primi capitoli, più precisamente i primi tre e il prologo
1
, sarebbero
stati quelli che meglio avrebbero rappresentato il romanzo nell’ottica
di una prova di traduzione, anche perché, nel caso specifico,
costituiscono l’incipit di un intero ciclo e rivestono quindi un ruolo di
particolare interesse dal punto di vista della loro orchestrazione.
La trama del
romanzo
La vicenda narrata è ambientata in un medioevo mitico, avvolto
nella leggenda, in cui gli uomini vivevano accanto agli elfi, ai nani e
ai mostri. A ciascuno di essi la dea Dana aveva affidato un talismano,
garante della loro sopravvivenza. Al termine di una terribile guerra i
mostri erano stati cacciati al di là dei Confini con le Terre Oscure, ma
la concordia fra i tre Popoli Liberi era fragile…
Le Crépuscule des Elfes narra le ultime ore degli elfi: la storia di
un oscuro complotto, della fine di un mondo, di una spedizione
destinata fin dall’inizio al fallimento, di un combattimento disperato e
di un amore impossibile.
Il romanzo si apre con la riunione dei rappresentanti dei popoli che
siedono al Gran Consiglio: elfi, nani e uomini. Baldwin, re dei Nani
sotto la Montagna Rossa, chiede che l’elfo Gael, presunto assassino
di Troîn, re dei Nani sotto la Montagna Nera, sia punito. Il Consiglio,
presieduto da Pellehun, re degli Uomini, decide di inviare una
delegazione alla ricerca dell’elfo. Ha così inizio una spedizione, non
priva di insidie, che si spingerà fino alle Paludi delle Contee di
Confine. In realtà Gael non ha solamente ucciso Troîn: l’elfo ha
anche rubato il talismano di cui il re era custode, la Spada di Nuada,
senza la quale i nani sono condannati a una morte certa. Dietro tutto
questo si cela il complotto degli uomini che vogliono impadronirsi
del mondo. L’equilibrio, già precario, è ormai rotto.
1
Citazione di apertura compresa, tratta da “Sogno di una notte di mezza estate” di William
Shakespeare, per la cui traduzione si è scelto di proporre la versione di Goffredo Raponi (cfr. i
Riferimenti Bibliografici, pag. 118).
IX
Nel seguito della trilogia, Uter, uno degli uomini della spedizione,
promette di recuperare la Spada sacra ai nani per restaurare l’antico
ordine. Nel frattempo i nani, privati del loro talismano, sono
scomparsi e gli elfi si sono rifugiati sull’isola di Avalon. Gli umani
regnano dunque incontrastati. Ma l’orda dei mostri, guidati
dall’Innominabile, supera i Confini e li attacca. Per opporre
resistenza, Uter chiede aiuto a Lliane, regina degli Alti Elfi, e decide
di sottrarre ai mostri il loro talismano, la Lancia di Lugh, per
condannarli a un destino di morte. Una nuova guerra si prepara.
Breve nota
sull’autore
Jean-Louis Fetjaine è nato nel 1956. Laureato in filosofia e storia
medievale, giornalista e dal 1985 anche editore, è autore di numerosi
testi umoristici, scritti insieme a Pierre Antilogus, tra cui si ricordano
Le guide du jeune père e Le guide de survie à l'usage des parents.
Con la “Trilogia degli Elfi” si è imposto all’attenzione del grande
pubblico come uno dei principali esponenti francofoni della
letteratura fantastica contemporanea. Acclamato dai lettori ma anche
dalla critica, Jean-Louis Fetjaine ha saputo trarre ispirazione dalle
leggende arturiane e dall’universo di Tolkien, rielaborando la materia
già esistente e reinterpretando la letteratura del meraviglioso. Nel
2000 la rivista Science-Fiction Magazine gli ha conferito il Prix
Ozone per il romanzo L’Heure des Elfes e tre anni dopo la critica ha
riconosciuto il suo talento assegnandogli il Prix Imaginales per il
miglior romanzo fantasy (Le Pas de Merlin).
X
I suoi scritti principali sono:
Le Crépuscule des Elfes (Belfond, 1998)
La Nuit des Elfes (Belfond, 1999)
L'Heure des Elfes (Belfond, 2000)
Le Pas de Merlin (Belfond, 2002)
La Forêt de Merlin, in collaborazione con Jean-Luc Boivent (Le Pré-
aux-Clercs, 2003)
Brocéliande - Le Pas de Merlin 2 (Belfond, 2004).
