8Nella maggioranza dei casi, le parafilie lasciano al comportamento del soggetto
che ne è affetto un significativo margine di flessibilità e scelta consapevole,
senza che lo stesso ne sia vincolato in modo incontrollabile. Tuttavia, una vera e
propria coazione a compiere atti mirati alla soddisfazione di simili desideri può
verificarsi nelle cosiddette forme parafiliche organizzate, diagnosticamente
codificate in modo definito. In simili casi, i comportamenti, desideri sessuali e
fantasie sono determinati da veri e propri disagi psichiatrici diagnosticabili,
capaci di compromettere l’area sociale, lavorativa e, più in generale,
interpersonale del soggetto colpito.
Il DSM-IV distingue tra soggetti sessualmente attratti solo da bambini (pedofili
di Tipo Esclusivo), ed altri almeno occasionalmente attratti da adulti (Tipo Non
Esclusivo), e si tende, inoltre, a distinguere tra pedofili situazionali, che non
vedono il minore come obiettivo primario delle proprie fantasie sessuali, ma lo
molestano avendone l’occasione, e pedofili preferenziali, che, invece, pongono le
vittime minori come oggetto elettivo del proprio desiderio sessuale.
Il descritto inquadramento psichiatrico della pedofilia, tuttavia, non contempla
una incapacità di intendere e volere del pedofilo, tale da determinare il venir
meno o la significativa diminuzione della sua imputabilità al tempus commissi
delicti. Si parla, a tal proposito, di psicopatologia lucida.
In proposito, una simile considerazione è stata pienamente condivisa e fatta
propria dalla Cassazione
2
, secondo la quale “la pedofilia, come modifica dell’oggetto
sessuale in direzione dei minori, pur presentando ordinariamente carattere di abitualità,
ai fini penali non esclude né attenua la capacità di intendere e volere e, di conseguenza,
la penale responsabilità per abusi sessuali contro i minori”.
In proposito, è stato attentamente evidenziato
3
come il passaggio all’atto di
pedofilia costituisca il punto d’approdo di un percorso piuttosto complesso, e
non il subitaneo frutto di un raptus incontrollabile. L’originaria pulsione
2
Cass. Pen., sez. III sent. 43135 del 12.11.2003, reperibile su www.altalex.com.
3
Cfr. R. BRUZZONE,“Il profilo criminologico del pedofilo”, in Telematic Journal of Clinical
Criminology, su www.criminologia.org., che riporta dati e risultanze delle indagini statistiche
eseguite dalla Unità di Analisi sui Crimini Informatici della Polizia di Stato.
9sessuale parafilica viene interiormente elaborata dal soggetto fino a giungere
alla consapevolezza del proprio orientamento sessuale: solo a questo punto,
l’agente si trova ad affrontare la scelta tra una essenzialmente innocua
soddisfazione meramente interiore, realizzata tramite le cosiddette fantasie
intrapsichiche, ed una soddisfazione reale, ottenuta attraverso veri abusi su
bambini in carne ed ossa.
Il ricorso ad Internet potenzialmente permette la soddisfazione di entrambe le
pulsioni descritte: infatti, è universalmente noto che nel web sono presenti e
circolanti contenuti pedopornografici, e che gli strumenti offerti dalla rete
consentono intensi scambi tra soggetti, anche molto distanti, che condividono
un interesse per simile materiale.
Più arduo e complesso, ma non per questo meno possibile, è il ricorso ad
Internet come strumento per la pianificazione e l’esecuzione di veri abusi,
tramite i rapporti intrattenuti con altri pedofili, o con ignare vittime infantili,
spesso adescate in rete.
La diffusione e l’implemento delle risorse digitali ed informatiche, dunque,
hanno significativamente concorso ad un preoccupante incremento della
pedofilia, con particolare riferimento alla pedopornografia
4
, e probabilmente
ancora più radicale è stato il cambiamento di prospettiva introdotto attraverso il
web. Le potenzialità offerte da Internet, infatti, hanno dato vita ad una realtà
nella quale il pedofilo si sente sicuro, forte dell’anonimato e della
consapevolezza di non essere l’unico a condividere un interesse sessuale verso i
bambini.
Da questo punto di vista, però, devono imporsi alcuni importanti discrimina.
Nella assoluta maggioranza dei casi, come detto, i pedofili operanti nel web si
4
Si pensi solo alla semplificazione che i moderni strumenti digitali (foto e videocamere) hanno
permesso in relazione all’acquisizione, conservazione, fruizione e trasferimento di immagini e
filmati. Un cambiamento determinante si è, in primis, avuto con la sostituzione della pellicola
fotografica col supporto digitale: in passato, lo sviluppo di pellicole a contenuto
pedopornografico poteva costituire una remora ed un ostacolo materiale che oggi, in pratica, è
stato superato in modo completo, per l’estrema duttilità del file fotografico o video, e per il
passaggio diretto dal supporto magnetico alla stampa.
