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Considerando:
ξ che la competitività si gioca principalmente sul prezzo e sulla Qualità,
ξ la crescente standardizzazione e diffusione delle tecnologie,
ξ la saturazione pressoché totale delle economie di scala (vista la tendenza oligopolistica
dei grossi mercati)
è molto difficile ridurre i costi oltre un certo limite, quindi per aumentare la
competitività è molto più facile agire sulla variabile Qualità che sul prezzo; inoltre una
corretta politica della Qualità porta a ridurre anche gli enormi costi (par.1.8) della
disqualità (Galetto 1995), quindi è possibile abbassare i prezzi dei prodotti
indipendentemente dalla tecnologia usata o dalle economie di scala: da questo vediamo che
prezzo e Qualità possono essere 2 grandezze correlate; Juran (1988) afferma che sono stati
fatti parecchi studi per indagare questa correlazione.
I giapponesi sono stati i primi a riconoscere questi problemi grazie
all’insegnamento di Deming riguardo le carte di controllo di Shewart e la responsabilità
dell’upper management nel problema della Qualità. Deming (1986) riferisce che già nel
lontano 1942 si era cercato di diffondere i metodi statistici nell’industria americana ma che
il management non era consapevole delle proprie responsabilità per cui il controllo della
Qualità si rivelò inefficace.
Nel 1950, quando lo JUSE invitò in Giappone Deming, i giapponesi compresero
che se non avessero unito gli sforzi, questi non avrebbero avuto un impatto nazionale; la
Qualità diventò allora un problema di tutte le aziende e di tutta la nazione: “improvement
of quality became in 1950, in Japan, total”(Deming 1986); essi compresero una serie di
principi sulla Qualità che verranno esposti nei seguenti paragrafi. Già nel 1950 Deming
predisse che, entro 5 anni, i prodotti giapponesi avrebbero invaso il mercato mondiale e
così fu; inoltre nel 1954 arrivò in Giappone un altro genio della Qualità, Juran, il cui
“masterful teaching” (così definito da Deming) convinse definitivamente l’upper
management giapponese riguardo la sua responsabilità verso il miglioramento della
Qualità e della produttività.
Nel 1960, grazie ad Ishikawa, nacquero i circoli della Qualità ovvero dei gruppi di
persone che lavoravano sui problemi della Qualità: in Giappone questi gruppi furono una
logica e coerente evoluzione degli insegnamenti di Deming; quando gli americani
provarono a copiarli negli anni ’70 tali circoli fallirono immediatamente perché gli alti
manager non seguivano le raccomandazioni che tali circoli davano loro. “It is a hazard to
copy. It is necessary to understand the theory of what one wishes to do or to
make”(Deming 1986, pag.129). Negli anni ’70 gli americani, che per 30 anni avevano
ignorato gli insegnamenti di Deming, lo rivalutarono visto che il suo nome era legato allo
strepitoso successo della Qualità giapponese: si crearono molte aspettative irrealistiche e si
pensò che bastasse istituire il controllo statistico della Qualità per risolvere tutti problemi
delle aziende; gli americani di nuovo non capirono che la gestione della Qualità (Quality
Control) non consiste in “cookbook procedures on file ready for specific application” ma
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piuttosto in “a philosophy that directs efforts at all levels of responsibility towards the
more effective use of the resources available to meet the needs of customers”(Deming
1986, pag.245).
Oggi Deming è considerato il principale artefice del miracolo giapponese ma forse
gli occidentali non hanno ancora compreso il suo insegnamento se è vero che l’Europa
chiude le frontiere ai giapponesi, non potendo ancora fronteggiare la loro concorrenza
(Galetto 1995). Poiché ritengo che Deming sia la figura più importante nella Qualità, nei
primi 2 capitoli faremo continuamente riferimento al suo pensiero, chiaramente espresso in
“Out of the Crisis”; le frasi di questo testo saranno riportate in lingua originale per evitare
possibili distorsioni delle idee di Deming, come è stato fatto nella traduzione italiana da
parte dell’ISVOR.
1.2 DEFINIZIONE DI QUALITÀ
“La qualità ... si sa cos’è e non si sa cos’è. Grande contraddizione.
Eppure vi sono cose che hanno una qualità maggiore di altre...
Se non si può più dire che cos’è la qualità, come si può sapere che cos’è
e come si può sapere addirittura se esiste?
