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ξ Responsabilità condivisa”.
1
Quanto appena riportato, è l’introduzione del documento del millennio firmata dai
189 leaders mondiali durante la riunione del settembre 2000. Rappresentano i
cosiddetti “MILLENNIUM DEVELOPMENT GOALS”, che costituiscono un patto a
livello planetario fra Paesi ricchi e Paesi impoveriti fondato sul reciproco impegno a
fare ciò che è necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo
per tutti. Si tratta di otto obiettivi indispensabili:
1. eliminare la fame e la povertà;
2. assicurare un’istruzione elementare a tutti;
3. promuovere la parità tra i sessi e l’empowerment delle donne;
4. diminuire la mortalità infantile;
5. combattere l’HIV/ AIDS, tubercolosi e malattie varie;
6. assicurare la sostenibilità dell’ambiente;
7. sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo.
Questa unione di idee, di impegno, questo sforzo profuso a livello globale si è reso
necessario, si rende e si renderà necessario anche per le generazioni future, perché ci
si è resi conto che le normali teorie sullo sviluppo, sulla crescita e i relativi
programmi di attuazione, unita alle fede incontrastata per quel fenomeno che tutti
chiamano “globalizzazione” senza sapere realmente cosa sia, stanno portando la
comunità globale, l’intero pianeta verso un punto “morto” dove cioè i poveri saranno
sempre più poveri ed emarginati, la ricchezza sarà concentrata sempre più nelle mani
di poche persone e istituzioni che governeranno il commercio internazionale, facendo
si che le disuguaglianze sia all’interno dei paesi che fra nazioni aumentino. C’e
bisogno di ripensare lo sviluppo, non solo in chiave sociale, ma anche considerando
la dimensione ambientale, prendendo come modello di sviluppo l’uso sostenibile
delle risorse ambientali, rispettando i vincoli dati dalla capacità di rigenerazione e di
assorbimento da parte dell’ambiente naturale; ciò presuppone una strategia di
1
Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, settembre 2000.
3
sviluppo che tenga conto dei valori ambientali e di una loro eguale distribuzione su
scala planetaria.
In ultimo, ma non sicuramente per importanza, fondamentale è considerare lo
sviluppo economico in un ottica di sostenibilità e di umanizzazione dei suoi
contenuti, cioè considerare accanto alle normali variabili economiche quali capitale,
lavoro, anche il capitale naturale, dato dall’insieme dei sistemi naturali e considerare
l’aspetto umano dello sviluppo, cioè le relazioni uomo/uomo in un’ottica di giustizia
ed equità planetaria.
Questa necessità di un cambio di direzione, di considerare lo sviluppo non più solo
sotto una luce prettamente economica ma anche considerando la componente sociale
e ambientale, era già stata intuita molto anni addietro ma purtroppo senza successo da
U Thant,
2
che nel 1969 in un suo discorso avvertiva l’intero sistema mondiale
affermando che “ i paesi membri dell’ONU hanno a disposizione a malapena dieci
anni per accantonare le proprie dispute e impegnarsi in un programma globale di
arresto della corsa agli armamenti, di risanamento dell’ambiente, di controllo
dell’esplosione demografica, orientando i propri sforzi verso la problematica dello
sviluppo. In caso contrario, c’e da temere che i problemi menzionati avranno
raggiunto, entro il prossimo decennio, dimensioni tali da porli fuori di ogni nostra
capacità di controllo”
3
Purtroppo quello che era stato in un certo modo anticipato da Thant molti anni
addietro, oggi è diventato argomento e oggetto di discussione,tanto che si cerca di
porre delle soluzioni e di trovare dei punti di riflessione comuni partendo dalla base,
o meglio cercando di ridefinire lo sviluppo in contrapposizione alle ora mai obsolete
e non più adatte teorie economiche, inserendo al suo interno anche la variabile umana
in tutte le sue sfaccettature: salute, istruzione, libertà di azione, di espressione, dignità
e ugual diritti per tutti. Questa nuova visione ha indirizzato le nuove teorie
economiche e le nuove correnti dottrinali verso quello che oggi viene chiamato
“SVILUPPO UMANO SOSTENIBILE” , che secondo ’interpretazione dell’UNDP si
2
Segretario Generale delle Nazioni Unite(1969)
3
I limiti dello sviluppo, rapporto del Massachusetts Institute of Technology, 1972
4
intende essere “il processo che permette alle persone di ampliare la propria gamma
di scelte”.
