2
del linguaggio pubblico è un aspetto cruciale per migliorare i rapporti tra Stato e
cittadino: ne deriva che la capacità di comunicare in modo chiaro da parte delle
pubbliche amministrazioni costituisce un elemento fondamentale della loro stessa
credibilità. La chiarezza delle comunicazioni pubbliche deve essere vista come un
vero e proprio diritto del cittadino, tanto da essere inserita tra gli standards
qualitativi dell’agire pubblico
2
.
Per poter garantire un linguaggio amministrativo chiaro bisogna semplificarlo, ma
ciò non è così semplice da realizzare. Per questo sono stati creati negli ultimi anni
degli strumenti, anche informatici, per aiutare i dipendenti pubblici a liberarsi dalle
pessime abitudini linguistiche acquisite negli anni e a redigere in maniera semplice le
loro comunicazioni, soprattutto quelle scritte. Numerosi sono stati anche i tentativi,
volti a migliorare il linguaggio della pubblica amministrazione, intrapresi dal
Dipartimento della Funzione pubblica: dal Codice di stile del 1993 fino alla recente
direttiva sulla semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni del
2005. Purtroppo, però, queste iniziative hanno raggiunto solo in parte il loro scopo,
soprattutto a causa della forte resistenza dei pubblici dipendenti a modificare il
linguaggio specialistico e a volte complesso utilizzato nelle comunicazioni
pubbliche. I motivi di questa resistenza sono da individuare nella diffusa convinzione
che il linguaggio amministrativo non possa essere semplificato. Il nodo del problema
sta proprio nel far capire che scrivere in modo semplice non significa scrivere in
modo semplicistico: la semplificazione non è un’operazione banale, bensì piuttosto
complessa, che implica un costante sforzo teso a rendere accessibile e comunicativo
il testo amministrativo
3
. All’interno delle strutture pubbliche è sempre stata molto
radicata la convinzione che le complicazioni fossero inevitabili, in quanto solo il
rispetto di una procedura particolarmente complessa poteva consentire
all’amministrazione di rispettare tutti i vincoli di legittimità imposti all’atto
amministrativo. I dipendenti pubblici tendono più a scrivere pensando a come
2
S. SEPE (a cura di), La semplificazione del linguaggio amministrativo, Presidenza del Consiglio dei
Ministri-Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, 2003, 7.
3
M.A. CORTELAZZO, F. PELLEGRINO, Guida alla scrittura istituzionale, Laterza, Roma-Bari, 2003, 3.
3
gradirebbe il dirigente, che deve poi firmare l’atto, piuttosto che alle esigenze di
comprensione del destinatario dell’atto. Lo stesso Fioritto nota che
nell’amministrazione “a volte traspare in maniera evidente che i documenti sono
scritti per superare i controlli interni o esterni e non per i cittadini cui sono
destinati”
4
.
Quando si parla di linguaggio amministrativo, inevitabilmente si deve trattare anche
il problema del linguaggio delle leggi. Esiste un forte legame tra la lingua della
burocrazia e quella dei testi giuridici e legislativi, dovuto dal fatto che gli atti
amministrativi trovano proprio nei testi giuridico-legislativi la loro fonte primaria di
legittimazione. Spesso gli uffici pubblici hanno il compito di acquisire le
informazioni, che provengono dal Governo centrale sotto forma di atti giuridici
(leggi, regolamenti o circolari), di interpretarli e smistarli ai singoli destinatari. Ciò
significa che spetta all’amministrazione pubblica riformulare i contenuti delle leggi
in modo che, da una parte, siano il più possibile comprensibili al destinatario finale,
dall’altra siano funzionali allo scopo specifico della procedura da realizzare. Questo
lavoro spesso non raggiunge l’obiettivo: sia perché alcune leggi sono scritte con
l’intento di permettere più di una interpretazione, sia perché i burocrati, non
riuscendo a comprendere in pieno il testo degli atti a loro indirizzati, si limitano, in
molti casi, a riprodurre i testi legislativi nei loro atti. Il dipendente pubblici finisce,
quindi, per utilizzare nei suoi atti lo stesso linguaggio delle leggi e delle circolari
ministeriali
5
, rinunciando così a quella opera di rielaborazione del testo, che avrebbe
dovuto facilitarne la comprensione da parte dei cittadini destinatari. Di fronte alla
impronta minuziosa di molte leggi ed alla crescente tortuosità delle norme legislative
i funzionari reagiscono, evitando ogni eventuale interpretazione e quindi ogni
eventuale coinvolgimento della propria responsabilità, facendo così ricadere i
problemi posti dalla oscurità e incomprensibilità delle leggi direttamente sui cittadini.