10
limitano alla fruizione di materiale pedopornografico, attraverso i canali dello
scambio con altri utenti o dell’acquisto on line.
Tuttavia, è necessario sfatare il luogo comune per cui i semplici fruitori di tale
materiale non sarebbero dei veri pedofili, poiché si limitano a visionare
contenuti “proibiti”: anche tralasciando per un attimo il fatto che la
realizzazione di simili contenuti implica un abuso nei confronti del minore, va
comunque considerato che la loro fruizione presenta delle connotazioni
complesse e criminologicamente più pregnanti rispetto alla mera gratificazione
visiva che l’utente può trarne
5
.
Le indagini realizzate sul campo dalle forze di polizia hanno, infatti, dimostrato
che il materiale a contenuto pedopornografico costituisce non solo la più
comune moneta di scambio all’interno delle comunità di pedofili, ma anche, o
forse soprattutto, una sorta di “chiave d’accesso” o elemento di identificazione
degli adepti. È proprio il possesso di simili contenuti che consente di provare la
propria appartenenza, e permette di dare testimonianza della propria credibilità
agli occhi della rete dei fruitori; al contrario chi non dimostra di possedere
materiale di questo tipo è visto come elemento (almeno potenzialmente) ostile,
o al massimo un semplice curioso, incapace di apportare il proprio contributo
alla comunità
6
. Perciò, anche il solo “consumo passivo” di pornografia minorile
va inquadrato come espressione caratteristica e complementare alla pedofilia in
senso proprio.
Inoltre, è piuttosto diffusa l’opinione per cui la fruizione di pornografia
minorile possiede un effettivo potenziale criminogenetico, in riferimento al
fruitore medesimo: la visione di contenuti pornografici sarebbe, cioè, capace di
innescare il successivo “passaggio all’azione”
7
. Quindi, stando all’accennata
interpretazione, la pericolosità sociale di cui sono portatrici tali condotte
5
Sul punto v. M. STRANO,“Analisi criminologica e profiling dei pedofili on-line”, in Telematic
Journal of Clinical Criminology, su www.criminologia.org.
6
Cfr. M. STRANO,“Analisi criminologica…”, op. cit.
7
Sul punto cfr. G. MARRALI,“Pornografia minorile: contenuti e limiti di una definizione”, nota a
Cass. Pen., sent. n. 25464 del 22.4.2004, in Cass. Pen. Dic. 2005;
11
inizialmente “passive” andrebbe considerata non solo ex post, per l’indubbia
capacità di offendere la sfera soggettiva dei minori oggetto delle
rappresentazioni stesse, ma anche ex ante, con un giudizio prognostico ritenuto
necessario a motivo dell’asserita pericolosità, nei confronti delle potenziali
vittime, del mero consumo di materiale pedopornografico.
Altro dato non trascurabile, è che le comunità web di pedofili costituiscono od
operano solitamente in ambiti quasi pubblici (www, mailing list, chatrooms…),
che presentano alcuni indubbi vantaggi per i loro componenti. Innanzitutto, la
frammentazione e diversificazione della filiera che lega autore e vittima
dell’abuso al fruitore finale del contenuto pedopornografico, rende
praticamente impossibile la ricostruzione di tutti i passaggi realizzati, con la
conseguenza che il vero responsabile dell’abuso non è solitamente
individuabile, se non in rarissimi casi.
E la costituzione di simili sodalizi telematici comporta, oltre a questo non
trascurabile vantaggio, la scontata disponibilità di abbondanti risorse di
pornografia da parte dei consociati.
Caratteristica di queste forme associative, infatti, è il “mutual involvement”
(mutuo coinvolgimento): ciascuno dei partecipanti apporta una certa quantità
di materiale disponibile alla comune fruizione, e così facendo diviene
corresponsabile dei reati compiuti con una simile condotta. Tuttavia, il
coinvolgimento di una complessa rete di soggetti assicura loro l’accesso a
significative quantità di materiale pedopornografico, correndo, però, dei rischi
enormemente inferiori rispetto a quelli che affronterebbe un solo individuo nel
tentativo di fare altrettanto.
Ed ancora, il mutuo coinvolgimento di tutti i partecipanti offre al gruppo uno
strumento di controllo sui singoli consociati, perché la comunità potrebbe fare
quadrato di fronte al tradimento o ad un comportamento opportunistico
dell’individuo, lasciandolo solo di fronte alle responsabilità penali conseguenti
alla partecipazione alla rete pedopornografica.
