4
che la Repubblica Popolare ha dovuto apportare al proprio sistema, analizza
l’apertura del Paese al resto del mondo, evidenziando le diverse tipologie e gli
strumenti di investimento straniero, passando attraverso la problematica del
rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, fino ad arrivare alla trattazione delle
Zone Economiche Speciali, maggior propulsore economico.
Il secondo capitolo è dedicato all’analisi delle attività di R&S svolte in Cina,
mettendo in evidenza da un lato i promotori dell’attività di ricerca, primo fra tutti
il governo, attraverso il varo di numerosi programmi e azioni volti non solo ad
incrementare gli investimenti (anche stranieri) in R&S o più in generale in attività
ad alto contenuto tecnologico e innovativo, ma anche ad attirare scienziati,
ingegneri, ricercatori da tutto il mondo e politiche di rimpatrio per ricercatori e
tecnici cinesi; dall’altro gli esecutori impegnati nell’attività di ricerca,
evidenziando i rapporti che legano università, centri di ricerca e imprese.
Il terzo capitolo considera il processo di internazionalizzazione dell’attività di
R&S da parte delle imprese multinazionali. Dopo un primo escursus sulla teoria
dell’internazionalizzazione, valuta nello specifico i fattori di spinta e le
problematiche che si possono incontrare nel trasferimento e nella gestione della
ricerca nella RPC, difficoltà non puramente tecniche, ma anche e soprattutto
legate ad una diversa cultura e modalità di fare business. Infine, partendo da una
breve introduzione sul tessuto produttivo del nostro Paese, analizza le scelte
dell’imprenditore italiano in Cina.
5
Cina: informazioni generali
Ordinamento dello Stato: nel 1949 è stata proclamata la Repubblica Popolare
Cinese (RPC). È uno stato socialista in cui il Partito Comunista Cinese ha piena
supremazia. Organo supremo e legislativo è l’Assemblea Nazionale Popolare, che
si riunisce una volta l’anno, avendo il potere di eleggere il Presidente della
Repubblica, il Premier ed il Consiglio di Stato (su cui opera un supremo controllo)
Capo di Stato: Hu Jintao
Capo di Governo: Wen Jiabao
Suddivisione Amministrativa: la RPC è suddivisa in 31 unità amministrative,
distinte in 22 province, 5 regioni amministrative speciali e 4 municipalità
Giustizia: la giustizia in Cina è in mano alla Suprema Corte Popolare, al di sotto
ci sono i tribunali speciali – militari, marittime e per i trasporti – e quelli locali
popolari. È in vigore la pena di morte, anche per reati di minore rilevanza
Capitale: Pechino (Beijing) con 15.230.000 abitanti al 2006
Popolazione totale: 1.313.973.700 abitanti nel 2006, con una densità media di
141 unità per km². Il dato rappresenta la media di una distribuzione geografica in
realtà molto irregolare, la maggior parte della popolazione è infatti concentrata
nelle province orientali
Gruppi etnici: l’etnia principale è quella Han, il 93% della popolazione, il
restante 7% è rappresentata da 55 minoranze etniche riconosciute ufficialmente
6
dalla RPC le più importanti sono: Zhwang (1,4%), Manchi (1%), Uygur (0,6%),
Tibetani (0,4%) e poi Mongoli, Hui, Miao, Yi e altri
Lingua ufficiale: Cinese Mandarino (Putonghua). Sono però presenti e parlati
vari dialetti locali e lingue di minoranze etniche (come ad esempio coreano,
dialetti tibetani, kazaco, mongolo)
Religione: la Cina ufficialmente è atea. Le religioni più diffuse sono quella
Confuciana, Buddista, Taoista, Mussulmana. Sono presenti anche piccole
comunità di religione cristiana cattolica e cristiana protestante. Il 63,9% dei cinesi
è stimato ateo o non religioso, il 20,1% si riconosce nelle religioni popolari cinese
(soprattutto nelle campagne), l’8,5% sono buddisti, il 6% cristiani e l’1,4%
mussulmani
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CAPITOLO 1 LA CINA NELLA WTO
1.1 Le negoziazioni verso la Membership
“Ciò che è buono per la Cina è buono per l’Asia, la Cina sarà il motore della
crescita dell’intero continente”, Justin Yifu Lin, presidente del China Center for
Economic Research dell’Università di Pechino.