4
A. FIORITTO (a cura di), Manuale di stile, Strumenti per semplificare il linguaggio delle
amministrazioni pubbliche, Il Mulino, Bologna, 1997, 13.
5
L’articolazione del testo delle istituzioni dipende direttamente dal testo di legge, in
M.A.CORTELAZZO, La semplificazione del linguaggio amministrativo: il modello 740, in
M.A.CORTELAZZO, Italiano d'oggi, Padova, Esedra, 2000, 147.
4
Tutto ciò provoca un ingorgo comunicativo che pesa in modo intollerabile
sull’efficienza della comunicazione pubblica.
La cattiva qualità dei testi legislativi si riflette inevitabilmente sul lessico burocratico
delle amministrazioni pubbliche amplificandone le conseguenze negative: in quanto,
mentre i testi giuridico-legislativi sono fondamentalmente destinati ad un pubblico di
specialisti, che conoscono il linguaggio tecnico utilizzato dal redattore, i testi
amministrativi sono indirizzati ad un pubblico molto vasto, caratterizzato da livelli di
scolarizzazione assai differenziati. Mentre l’oscurità delle leggi colpisce la
collettività solo in maniera indiretta, la scarsa comprensibilità degli atti burocratici
crea un disagio quotidiano per la maggior parte della società civile, proprio perché le
comunicazioni delle amministrazioni pubbliche (bandi di concorso, multe, bollette
telefoniche, modelli di pagamento delle imposte) sono spesso dirette alla generalità
dei cittadini. Ad oggi sono veramente poche le comunicazioni pubbliche che
risultano sufficientemente chiare ed esaurienti per il cittadino “medio”.
E’ proprio partendo dalla rapida descrizione delle caratteristiche del linguaggio
legislativo che prende avvio il presente scritto, il quale intende affrontare il tema
della semplificazione del linguaggio, racchiudendo nel lavoro di analisi sia la
descrizione delle ragioni socio-culturali che hanno portato le pubbliche
amministrazioni a scrivere talvolta in modo così oscuro e incomprensibile, sia la
indicazione dei fondamenti giuridici su cui poggia la necessità di rendere chiaro il
linguaggio delle pubbliche amministrazioni, per poi concludere con una descrizione
riassuntiva delle principali linee guida di buona scrittura amministrativa
6
.
6
Essere chiari vuol dire anzitutto strutturare in modo logico l’argomentazione, far capire qual è lo
scopo della comunicazione, evitare di lasciare indistinti i soggetti, evitare le locuzioni ridondanti, in
F.FRANCESCHINI, S.GIGLIO (a cura di), Manuale di scrittura amministrativa, Agenzia delle Entrate,
Roma, 2003, 10.
5
1. L’oscurità delle leggi e del lessico burocratico
Montesquieu, nel libro diciannovesimo dell’Esprit des lois, affermava che “le leggi
non devono essere sottili: sono fatte per individui di mediocre intelligenza; non sono
espressione dell’arte della logica, ma del semplice buon senso di un padre di
famiglia”
7
. Queste parole sono utilizzate per esprimere l’essenza del rapporto tra
potere e cittadini. Il tema ha continuato a riproporsi anche successivamente: Lenin,
ad esempio, auspicava uno Stato nel quale potesse governare anche la cuoca e ancora
oggi la casalinga o l’operaio sono presi ad emblema del cittadino medio al quale va
commisurata la comunicazione pubblica.
Esiste un preciso rapporto tra chiarezza delle norme e grado di fiducia tra legislatore
e giudici o funzionari, chiamati ad applicare le norme. L’elevata diffidenza dei
redattori delle norme verso i suoi interpreti porta ad un’elevata minuziosità nella
redazione delle stesse avviando un circolo vizioso che ha spinto all’esasperazione dei
vincoli contenuti nelle norme. In Italia il fenomeno è stato favorito dalla tendenza
delle amministrazioni pubbliche ad usare norme di dettaglio per ripararsi dalle
pressioni politiche. Ciò ha contribuito a creare un fitto groviglio di prescrizioni
legislative, difficilmente modificabili, che favoriscono una tendenziale paralisi
operativa delle amministrazioni pubbliche e minano pesantemente la certezza del
diritto, considerata da molti come uno dei principi cardine degli ordinamenti giuridici
moderni, seppure non previsto dal diritto positivo.
Una delle caratteristiche negative delle leggi, che contribuisce al disordine normativo
a cui oggi siamo abituati, è il fatto che queste risultano confuse e scritte male.
Esempi di leggi cd. oscure possono essere dati da due importanti leggi tese alla
razionalizzazione degli apparati pubblici: la legge 23 ottobre 1992, n. 421 e la legge
24 dicembre 1993 n. 537. La prima ha un impianto molto articolato con prescrizioni
particolareggiate, tanto che l’articolo 2 occupa circa 6 pagine della Gazzetta
Ufficiale, la seconda è composta di 17 articoli e di ben 331 commi. Già da questi due
esempi si può desumere come ci si trovi sempre più spesso di fronte a testi legislativi
7
MONTESQUIEU, Le leggi della politica (a cura di A. POSTIGLIOLA), Roma, Editori Riuniti, 1979, 515.
