II
Molto meno sensibili e veloci sono stati gli altri Paesi,
Francia, Olanda, Svizzera e Italia, dove solo
ultimamente inizia a diffondersi la cultura del Mobbing.
In Italia il Mobbing è arrivato tramite un collega e
collaboratore di Leymann, Harald Hege, ma già circa
dieci anni fa Leymann era venuto da noi a fare una
conferenza. Sin da allora si era potuto inquadrare il
problema con chiarezza.
L’approccio al Mobbing, come dicevo, è entrato in
Italia con Harald Ege, di origine tedesca, che lavora a
Bologna e che ha creato l’associazione – Prima –.
L’obiettivo del mio lavoro è quello di dare un
inquadramento delle dimensioni psicologiche nel
processo di Mobbing.
Dopo il primo capitolo che è servito a spiegare
storicamente e fenomenologicamente il Mobbing, nel
secondo e terzo capitolo vengono dapprima descritti i
disturbi ed i profili diagnostici più frequentemente
associati a situazioni ricollegabili al mobbing e
delineate le principali fasi della procedura peritale
valutativa. Segue poi la presentazione degli strumenti
propri dello psicologo richiesto di valutare l’individuo
ed il danno dal punto di vista psicodiagnostico, ossia il
colloquio clinico ed i test.
III
La trattazione degli specifici strumenti utilizzabili in tale
ambito non vuole assolutamente essere esaustiva in
merito, data la moltitudine di test e reattivi mentali in
commercio di cui lo psicologo può avvalersi nel suo
operato. La presentazione è quindi limitata a quegli
strumenti di più lunga tradizione ed applicazione in
ambito forense, con particolare attenzione agli indici
che possono evidenziare l’esistenza di simulazione o
amplificazione intenzionale del disagio.
Nel quarto capitolo spiego la connessione esistente tra
il Mobbing e lo Stress, il rapporto causa effetto tra i due
fenomeni e le conseguenze che possono avere sulla
persona.
E’ lo Stress che si verifica sul posto di lavoro,
strettamente legato al fenomeno Mobbing, che si
manifesta esclusivamente all’interno degli uffici e delle
fabbriche.
Infine, nell’ultimo capitolo, propongo alcune teorie
riguardanti le dinamiche di gruppo e i relativi conflitti
sociali, i sistemi di difesa di gruppo, i problemi delle
minoranze e quali effetti possono avere sulle
organizzazioni gruppali i mutamenti sociali.
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CAPITOLO 1.
Quando è nato l’interesse per questo
tipo di “meccanismo” in ambiti
organizzativi e quando in Italia si è
cominciato a parlare di Mobbing.
1. Cosa è il MOBBING
“Il Mobbing consiste in una situazione lavorativa
in cui una o più persone vengono fatte oggetto di
una serie di comunicazioni ed azioni ostili a
contenuto ed intento persecutorio, perpetrate in
modo sistematico, persistente ed in costante
progresso da parte di uno o più aggressori in
posizione superiore, inferiore o di parità. La/e
persona/e vengono a tale scopo spinte in una
posizione di impotenza ed impossibilità di difesa
dagli attacchi, e qui costrette a restare da
continue attività ostili. L’alta frequenza e la lunga
durata di tali comportamenti aggressivi dà luogo
nel tempo a disturbi psicologici dell’umore,
psicosomatici, relazionali.”
(Leymann 1996, Ege 2002)
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Il Mobbing è una forma di terrore psicologico che
viene esercitato sul posto di lavoro attraverso
attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei datori di
lavoro.
Le forme che esso può assumere sono molteplici:
dalla semplice emarginazione alla diffusione di
maldicenze, dalle continue critiche alla
sistematica persecuzione, dall'assegnazione di
compiti dequalificanti alla compromissione
dell'immagine sociale nei confronti di clienti e
superiori.
Nei casi più gravi si può arrivare anche al
sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali.
Lo scopo del Mobbing è quello di escludere una
persona che è, o è divenuta, in qualche modo
"scomoda", attaccandola psicologicamente e
socialmente in modo da provocarne il
licenziamento o da indurla alle dimissioni.