4
Non entrando qui nel merito, in quanto nel proseguo del lavoro è ampiamente messo
in risalito ed oggetto di un’accurata analisi, mi preme sottolineare che, rispetto alle
teorie tradizionali della crescita economica, l’approccio dello sviluppo umano
considera la crescita del Pil come una condizione necessaria ma non sufficiente.
Infatti lo sviluppo umano considera il reddito un mezzo e non un fine e il benessere di
un paese dipende dall’uso che viene fatto del reddito e non dal suo livello. Per evitare
distorsioni occorre sviluppare le “capacità umane” e distribuire equamente le
“opportunità”, cioè il valore della crescita è fondamentale ma altrettanto importante è
la distribuzione della crescita, vale a dire se le persone partecipano pienamente al
processo di crescita.
Da questa nuova corrente di studio, di pensiero, di approcciarsi ai problemi del
pianeta e dei suoi abitanti, che appunto sfocia nell’approccio dello Sviluppo Umano,
due sono le riflessioni che possono scaturire e che viaggiano su binari paralleli:
ξ in primis si comprende come il concetto di sviluppo sostenibile (uno sviluppo
che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future
generazioni di soddisfare i propri bisogni)
5
e quello di sviluppo umano, alcune
righe sopra menzionato, abbiano al centro la persona umana; pertanto lo
sviluppo per essere considerato umano e sostenibile, deve promuovere i
bisogni essenziali/diritti umani in una prospettiva intra-generazionale (le
persone che vivono adesso sulla terra) e inter-generazionale (future
generazioni).
ξ Secondo aspetto fondamentale riguarda il fatto che l’innovativo approccio
dello Sviluppo Umano elaborato dalle Nazioni Unite per lo Sviluppo, impone
un ripensamento della concezione dello sviluppo esclusivamente come crescita
economica.
4
Human Development Report 1990 (UNDP)
5
Rapporto Bruntland, Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unte sullo Sviluppo
Sostenibile, 1987
5
Quindi lo Sviluppo Umano Sostenibile rappresenta l’approccio attorno a cui si sono
venute costruendo le risposte delle organizzazioni internazionali( WTO, BANCA
MONDIALE, FMI), degli stati e della società civile alla questione ambientale e alle
disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo.
Seguendo questo nuovo approccio allo sviluppo, con tutte le implicazioni che ne sono
scaturite, il Programma delle Nazioni Unite (UNDP), elaborando la teoria dello
Sviluppo Umano, ha tenuto conto di alcuni aspetti fondamentali che mai prima, nelle
teorie economiche tradizionali legate allo sviluppo avevano trovato posto. Al centro
di tutto c’e la presa di coscienza che le scelte, come pilastro fondamentale dello
sviluppo, possono essere infinite e cambiare nel tempo. Ma a tutti i livelli di sviluppo,
le tre scelte essenziali per la gente sono vivere un’esistenza lunga e sana, acquisire
conoscenze ed accedere alle risorse necessarie per un dignitoso tenore di vita. Se
queste scelte non sono disponibili, molte altre opportunità rimangono inaccessibili.
6
A queste tre dimensioni si ricollega un insieme di capacità fondamentali per la vita
umana:
La “longevità”riflette la capacità di vivere a lungo e in buona salute ed è
indicativa delle condizioni di vita materiale di ogni individuo come
l’alimentazione, la sanità, la copertura dei servizi di base, l’abitazione;
Le “conoscenze e l’istruzione”esprimono la capacità dell’individuo di
comunicare e partecipare alla vita della comunità;
“L’accesso alle risorse”è rappresentativo di uno standard di vita decente e
vuole essere espressione di quelle dimensioni dello sviluppo umano diverse
dalle due trattate nei punti precedenti.
Queste considerazioni teoriche sono state trattate nei vari Rapporti sullo Sviluppo
Umano pubblicate dall’UNDP dal 1990 in poi e tradotte in un aggregato numerico,
“L’Indice di Sviluppo Umano (HDI)”, il quale ha permesso di ottenere una classifica
mondiale dei paesi, i cui punteggi dipendono dalla speranza di vita alla nascita, dal
livello di istruzione e dal reddito pro capite reale in parità di potere d’acquisto
6
“Globalizzazione e Disuguaglianze”, Luciano Gallino, 2002
6
(PPA$), il quale rientra nel calcolo dell’HDI come surrogato di tutte la altre
dimensioni dello sviluppo umano che non si riflettono in una lunga e salutare vita e
nella conoscenza, sull’assunto che per raggiungere un rispettabile livello di sviluppo
umano non c’è bisogno di un reddito illimitato.
