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la vera e propria “tete de chapitre” della materia, vale a dire
la sentenza n. 16 del 1978.
Tale pronuncia tuttavia, com’è noto, non costituisce per la
corte costituzionale la decisione d’esordio nell’esercizio di
una competenza che, come ricorda la Corte stessa, si è
successivamente aggiunta a quelle previste dall’art. 134
Cost., ma si inserisce in un, seppur estremamente esiguo,
filone giurisprudenziale in cui, però, quella medesima
competenza a vagliare l’ammissibilità delle proposte di
abrogazione popolare sembrava essere stata intesa in modo
tutt’affatto diverso.
Se, infatti, nei due precedenti costituiti dalle sentenze n.10
del 26 gennaio 1972 e n. 251 del 22 dicembre 1975 (l’una
relativa alla richiesta di abrogazione della legge 1 dicembre
1970, n. 898 che aveva introdotto il divorzio, l’altra avente
riguardo alla proposta di referendum sulla vecchia
disciplina codicistica in tema di incriminazione penale
dell’aborto) essa era stata configurata nei termini di una
verifica intorno alla inscrivibilità della legge proposta
all’abrogazione nelle materie che l’art. 75 comma 2 Cost.
esclude dalla votazione popolare: con esclusivo riguardo
alle “leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di
3
autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, nella
sentenza del 1978 a questa impostazione del problema,
definita espressamente troppo restrittiva, se ne oppone
un’altra di segno completamente diverso, secondo cui
l’esperibilità del referendum abrogativo deve essere
sottoposta ad un controllo che non può limitarsi a verificare
la corrispondenza fra le singole ipotesi preclusive previste
dal secondo comma dell’art. 75 Cost. e la legge oggetto del
quesito abrogativo, ma deve estendersi a considerare
l’esistenza di una serie di limiti impliciti ricavabili dalla
complessiva previsione costituzionale del referendum
abrogativo ad integrazione delle ipotesi che la Costituzione
ha previsto in materia puntuale ed espressa.
Si afferma, in tal modo, il carattere non esaustivo della previsione
del secondo comma dell’art. 75 Cost. ai finidella determinazione
delle cause impeditive del ricorso al referendum, il parametro della
valutazione di ammissibilità effettuata dalla Corte dovendo essere
integrato anche da altre disposizioni costituzionali ed, essenzialmente,
dal primo comma dello stesso articolo, a norma del quale debbono
essere presentate le richieste referendarie soggette al preventivo
controllo ex art. 2 l. cost. n. 1 del 1953.
4
Dopo aver analizzato le modalità di richiesta del referendum
abrogativo e il suo ruolo nell’ordinamento giuridico,
seguiremo l’evoluzione dei limiti impliciti creati dalla
giurisprudenza costituzionale attraverso un’analisi
approfondita di tutte le pronunce della Corte partendo
proprio dalla sentenza n. 16 del 1978, fino alle pronunce del
2000.
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CAPITOLO PRIMO
IL REFERENDUM ABROGATIVO:
PROFILI GENERALI E PROCEDIMENTALI.
1.1 Il referendum abrogativo: strumento di democrazia.
Il referendum abrogativo è senza dubbio uno degli strumenti
di espressione della democrazia per eccellenza. Un punto di
unione tra le istanze popolari di partecipazione ai
mutamenti del diritto oggettivo e le esigenze istituzionali di
riferire l’abrogazione di atti aventi valore legislativo alla
volontà del cittadino elettore.
Pur potendo colpire la generalità delle leggi dello Stato e
degli atti normativi equiparati, il referendum abrogativo
previsto dall’articolo 75 della Costituzione è stato
indubbiamente concepito dall’Assemblea costituente come
6
uno strumento utilizzabile solo in circostanze eccezionali,
avendo pertanto un rilievo secondario ed un carattere
complementare rispetto agli istituti della democrazia
rappresentativa. Ed è proprio in questi termini che una parte
della dottrina continua a considerarlo ancora oggi. Sia
perché gli elettori non possono venire consultati tutti i
giorni, sia perché l’indirizzo politico non potrebbe essere
fondato sopra una serie di abrogazioni di per sé in
suscettibili di creare nuovo diritto.
Oltre quello abrogativo, esiste il referendum approvativo
in sede di procedimento di legge di revisione
costituzionale o legge costituzionale, quello relativo
alla modificazione territoriale delle regioni (art 32
cost.), quelli previsti dalla costituzione e dagli statuti
regionali su leggi e atti amministrativi delle
regioni. Il referendum abrogativo è caratterizzato dal fatto
che attraverso di esso il corpo elettorale può esprimersi in
favore dell’abrogazione di una legge già esistente oppure
decidere di mantenerla in vita, ma in ogni caso non può né
proporre una nuova legge, né tanto meno approvare un
progetto di legge sostitutivo della legge eventualmente
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abrogata. E’ un atto, quindi, a contenuto necessariamente
negativo e mai positivo.
L’articolo 75 della Costituzione detta i parametri generali di
esistenza del referendum abrogativo stesso. Nel primo
comma del suddetto disposto si enuncia che, quando lo
richiedano cinquecentomila elettori o cinque consigli
regionali, si procede allo svolgimento del referendum
popolare per deliberare l’abrogazione, che sia totale o
parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge.
