INTRODUZIONE
identificata nel gruppo, inoltre l’atto richiesto procura un danno fisico oggettivo.
Danno che risulta difficile giustificare in funzione del maggior bene di tutta la
persona, come accade alle amputazioni “terapeutiche” o per gli interventi non
lesivi come la circoncisione maschile: l’intento perseguito attraverso
l’infibulazione è infatti quello di sottoporre la donna al controllo dell’uomo e della
comunità di appartenenza, renderla totalmente disponibile alle scelte del marito,
privandola dell’autonomia. «Più precisamente, infibulare le donne, significa
assicurare agli uomini il dominio sulla loro sessualità. E’ difficile insomma
giustificare il danno in ragione di questo maggiore bene futuro, che consisterebbe
nella stabilità familiare e sociale mantenuta dall’oppressione sistematica delle
donne in quanto donne»
1
.
Che alternativa quindi al mero rifiuto di questa pratica? La richiesta di
infibulazione può essere eventualmente interpretata come un’istanza di
riconoscimento dell’identità culturale, sostenuta dal principi di eguaglianza e di
non discriminazione? C’è spazio per un riconoscimento simbolico?
Il medico, (e qualsiasi persona che viene a contatto con questo problema)
deve cercare di capire che cosa si vuole ottenere con quella richiesta: si vuole
ottenere l’efficacia dell’atto, cioè la mutilazione al fine di impedire alla donna di
avere rapporti sessuali se non quelli voluti dal marito, oppure si cerca un
riconoscimento dell’identità culturale, attraverso l’identificazione che l’atto
produce nei confronti del gruppo? Se ciò che si cerca è il riconoscimento
dell’identità culturale, allora questa via consente di evitare l’esecuzione concreta
della mutilazione, cercando alternative che ne mantengano il significato
simbolico.
1
Sala R. 2003 Bioetica e pluralismo dei valori. Tolleranza, principi, ideali morali. Liguori Editore
Napoli. Pag 323 - 324.
2
INTRODUZIONE
L’infibulazione potrebbe essere scartata e potrebbero essere scelti al suo
posto gesti rituali o cerimonie di iniziazione che segnino l’appartenenza ma non
procurino danno
2
.
Credo che si possa inserire in quest’ottica la proposta di rito alternativo
all’infibulazione avanzata dai medici del Centro di riferimento regionale per la
prevenzione e la cura delle complicanze delle mfg di Careggi. Il Centro è nato
dalla presa di coscienza che le MGF non sono un fenomeno estraneo alla società
occidentale. Dopo anni di lavoro con donne infibulate, il medico Abdulcadir e la
dottoressa Catania hanno avanzato questa proposta di rito alternativo
all’infibulazione che ha come unico scopo la volontà di porre rimedio alla
sofferenza fisica e psicologica di queste donne.
Questo lavoro nasce con l’intento di capire perché nel terzo millenio ci siano
ancora pratiche come le MGF e di comprendere le ragioni che inducono tante
donne a praticarle e a farle praticare.
Nel primo capitolo vengono ripercorse le varie teorie sulle origini delle
mutilazioni genitali femminili e sul significato che queste assumono all’interno
delle culture in cui vengono praticate. Inoltre, il paragrafo 1.4 cerca di sfatare uno
dei luoghi comuni più ricorrenti riguardanti le MGF, e cioè la loro ipotetica
prescrizione da parte della legge islamica.
Nel secondo capitolo vengono messi in luce gli strumenti giuridici che la
comunità internazionale ha elaborato negli anni per cercare di arginare il
problema, con particolare attenzione alla situazione Italiana, dove da poco è stata
varata una legge specifica di condanna delle MGF.
2
In diversi stati africani la pratica dell’infibulazione è di fatto stata sostituita da incisioni lievi o
scarificazioni in cui la lesione interessa solo il derma. La scarificazione ha gli effetti secondari che
assumono significato simbolico, producendo segni di appartenenza, ma non gli effetti negativi
sulla salute fisica e psicologica delle donne.
3
INTRODUZIONE
Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione della proposta di rito alternativo
all’infibulazione, e ai vari aspetti etici e giuridici coinvolti.