“La partecipazione della Cina alla WTO sarà una iniezione di fresca vitalità
nell’economia asiatica”, premier Jiang Zemin
1
.
L’ingresso della Cina nella WTO (World Trade Organization)
2
è stato parte di un
processo di riforme economiche e politiche di lungo periodo, iniziato già durante
gli anni ’70, che ha portato sempre più la Cina ad inserirsi nell’economia globale
e ad assumere sempre più un ruolo centrale all’interno della stessa. Questo
momento può essere considerato una sorta di “ritorno”, la Cina infatti è stata una
delle 23 nazioni fondatrici del sistema multilaterale di regolamentazione degli
scambi internazioni facenti riferimento al GATT (General Agreement on Tariffs
and Trade)
3
, sottoscrivendone già nel 1947 il protocollo di applicazione
provvisoria per divenirne membro nel 1948. Il partito nazionalista cinese decise
però di recedere dall’accordo nei primi anni ’50 (R. Cavalieri, 2003a).
Fu Xiaoping nel 1978 con la politica di riforme economiche, la cosiddetta
“politica della porta aperta” ad inaugurare la strada all’apertura economica. Il
passo successivo fu l’adesione al Fondo Monetario Internazionale (FMI)
4
nel
1980, fino ad arrivare alle negoziazioni verso la membership alla WTO, iniziata
1
Financial Times, 13 maggio 2002.
2
Organizzazione Mondiale del Commercio, si occupa del controllo delle regole del commercio
mondiale, sostenendo una pressoché totale abolizione di ogni tipo di dazio o tariffa alle frontiere.
3
Accordo internazionale sulle tariffe e il commercio, sostituito nel 1995 dalla WTO.
4
Scopi del FMI sono: promuovere la cooperazione monetaria internazionale; facilitare
l'espansione del commercio internazionale; promuovere la stabilità e l'ordine dei rapporti di
cambio, evitando svalutazioni competitive; dare fiducia agli Stati membri rendendo disponibili,
con adeguate garanzie, le risorse del Fondo per affrontare difficoltà della bilancia dei pagamenti;
abbreviare la durata e ridurre la misura degli squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati
membri.
8
nel 1987 quando fu presentata ufficialmente la richiesta e venne istituito un
working party per la negoziazione e la redazione del Protocollo di Accesso (V.
Gertler, 2004). Inizialmente questo gruppo di lavoro fu creato sotto l’ambito
GATT, quindi, operava solo con riferimento al regime degli scambi delle merci in
Cina. Nel 1995, con l’istituzione della WTO, l’azione del gruppo di lavoro fu
estesa anche allo scambio dei servizi e agli altri ambiti di applicazione
dell’organizzazione internazionale, attraverso il GATS (General Agreement on
Trade in Services)
5
. Come risultato delle negoziazioni la Cina ha accettato di
sottoscrivere una serie di importanti impegni volti a liberalizzare la sua economia,
inserendola in un contesto globalmente integrato e più capace di promuovere lo
sviluppo economico.
La strategia seguita dalla Repubblica popolare cinese nell’adempiere alle riforme
imposte dal sistema del commercio internazionale è stata attuata a più livelli; da
una parte le negoziazioni multilaterali con gli altri membri del WTO che si
concretizzavano con il lavoro svolto dal working party e le riforme attuate durante
il corso degli anni, dall’altra gli accordi bilaterali stretti con diversi paesi, tra cui
alcuni “stati chiave”, ovvero Usa e UE. Questi accordi bilaterali sono una tappa
basilare per il processo di riforma cinese, difatti, verranno posti come condizione
necessaria nel Protocollo di Accesso.