12
Naturalmente, in presenza di organizzazioni ancora più forti e di soggetti
estremamente “coinvolti”, le stesse dinamiche corporative possono permettere,
o quantomeno facilitare, il compimento, da parte degli stessi partecipanti, di
abusi e violenze veri e propri, eventualmente anche ritratti in foto o video, di
norma divulgati a scopo di lucro. E, purtroppo, va detto che solo in rarissimi
casi le indagini effettuate in questo campo hanno consentito di smembrare
associazioni di pedofili radicate nel web, anche a motivo del tendenziale
anonimato garantito dalla rete.
In merito alla caratterizzazione di tali soggetti, dalle indagini svolte dalle forze
di polizia emergono dei dati piuttosto significativi sul profilo del pedofilo
8
.
Si tratta, nella maggioranza dei casi, di individui di sesso maschile, di età
compresa in prevalenza tra 20 e 40 anni, di media preparazione scolastica, e di
norma non legati in uno stabile rapporto di coppia (ma con eccezioni di
notevole peso statistico).
Il dato probabilmente più interessante è, però, quello relativo alla visibilità, o
riconoscibilità del pedofilo operante nel web, derivante dall’esistenza di
precedenti penali a carico dello stesso: circa il 90% dei soggetti considerati
risulta incensurato, e solo una minima percentuale (intorno al 2%) presenta dei
precedenti specifici.
È evidente, quindi, come ci si trovi di fronte a soggetti di solito pienamente
integrati dal punto di vista sociale e lavorativo, e che, stando alle reazioni
emotive manifestate al momento dell’arresto da molti degli individui
considerati, tendono a percepirsi come estranei alla comunità criminale.
Infine, si è rilevato che circa il 10% dei pedofili individuati dalle forze di polizia
associa alla fruizione di materiale pedopornografico condotte delittuose
decisamente più gravi, consistenti in molestie e tentativi di adescamento, abusi,
violenze e stupri a danno di minori.
8
cfr. M. STRANO,“Analisi criminologica…”,op. cit., che basa le proprie conclusioni sull’analisi dei
fascicoli dei procedimenti aperti contro più di mille soggetti denunciati dalla Polizia Postale
italiana.
13
L’insieme di tutti questi dati, permette di concludere che la visibilità o
riconoscibilità sociale dei pedofili sono assolutamente minime, trattandosi in
genere di soggetti ben integrati nella società e nel mondo del lavoro, estranei
agli ambienti criminali tradizionali, e del tutto incompatibili con lo stereotipo
che popola la fantasia collettiva
9
.
Le statistiche ricavate dall’analisi delle attività della Polizia di Stato
10
dicono
che, a fronte di circa 24.000 siti web monitorati, si è proceduto ad un numero
minimo di arresti (solo 9 nel 2003, a fronte dei 29 nell’anno precedente, per lo
più in connessione con attività di commercio di materiale pedopornografico),
mentre molto più numerose sono state le denunce (712 nel 2003, rispetto alle
552 del 2002) e delle perquisizioni (725 nel 2003, rispetto alle 606 del 2002). In
proposito, va precisato che denunce non seguite da arresto e perquisizioni sono
state disposte, in larga maggioranza, in relazione alla mera detenzione di
materiale pedopornografico.
A fronte di un cospicuo sforzo investigativo, invece, ci si può domandare
perché siano così poche le organizzazioni di pedofili operanti nel web
effettivamente sgominate dalle forze di Polizia.
Un primo motivo è legato alla tendenza di simili organizzazioni a far ricorso ad
Internet server con sede in Stati dotati di legislazione sul punto molto
“permissiva”, che, per interesse economico, tende a combattere tali fenomeni in
modo assai blando.
Del resto, si tratta per lo più di Paesi dall’economia povera, la cui Polizia
informatica non sarebbe comunque in grado di compiere un’adeguata attività
di controllo e contrasto dei reati on line.
Nel caso specifico del nostro Paese, inoltre, un numero così cospicuo di denunce
e perquisizioni per i reati qui esaminati è spiegabile avendo riguardo
9
Sul punto v. R. BRUZZONE,“Il profilo criminologico del pedofilo”, op. cit.,chedescrive
icasticamente il “classico” pedofilo come un uomo “con la barba lunga, l’impermeabile sgualcito e lo
sguardo ebbro di lussuria criminale appostato vicino agli ingressi delle scuole o nei pressi dei parchi e dei
giardini pubblici”.
10
Dati pubblicati su www.poliziadistato.it, riferiti agli anni fino al 2003.
