in associazione per la gestione del centro e per l’adozione
di comuni politiche promozionali”
2
.
In realtà, quando ci si riferisce ai centri commerciali si parla di
strutture autonome, composte da almeno dieci esercizi al
dettaglio differenti tra loro, nonché di dotazioni
infrastrutturali e di servizio comuni, nel senso di strutture
progettate, realizzate e gestite da una società ad hoc
3
.
In Italia comunque, tuttora, non vi è una definizione unica, e dove si
è dovuto adottare una definizione, si è semplicemente fatto
riferimento a quella internazionale.
A ragion veduta quindi, i centri commerciali si possono ritenere una
formula distributiva impropria, in quanto sono il risultato di
un’aggregazione di diversi esercizi commerciali e di formule
distributive differenti riunite entro un’unica struttura
commerciale.
Per questo essi non possono essere identificati secondo:
• la dimensione, che dipende dal numero dei punti vendita e
altri servizi presenti nel centro commerciale (tenant
mix);
• la tecnica di vendita, poiché all’interno di un centro commerciale
possono esservi presenti sia esercizi a libero servizio, sia punti
vendita nei quali il cliente viene assistito da personale qualificato;
2
Fonte: Centri Commerciali Problematiche promozionali, tecniche gestionali.
Confcommercio, 1995
3
Vi sono poi i cosiddetti centri commerciali naturali ovvero agglomerati urbani di
negozi ad elevato grado di complementarità interna (in questo senso analoga a
quella riscontrabile nei centri commerciali più “strutturati”). Si tratta, ad esempio,
di insiemi di negozi che convergono su una piazza centrale di una città o su una
significativa porzione di via (spesso pedonale). Nella trattazione che seguirà, si farà
sempre riferimento, comunque, ai centri commerciali in senso proprio (pianificati),
ovvero quelli progettati, pensati e gestiti secondo criteri di unitarietà.
• la configurazione del mix di servizi commerciali offerti al
consumatore, in quanto questa è data dalla somma di servizi
propri del centro e dell’insieme dei servizi offerti da ogni singolo
punto vendita presente.
Ecco che tutte le definizioni adottate nel tempo dai diversi enti
preposti a definire il significato e la funzione di centro commerciale,
ovvero il Ministero Industria Commercio e Artigianato, il FAID,
(Federazione Associazioni Imprese Distribuzione), e il CNCC,
(Consiglio nazionale Centri Commerciali)
4
, anche se non forniscono
una definizione di centro commerciale univoca, inteso come formula
distributiva unitaria, possono però mettere in mostra alcune
caratteristiche comuni:
• la presenza di più esercizi e servizi al dettaglio concepiti, promossi,
realizzati e gestiti in modo unitario;
• la presenza di infrastrutture e servizi comuni.
4
Qui sono riportate le definizioni di centro Commerciale date da:
• Ministero Industria Commercio Artigianato (definizione in vigore dal 1994 al
1998): “Complesso di almeno otto esercizi al dettaglio e di servizi – con
superficie di vendita superiore a 2500 mq, concepito promosso, realizzato e
gestito con criteri unitari”.
• Faid (Federazione Associazioni Imprese Distribuzione) – I centri commerciali in
Italia al 1.1.1996: “Complesso composto da strutture con una superficie di
vendita di almeno 2500 mq, dotate di un ipermercato, di un supermercato o di
un grande magazzino come polo di attrazione del centro stesso, di almeno otto
esercizi fra unità specializzate, pubblici esercizi e servizi, di aree e infrastrutture
comuni, nonché di un parcheggio contiguo rapportato alle dimensioni del centro”
• CNCC (Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali) – I centri commerciali in
Italia, censimento al 30 giugno 1996: “Complesso di almeno dieci esercizi che
disponga – in misura adeguata – di infrastrutture, servizi comuni e parcheggio
possibilmente anche nei centri storici, - concepito, promosso, realizzato e
gestito con criteri unitari da apposita società – nell’ambito del quale almeno il
40% della superficie complessiva di vendita sia destinata ad esercizi tradizionali
e specializzati. Il centro deve altresì essere integrato con attività
paracommerciali (bar, banche, uffici postali, ecc.) ed eventualmente
extracommerciali (teatri, cinema, sale convegni, ecc.) anche ai fini di una
maggiore capacità di attrazione. L’equilibrio tra ruolo dell’anchor e ruolo degli
altri operatori commerciali e di servizi presenti nel centro viene a mancare
quando il suddetto rapporto è superiore al 70%. Nel caso in cui questo rapporto
si avvicini al valore limite il numero totale degli operatori non deve essere
inferiore a venti”.
