2
2.0 QUALITA’ DEL LATTE
Il concetto di qualità di un alimento viene definito come una convergenza tra i
desideri e le necessità dei consumatori e i requisiti qualitativi intrinseci ed
estrinsechi dei prodotti alimentari (Hocquette, 2005). Tra i requisiti intrinseci ed
estrinsechi che concorrono a determinare la qualità del latte si ricordano:
• la sua composizione chimica (qualità nutrizionale);
• la limitata contaminazione batteriologica e l’assenza di sostanze chimiche
• nocive (qualità igienica);
• l’assenza di odori, sapori e colori anomali (qualità organolettica);
• la buona attitudine alla trasformazione (qualità tecnologica);
• la provenienza da animali sani (qualità sanitaria).
2.1 Qualità nutrizionale
La qualità nutrizionale di un alimento, sia che questo venga consumato
direttamente sia che venga trasformato, dipende dalla sua composizione chimica.
Nel caso del latte i contenuti in proteine e grasso sono evidentemente i due
parametri che assumono la maggiore importanza in quanto condizionano la resa
in formaggio. La presenza del latte e dei suoi derivati (formaggio e yogurt) nella
dieta umana è pressoché indispensabile per l’equilibrio e l’adeguatezza della
razione alimentare. Le proteine del latte hanno un buon valore biologico;
importante è la componente peptidica contenente sostanze proteiche con
funzione nutritiva (α-lattoalbumina, β-lattoglobulina, caseine) e immunitarie
(immunoglobuline, lattoferrina); contiene inoltre proteso-peptoni e proteine
minori del siero come la transferrina e le sieroalbumine. Esistono, inoltre, altri
peptidi, con proprietà bioattive rilevanti, che si generano da alcune delle sostanze
proteiche sopra citate, a seguito di processi idrolitici a loro carico che avvengono
nel tratto gastrointestinale, durante la digestione del latte. Questi peptidi possono
essere suddivisi in base alle loro proprietà: esistono peptidi ad azione
antimicrobica (lattoferrina, k-caseina, isracidina) e altri che sono in grado di
3
interagire a vari livelli con il metabolismo animale ed umano (lattorfina,
casochinina); tra questi ultimi, alcuni si dimostrano efficaci nel combattere
l’ipertensione, altri nel combattere i fenomeni trombotici, altri ancora in grado di
modulare la risposta immunitaria. Le proteine, le vitamine e il calcio
caratterizzano il latte dal punto di vista nutrizionale perché le proteine assicurano
da sole quasi 1/5 dell’apporto proteico totale della razione media e circa 1/3 del
reale fabbisogno giornaliero medio ed inoltre forniscono una grande quantità di
aminoacidi essenziali che non vengono sintetizzati dall’organismo umano.
Per quanto riguarda il calcio è un elemento necessario all’organismo durante tutte
le fasi della vita, deve perciò essere assunto giornalmente con gli alimenti; svolge
un ruolo essenziale nella formazione e nel mantenimento delle ossa e dei denti e
nella regolazione di molti processi come la conduzione degli impulsi nervosi, la
contrazione di muscoli e la coagulazione del sangue. Il latte e i suoi derivati
riescono ad assicurare la massima parte (circa il 70%) dell’apporto alimentare di
calcio, presente nel latte medesimo e nei prodotti di trasformazione come il
fosfato di calcio, cioè in forma facilmente assimilabile, al contrario di quella
(calcio fitinico) che caratterizza i vegetali (sia i lattanti sia l’uomo non hanno nel
loro corredo enzimatico le fitasi necessarie a scindere il legame del Ca-fitinico).
Per quanto riguarda la frazione lipidica, il contenuto di grasso nel latte varia a
seconda della specie ed è costituito principalmente da trigliceridi(98-99%),
fosfolipidi, steroli, ed altre sostanze liposolubili (1-2%).
Di estrema importanza è il gruppo degli isomeri coniugati dell’acido linoleico
(CLA) e, in particolare, l’acido rumenico che, secondo la National Academy of
Science (NRC, 1996) è “l’unico acido grasso che mostra in maniera
inequivocabile attività anticarcinogena in esperimenti realizzati su animali”.
Questa molecola, inoltre, si è dimostrata attiva anche in altre patologie come
l’aterosclerosi, il diabete, l’obesità mostrando elevate capacità di interferire
positivamente con il sistema immunitario. Fra le attività di alcuni isomeri CLA si
ritrovano anche quella antiaterogenica ed ipocolesterolemica. Il contenuto
energetico del latte di vacca fornisce 60 calorie/100 grammi di latte intero e 35
calorie nel latte totalmente scremato.
4
2.2 Qualità igienica
Il latte come ogni derrata alimentare è sottoposto all’azione di fattori esterni che
possono indurre rilevanti modificazioni qualitative; i fattori di maggior interesse
sono rappresentati dalla contaminazione microbiologica e da quella chimica.