14
all’abbondante ricorso alle intercettazioni informatiche ed alle attività
investigative compiute tramite i cosiddetti agenti provocatori. Ciò in ossequio alla
legislazione nazionale che, negli ultimi anni, ha cercato di adeguare il nostro
ordinamento giuridico alle nuove insidie fin qui descritte, consentendo alle
forze di Polizia di utilizzare degli strumenti investigativi relativamente nuovi e
di forte impatto.
Del resto, si è acutamente osservato in dottrina
11
come, nella materia
considerata, per evidenti motivi di opportunità politica, gli interventi legislativi
siano spesso stati tesi a “cavalcare” il consenso sociale, mosso da profonda e
giustificata indignazione verso i fenomeni qui descritti, progettando “strategie
politico-criminali a contenuto simbolico-espressivo se non propagandistico tout court”.
Probabilmente per questo “coinvolgimento” emotivo, e per il malcelato intento
di mostrare mano ferma nel contrasto alla pedofilia, il Legislatore ha prodotto
una normativa non sempre lineare, chiara e di proficua applicazione.
In quest’ottica, considerato l’incontestabile valore del bene giuridico protetto, è
piuttosto prevedibile che, nel diritto vivente, possa prendere il sopravvento
un’interpretazione massimalista delle fattispecie delittuose in esame e delle
relative condotte concrete. Tuttavia, non è certo improbabile che una simile
tendenza determini un’ulteriore radicalizzazione dei profili di illegittimità
costituzionale che, secondo la maggioranza degli interpreti, già oggi segnano la
normativa dettata in materia dal nostro Legislatore
12
.
Oggetto della presente trattazione sarà di descrivere gli strumenti d’intervento
delineati da tale disciplina, definirne caratteri e limiti, e cercare di individuare
quale possa essere il giusto punto di equilibrio tra le esigenze di contrasto di tali
riprovevoli condotte criminali ed il rispetto di diritti costituzionalmente
qualificati come fondamentali, quali quello alla riservatezza delle
comunicazioni ed al giusto processo.
11
V. G.MARRALI,“Pornografia minorile”, op. cit.
12
Opinione espressa da G. MARRALI,“Pornografia minorile”, op. cit., esucuisitorneràinfra,al
capitolo II;
15
Capitolo Secondo
LA NORMATIVA VIGENTE IN MATERIA DI PEDOPORNOGRAFIA
I – Dalla Legge 269/1998 alla Legge 38/2006: figure di reato e sanzioni
L’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di figure di reato specifiche in
relazione agli abusi sessuali su minori costituisce una innovazione piuttosto
recente.
In considerazione della significativa ascesa, negli ultimi anni, dei riprovevoli
fenomeni fin qui descritti, il Legislatore ha delineato un’ampia disciplina
specifica di contrasto delle diverse forme di abuso comunemente perpetrate a
danno dei minori.
La Legge n. 269 del 3 Agosto 1998
13
, rubricata “Normecontrolosfruttamentodella
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove
forme di riduzione in schiavitù”, ha delineato diverse nuove e specifiche
fattispecie criminose
14
, definendo l’elemento soggettivo atto a sorreggerle,
fissando le relative sanzioni penali, e disciplinando al contempo le “attività di
contrasto” delle stesse.
In tal modo, si è provveduto ad inserire nell’impianto del Codice penale
15
gli
articoli dal 600 bis al 600 septies. Alle altre norme del testo di legge si è, invece,
attribuita una collocazione extracodicistica, sebbene operino in intima
connessione coi nuovi articoli del codice sostanziale (ma, a ben vedere,
13
La Legge è stata concepita ed emanata in adempimento degli obblighi assunti dal nostro
Paese con la approvazione della “ConvenzionediNewYorksuidirittidelfanciullo” del 20.11.1989,
ratificata in Italia con L. n. 176 del 25.5.1991.
14
Portatore di una forte carica innovativa appare, in particolare, l’art. 600 quinquies,rubricato
“Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile”, che, nel tentativo di
debellare la piaga del c.d. “turismo sessuale”, impone una deroga al principio della territorialità
della legge penale, giacché il turista italiano denunciato per pedofilia all’estero è perseguibile
tanto nello Stato in cui si è perpetrato il reato quanto in Italia. In merito, la novella del 2006
segna decisivi passi in avanti nella normazione sul tema (si rimanda in tal senso infra,
all’appendice normativa).
15
Con precisione, i nuovi articoli sono stati collocati nel Libro II, “Dei delitti in particolare”, Titolo
XII, “Dei delitti contro la persona”, Capo III, “Dei delitti contro la libertà individuale”, Sezione I, “Dei
delitti contro la personalità individuale”.