Proseguendo con la ricerca di definizione ci si imbatte nella
legislazione italiana che su questo argomento è riuscita a fare un
passo in avanti.
Infatti, il decreto legislativo di riforma del commercio del 31 marzo
1998, ha abolito i vincoli dimensionali o numerici presenti nelle
precedenti definizioni ed ha introdotto una definizione ampia di centro
commerciale classificandolo come “ una media o grande struttura di
vendita nella quale più esercizi commerciali sono stati inseriti in una
struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture
comuni e di spazi di servizio gestiti unitariamente.
(…) la superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella
risultante dalla somma degli esercizi al dettaglio in esso
presenti”
5
.
Questa ultima definizione, proposta nel decreto di riforma del
commercio del 31 marzo 1998, sarà anche quella adottata in questa
trattazione.
5
D.L. 114 art.4 punto G
1.2 Evoluzione e struttura del centro commerciale
1.2.1 Evoluzione del centro commerciale
La distribuzione commerciale e soprattutto i centri commerciali,
stanno vivendo profondi cambiamenti causati dall’evoluzione del
comportamento del consumatore.
Questi, infatti, cerca sia i beni che rispondono al proprio modello di
consumo, sia i negozi che soddisfano le proprie esigenze in
termini di livello di prezzi e di servizi commerciali offerti.
Oggi infatti il cliente non è più un consumatore passivo, ma desidera
esprimersi e partecipare all’approntamento delle strutture destinate a
servirlo.
Ormai libero di spostarsi, può recarsi là dove le sue esigenze sono
meglio soddisfatte; il cliente di conseguenza vuole essere rispettato e
non vuole che gli acquisti comportino eccessive perdite di tempo.
Questo implica il fatto che formule di distribuzione aggregata,
come i centri commerciali, gli permettano di raggruppare i
suoi acquisti e di risparmiare il suo tempo libero.
Inoltre, l’atto d’acquisto non deve tradursi in un compito
spiacevole, ma in un momento piacevole oltre che un mero
approvvigionamento e i centri commerciali devono essere
concepiti di conseguenza con uno scopo anche “ludico”.
Infine, le nuove esigenze del cliente variano a seconda del prodotto
ricercato:
1. per gli acquisti banali, correnti, impersonali, vissuti come un
dovere, per i prodotti di largo consumo molto conosciuti e
largamente proposti, il cliente di oggi con la sua mobilità, ricerca al
contempo sia la comodità che il prezzo più conveniente ed accetta
(per questi beni), il carattere impersonale del servizio.
2. per gli acquisti personalizzati, gratificanti, slegati dai
bisogni di prima necessità, il cliente più ricco di tempo e
meglio informato esige una scelta maggiore, un
“contratto” personalizzato che solo lo specialista può
dargli.
Il centro commerciale ha il merito di riunire in un solo luogo questi
due tipi di vendita
6
:
• la vendita impersonale
• la vendita personalizzata
La rivoluzione commerciale sarebbe avvenuta a solo beneficio degli
ipermercati in unità isolate, non inserita nell’ambiente circostante, se
non fosse apparsa la formula dei centri commerciali, che permette al
commercio indipendente di beneficiare appieno dell'attrazione
esercitata dalle grandi superfici e di partecipare esso stesso alla
corsa in direzione del rinnovamento.
Quanto detto permette di analizzare come la domanda di servizi
commerciali si affianchi e in certi casi finisca con il prevalere rispetto
alla fondamentale domanda di beni; ecco perché è utile distinguere le
due “anime” del consumatore:
• il consumatore di beni
• il consumatore di servizi commerciali.
