4
identità attraverso l'instaurazione di una relazione di reciprocità tra
le parti. Questo rapporto avviene solitamente attraverso tre momenti
fondamentali.
Primo momento: il riconoscimento delle reciproche identità
attraverso l'ascolto delle reciproche esperienze. L'educazione
interculturale è, infatti, una forma di comunicazione che non
implica una trasmissione del sapere da un polo positivo a un polo
negativo (come comunemente avviene nelle forme di insegnamento
tradizionale), bensì una reciprocità formativa, in una co-educazione
che si compie in un crescere insieme arricchente per tutte le parti in
gioco.
Secondo momento: lo scambio dei reciproci patrimoni formativi.
La comunicazione interculturale non è un dialogo in cui ciascuna
delle parti rimane al proprio posto, ma è scambio, familiarizzazione
degli elementi culturali diversi in un progetto di reciproco
arricchimento.
Terzo momento: il riconoscimento di un comune denominatore
umano dietro le diverse esperienze che fa scomparire lo scarto
implicito nel precedente concetto di identità e fluidifica le
differenze.
Come può avvenire tutto ciò? L'esercizio più comune attraverso
cui questi tre momenti possono essere messi in moto (similmente a
5
un processo a cascata) è quella del decentramento del punto di vista,
che consiste nel calarsi nel punto di vista di chi abbiamo definito
sino ad ora altro per comprenderne l'essere, le ragioni e il contesto.
Non si tratta di un'immedesimazione piatta e acritica, ma di una
pratica che affievolisce distanze spesso preconcette verso chi ci
sembra diverso ed è, come noi, parte effettiva e costruttiva della
società. Il decentramento del punto di vista appare un compito
sempre più urgente nell'attuale assetto multiculturale della nostra
società dove l'altro - lo straniero, il migrante, il profugo - non è più
rappresentabile come tale perché, a tutti gli effetti, egli vive e opera
accanto e con noi con eguale dignità. L'assetto multiculturale e
complesso della società attuale sfugge assai frequentemente a chi
per professione si trova a svolgere un'attività di insegnamento. Nella
prassi didattica quotidiana le esigenze poste dalla società
pluriculturale stentano, infatti, a trovare risposte e soluzioni
adeguate.
Ritornando agli aspetti della didattica, si comprende facilmente
come in questa prospettiva uno studio che continui a considerare le
culture extraeuropee utilizzando filtri e distanze di sicurezza ha
sempre meno senso, in quanto quelle culture appartengono
costitutivamente al nostro mondo.
6
La letteratura si presenta come uno strumento assai efficace per
avvicinare gli studenti alla conoscenza di queste culture. La lettura
interattiva, la scrittura creativa, la drammatizzazione dei testi
costituiscono infatti dei dispositivi didattici mediante i quali
realizzare, tanto nelle attività di laboratorio come nel quotidiano
scolastico, il decentramento del punto di vista per la comprensione
di fenomeni apparentemente distanti. Prendiamo, ad esempio, il
neocolonialismo. Nel romanzo del marocchino Abdellatif Laâbi
Ordalia è contenuta una fiaba in cui sono ritratte le figure-simbolo
delle politiche neocoloniali: il Mago, ossia la potenza straniera che
sfrutta le risorse dei Paesi del Sud del mondo; il Signore,
paragonabile a uno dei tanti despoti che affamano i popoli di questi
paesi; il Sole, emblema delle risorse naturali. La lettura interattiva di
questo brano, l'esercizio d'interpretazione che viene richiesto ai
ragazzi e la conclusiva valutazione critica costituiscono
un'alternativa alla lezione frontale che alimenta l'analisi di un
fenomeno che, solitamente, non è oggetto di un approccio letterario.
Un'ultima considerazione relativa alla didattica interculturale e al
mondo giovanile. Quando i docenti propongono o veicolano i
ragazzi verso la conoscenza di elementi culturali appartenenti a
Paesi extraeuropei debbono sempre di più immaginare che costoro,
molto spesso, hanno già familiarizzato con questi fattori in maniera
7
naturale e creativa, secondo le fasi di quel processo che viene
chiamato antropo-poiesi giovanile.
L'antropo-poiesi è quel margine culturale che fa sì che l'uomo
non sia soltanto un animale di natura ma anche e soprattutto un
animale di cultura capace di modellare la sua esistenza e la sua
identità personale e sociale attraverso l'appropriazione di elementi
differenti e la creazione di forme contraddistintive. Se consideriamo
adeguatamente le culture giovanili, noteremo che la presenza di
fattori originari di culture extraeuropee sono molteplici e le loro
combinazioni avvengono spesso in modo spontaneo senza alcun
tipo di mediazione esterna.