2.2.1 Contaminazione microbiologica
Un latte di ottima qualita’ dovrebbe avere un numero di germi mesofili inferiore a
100.000 u.f.c. per ml. Oggigiorno la sicurezza e la salubrità rientrano tra i fattori
più importanti in assoluto. Sfortunatamente, i prodotti di origine animale
possono rappresentare una fonte potenziale di contaminazione biologica e
chimica per i consumatori. L’introduzione di strategie di controllo lungo tutta la
filiera alimentare e lo sviluppo di un sistema di gestione della sicurezza
alimentare, dalla produzione primaria fino all’ambiente domestico rappresentano
obiettivi fondamentali da raggiungere. I recenti regolamenti comunitari
costituenti il cosiddetto “pacchetto igiene” (Regolamenti CE852, 853, 854,
882/2004 e Direttiva 2002/99) approfondiscono e precisano le tematiche della
sicurezza alimentare e le modalità di applicazione del sistema HACCP. La
tracciabilità è un altro requisito qualitativo utilizzato per attuare la politica di
sicurezza e qualità degli alimenti. La tracciabilità della razza e dell’identità di un
animale, dell’origine geografica e della sua alimentazione in allevamento sta
diventando un requisito sempre più richiesto (Hocquette, 2005). Un aumento
della contaminazione e proliferazione microbica del latte è causata da un
allargamento della base territoriale di reperimento del latte e quindi dalla sua
diversa provenienza, dai tempi di raccolta e di trasporto, dalle elevate temperature
a cui è esposto il latte (Nudda, 1992). L’ ottenimento di latte con una bassa carica
batterica è funzione dell’osservanza di alcune norme:
1. igiene dei ricoveri: mantenere la lettiera pulita e asciutta e i locali ben aerati
per avere mammelle pulite e abbassare la carica microbica ambientale;
2. igiene personale: il mungitore deve indossare abiti puliti e lavarsi
accuratamente le mani;
5
3. in caso di mungitura meccanica: lavare e disinfettare l’impianto di mungitura
e controllare il buon funzionamento;
4. refrigerare il latte subito dopo la mungitura;
5. controllare che la refrigerazione avvenga in modo adeguato avendo cura che
la temperatura nelle vasche di refrigerazione non sia troppo elevata (ideale
4°-6°), che la durata della conservazione in azienda non sia eccessiva
(massimo 48 ore), che le vasche siano lavate accuratamente;
6. se il latte non viene trasformato in azienda, controllare attentamente le
condizioni in cui avviene il trasporto. Può infatti accadere che un latte
ottenuto in buone condizioni igieniche e conservato adeguatamente fino al
momento della raccolta, arrivi poi alla trasformazione in condizioni
qualitative scadenti .
2.2.2 Contaminazione chimica
La mammella, oltre alla funzione di organo secretorio, ha anche la funzione di
organo emuntorio, serve cioè come via di eliminazione di prodotti di rifiuto
dell’organismo animale. In teoria nel latte si potrebbero trovare un numero
elevatissimo di composti chimici nocivi per la salute del consumatore: residui di
farmaci, residui di pesticidi, metalli pesanti, micotossine, radionuclidi, residui di
disinfettanti e detergenti, diossina, etc.. Fortunatamente nella pratica questo
avviene solo raramente e, di norma, i soli residui che si possono ritrovare nel
latte, per errori nella conduzione del processo produttivo, sono quelli di farmaci e
di pesticidi. Un latte sano non deve contenere residui di antibiotici o di altri
farmaci. I farmaci somministrati agli animali vengono eliminati per vie diverse e
quindi anche attraverso la mammella finendo, in quantità e tempi variabili da
prodotto a prodotto, anche nel latte. I residui dei farmaci possono essere nocivi
per l’uomo e possono influenzare negativamente i processi di trasformazione del
latte nei diversi prodotti caseari. Molto gravi risultano poi i danni legati alla
presenza di residui di antibiotici nel latte, che indicano modificazioni del numero
e dell’equilibrio della microflora normalmente presente nel latte. I fermenti lattici
che intervengono nel processo di trasformazione sono molto sensibili all’azione
6
degli antibiotici, mentre i batteri indesiderabili come i coliformi sono molto più
resistenti e quindi in grado di prendere il sopravvento sui primi. Si può così avere
un andamento anormale dell’acidificazione, un’insufficiente spurgo della cagliata e
la comparsa di difetti di struttura della pasta, quali occhiature e gonfiori. Quanto
detto non dovrebbe mai accadere se l’allevatore rispetta rigorosamente il tempo
di sospensione dei farmaci, cioè il tempo necessario perché il farmaco non si trovi
più nel latte.
2.3 Qualità sanitaria
Quando si parla di qualità sanitaria si intende dire che il latte deve provenire da
animali sani. L’ art. 15 del R.D. 9 maggio 1929, n.994 definisce infatti il latte il
prodotto ottenuto dalla mungitura di animali in buono stato di salute e di
nutrizione. Un indicatore aspecifico di sanità della mammella è rappresentato dalle
cellule somatiche (CCS). Esse sono costituite dall’insieme di globuli bianchi e delle
cellule di sfaldamento della ghiandola mammaria. I globuli bianchi sono
normalmente presenti nel latte perché vi passano dal sangue che irrora
abbondantemente la mammella ed hanno il compito di difendere i tessuti dalle
infezioni. Sono presenti in quantità molto elevata quando la mammella ha subito
traumi o vi è una infezione in corso, anche in forma non manifesta. In ogni
situazione di malessere dell’animale, ed in modo particolare della mammella, creata
da infezioni da microrganismi, da urti, lesioni, mungitura non corretta, bruschi
cambiamenti di alimentazione e stress ambientali, si possono registrare innalzamenti
anche molto consistenti di cellule nel latte. Il controllo periodico di questo
parametro costituisce quindi un ottimo sistema per la precoce individuazione e
quindi prevenzione delle mastiti. Le cellule di sfaldamento della ghiandola
mammaria sono anch’esse presenti normalmente nel latte in quanto il processo di
secrezione comporta la lisi di alcune cellule e la loro eliminazione con il latte stesso.
Il loro numero è piuttosto costante e quindi si concentrano nel latte quando la
produzione si abbassa, ad esempio a fine lattazione. Valori elevati di cellule
somatiche peggiorano le caratteristiche casearie, aumentando i tempi di formazione
della cagliata e diminuendone la consistenza. L’aumento oltre certi livelli è di norma