Se nessuno sa che cos’è, in pratica non esiste. Invece in pratica esiste”
(Pirsig 1974, “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”)
Seguendo l'approccio scientifico (cap.2) bisogna definire le cose fondamentali di
cui si parla quindi le elucubrazioni filosofiche di Pirsig, seppur affascinanti, sono di scarso
aiuto nella gestione industriale della Qualità; dobbiamo precisare allora che cosa si intende
per Qualità. Nella letteratura troviamo varie definizioni che non fanno altro che accrescere
la confusione che si è generata sull'argomento:
ξ percentuale di difettosità
ξ conformità alle specifiche (Crosby)
ξ perdita generata dal prodotto dal momento in cui viene spedito (Taguchi)
ξ affidabilità all'istante zero
ξ adeguatezza all'uso (Juran)
ξ qualcosa suscettibile di miglioramento
ξ zero difetti
ξ insieme delle caratteristiche atte a soddisfare una certa esigenza
Questi sono solo alcuni esempi; se poi elencassimo tutte le definizioni che si danno sulla
qualità totale (par. 2.1) non finiremmo più. A questo punto si capisce come sia molto
importante dare una definizione la più completa possibile, non suscettibile ad ambiguità;
secondo me è tale quella che si trova in Galetto (1995):
9
La Qualità è
l'insieme delle caratteristiche di un sistema atte a soddisfare le esigenze
del Cliente,
dell'Utilizzatore,
della Società.
Accanto a questa definizione vi è quella che la Qualità è una scienza manageriale che
studia come le aziende possono ottenere prodotti e servizi di Qualità (secondo la prima
definizione data). Ritorniamo alla prima definizione che abbiamo dato, essa si presta ad
alcune interessanti osservazioni:
ξ Pochissimi autori considerano la differenza fra Utente (chi utilizza il sistema) e Cliente
(chi paga il sistema) però è innegabile che un sistema (prodotto o servizio) di Qualità
deve soddisfare le esigenze di entrambi. Inoltre quasi nessuno considera la Società dei
cittadini; ma come si può dire che un prodotto ha Qualità se provoca danno ad altre
persone? Possiamo considerare le armi (anche se molto affidabili) un prodotto di
Qualità? Io non credo ...
ξ Bisogna soddisfare le esigenze (esplicite e implicite) e non il cliente/utente; ad esempio
i metodi Taguchi (cap.11) soddisfano molto i clienti (aziende che li usano) che
credono di risparmiare soldi, e gli utenti (manager della Qualità) che non devono
pensare troppo per progettare le prove; ma la reale esigenza delle aziende è di
competitività e quella dei manager della Qualità è la capacità di stimare adeguatamente
la realtà: sono soddisfatte tali esigenze? Non si direbbe visto che le aziende che
magnificano i metodi Taguchi poi perdono in competitività e sono costrette a licenziare
un sacco di persone fra cui, magari, quelle del reparto Qualità che erano tanto contente
di usare i metodi Taguchi perché non dovevano pensare troppo.
ξ Giustamente non distingue fra prodotti e servizi (entrambi sono dei sistemi), perché,
come dice Deming (1986),“the principle that will help to improve quality of product
and of service are universal in nature". Per brevità di notazione nel seguito si userà il
termine prodotto per indicare qualsiasi sistema.
Quali sono allora le caratteristiche dei sistemi che possono soddisfare le esigenze
del Cliente/Utente/Società? Shewart (1931) è stato il primo a porsi il problema di
quantificare la Qualità attraverso le caratteristiche di Qualità per poterla misurare e
migliorare: entra in gioco il problema delle definizioni operative (Deming 1986, cap.9). È
ovvio che non possiamo dare un elenco di caratteristiche che vadano bene per qualunque
sistema in ogni situazione; Galetto (1987) ha comunque proposto un elenco di 10
grandezze che possono andare bene per prodotti industriali; esse sono poste sugli spigoli di
un tetraedro per facilitarne il ricordo (fig.1).
E' ovvio che il peso di queste 10 caratteristiche varia a seconda del sistema che sto
prendendo in considerazione: se ripensiamo alla definizione di qualità la sicurezza è
10
sempre la caratteristica più importante a meno che il sistema sia intrinsecamente molto
sicuro; invece l'estetica può essere abbastanza marginale per certi sistemi.