Le ricerche hanno infatti dimostrato che le cause
del terrore psicologico sul posto di lavoro vanno
ben oltre i fattori caratteriali: si fa Mobbing su una
persona perché ci si sente surclassati
ingiustamente o per gelosia, ma anche per
costringerla a licenziarsi senza che si crei un caso
sindacale.
Esistono vere e proprie strategie aziendali messe
in atto a questo scopo.
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Il Mobbing ha conseguenze di grande portata:
causa problemi psichici alla vittima, che accusa
disturbi psicosomatici e depressione, ma anche
danneggia sensibilmente l'azienda stessa, che
nota un calo significativo della produttività nei
reparti in cui qualcuno è mobbizzato dai colleghi.
Le ricerche condotte all'estero hanno dimostrato
che il Mobbing può portare fino all'invalidità
psicologica, e che quindi si può parlare anche di
malattie professionali o di infortuni sul lavoro.
In Svezia ed in Germania centinaia di migliaia di
vittime di Mobbing sono finite in pre-
pensionamento o addirittura in clinica psichiatrica.
In casi di questo tipo, i costi non hanno investito
solo l'azienda datrice di lavoro - che ha dovuto
pagare i periodi di malattie delle vittime - ma
anche la Società stessa: un lavoratore costretto
alla pensione a soli 40 anni costa alla società ben
620.000 Euro in più di uno pensionato all' età
prevista.
Secondo le prime ricerche, in Italia oggi soffrono
per Mobbing oltre 1,5 milione di lavoratori (dati
PRIMA 1996), mentre sui 5 milioni minimo è
stimato il numero di persone in qualche modo
coinvolte nel fenomeno, come spettatori o amici e
famigliari delle vittime.
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Il Mobbing è una patologia sociale che si origina
da un processo aggressivo sulla persona che
nasce da comunicazioni e anche da
comportamenti ostili che possono essere palesi
ed occulti. Avviene tra lavoratori sul posto di
lavoro.
I motivi possono essere noia, invidie, gelosie,
disorganizzazione lavorative con carenza di
regole e relativo carico di stress, e così via.
Iniziano delle aggressioni per lo più di genere
psicologico da parte di colleghi e/o superiori
gerarchici che hanno come bersaglio delle vittime
destinate.
A scanso di equivoci è opportuno aggiungere che
occasionali divergenze di opinioni, momenti di
conflitto e eventuali problemi che si dovessero
verificare durante normali rapporti di lavoro
dovrebbero essere considerati fenomeni normali,
in quanto si può parlare di “forme di
persecuzione” solo quando i conflitti personali
degenerano fino alla mancanza di rispetto del
diritto delle persone alla propria integrità
personale e scivolano verso azioni del tutto prive
di etica con effetti devastanti sui singoli lavoratori.
La parola, ideata da Prof. Heinz Leymann, deriva
dal verbo inglese to mob: ledere, aggredire.
Termine mutuato dal mondo animale.
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Si riferisce a quel meccanismo per cui in una
popolazione animale un individuo viene espulso
dalla comunità di appartenenza con dei
comportamenti propri di allontanamento o di
aggressività o perché considerato estraneo alla
comunità animale stessa o perché ritenuto malato
e in ogni caso pericoloso.
In sostanza è un meccanismo di difesa grazie al
quale un gruppo animale mantiene la sua
omogeneità espellendo il “non simile” con
comportamenti lesivi che in alcuni casi portano
fino alla distruzione dell’individuo ritenuto
“diverso/ inadeguato”.
In ambito organizzativo si tratta sostanzialmente
di molestie morali che vengono esercitate da
parte di un individuo o di un gruppo nei confronti
di un individuo e può essere esercitato sia in
orizzontale, tra pari, o in verticale, capo-
subordinato, subordinati-capo.
Tale fenomeno ha acquisito una rilevanza
maggiore in quest’ultimo decennio in relazione ai
cambiamenti che sono sopravvenuti nel mondo
del lavoro e nel più ampio contesto economico
sociale della società in cui viviamo.
In passato il termine Mobbing identificava
soprattutto anomali rapporti interpersonali
all’interno di realtà lavorative, adesso vediamo
convivere questo tipo di Mobbing con un altro
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tipo, che è caratterizzato da un insieme di
comportamenti sistematici tesi all’esclusione di un
soggetto o di più soggetti da una realtà lavorativa
che si sta modificando.