Infine, la conclusione concepisce il rito alternativo come una possibilità di
riduzione del danno nell’immediato periodo, inserita senz’altro in una prospettiva
più ampia di eradicazione totale delle mutilazioni genitali femminili, mirante alla
cancellazione del significato discriminatorio della donna. Non vi è quindi nella
proposta la volontà di far passare un disvalore in nome della tolleranza e del
vivere civile tra culture diverse, ma la si ritiene una possibilità immediata di
andare oltre alla violenza cui molte bambine vengono sottoposte. Quindi si
cercherà di inquadrare la proposta in una sorta di contributo per l’eradicazione di
una pratica che ha radici nel passato più lontano e che una semplice dichiarazione
di principio non può cancellare.
4
CAPITOLO 1:
LE MUTILAZIONI/MODIFICAZIONI DEI GENITALI
FEMMINILI
1.1 ORIGINI
Lo studio della documentazione operato durante questo lavoro mi ha
permesso di capire come il problema delle modificazioni genitali abbia radici
molto più lontane di quanto i mass media e la letteratura di mera denuncia
vogliano farci credere.
L’antropologa Michela Fusaschi nel libro “I segni sul corpo”
3
spiega
esaustivamente come queste pratiche abbiano origini antiche, al punto da
coinvolgere alcuni passaggi centrali dello sviluppo intellettuale dell’Occidente: la
questione risulta presente sia nelle antiche civiltà mediterranee, sia nell’Europa
dell’età moderna.
Grazie agli scritti di Erodoto, si è venuti a conoscenza che pratiche di
modificazione dei genitali femminili erano in uso tra le popolazioni egiziane ed
etiopi già nel V secolo a.C., e che, successivamente, siriani e palestinesi ne
abbiano preso l’usanza dagli egizi. È dunque importante ricordare come le
mutilazioni fossero conosciute molto prima della nascita di Cristo e mantenute da
queste popolazioni anche dopo la loro conversione al cristianesimo o all’islam.
3
Fusaschi, M., 2003, I segni sul corpo. Per un’antropologia delle modificazioni dei genitali
femminili, Bollati Boringhieri, Torino.
5
CAPITOLO 1
Anche nell’antica Roma esisteva un tipo di mutilazione genitale: alle
schiave veniva passato un’ anello (“fibula”) tra le piccole labbra per evitare il
rischio di gravidanze. Da questa pratica ha origine il termine di “infibulazione”
4
.
Inoltre è interessante riscontrare come queste pratiche, ora così aspramente
denunciate dai mezzi di comunicazione in quanto estranee alla nostra cultura, non
fossero affatto sconosciute alla cultura Europea. Ad esempio, nel 1749, in piena
età dei Lumi, il conte Buffon in l’”Histoire Naturelle”
5
si occupa della
circoncisione, infibulazione e castrazione, descrivendole come pratiche
antichissime riguardanti sia il sesso maschile che il sesso femminile. In particolare
descrive con minuzia quelle destinate alle ragazze, operate, secondo l’autore, a
causa di uno sproporzionato accrescimento degli organi genitali esterni.
Anche Voltaire, fa spesso accenno alle pratiche escissorie: alla voce
circoncision, nel Dictionnaire Philosophique
6
, partendo dalle considerazioni di
Erodoto, ricostruisce un percorso storico della pratica. Egli sostiene che tutti gli
egiziani all’epoca erano circoncisi, e in questo modo avvalora la tesi, diffusa tra i
letterati suoi contemporanei, secondo cui la circoncisione fosse arrivata in Egitto
non tanto grazie agli ebrei, quanto piuttosto attraverso gli arabi. Secondo lo stesso
Voltaire, l’operazione sarebbe stata conosciuta anche dagli etiopi, i quali
l’avrebbero praticata tanto sui ragazzi quanto sulle ragazze.
Il riferimento a questi temi ricorre anche in altri suoi scritti, tant’è che in La
Philosophie dell’Historie
7
, senza riconoscerlo esplicitamente, Voltaire confuta la
tesi di Erodoto – tesi avvalorata in precedenza – secondo cui gli etiopi avrebbero
4
Mazzetti, M. (a cura di), 2000, Senza le ali. Le mutilazioni genitali femminili, Franco Angeli,
Milano, p. 15.
5
Buffon, G.-L. L., 1984, Histoire naturelle, a cura di J. Varlot, Gallimard, Paris (ed. or. 1749).