Figura 1: il tetraedro della Qualità (Galetto 1989b)
E' comunque molto importante, quando si progetta un sistema, stabilire con
opportune ricerche di mercato quali sono le caratteristiche che più soddisfano le esigenze
del Cliente (nel seguito si tralascerà, per brevità di notazione, l’Utente e la Società) e
decidere come quantificarle per poter misurare la Qualità del sistema. Possiamo allora
considerare la Qualità come un vettore stocastico Q con valore atteso E(Q), i cui n
elementi sono i parametri riguardanti le n caratteristiche considerate.
E(Q) = ( Π
1
, Π
2
, Π
3
, ... Π
i
, ... Π
n
)
ECONOMICITÁ
AFFIDABILITÁ
CONFORMITÁ
ESTETICA
DURATA
SERVICE
ECOLOGIA
PRESTAZIONI
MANUTENIBILITÁ
SICUREZZA
11
è il vettore Qualità da stimare se vogliamo misurare la Qualità dei nostri prodotti;
ovviamente a ogni caratteristica stimata sarà associato un certo intervallo di fiducia.
Possiamo considerare che la funzione utilità del Cliente cresca con E(Q) e decresca
con il prezzo quindi l’azienda può giocare sia col prezzo che con le caratteristiche di
Qualità per consentire all’utente di massimizzare la propria utilità comprando i prodotti
dell’azienda e nel contempo, facendola guadagnare in competitività; ovviamente per fare
ciò, bisogna cercare di stimare anche la funzione di utilità del Cliente, con opportune
ricerche di mercato.
A pag.180 Deming traccia il percorso che bisognerebbe seguire nel lancio di un
prodotto se vogliamo che esso sia di Qualità:
1. Progettare con Qualità il prodotto (off-line QC).
2. Produrlo e testarlo sia in linea di produzione (on-line QC) che in laboratorio.
3. Lanciarlo sul mercato.
4. Testarlo sul campo, scoprire cosa ne pensa l’acquirente e perché il non acquirente non
l’ha comprato
Questa sequenza mette in luce la giusta importanza delle prove e quindi dei metodi
statistici per effettuarle; inoltre evidenzia l’importanza fondamentale del Cliente.
1.3 IL CLIENTE OVVERO IL GIUDICE DELLA QUALITA'
“The consumer is the most important part of the production line”
(Deming 1986, pag.5)
Il Cliente è il punto di partenza per fare la Qualità; come dice Feigenbaum (1991),
la Qualità è ciò che dice il Cliente, non ciò che dice l'azienda che offre il prodotto o
servizio. Senza Clienti l'azienda non avrebbe più motivo di esistere ecco perché quando
Deming (1986) descrive la produzione come un sistema mette il Cliente al primo posto; la
crescita delle aziende dipende quindi in modo sostanziale dal Clienti perché “a dissatisfied
consumer does not complain: he just switches”(Deming 1986, pag.175).
Figura 2: il sistema produzione (Deming 1986, pag.4)
Fornitori di materiali
e macchinari
Accettazione e
controllo dei materiali
Progetto e riprogetto
Ricerche di mercato
Controllo dei processi,
macchine, metodi, costi
CONSUMATORIDistribuzione Produzione, assemblaggio, ispezione
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La figura 2 è pensata in funzione della produzione ma il concetto dell’importanza
del cliente vale anche per i servizi: “It is customers that keep a company in business, both
in manufacturing industries and in service industries” (Deming 1986, pag.192); nel
capitolo 7 di Deming (1986) vi sono molti esempi di come applicare i suoi 14 principi del
management ai servizi, usando tecniche statistiche.
Al giorno d'oggi è invece molto di moda la catena fornitore-cliente ovvero il
concetto di cliente interno contrapposto a quello esterno (che paga con moneta buona): si
dice che se nell'azienda il reparto a monte soddisfa quello a valle, alla fine viene
soddisfatto meglio anche il "reparto" più a valle (il cliente esterno). Basta guardare alcuni
esempi in Galetto (1995) in cui la soddisfazione del cliente interno non si traduce affatto
nella soddisfazione delle esigenze del Cliente vero (esterno). In realtà la strada giusta de
seguire è che i clienti interni devono tutti decidere in funzione delle esigenze del Cliente
vero; bisogna considerare che la reputazione dell’azienda è molto più importante degli
obiettivi di budget dei vari direttori delle funzioni. Infine consideriamo che al Cliente che
compra un sistema, interessa che il sistema funzioni, non gli importano le catene fornitore-
cliente, la qualità totale, i circoli della qualità, il TQM, il CWQC, ....; al Cliente interessa la
Qualità e un Cliente onesto capisce quando c’è la Qualità e quando ciò accade ritorna ad
acquistare dall’azienda: non dimentichiamo che “profit comes from repeat
customers”(Deming 1986, pag.178).