L’accordo con gli Stati Uniti è stato siglato il 1 Novembre 1999 e, in linea di
massima, prevede una riduzione dal 22,1% al 17% delle quote all’importazione
(Potter, 2001). L’accordo vincola la Cina ad eliminare le quote e le restrizioni
quantitative nei cinque anni seguenti all’ingresso nel WTO. Tuttavia in diversi
casi, le distorsioni in questione furono eliminate anche prima. Le tariffe americane
che colpiscono la Cina invece, devono essere eliminate entro il 2005. L’accordo
prevede anche una “clausola di salvaguardia” attuabile per dodici anni, qualora le
importazioni dalla Cina aumentino in modo improvviso creando ripercussioni
negative e sfasamenti nel mercato interno. Gli Usa inoltre, si riservano un
5
Accordo generale sul commercio dei servizi.
9
“metodo anti-dumping speciale” per le rilevazioni dei margini di dumping
6
e per
le eventuali misure da intraprendere.
Oltre questi aspetti economici generali, l’accordo prevede anche misure nei
singoli settori:
ξ in quello agricolo è prevista una riduzione tariffaria del 14,5%, ad
eccezione che in determinati settori particolarmente instabili e un accesso
diretto al mercato senza l’avvallo di intermediari;
ξ in quello delle telecomunicazioni, dove è accresciuta la quota di mercato
aperta alle imprese estere, le quali possono stringere joint venture per la
distribuzione di materiale elettronico;
ξ nel settore dei prodotti industriali e delle automobili, ed anche in tal caso
gli impegni erano volti ad abbattere le restrizioni e ad aprire il mercato.
La conclusione dell’accordo sino-americano diede una forte spinta alla
conclusione dei successivi accordi, i quali sebbene rivestano un ruolo importante,
passano in secondo piano.
L’accordo con l’Unione Europea, concluso il 19 Maggio del 2000, coinvolge tre
settori: quello delle assicurazioni, quello delle telecomunicazioni e quello
automobilistico. Ad eccezione di quest’ultimo, in cui furono rimossi gli ostacoli
derivati dalle amministrazioni locali circa l’accesso al mercato, negli altri due
settori fu ampliato il grado di apertura alle imprese estere e agli investimenti
stranieri. Sempre riguardo le questioni delle restrizioni e dell’accesso al mercato, è
stato poi concluso l’accordo con il Canada.
Infine, sul piano multilaterale, ovvero sulle riforme interne attuate durante la
prima fase delle negoziazioni, in linea con gli orientamenti del working party, il
lavoro svolto dalla classe politica cinese è stato notevole. Si pensi solo al fatto che
la Cina viene da un’economia pianificata, di stampo sovietico, caratterizzata da
una gestione centralizzata dello stato, dove il diritto e la certezza del diritto non
6
Il dumping è una procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero
(mercato di importazione) ad un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita sul mercato di origine
(mercato di esportazione).
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esistevano e dove l’economia era fortemente influenzata dalla presenza dello stato
nel mercato.
Lo sviluppo cinese ha riguardato, durante la prima fase delle negoziazioni ovvero
quando l’accesso nella WTO sembrava ancora lontano, quattro ambiti:
ξ incrementare il numero ed il tipo di imprese idonee a commerciare e
quindi l’imprenditorialità;
ξ ridurre per poi eliminare, le distorsioni e gli ostacoli agli scambi;
ξ creare una maggiore certezza del diritto
ξ orientarsi verso un’economia di mercato.