6
caotici e difficili da interpretare.
Vi sono leggi che raccolgono insieme norme di diverso genere, o il cui titolo non
corrisponde all’oggetto disciplinato, leggi che contengono continui rinvii ad altre,
leggi che prevedono una clausola di abrogazione di tutte le norme incompatibili,
leggi che si susseguono disciplinando frammentariamente lo stesso oggetto,
perdendo di vista il problema del raccordo con la legislazione vigente. Spesso inoltre
le leggi sono scritte in un linguaggio contorto e sono usati termini ambigui, oscuri o
inusuali. Agli inconvenienti prodotti dalla cattiva redazione dei testi legislativi si
aggiunge a volte un’ulteriore difficoltà riguardante la carenza della copertura
amministrativa che rende inattuabile la legge stessa. Tale fenomeno si verifica
qualora la legge disciplina fattispecie e prevede interventi, che risultano
irrealizzabili, in quanto mancano o sono insufficienti le strutture tecniche e
amministrative per attuare la norma o per controllarne l’applicazione. Altre volte la
legge è troppo particolareggiata, così da invecchiare rapidamente e divenire
inapplicabile.
Se in alcuni casi l’oscurità e l’imprecisione delle leggi trovano la loro ragione in una
aspetto esclusivamente politico, cioè la legge, in quanto frutto di compromessi tra
interessi opposti, trenta di scontentare il minor numero di soggetti possibili, spesso la
insoddisfacente qualità delle legge dipende dall’incapacità del redattore.
L’oscurità del linguaggio legislativo ha conseguenze rilevanti sull’interpretazione e
l’applicazione della stessa, in quanto norme poco chiare lasciano un ampio margine
di discrezionalità al giudice e alla pubblica amministrazione, a tutto discapito della
certezza del diritto e dell’imparzialità delle decisioni.
7
1.1 Le ragioni del malessere
Le ragioni storiche che hanno portato a una cattiva legislazione sono da ricercare
nella fase di passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale. Dagli ideali illuministi
di trasparenza normativa, che ammetteva poche regole generali, si è passati ad una
fase in cui la legge ha smarrito la chiarezza ed è sempre più caratterizzata da
proliferazione, scarsa qualità, incapacità di sopravvivere e particolarismo giuridico.
Il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale ha portato ad abbandonare il
carattere della generalità delle leggi e allo stesso tempo la ricerca dell’uguaglianza
sostanziale tra i vari membri della società ha richiesto l’utilizzo di una legislazione
analitica e minuta (affirmative action), volta alla differenziazione, alla specialità e
all’eccezione. Questo passaggio ha quindi contribuito al proliferare di norme
settoriali e per questo meno chiare.
Altra causa del malessere della legge è la crisi politica: le scollature politiche, da
superate con compromessi verbali, hanno comportato uno spostamento della
decisione dal Parlamento alla Magistratura, costretta ad estrarre principi e massime
dalla leggi. La legge diviene un vero e proprio strumento di manipolazione politica,
la quale si dimostra incapace di decidere nel momento stesso in cui usa disposizioni
intruse e poco chiare.
1.2 Le strategie di intervento
La sentenza della Corte Costituzionale n. 364 del 24 marzo 1988, dichiarando
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5 del codice penale nella parte in cui non
esclude dall’inescusabilità della legge penale l’ignoranza inevitabile e definendo il
nuovo testo dell’articolo 5 del codice penale: “L’ignoranza della legge penale non
scusa tranne che si tratti d’ignoranza inevitabile”, richiama l’attenzione pubblica su
una fondamentale questione di garanzia di conoscibilità delle leggi, da riconoscere a
tutti i cittadini.
L’ignoranza va valutata sia con riferimenti a condizioni oggettive, sia soggettive: tra
le prime rientra il caso in cui lo Stato non abbia reso oggettivamente conoscibile la
8
legge, per mancata riconoscibilità della disposizione normativa (ad es. l’assoluta
oscurità del testo normativo) o un caotico atteggiamento interpretativo (degli organi
giudiziari, ecc), dai quali si ravvisa l’impossibilità di conoscere la legge da parte di
ogni consociato
8
.