1.4 “MAKE IT RIGHT THE FIRST TIME”: LA PREVENZIONE
“if you do it right the first time, you are invisible ...
mess it up , and correct it later, you become a hero”
(Deming 1986, pag.107).
Come si fa a soddisfare le esigenze del Cliente? Bisogna sapere che cosa è la
Qualità oltre che le metodologie per realizzarla: la Qualità richiede che si prevengano gli
errori; agire con Qualità significa prevenire (concetto che solo nel 1994 è stato recepito
nelle norme ISO 9000); poiché chiunque può commettere degli errori, se questi vengono
commessi bisogna attuare le opportune azioni correttive. E' chiaro che per agire con
Qualità bisogna insegnare alle persone a ragionare logicamente con la propria testa, perché
altrimenti non saranno mai in grado di analizzare adeguatamente i problemi per prendere
delle decisioni corrette: questi concetti sono alla base del tetraedro del manager razionale
(Galetto 1995) e dell’approccio scientifico di cui parleremo nel cap.2.
Anche Deming (1986), Crosby (1986), Juran (1988) e Feigenbaum (1991)
sottolineano l'importanza della prevenzione, e oggi si può dire che anche la norma ISO ha
recepito questo messaggio ... a parole; ma nella realtà le aziende (certificate e non) cercano
di prevenire i difetti? Sanno premiare i lavoratori che agiscono in un'ottica di prevenzione?
..Io penso che sia più vicino alla realtà la frase contenuta in Deming (1986) e riportata
13
sopra: le persone che nelle aziende cercano di prevenire i problemi non sono riconosciute e
premiate; coloro che invece creano problemi e poi cercano (con successo???) di risolverli
sono considerati i migliori.
Questa enfasi attuale sui problemi porta a propagandare "I 7 strumenti della
qualità totale", che in realtà non servono alla prevenzione e porta a dire Galgano che i
problemi sono dei tesori; la propaganda di tali concetti va nella direzione opposta a quella
della Qualità (parziale, non totale).
. Quello che abbiamo detto è riassunto nel famoso detto "you cannot inspect quality
into a product, you must build quality into a product": ma quanti conoscono e sanno
applicare gli strumenti per progettare la Qualità nei sistemi? Come mai Ishikawa ha
esportato in occidente solo i 7 strumenti del TQC, oggi conosciuti come i 7 strumenti della
qualità totale? Con quelli non si fa prevenzione...
L’importanza della prevenzione è sottolineata in una delle 4 “verità assolute” sulla
Qualità che propone Crosby (1986):
1. La Qualità è la conformità alle specifiche,
2. La prevenzione assicura la Qualità,
3. Lo standard deve essere Zero difetti,
4. Il criterio di valutazione della Qualità è il costo della non conformità.
Secondo le definizioni che abbiamo dato e che daremo, non ci sentiamo di condividere
appieno queste “verità assolute” di Crosby perché la conformità è solo un aspetto della
Qualità, e il mitico “Zero difetti” non ha mai risolto i difetti, come possiamo aspettarci che
prevenga i guasti (Galetto 1988)? La seconda “verità assoluta” fa emergere l’importanza
della prevenzione che, secondo Crosby consiste nell’eliminare su grande scala tutte le
occasioni di errore; Crosby sembra però non considerare che non sempre si riescono a
prevenire gli errori: quando ciò accade, bisogna riconoscerli con onestà intellettuale e
spirito scientifico (Cap.2) e attuare le opportune azioni correttive. Modificando la frase di
Crosby, diciamo che la prevenzione e le azioni correttive assicurano la Qualità.
1.5 FMECA E AFFIDABILITÁ
É chiaro che per prevenire bisogna considerare tutte le fasi del ciclo di vita del
prodotto, dall'identificazione delle necessità di mercato, all'uso del prodotto da parte del
Cliente, fino a quando un nuovo prodotto sarà lanciato sul mercato.