6
Voltaire, 1994, Circoncision in Id. Dictionaire philosophique, ed. Critica a cura di Ch. Mervaud,
Voltaire Foundation, Oxford (ed. or.1764)
7
Voltaire, 1969, La Philosophie de l’histoire, Voltaire Foundation, Oxford (ed. or. 1765)
6
LE MUTILAZIONI/MODIFICAZIONI DEI GENITALI FEMMINILI
ripreso tale pratica dagli antichi egizi. Il filosofo si pone quindi la seguente
domanda: «La circoncisione viene dagli egiziani o dagli stessi etiopi?» e a essa fa
seguire una risposta piuttosto ironica: «Io non lo ne so nulla. Ma quelli che lo
sanno, parlino».
Successivamente giungerà ad affermare (utilizzando volutamente o meno
una coniugazione al passato) che gli etiopi e gli arabi «circoncidevano anche le
ragazze, tagliando una parte delle piccole labbra; il che prova molto bene che né
la salute né la pulizia possono essere le ragioni di questa cerimonia, perché
sicuramente una ragazza incirconcisa può essere altrettanto pulita di una
circoncisa»
8
.
Fra il 1768 e il 1773, l’esploratore scozzese James Bruce attraversa l’Africa
orientale redigendo un diario di viaggio che fornisce interessanti informazioni
sulle pratiche escissorie in Etiopia e in Egitto. Bruce ritiene l’escissione molto
diffusa in Etiopia (la stessa regina di Saba sarebbe stata escissa), pratica motivata
da un peculiare aspetto degli organi genitali presente nelle donne locali.
Cito un brano dell’esploratore scozzese
9
, in cui è messo in luce il
comportamento dei missionari cattolici nei loro tentativi di repressione nei
confronti dei copti egiziani praticanti l’escissione:
“Quando i preti cattolici romani andarono a predicare in Egitto, non
mancarono di sostenere le loro missioni accordando dei vantaggi temporali e
facendo piccoli doni ai loro proseliti assecondando i loro bisogni. Ma credendo
che l’escissione delle donne copte fosse un costume giudaico, lo impedirono, sotto
pena di scomunica a coloro che, una volta convertiti, avessero fatto escindere le
bambine. Le genti obbedirono e le giovani che erano state esentate
8
Fusaschi, M., 2003, I segni sul corpo. Per un’antropologia delle modificazioni dei genitali
femminili, Bollati Boringhieri, Torino, pp. 59-60.
9
Fusaschi, M., 2003, I segni sul corpo. Per un’antropologia delle modificazioni dei genitali
femminili, Bollati Boringhieri, Torino, p. 61
7
CAPITOLO 1
dall’operazione, una volta arrivate all’età della pubertà, presentavano una
deformazione così visibilmente mostruosa, che ripugnava agli uomini e
ostacolava lo sviluppo della popolazione. Così i nuovi cattolici, sicuri di trovare
tra le donne della loro religione una cosa nei confronti della quale essi avevano
un’avversione invincibile, preferivano sposare degli eretici che l’escissione aveva
affrancato dalla loro difformità naturale, ricadendo così ben presto nell’eresia. I
missionari, rendendosi conto che il numero dei loro proseliti non avrebbe mai
potuto accrescersi di molto e che la proibizione di un costume reso necessario dal
clima di opponeva al loro successo, sottomisero il caso al Collegio della
Propaganda a Roma. I cardinali presero la cosa a cuore e inviarono in Egitto
alcuni chirurghi abili per esaminare le cose […] I Chirurghi al loro ritorno
dichiararono che il calore del clima o qualche altra causa naturale produce sulle
rive del Nilo una dilatazione considerevole della parte più segreta della donna, e
così differente da quello che si poteva vedere altrove, che senza dubbio essa
ispirava disgusto agli uomini, opponendosi dunque al disegno per cui il
matrimoni era stato istituito. Il Collegio della Propaganda permise allora
l’escissione, a condizione che la ragazza che si sarebbe sottoposta a questo
costume non per conformarsi alle leggi giudaiche, ma piuttosto per non
contraddire l’oggetto del matrimonio. […] Da quel momento i cattolici d’Egitto,
così come i copti sono fedeli osservanti dell’escissione; e quando le ragazze
raggiungono l’età di sette otto anni le donne gliela fanno subire servendosi a
questo scopo di un coltello o di un rasoio”
10
. Durante il XVIII e il XIX secolo,
grazie a una letteratura d’esplorazione, inizia a plasmarsi un pregiudizio collettivo
nei confronti delle mutilazioni genitali femminili. Si formano nel vecchio
10
Bruce J., 1790-92 Voyage aux sources du nil en nubie et en abyssinie, 1768-1772, London
8