La Corte eccepisce l’incostituzionalità dell’art. 5 c.p. nei confronti dell’art. 3 Cost,
commi 1 e 2 (principio di uguaglianza formale e sostanziale) ciò in quanto chi
adempie ai suoi doveri di diligenza (art. 2 Cost), che gli impongono d’informarsi, e
ciò nonostante si trovi in uno stato di ignoranza della legge non può essere trattato
allo stesso modo di chi abbia deliberatamente violato tali doveri. Se il cittadino si è
dimostrato ligio al dovere e ciò malgrado continua a non conoscere la legge, la sua
ignoranza deve essere considerata inevitabile e pertanto scusabile
9
.
La sentenza, affermando che costituisce causa di giustificazione l’ignoranza
inevitabile della legge, la quale può discendere da condizioni di ritardo culturale del
singolo o da eccessivo affollamento delle norme in un settore, spinge verso la ricerca
di soluzioni al problema dell’oscurità del linguaggio delle leggi e dell’eccessiva
proliferazione delle stesse.
Vi sono diverse direzioni di intervento, in primo luogo per poter migliorare la
situazione occorre provvedere al miglioramento del linguaggio utilizzato dal
legislatore, ma questo intervento deve necessariamente essere accompagnato da una
forte azione di decongestionamento dell’universo normativo, ciò in quanto la
chiarezza del linguaggio non è sufficiente a migliorare la qualità del quadro
normativo se il numero delle leggi è talmente elevato da renderla nel suo complesso
oscura.
La dottrina propone diverse strategie da adottare per migliorare la qualità delle
norme, tra le quali quella di agire direttamente durante l’iter di formazione delle
8
Il fondamento della scusa dell’inevitabile ignoranza vale per chi versa in condizioni soggettive
d’inferiorità e non potrà essere strumentalizzata per coprire omissioni di controllo di soggetti, che per
la loro elevata condizione sociale e tecnica, sono esigibili di particolari comportamenti di diligenza e
conoscenza delle leggi penali.
9
L’ignoranza scusabile esclude la responsabilità penale, ciò in quanto l’effettiva possibilità di
conoscere la legge è uno dei requisiti soggettivi minimi dell’imputazione.
9
leggi: la presentazione di un progetto di legge già steso in modo chiaro potrebbe
certamente contribuire al miglioramento della qualità del testo normativo
10
.
I diversi problemi legati all’oscurità delle leggi hanno inoltre richiamato l’attenzione
sulla necessità di utilizzare una tecnica legislativa (detta anche drafting), capace di
migliorare la qualità tecnica e giuridica delle leggi, che deve coinvolgere non solo i
tecnici, ma anche la classe politica.
Un rimedio all’oscurità delle leggi viene visto anche nella cd. analisi di fattibilità: si
tratta di una valutazione preventiva della capacità di realizzare gli obbiettivi
attraverso la legge che si intende proporre. Attraverso questa analisi si vuole inoltre
verificare se è effettivamente necessario provvedere con legge al raggiungimento di
un determinato scopo o se non vi siano altre modalità. Si tratta sostanzialmente di un
filtro selettivo che precede l’adozione della norma
11
.
Altri rimedi all’oscurità della legge sono l’utilizzo di strumenti di semplificazione e
di consolidamento. Tra i primi rientra la cd. delegificazione, cioè la sostituzione della
legge con fonte regolamentare per la disciplina di una certa materia (art. 17 legge
400/88, legge La Pergola n. 86/89 e legge 50/99 per i Testi Unici). Tra i secondi
rientrano i procedimenti di codificazione con Testi Unici, che riescono a garantire un
quadro totale di un settore normativo
12
.
Anche la pubblicazione della legge è vista come momento incisivo sulla conoscibilità
delle leggi e pertanto sul rapporto tra che si crea tra Stato e società.
10
La nostra Carta Costituzionale si limita a prescrivere che il progetto debba essere redatto in articoli.
In realtà un filtro c’è ed è il giudizio di ricevibilità del testo da parte del Presidente dell’assemblea, ma
non sempre funziona efficacemente. Durante la fase della discussione del progetto di legge si possono
introdurre emendamenti al testo primitivo rendendo difficile in controllo della leggibilità del testo nel
suo complesso. Il controllo sull’ammissibilità degli emendamenti, riguardante l’eliminazione di frasi
sconvenienti o intruse, è affidato al presidente dell’assemblea, ma questo può risultare molto difficile
da effettuare visto l’elevato numero di emendamenti che spesso vengono proposti e per il fatto che
spesso viene richiesto di votare subito gli emendamenti anziché dopo 24 ore dal loro deposito.
11
L’analisi di fattibilità ha avuto scarsa applicazione nel nostro ordinamento, mentre le tecniche di
redazione hanno trovato una loro concreta applicazione, come dimostrano le Checklists: griglia di
domande da utilizzare per una corretta redazione della norma.
12
Il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure, è stato istituito presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri dalla Legge 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme
concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998, con il preciso scopo di
stimolare la codificazione.