In un ottica di prevenzione, la fase più importante è il ciclo di sviluppo (Galetto
1987) che parte con l'identificazione delle esigenze dei clienti e termina dopo il primo
anno: nelle 10 fasi elencate dall’autore bisogna cercare di testare tutte le possibili
deficienze del prodotto prima che sia lanciato sul mercato. Gli obiettivi in queste 10 fasi
devono essere in linea con gli standard più alti del mercato affinché il prodotto possa
essere competitivo; gli strumenti da usare in questa fase sono la FMECA (Failure Mode
14
Effect and Criticality Analysis), le previsioni di affidabilità e il DOE; integrati con i
moderni strumenti di progettazione integrata (CAD, CAM) si possono scoprire i difetti
quando si possono correggere non spendendo ancora tanti soldi e non facendo insorgere
ulteriori problemi.
Infatti con la FMECA si identificano i modi di guasto dei vari componenti, non
scartandone nessuno a priori; per ogni modo di guasto si identifica l’effetto mettendosi
nell’ottica del Cliente. Ogni modo di guasto può avere una o più cause: esse vanno
identificate perché bisogna stabilire le opportune azioni preventive per migliorare
preventivamente il prodotto. Si individuano le combinazioni modo-efffetto-causa più
critiche, cercando di eliminarle; la FMECA serve anche ad ideare prove di affidabilità che
assicurano che le combinazioni più critiche non si verifichino sui prodotti migliorati.
Le prove di affidabilità sui prototipi sono il momento della verità aziendale; in
questo momento si verifica non solo l’affidabilità dei prodotti, ma anche l’affidabilità
dell’azienda: un’azienda affidabile non decide di proseguire se non dopo aver ottenuto, con
un adeguato livello di fiducia, gli obiettivi fissati. Bisogna quindi progettare le prove di
affidabilità così da raccogliere i dati necessari e sufficienti per prendere le decisioni
corrette: ma per progettare le prove abbiamo bisogno di una teoria sufficientemente
generale per l’affidabilità dei sistemi (Galetto 1981 e 1982).
Gli obiettivi di affidabilità vanno fissati per il sistema e poi ripartiti ai vari
sottosistemi, poi ai gruppi, fino ai componenti. La tecnica di ripartizione degli obiettivi di
affidabilità deve essere tale che l’affidabilità del sistema, calcolata mediante l’affidabilità
dei componenti, e tenendo conto delle eventuali ridondanze, soddisfi all’obiettivo dato. I
vari obiettivi di affidabilità (R(t), A(t), M(t), m(t), h(t) ...) devono essere congruenti tra
loro sia a livello di sistema che a livello di componente: gli obiettivi ripartiti ai componenti
vanno trasferiti ai fornitori perché li sviluppino con quei valori di affidabilità. Ecco come
si costruisce la Qualità dei sistemi ed ecco perché l’affidabilità è una disciplina basilare per
la Qualità (qua intesa come scienza manageriale).
Tutto ciò è perfettamente coerente con quanto afferma Deming (1986) a pag.49,
“quality must be built in at the design stage”, e a pag.50, “It is better to work on the
processes, and on equipment and on materials and components that go into your product,
and on your procedures for testing these components before they go into the final product”
Bisogna quindi prevenire e migliorare i processi, il che vuol dire studiare gli effetti di
cambiamenti nei livelli dei parametri, cosa che può essere fatta pianificando gli
esperimenti in modo scientifico usando metodologie di Qualità come il DOE (Cap.3), che
consente di scoprire l’effetto dei fattori e delle loro interazioni, permettendo così
l’ottimizzazione dei prodotti e dei processi.
15
1.6 LE PERSONE E LA CULTURA VALGONO PIÚ DELLA
TECNOLOGIA
“Mere allocation of huge sums of money for quality will not bring quality.