Inoltre l’UNDP ha elaborato anche un’altra serie di indici che permettono di
comparare le condizioni di vita, il grado di partecipazione alla vita sociale, politica,
pubblica della maggior parte dei paesi del mondo, ma per una trattazione più
dettagliata che parte dalla considerazioni delle variabili di interesse passando per la
metodologie di calcolo per arrivare alla costruzione vera e propria dell’indice ed a
una sua comparazione con altri strumenti di calcolo si rimanda al capitolo 2, dove
inoltre utilizzando parametri dell’esclusione, quali la possibilità di poter godere di
una vita lunga e sana è stato analizzato “l’indice di Povertà Umana”(HPI), introdotto
nel rapporto del 1997.
7
Nel capitolo 1 è stato trattata la “goccia” che ha fatto traboccare il vaso, o meglio il
fenomeno che ha portato ad un cambiamento nel modello di sviluppo ed a una sua
ridefinizione pratica, cioè è stato analizzato il fenomeno della “Globalizzazione”
ritenuto da molti il motore di questa “rivoluzione copernicana”. In particolare dopo
una parte definitoria, cercando di dare una definizione per quel che possibile del
fenomeno sia dal punto di vista classico, e cioè in senso economico che da quello
sociale con tutto quello che ciò comporta, sono stati analizzati con particolare enfasi
gli aspetti negativi ritenuti alla base dell’aumentare delle disuguaglianze tra e
all’interno dei paesi , nonché alla base dell’aumento dei poveri nel mondo.
Come precedentemente detto, nel capitolo 2 si analizza in dettaglio lo sviluppo
umano, la sua misurazione e le metodologie di applicazione, ciò per poter poi
comprendere a fondo quando riportato nel capitolo 3 e cioè il ruolo svolto dalle
istituzioni internazionali preposte a garanzia di uno sviluppo equo e solidale; in
particolare si è analizzati il ruolo di quattro organismi internazionali:
7
“Sradicare la povertà”, Rapporto sullo Sviluppo Umano 1997
7
UNDP con particolare enfasi sugli “Obiettivi del Millennio” e sul loro grado di
attuazione a sei anni dalla loro emanazione e in proiezione 2015 scadenza che
l’istituzione si è data come primo target di obiettivi da raggiungere;
Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione
Mondiale del Commercio(WTO); volutamente ho voluto trattare queste tre
istituzioni assieme in quanto, non sempre hanno agito nel rispetto delle leggi
commerciali sociali economiche ed etiche alla base di uno sviluppo umano
sostenibile.
Nel quarto e ultimo capitolo sono stati analizzati dei casi studio riguardanti alcune
nazioni al fine di mettere in luce i punti di contatto e quelli di divergenza esistenti fra
crescita economica e sviluppo umano per meglio comprendere le dinamiche non
sempre legate alle variabili economiche, messe in luce dall’approccio dello sviluppo
umano.
Alla luce di quanto detto nelle pagine addietro, si comprende come ci sia stato
innanzitutto una forte presa di coscienza da parte di “tutti”e non mi riferisco solo ai
maggiori organismi internazionali, come poi in seguito si avrà modo di comprendere
della necessità di un cambiamento di rotta, che si è tradotto in una revisione ampliata
del concetto di sviluppo determinata in primis dalla necessità di abbattere le
disuguaglianze presenti nel mondo dovute alla ineguale distribuzione dei vantaggi
portati dalla globalizzazione. Altro aspetto fondamentale è stato quello di cercare di
far comprendere i “nuovi strumenti” di cui si dispone per poter capire e analizzare le
varie componenti sia umane che economiche alla base dello sviluppo, che permettono
di esprimere un giudizio quanto più obiettivo possibile sullo stato di salute
dell’ambiente e soprattutto sulle condizioni di vita dei “cittadini” del mondo
8
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Un approfondimento si può trovare in “Economia totale e mondo della vita, il liberismo nell’era della biopolitica”,
Manifesto libri, 2003.