Circa il primo punto, furono emesse molte più autorizzazioni per commerciare
alle imprese straniere, le quali divennero sempre meno esposte all’influenza e al
controllo sia dello stato che dei governi locali. La presenza di imprese straniere
aumentò così come le joint venture tra aziende locali ed estere, concentrate
soprattutto nelle Zone Economiche Speciali (ZES). Rimasero però, fuori da tale
processo i settori in cui operavano le imprese statali, le quali continuarono a
detenere il quasi monopolio del mercato.
Per quanto riguarda invece, le distorsioni nel mercato e negli scambi molti passi
sono stati fatti. Il mercato cinese era dominato da fenomeni quali il contrabbando,
la corruzione, la contraffazione e l’evasione fiscale. Oggi tali manifestazioni non
sono state ancora eliminate del tutto, ma i passi in avanti fatti hanno segnato una
svolta nella vita economica del paese. Anche il ricorso ai prezzi programmati e il
sistema a due livelli della fissazione dei prezzi è stato smantellato.
Gli sforzi maggiori però, sostenuti dal governo cinese sono stati spesi nella
riforma dello stato di diritto (Yongtu, 2002). In Cina vige ancora oggi il principio
dell’unità dei poteri dello stato, ed il potere giudiziario viene considerato come
uno dei tanti settori in cui il potere amministrativo statale si esplica. I tribunali
non sono imparziali ed è riscontrabile un deficit di indipendenza nei vari organi
giudiziari, specie a livello locale. La questione del sistema giudiziario cinese è
stata centrale nell’evolversi delle trattative, ed ancora oggi rappresenta un punto
chiave; un tale assetto giudiziario è infatti incompatibile con le esigenze di una
società sviluppata di un sistema commerciale multilaterale come quello della
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WTO. Questo non significa che non siano state attuate delle riforme, ma il
carattere sostanziale del sistema giudiziario cinese non è cambiato di molto. Ciò
che è stato fatto è volto a dare credibilità all’indipendenza e alla trasparenza del
sistema giudiziario cinese, ma la questione rimane ancora aperta e irrisolta, e
rappresenta una delle sfide che la WTO offre allo stato cinese.
Infine, il quarto punto, la Cina intendeva rientrare nell’organizzazione con il
trattamento riservato alle economie di mercato, in modo da poter seguire una
politica commerciale basata sulle concessioni tariffarie, mentre, quello riservato
alle bonomie pianificate consisteva nell’aumento della quota riservata alle
importazioni, che sarebbe stato contrario al programma di riforma economico
concentrato sulla decentralizzazione e sulle forze di mercato.
La Cina avendo ancora molte delle caratteristiche dell’economia pianificata da
eliminare, non poteva ovviamente essere considerata una economia di mercato,
così, si giunse al compromesso di seguire la procedura di riduzione tariffaria con
l’inserimento di alcune misure di protezione aggiuntive, riconoscendo il paese “in
processo di transizione verso un’economia di mercato” (come venne poi definito
nel Preambolo del Protocollo di Adesione alla WTO).
Così nonostante una buona parte del settore statale sia stata smantellata e il
sistema dei due livelli di fissazione dei prezzi sia scomparso, la Cina per 15 anni
godrà dello status di “economia non di mercato”, senza poter tuttavia beneficiare
di parte dei privilegi che tale status offre; infatti, potrà mantenere alcune tariffe
nel settore agricolo e usufruire di alcuni periodi transitori, come ad esempio nel
settore delle imprese statali o per le restrizioni quantitative, ma ha dovuto
accettare limitazioni circa l’accesso al mercato e la possibilità di subire misure di
salvaguardia specifiche.
La stessa ambiguità la si è avuta circa la questione del se considerare paese
sviluppato o paese in via di sviluppo(PVS). La Cina premeva per la prima
soluzione, ma nei fatti il suo status è un “ibrido”, nel senso che il suo potere
contrattuale non è riuscito a conferirle tutti i benefici che le spettavano, così in
alcuni settori ha dei vantaggi ma non in altri, con un trattamento differenziato sia
rispetto ai PVS sia rispetto ai paesi sviluppati.