There is no substitute for knowledge”
(Deming 1986, pag.50)
Molti pensano che per migliorare la Qualità bisogna sprecare tanti soldi , comprare
tante macchine, cambiare il personale; in realtà Deming ci dice che “the improvement took
place with the same people and with no new equipment”. Il punto fondamentale è la
formazione: gli uomini non si comprano ma vanno formati; formare le persone ed
elevarne la cultura e la capacità di logica può aiutare le aziende ad affrontare i complessi
problemi del mondo d’oggi: “è necessaria una preparazione con serio contenuto
scientifico, che abbia però l’uomo come punto di riferimento”(Galetto 1995). Dunque
Qualità è anche formazione e cultura: per ottenere comportamenti corretti e coerenti
occorre formare i manager, elevandone la Cultura della Qualità ed evitando il nozionismo
e gli slogan. Spesso invece nelle aziende il personale è bombardato di slogan:
“Zero Defects”
“Do it right the first time”
“Getting better together”
“Be a quality worker”
“Take pride in your work”
Come dice Deming, tali esortazioni sono giustissime ma sono dirette alle persone
sbagliate (i lavoratori) visto che la responsabilità del sistema è dei manager. “People
generally want to do the right thing, but in a large organization they frequently don’t
understand what is the right thing”(Deming 1986, pag.70). Anche Crosby (1986) dice che
non ha mai conosciuto nessuno che fosse contrario alla Qualità o favorevole ai problemi: le
persone vogliono lavorare bene se si dà loro questa opportunità.
In tutto il suo libro Deming sottolinea l’importanza che i lavoratori siano orgogliosi
del proprio lavoro: bisogna riuscire a motivare le persone perché uno che sente di essere
importante per il suo lavoro cercherà di essere sempre presente e potrà avere una parte
importante nel miglioramento del sistema. Anche Ishikawa, un altro ‘guru’ della Qualità,
enfatizza che il rispetto dell’uomo deve essere una parte integrante della filosofia
gestionale: “Employees must be able to feel comfortable and happy with the company, and
be able to make use of his capabilities and realize his potential”
1
.
Invece spesso avviene che i lavoratori si sentono frustrati perché accusati dal
management per colpe che invece appartengono al sistema in cui lavorano; le loro
prestazioni dipendono da un grande insieme di fattori: i colleghi, i materiali con cui si
lavora, le attrezzature, i capi, i clienti ... tutto ciò che compone il sistema. Deming sostiene
1
Questa frase è riportata in Wang (1993), a sua volta ripresa dal libro di Ishikawa, “What is Total Quality
Control? The Japanese Way” (1985)
16
che il 94% dei problemi sono causati dal sistema e non dai lavoratori; Juran sostiene che il
management è responsabile del 85% dei problemi all’interno delle aziende.
1.7 IL RUOLO DELL’UPPER MANAGEMENT
“Management too often suppose that they have solved their problems of quality
by establishing a Quality Control Department,
and forgetting about it”
(Deming 1986, pag.405)
La cosa più importante è che il management ai livelli più alti (upper) si renda conto
delle proprie responsabilità riguardo la Qualità; purtroppo i grandi capi dell’azienda sono
sensibili solo ad argomenti economici, ragionando per lo più in un ottica di breve periodo.
Ecco perché Juran (1988) dice che, quando è chiamato da un’azienda per una consulenza,
ai manager traccia sempre un analogia fra i compiti della funzione Qualità e quelli della
funzione Finanza secondo la famosa “trilogia di Juran” (1988):
1. pianificazione
2. gestione
3. miglioramento
Queste tra attività valgono tanto per la Finanza quanto per la Qualità ma in genere i
manager sono più interessati al primo elemento se non gli si fa toccare con mano gli
elevati risparmi nei costi della disqualità (par 1.7).
Il coinvolgimento dell’upper management è fondamentale: quando Deming venne
negli anni ’50 in Giappone incontrò direttamente i manager delle più grandi compagnie
giapponesi; solo così fu possibile implementare un controllo statistico di Qualità nelle
aziende nipponiche; Deming stesso riferisce che si era cercato di fare ciò anche in America
e già nel 1942 ma il management non fu sufficientemente coinvolto e il programma fallì.
I manager, per affrontare adeguatamente il problema della Qualità, devono
conformarsi ai principi del “tetraedro del manager razionale” (Galetto 1995), acquisendo la
capacità di decidere in condizioni di incertezza pensando alle conseguenze delle loro
decisioni nel lungo periodo (cap.2). La direzione dell’azienda deve imparare a premiare
coloro che agiscono per prevenire i problemi (non chi li crea) e incentivare chi vuole
imparare e impegnarsi seriamente, deve capire che lo scopo ultimo dell’azienda è la
continuità del lavoro per se stessa e per i propri dipendenti.
È allora necessario una “cultural revolution in management”, ma quando avverrà?
“The question may not be when, but whether”(Deming 1986, pag154).