Mentre il consumatore di beni si limita a ricercare esclusivamente un
prodotto o un servizio, il consumatore di servizi commerciali è in
rapido mutamento e tende a divenire
7
:
6
Solal Jean Luis, “Le tendenze degli Shopping Centers: dieci anni di Centri
Commerciali in Italia”, CNCC – “I centri commerciali come strumento di
innovazione - Atti del II congresso internazionale, Milano 11-12 Maggio 1990
7
Ottimo E. a cura di, L’evoluzione delle forme distributive non food, Commercio-
Rivista di Economia e Politica Commerciale, 17(56): 3-50
• specialista nell’acquisto
• trasversale rispetto alle diverse formule distributive
In questo modo la ricerca del migliore servizio commerciale si basa
sulla nascita di un comportamento articolato che spinge il
consumatore a perfezionare i propri acquisti secondo un processo che
può essere articolato in quattro fasi:
1. nascita del bisogno di un prodotto specifico
2. bisogno di servizi commerciali, il cosiddetto shopping
3. scelta della formula distributiva
4. scelta del punto vendita
Perché il proprio punto vendita sia scelto dal consumatore, il
distributore può attirarlo, prima della visita, mediante la
localizzazione; una volta che il consumatore è all’interno della
struttura, per mezzo dell’assistenza, del merchandising, delle
politiche di prezzo e di servizio.
Oltre ai servizi di carattere logistico e informativo, è possibile
individuare altri attributi del servizio commerciale che oggi
rivestono una crescente importanza per la scelta del punto
vendita da parte dei consumatori:
• la velocità di servizio che incide direttamente sul costo di
approvvigionamento del consumatore in termini di tempo
necessario all’acquisto,
• il comfort implicito nelle condizioni in cui avviene
l’acquisto, in altre parole tutti quei fattori che rendono più o
meno piacevole la visita ad un punto vendita e che possono
incidere in modo significativo sulla percezione soggettiva del costo
del tempo impiegato nell’acquisto. In particolare il comfort è
una delle variabili principali nel marketing del
distributore, specialmente nelle azioni intese a
riqualificarne l’insegna
8
.
• il servizio postvendita, connesso alla possibilità di rivolgersi al
distributore per tutto ciò che attiene alla necessità di
manutenzione di un dato bene durante la sua vita utile.
Il centro commerciale permette di offrire tutto quanto finora
specificato, con la consapevolezza che questa formula
commerciale rappresenti lo scenario distributivo più moderno ed
efficiente, dove i supermercati e i superstore (di superficie
maggiore rispetto ai primi) uniscono la comodità irrinunciabile
del libero servizio all’offerta specializzata di veri e propri negozi e
gli ipermercati sono i “mercati dei giorni nostri”, ideali per un
consumatore costretto dentro ritmi di vita sempre più veloci,
che deve programmare gli acquisti, e che nei grandi centri
commerciali pianificati trova un progetto totalmente dedicato
a lui; quello di fare crescere la cultura del consumo, offrendo la
modernità della rete di vendita
9
.
Secondo un censimento condotto da Nielsen, alla data del 1 gennaio
1997, si è riscontrata l’esistenza di 405 centri commerciali al dettaglio
secondo la definizione proposta nel decreto di riforma del
commercio
10
.
Esaminando l’evoluzione dei centri commerciali negli anni che vanno
dal 1971, anno in cui la formula è stata introdotta in Italia, ad oggi si
possono individuare tre momenti successivi di sviluppo:
11
1. la fase iniziale copre la prima metà degli anni ’70 e rappresenta il
periodo in cui la formula distributiva è stata introdotta in Italia.
8
Pellegrini L., Economia della distribuzione commerciale, EGEA 1990
9
Sernini M., I centri commerciali dieci anni dopo, in “Commercio” n. 63, 1998
10
fonte “Largo consumo”, FAID per i centri commerciali. I dati si riferiscono al 31
dicembre di ciascun anno solare.