L'approccio interculturale deve tener conto di questo
movimento spontaneo e naturale precedente all'insegnamento e fare
leva su di esso, riconoscendolo come risorsa. Per ottenere un buon
risultato, in altre parole, la didattica deve sapere venire dopo,
rinunciando a quella priorità logica e temporale - l'esperienza,
l'anzianità, la posizione superiore di chi insegna verso chi apprende
- di cui le tradizionali forme di trasmissione del sapere si sono
nutrite. L'educazione interculturale, infatti, è co-educazione,
scambio di saperi, reciprocità di relazione, maturazione comune di
esperienze e competenze dove barriere e fissità di schemi mostrano
tutta la loro provvisorietà e la loro inconsistenza.
8
Si potrebbe pensare che, nella società moderna, nella quale hanno
preso sempre più piede i valori dell’uguaglianza, della tolleranza e
della convivenza democratica, i pregiudizi e gli stereotipi abbiano
perso rilevanza. In realtà, pregiudizi e stereotipi stanno aumentando,
anche se sono meno riconoscibili perché stanno cambiando forma
rispetto a quelli tradizionali. Se, una volta, questi erano espliciti ed
arroganti, oggi sono impliciti e, spesso, camuffati da spiegazioni
apparentemente ragionevoli.
Alport definisce i pregiudizi:
"Il pensar male degli altri senza una ragion sufficiente"
1
L’autore sostiene che può accadere a chiunque di farsi un’idea
erronea di qualcosa o qualcuno e di generalizzare quell’idea a tutto
il suo gruppo di appartenenza. Finché una persona è in grado di
rivedere i propri giudizi errati alla luce di nuove prove, non si è di
fronte ad un pregiudizio ed è a questo atteggiamento che deve
mirare qualsiasi progetto educativo. Un pensiero diventa pregiudizio
solo quando resta irreversibile anche alla luce di nuove conoscenze.
I diversi, da sempre, sono le vittime preferite dell’”etichettamento”,
inteso come processo di attribuzioni di immagini stereotipate e fonte
di pregiudizio. A seconda dei casi e di una scala di minore o
maggiore intensità, essi sono oggetto di indifferenza,
1
G.W. Allport, The Nature of Prejudice, 1954, tr. it. La Natura del Pregiudizio, La Nuova
Italia, Firenze 1973, p.8
9
discriminazione, aggressione; ed è proprio su questi soggetti che si
canalizza l’aggressività collettiva sotto forma di atti di intolleranza
o di vero e proprio razzismo.
Può così accadere che un senegalese, ricoverato in ospedale, si
veda praticamente segregato, tramite un paravento appositamente
sistemato tra il letto e l’altro della stanza, perché la vista della sua
pelle risulta insopportabile al suo vicino, dichiaratosi apertamente
razzista. Oppure, si potrebbero citare, gli atti di aggressione nei
confronti di adulti e bambini delle comunità Rom presenti in Italia.
Chi non ricorda l’episodio di qualche anno fa, che vide coinvolta
una bambina Rom, alla quale furono rotti i polsi, mentre tentava,
secondo l’”aggredito”, di sottrargli il portafogli?
Eppure, l’immaginario legato al “popolo italiano”, non viene
intaccato anzi, esso appare come un popolo “buono”, “umano” e,
soprattutto, “non razzista”.
Il lavoro di ricerca qui presentato si rivolge al mondo dei bambini e
degli adulti.
Adorno riteneva che i bambini educati con troppo rigore, puniti
troppo severamente o criticati di continuo, sono più disposti degli
altri a sviluppare personalità in cui il pregiudizio di gruppo svolge
un ruolo di preminenza. Per contro, i bambini provenienti da
10
famiglie protettive e trattati con affetto e permissività, sono più
facilmente tolleranti.
2
Secondo questa teoria, il ruolo della famiglia non solo è di
fondamentale importanza per la crescita del bambino, ma è
considerata il primo “strumento di trasmissione” dei pregiudizi nei
bambini.
Le teorie che sono state elaborate successivamente, invece, hanno
dimostrato che i bambini sviluppano già dall’età dei 2,5 anni
pregiudizi e manifestano atti di intolleranza senza che, questi ultimi,
possano essere considerati comportamenti imitativi del mondo degli
adulti. A tale proposito, con il seguente lavoro, si è voluto indagare
su due campioni: 128 bambini e 256 genitori, al fine di stabilire se
ci sono relazioni circa il modo in cui, i due campioni di riferimento,
si pongono nei confronti della diversità etnica.
2
T.W. Adorno, The authoritarian personalità, New York, Harper. Trad. It. La personalità
autoritaria, Comunità, Milano 1997
11
“Si racconta che nell’antichità più antica tutti gli uomini erano
bianchi. I colori si erano divertiti a colorare le montagne, le piante,
gli animali, il cielo, ma si erano dimenticati di colorare gli uomini.