Il Mobbing oggi viene spesso utilizzato come
meccanismo per risolvere problemi di
ristrutturazione organizzativa, è un meccanismo
molto più organizzato, premeditato.
Possiamo definire il Mobbing anche come la
routine del conflitto: non è cioè un conflitto singolo
quotidiano che può succedere per esempio per
una diversità d'opinione o per altri banali motivi.
Questi conflitti quotidiani si risolvono da soli e
facilmente come sono nati.
Il Mobbing non è un conflitto quotidiano: è
quotidiano l'atteggiamento ostile nei confronti
della vittima però è un conflitto che si trascina nel
tempo, purtroppo può durare anche degli anni. In
Italia addirittura tende a durare di più rispetto a
quanto individuato nelle ricerche tedesche. Il
motivo è che purtroppo spesso in Italia il Mobbing
è considerato una normalità. Per esempio, si
hanno aspettative sul ruolo del nostro superiore,
cioè che sia autoritario, al punto che se poi quello
non lo è viene considerato debole; oppure i
conflitti e i problemi sul lavoro vengono
considerati la regola:
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se chiediamo aiuto a un amico o a un famigliare,
la prima cosa che ci viene detta è: "devi adattarti,
così è il lavoro, così sono le regole". Questo è un
problema di tipo culturale.
L'aspettativa del ruolo spesso ci impedisce di
riconoscere subito il Mobbing e così capita che
una problematica seria si sveli solo molto più
tardi, quando spesso è già consolidata come
Mobbing.
Il Mobbing è quando si arriva a casa e ci si sente
distrutti, è quando non abbiamo più voglia di
comunicare la sera con nostra moglie o col marito
o con i bambini, è la mancanza di voglia di fare, è
sopportare la depressione per anni. Questo è
Mobbing, però la vittima di Mobbing in genere
soffre in silenzio. Niente di eclatante, niente azioni
drastiche. La vittima di Mobbing in genere non ha
più la voglia o il coraggio di mettersi contro la
situazione, perché da un pezzo ha già perso sia la
voglia sia il coraggio.
Il primo obiettivo deve essere di aiutare queste
persone, di dare loro il coraggio almeno di
rivolgersi per una volta a qualcuno. Molte persone
sono convinte che il motivo per cui stanno male è
dentro di loro, spesso le persone si
autocolpevolizzano e si chiedono mille volte al
giorno "cosa ho dentro di me che non va?”.
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È una domanda che di solito non ha alcuna
risposta, perché il motivo del Mobbing a volte è
solo nella testa malata dell'aggressore, del
mobber.
Delle volte ci sono motivi molto razionali:
un'azienda in difficoltà economica, l'unica
possibilità di evitare il fallimento è licenziare delle
persone, non si può licenziare facilmente e allora
si decide di fare Mobbing - in questo caso si
chiama BOSSING – per far stancare le persone
del loro posto di lavoro e indurle a licenziarsi da
sole.
Di solito si fa presto: basta pensare a che stress
si può creare in una persona mettendola in un
ufficio isolato, lontano dai colleghi, senza compiti
da svolgere, senza nulla da fare, magari senza
telefono, senza computer, con la scrivania vuota o
proprio senza scrivania. Ma questo lavoro non è
più un lavoro.
Il costo del Mobbing è enorme. Non solo perché
in questi casi si paga uno stipendio per persone
costrette a non lavorare e quindi a non rendere,
ma si pensi a quanto costa una persona stressata
o depressa: ha passato la notte in bianco, quindi
la mattina al lavoro non sarà certo in grado di
concentrarsi al massimo, o ha problemi di
memoria e fa errori.
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Dal Mobbing, il comportamento aggressivo di
colleghi o datori di lavoro, alle vere e proprie
malattie il passo è breve, ma il percorso può
durare anche anni. La vittima inizia a soffrire di
depressione oppure di attacchi di panico, fino alla
lunga lista delle malattie psicosomatiche di varia
intensità.
Insomma si ammala e più il conflitto va avanti, più
la malattia persiste.
La stigmatizzazione del lavoratore inizia con un
conflitto irrisolto e finisce con l'emarginazione,
passando attraverso varie fasi di differente
gravità: l'isolamento, il discredito,
l'incomprensione.