11
I centri commerciali in Italia: struttura ed evoluzione dei centri commerciali al
dettaglio al 01 gennaio 1998, Cescom, Università Bocconi, Milano 1998
In origine i centri commerciali appaiono solamente in alcune
regioni del Nord, caratterizzandosi con un numero ridotto di centri
di grandi dimensioni, che seguivano l’impostazione dei modelli
stranieri, soprattutto francesi. In questa fase la formula del
“centro” si caratterizza con un’identità fortemente
commerciale: una struttura con un solo polo attrattivo
(anchor) solitamente un ipermercato attorno al quale
sorgeva una galleria di piccole dimensioni.
2. Dalla metà degli anni ’70 fin verso la fine degli anni ’80, si è
avuta la seconda fase di sviluppo della formula distributiva nel
nostro paese, con la presenza in numerose altre regioni, ma
con una riduzione delle dimensioni rispetto a quelle viste fino
allora. E’ infatti nel 1987 che la struttura raggiunge il livello
medio minimo di dimensione complessiva.
Verso la fine degli anni ’80 comunque, cambia l’obiettivo strategico
e si punta allo sviluppo di ipermercati e supermercati di
grandi dimensioni, mentre diminuisce l’attenzione inerente alla
progettazione coordinata delle attività di vendita e di servizio
presenti nel centro commerciale. Inoltre si è avuto lo
spostamento della scelta di insediamento delle nuove
strutture, posizionate in zone a minore densità abitativa,
superando in questo modo i vincoli imposti allo sviluppo
dell’attività commerciale.
Questo però ha spinto molto sulla differenziazione delle strutture
in base al posizionamento geografico, causando una progressiva
mancanza di attenzione all’attività di progettazione unitaria
sia sul piano urbanistico che commerciale.
3. La terza fase iniziata alla fine degli anni ’80, ormai sul punto di
concludersi si caratterizza per una progressiva razionalizzazione
della formula commerciale.
Questa razionalizzazione si è avuta in seguito all’aumento della
concorrenza tra centri commerciali (intra type) e altre formule
distributive (inter type), che ha costretto anche i centri
commerciali a scelte di posizionamento più precise.
In questo periodo incominciano a delinearsi in modo più preciso le
differenti tipologie di centri commerciali che si caratterizzano per
dimensioni, ruoli e funzioni specifiche in:
• piccoli centri commerciali di prossimità
• grandi strutture polifunzionali extraurbane
• centri di medie dimensioni (oggi la tipologia più diffusa).
La superficie media aumenta gradualmente anche con l’aumento del
numero di punti vendita e dei servizi presenti nella galleria
commerciale.
Si cerca infatti di inserire più di un polo d’attrazione in ogni centro,
La tabella 1.1 di pagina 22, permette di osservare come in
Italia la crescita dei centri commerciali sia stata costante ma
moderata: dai 305 centri registrati nel ’93 sul territorio nazionale,
si è passati ai 405 del 1997 come detto in precedenza.
I (seppur) pochi dati disponibili permettono di rilevare
anche una tendenza alla crescita della dimensione media
delle superfici delle singole strutture.
Tab. 1.1 I centri commerciali in Italia (fonte Nielsen)
Anno Numero Numero
nuove
aperture
Superficie
media di
vendita
1985 52 9 n.r.
1993 305 42 n.r.
1994 332 27 n.r.
1995 346 14 n.r.
1996 380 34 15.780
1997 405 25 16.215
Questo cambiamento ha spinto alla modernizzazione della
formula, anche nelle aree meno sviluppate del paese.
Il centro commerciale ha rappresentato quindi non solo una
caratteristica evolutiva del comparto commerciale, ma
soprattutto la prima forma di modernizzazione della rete locale.
In realtà i centri commerciali si sono diffusi in modo differente da
regione a regione, sviluppandosi e presentandosi più al nord,
in particolar modo in Lombardia con 102 centri commerciali già nel
1996, ma in tutte le altre regioni questa evoluzione è servita
per accelerare lo sviluppo di tutte le altre formule
distributive.