Quando se ne accorsero decisero subito di rimediare […]. Il nero
avrebbe colorato gli uomini che vivevano in Africa, il giallo quelli
che vivevano in Asia e l’arancione quelli che vivevano in America.
Fra litigi e discussioni si erano scordati degli uomini che vivevano
in Europa. Così gli europei restarono bianchi. Figuratevi la loro
rabbia quando se ne accorsero! Forse proprio per la vergogna che
i colori si fossero dimenticati di loro, presero a guardare di
malocchio e addirittura a disprezzare chi aveva la pelle colorata”.
[…]
3
3
P. Cappelli, Libro due, Il Mulino, Bologna 1987 p. 88-89
12
“Riguardo alle cose umane
non bisogna ridere, né piangere,
né indignarsi ma capire” (B.Spinoza)
4
CAPITOLO PRIMO
PREGIUDIZIO E SOCIETA’ INTERCULTURALE
1.1 L’individuo nella società multietnica
L’attuale società complessa e post moderna presenta due evidenti
caratteri: è pluriculturale e multietnica. Fino ad oggi, tutte le culture
si sono rette sul criterio della omologazione interna e della
differenziazione rispetto alle altre culture. Oggi, questo non può più
avvenire perché i flussi migratori, l’utilizzo di mezzi telematici che
permettono di entrare in comunicazione con il resto del mondo, la
possibilità di poter raggiungere facilmente e in poco tempo luoghi e
civiltà lontane, fanno sì che molteplici soggetti e culture si ritrovino
quotidianamente ad interagire fra loro. Di fronte a questa nuova
realtà, ci si deve porre l’urgenza di elaborare progetti educativi
nuovi che non si limitino solo ad educare tutti all’accettazione delle
differenze ed alla accoglienza delle diversità ma che mirino alla
4
Eretico filosofo ebreo considerato uno dei massimi esempi del razionalismo del 600
13
prevenzione di pregiudizi e discriminazioni, facendo
dell’intercultura il nuovo stile di vita, la nuova cultura universale.
5
Antonio Nanni individua quattro elementi strutturali affinché vi
possa essere vera interculturalità:
• L’interazione intesa come scambio reciproco con l’altro;
• L’empatia, che comporta un’interazione con l’altro
caratterizzata da investimento affettivo e capacità di “mettersi
nei panni dell’altro” e non dalla semplice curiosità;
• Il decentramento, cioè la capacità di assumere i punti di vista
delle altre culture;
• La transitività cognitiva intesa come il saper cogliere la
diversità dell’altro, facendola rientrare nei propri orizzonti
cognitivi, senza dare obbligatoriamente vita ad un processo di
assimilazione.
6
Di fronte a tale progetto, si pongono due ostacoli che non
possono essere ignorati: gli stereotipi ed i pregiudizi largamente
diffusi e riprodotti nella società contemporanea. Ci si porta dietro un
bagaglio di pregiudizi, luoghi comuni e stereotipi di cui non ci si
rende conto.
5
A. Perucca, La pedagogia interculturale, in A. Perucca, Pedagogia interculturale e
dimensione europea dell’educazione, Pensa, Lecce 2001
6
A. Nanni, L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna 1998
14
Prima di Copernico e Galileo, gli uomini erano convinti che la
terra fosse il centro del mondo e chi osava sostenere il contrario,
veniva considerato pazzo, se non addirittura messo a morte. Si è poi
scoperto che la terra è solo uno dei tanti pianeti dei tanti sistemi
solari che esistono; però, pare sia ancora convinzione diffusa che il
proprio personale punto di vista rappresenti il centro del mondo. Per
operare un cambiamento, bisogna lavorare innanzitutto sul proprio
punto di vista.
7
1.2 Le “scorciatoie” del pensiero
1.2.1 Il pregiudizio
Si potrebbe pensare che, nella società moderna, nella quale hanno
preso sempre più piede i valori dell’uguaglianza, della tolleranza e
della convivenza democratica, i pregiudizi e gli stereotipi abbiano
perso rilevanza. In realtà, pregiudizi e stereotipi stanno aumentando,
anche se sono meno riconoscibili perché stanno cambiando forma
rispetto a quelli tradizionali. Se, una volta, questi erano espliciti ed
arroganti, oggi sono impliciti e, spesso, camuffati da spiegazioni
apparentemente ragionevoli.
Il pregiudizio, come dice la parola stessa, è un preconcetto, un
giudizio che pre-esiste alla considerazione oggettiva di una persona,
7
http://www.biancoenero.it