I mobbizzati spesso non si accorgono di cosa stia
accadendo e il più delle volte finiscono per
incolpare se stessi, isolandosi sempre di più o
portando a casa, quando possono, le loro
lamentele.
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2. Le fasi del Mobbing: il modello italiano del
dott. Ege a sei fasi
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Il Mobbing non è una situazione stabile, ma un
processo in continua evoluzione. Sulla base di ciò
sono stati proposti vari modelli, il più famoso è
quello a 4 fasi elaborato da Leymann, lo studioso
ritenuto il fondatore di questo nuovo ramo della
Psicologia del Lavoro. Ma questo è un modello
che è stato sviluppato in Svezia e non è
applicabile facilmente in Italia. Per questo il Dott.
Herald Ege, ha operato degli aggiustamenti sul
modello base, per renderlo adatto all’applicazione
alla realtà del Mobbing italiano.
Questo modello si compone di sei fasi di Mobbing
vero e proprio, legate logicamente tra di loro,
precedute da una sorta di pre-fase detta
Condizione Zero, ancora non è Mobbing, ma ne
costituisce l’indispensabile presupposto.
La Condizione Zero è quel conflitto che portiamo
con noi senza farlo scoppiare, i problemi
personali, l’insicurezza politica, l’instabilità
economica. Si tratta di un conflitto generalizzato,
non ha una vittima cristallizzata.
Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto
intanto con banali diverbi d’opinione, discussioni,
piccole accuse e ripicche, manifestazioni del
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H.EGE,Mobbing,Bologna,Edizione Prima,1996
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classico ed universalmente noto tentativo
generalizzato di emergere rispetto agli altri.
Un aspetto è fondamentale in questa condizione:
non c’è da nessuna parte la volontà di
distruggere, ma solo quella di elevarsi sugli altri.
Dopo la condizione zero c’è la Prima fase del
Mobbing, in cui inizia il conflitto mirato: qualsiasi
problema che abbiamo viene adesso imputato a
una persona precisa. Nella condizione zero
vengono biasimati un pò tutti per i problemi che si
creano, ora invece c’è la vittima designata che ha
sempre la colpa di tutto.
Il conflitto fisiologico di base prende una svolta,
non è più una situazione statica, ma si incanala in
una determinata direzione.
A questo punto l’obiettivo non è più solo quello di
emergere, ma quello di squalificare l’avversario.
Inoltre, il conflitto non è più oggettivo e limitato al
lavoro, ma sempre più devia verso argomenti
privati.
Nella Seconda fase c’è l'inizio del vero e proprio
Mobbing: gli attacchi da parte del mobber non
causano ancora sintomi o malattie di tipo psico-
somatico sulla vittima, ma tuttavia suscitano un
senso di disagio e fastidio.
La vittima percepisce un inasprimento delle
relazioni con i colleghi ed è portata ad interrogarsi
su tale mutamento.
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Mentre nella prima fase si aspetta un motivo per
dare la colpa a qualcuno, nella seconda fase il
motivo per accusarlo o denigrarlo viene creato
appositamente.
Nella Terza fase abbiamo i primi sintomi psico-
somatici della vittima, questi possono essere molti
e diversi: insonnia, inappetenza, apatia, problemi
cervicali muscolari, problemi ai muscoli della
schiena, senso di insicurezza, problemi digestivi,
fino all'ansia e alla depressione.
Questa situazione può protrarsi anche per lungo
tempo.
Nella Quarta fase cominciano gli errori e gli abusi
da parte dell'amministrazione del personale: il
caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene
favorito dagli errori di valutazione da parte
dell’ufficio del personale. La fase precedente, che
porta in malattia la vittima, è la preparazione di
questa fase, in quanto sono di solito più frequenti
assenze per malattia che insospettiscono
l’Amministrazione del Personale, rendendosi
conto che c'è un problema.
La cosa più semplice è però dare la colpa a una
singola persona piuttosto che a tutte le altre, così
la persona presa di mira viene ulteriormente
bistrattata, ripresa. Prima erano i colleghi ad
avercela con lui, ora anche l'azienda è diventata
ostile nei suoi confronti.