Nei successivi commi del medesimo articolo si individuano,
precise e tassative categorie di leggi, per le quali non è
ammesso il referendum abrogativo (leggi tributarie e di
bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione alla
ratifica di trattati internazionali). Si conferisce il diritto
di partecipare al referendum a tutti coloro i quali
dispongano dell’elettorato attivo nella elezione della
camera dei deputati. Si prevedono due quorum (uno
partecipativo e l’altro deliberativo) affinché il referendum
con esito positivo sia giuridicamente rilevante. Infine si
riserva alla legge ordinaria la determinazione delle
modalità di attuazione del procedimento referendario
8
.Da tali disposizioni si deduce in primo luogo, che il
referendum in oggetto è facoltativo, in quanto i
soggetti costituzionalmente abilitati a presentare la richiesta
referendaria, non hanno l’obbligo, bensì la facoltà di
chiedere che si proceda alla consultazione popolare in
oggetto.
In secondo luogo risulta palese che il referendum
abrogativo rientra nella categoria dei referendum
successivi, dato che esso, rivolto alla abrogazione di una
legge o di un atto avente valore di legge, è temporalmente
successivo alla promulgazione e quindi all’entrata in vigore
dell’atto legislativo preso in esame.
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1.2 Il procedimento referendario: la richiesta.
L’iter attraverso il quale si giunge al voto popolare, e
quindi alla dichiarazione del suo risultato è stato
fondamentalmente strutturato dalla legge 25 maggio 1970,
n. 352. Il procedimento referendario si articola in quattro
fasi: la richiesta, il giudizio di procedibilità ad opera
dell’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione, il
giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale,
l’indizione del referendum, le votazioni e la proclamazione
del risultato con i conseguenti effetti giuridici derivati.
A monte del procedimento si collocano i richiedenti,
tassativamente previsti dal primo comma dell’articolo 75
Cost.: cioè gli elettori, nel numero minimo di
cinquecentomila sottoscrittori della richiesta, o almeno
cinque consigli regionali. Ma la raccolta delle firme
costituzionalmente previste deve essere a sua volta
preceduta dall’iniziativa di un gruppo di promotori, cui
spetta in via del tutto ufficiale l’iniziativa vera e propria
presso la cancelleria della Corte di cassazione, che ne dà
atto con verbale.
10
Nel caso si vogliano raccogliere le firme di cinquecentomila
elettori, l’iniziativa compete ad almeno dieci promotori che
devono presentarsi, muniti di certificati di iscrizioni alle
liste elettorali, presso la cancelleria della Corte di
cassazione, che ne dà atto
1
.
Il deposito, presso la cancelleria della Corte di cassazione,
sia dei fogli contenenti le firme raccolte e autenticate, che
dei certificati elettorali, deve avvenire da parte di almeno
tre promotori (i cosiddetti presentatori) entro tre mesi dal
timbro apposto sui documenti stessi. I fogli debbono
riportare i termini del quesito da sottoporre alla votazione
popolare, mediante la formula: “Volete che sia abrogata…”
seguita dalla data, dal numero e dal titolo della legge o
dell’atto avente valore di legge.
Nel caso in cui l’iniziativa provenga da cinque consigli
regionali, le rispettive deliberazioni approvate a
maggioranza assoluta, devono contenere, oltre alla
designazione dei delegati, anche l’identica indicazione della
legge o delle disposizioni di cui si chiede l’abrogazione.
1
V. art. 7 l. 352/1970.
11
La richiesta sottoscritta dai delegati va depositata, quindi,
dai delegati medesimi presso la cancelleria della Corte di
cassazione unitamente alla copia delle deliberazioni
sottoscritte a loro volta dal Presidente di ciascun consiglio
regionale. Quest’ultime, tra l’altro, non devono risultare
anteriori di oltre quattro mesi alla presentazione della
richiesta.
Ulteriori limiti di carattere temporale investono l’aspetto
riguardante il deposito della richiesta stessa. Questa può
essere depositata dal 1° gennaio al 30 settembre di ogni
anno, fatta eccezione per l’anno anteriore alla scadenza di
una delle Camere e nei sei mesi successivi alla data di
convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una
delle Camere.
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1.3 Il sistema del doppio controllo:
a) Il giudizio di conformità e legittimità dell’Ufficio
centrale.
Lo svolgimento del referendum abrogativo è sottoposto,
quindi, ad una duplice approvazione da parte dell’Ufficio
centrale per il referendum e della Corte costituzionale. La
fase, che può essere chiamata anche dei “controlli
preventivi”, si apre a partire dal 30 settembre.
Questa è imperniata sugli accertamenti e sulle decisioni
consecutivamente adottate da un apposito Ufficio centrale,
costituito presso la Corte di cassazione e dalla Corte
costituzionale.
Nel dettaglio, l’Ufficio centrale deve accertare se le
richieste siano conformi alle norme di legge. Quindi, deve
decidere entro il termine del 15 di dicembre, con ordinanza,
sull’effettiva legittimità delle medesime richieste inoltrate.