Anche la galleria è mutata molto: da elemento residuale quale
era nei primi centri sviluppatisi attorno agli ipermercati ha
assunto nel tempo un reale e preciso ruolo di integrazione efficace
dell’offerta del centro commerciale, diventando uno degli elementi
fondamentali per il successo dell’intero complesso. Oltre ad
integrare l’offerta del centro commerciale, è stata in grado di
caratterizzarne il ruolo a seconda del tenant mix, sempre più con
l’aumento delle dimensioni del centro.
Il numero medio di esercizi (magnete e punti vendita) all’interno del
centro commerciale è rimasto pressoché invariato fino al
1990 per poi aumentare progressivamente dal 1990 al 1996
passando da 23 a 26 unità
12
.
Questo fenomeno è derivato da due vie di sviluppo parallele: da una
parte è aumentato il numero di poli d’attrazione presenti nel centro
commerciale, con la nascita di sempre più strutture policentriche,
dall’altra si è ampliato il numero e la dimensione media degli esercizi
in galleria.
Fino dagli anni ’70 quindi (con l’aumento del numero prima e
delle dimensioni poi), si è avuta una costante diminuzione
dell’incidenza dell’anchor sulla superficie totale del centro
commerciale; tendenza oggi in cambiamento, in quanto la superficie
complessiva degli anchor sta aumentando dai primi anni ’90, in
seguito alla maggior proliferazione di centri policentrici.
Passando all’esame dei punti vendita presenti in galleria, si può
notare come gli esercizi specializzati siano spesso quelli operanti nel
settore dell’abbigliamento (25% del numero dei negozi componenti la
galleria
13
).
Trend in calo è invece la presenza di negozi alimentari (6% nel
1996), da imputarsi al fatto che normalmente un polo di attrazione è
costituito da un ipermercato o da una superficie alimentare
despecializzata; ecco spiegata però l’esistenza (nonostante sia
anch’essa in calo) di esercizi specializzati in specifici settori o nicchie.
Allo stesso modo, la diffusione di grandi superfici specializzate del
comparto non alimentare (per esempio sportivi, bricolage e
elettrodomestici) hanno rallentato lo sviluppo di punti vendita di
12
Fonte: I centri commerciali in Italia: struttura ed evoluzione dei centri
commerciali al dettaglio al 01 gennaio 1998, Cescom Università Bocconi, Milano,
1998
13
cfr. nota 11
minori dimensioni presso le gallerie commerciali dei centri
commerciali.
Per quanto riguarda le attività di servizio, quali bar, lavanderia
calzolaio, permettono di differenziare in modo chiaro l’offerta del
centro rispetto ai diretti concorrenti, che possono essere punti
vendita isolati o del centro storico. Per questo motivo si
tende a inserire le attività di servizio nella galleria qualunque
siano le dimensioni del centro commerciale.
Tra le attività di servizio, la ristorazione costituisce una delle tipologie
più diffuse: la sua presenza si conta nel 97% delle strutture censite
dal CESCOM nel 1997.
Da quanto detto si deduce un incremento del numero degli
esercizi pubblici come ad esempio la ristorazione all’interno delle
singole strutture commerciali, in seguito all’aumento delle
dimensioni delle stesse, alla conseguente maggiore possibilità
di differenziare l’offerta di servizi di ristorazione ma soprattutto
perché svolgono una funzione di intrattenimento contribuendo ad
aumentare il tempo di permanenza dei clienti all’interno del
centro commerciale, rendendolo così più gradevole.
Anche i servizi creditizi sono in forte sviluppo all’interno dei centri
commerciali, oggi presenti nel 74% delle strutture con dimensioni
superiori ai 20.000 mq.
Un servizio presente in pochi centri commerciali è quello
ricreativo (palestra, beauty center, cinema, spazio giochi per
bambini) presente solamente nel 9,5% dei casi censiti,
servizio che comunque potrebbe conoscere uno sviluppo
maggiore nel futuro in quanto permetterebbe maggior
comfort e rilassatezza durante la spedizione d’acquisto.