dal
distributore e dalla girante. Il primo indirizza il flusso d'acqua, la seconda
comunica all'albero che ruota sotto la spinta dell'acqua.
Esistono tre diversi tipi di turbine:
• Pelton;
• Francis;
• Kaplan.
Rispettivamente la prima è utilizzata in caso di alte cadute (anche più di 1700
m). La seconda in caso di medie cadute, con pale fisse. La terza in caso di un
basso dislivello di un fiume di grande portata ed è un modello derivante dal
primo avente pale orientabili di qualche grado per sfruttare maggiormente
l'acqua.Nel caso di un impianto con più bacini è possibile ripompare l'acqua a
monte utilizzando turbine reversibili che sono in grado di funzionare come
pompe. Questa operazione viene eseguita di notte quando il carico sulla rete
è basso, e si può utilizzare allo scopo l'energia prodotta dagli impianti
termoelettrici che andrebbe diversamente sprecato. Gli alternatori sono
montati direttamente sotto le turbine, su alberi verticali e sono costituiti da
due parti: una fissa e l'altra mobile, rispettivamente statore e rotore. Il tipo di
alternatore più comunemente usato è quello sincrono. L'energia idraulica
rappresenta approssimativamente un quarto dell'energia totale prodotta nel
mondo e negli ultimi anni sta considerevolmente aumentando di importanza.