Le Crépuscule
des Elfes e la
letteratura
fantastica
Uno dei grandi limiti che da sempre caratterizza la ricerca
linguistica e letteraria è costituito dall’“ossessione” di suddividere i
testi in categorie assolute, i generi testuali. Questa voluta
schematizzazione ha portato a trascurare un elemento fondamentale
dei testi, vale a dire il loro carattere ibrido, e, parallelamente, il ruolo
dei loro fruitori. L’idea che i “generi” testuali si differenzino perché
“contengono qualcosa” non appare convincente: la tipologia testuale
è infatti strettamente collegata al contesto e alle aspettative del
destinatario. Malgrado la fondatezza e ragionevolezza di tali critiche,
la collocazione de Le Crépuscule des Elfes all’interno del filone
fantasy è inequivocabile: i suoi protagonisti sono gli eroi della
tradizione celtica e del ciclo arturiano, i luoghi in cui è ambientata la
vicenda narrata coincidono con la Gran Bretagna, patria dei cicli epici
dell’antichità e, prima ancora, delle saghe della tradizione orale, e la
stessa vicenda narrata rivela esplicite reminescenze provenienti dalle
precedenti narrazioni sul fantastico. Inoltre, il tema del meraviglioso e
la presenza di elementi soprannutarali avvertiti come normali dai
personaggi e dal supposto lettore costituiscono un ulteriore anello di
XI
congiunzione tra il romanzo in questione e la letteratura fantasy.
Infine, a rinsaldare tale legame contribuisce anche l’inserimento,
all’inizio del primo capitolo, di una frase in Adunaico, uno degli
idiomi creati da Tolkien: in base ai numerosi studi condotti dagli
esperti in materia, tale formula, Byrnan Nith, significherebbe Giovane
arso, bruciato.
La letteratura
fantastica
contemporanea
La narrazione fantastica contemporanea, comunemente
denominata fantasy, ricopre una produzione letteraria vasta ed
eterogenea formata essenzialmente da romanzi ma anche da racconti
brevi e, più recentemente, da storie a fumetti. Le ambientazioni sono
ora immaginarie, ora reali: talvolta l’autore sceglie di far riferimento
a un Medioevo più o meno verosimile, altre volte opta per un passato
non meglio precisato, e anche i luoghi in cui si svolgono le storie
possono essere inventati o meno. A seconda dei romanzi e delle scelte
specifiche dello scrittore, i personaggi sono frutto della fantasia del
singolo autore o possono appartenere a una tradizione più o meno
antica, più o meno mitica, più o meno documentata. Sempre presente
nella letteratura fantasy è il tema dell’inchiesta, vale a dire della
ricerca: la forza che muove la storia è proprio la ricerca, di qualcosa o
di qualcuno, che si sublima in ricerca esistenziale. Da qui il tema del
viaggio come ricerca materiale e spirituale, come banco di prova
dell’individuo, come metafora della vita, dei dubbi, dei conflitti che
da sempre affliggono l’uomo.
La letteratura fantastica ha ottenuto un grande successo di pubblico a
partire dagli anni 1950 e 1960 con la pubblicazione dei celebri
romanzi di J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit e la trilogia de Il Signore degli
Anelli (1945-1955). Grazie al successo ottenuto da Tolkien, il fantasy
è stato oggetto di un rinnovato interesse, anche da parte della critica,
e ha conosciuto una sorta di rinascita, rivelandosi assai prolifico.
XII
Le origini del
fantasy
La letteratura fantastica ha origini antichissime: i primi esempi
provengono dalla mitologia greca e latina e da quella germanica
anche se il vero nucleo trova le sue più autentiche e feconde radici
nella mitologia celtica e nelle rielaborazioni che fiorirono nel
Medioevo (si pensi al ciclo arturiano – incentrato sul tema della
Tavola Rotonda, la corte di re Artù, Merlino e la ricerca del Sacro
Graal – e al ciclo carolingio – imperniato sulla figura di Carlo Magno
e i suoi paladini). Si tratta di una sorgente di ispirazione che ancora
non si è spenta, ma che anzi è proseguita nel Rinascimento con i
poemi del Boiardo, dell’Ariosto e del Tasso per arrivare, dopo
l’appannamento dell’età dei Lumi, fino ai giorni nostri.
Nonostante gli inevitabili cambiamenti rispetto alla materia che
l’ha ispirata, la letteratura fantastica contemporanea mostra notevoli
punti in comune con i cicli epici e lirici medievali. Innanzitutto
l’ambientazione, che è l’Europa di un tempo lontano, spesso
riconducibile al Medioevo. In secondo luogo i protagonisti: guerrieri,
cortigiane, re, principi, ma anche creature non umane che popolavano
i poemi di una volta: elfi, folletti, nani, gnomi… Poi il tema centrale,
cioè la ricerca. Infine le tematiche più elevate: i personaggi di oggi si
pongono spesso interrogativi sulla propria esistenza e sul senso della
vita, proprio come gli eroi cantati dai bardi medievali. E come allora,
nonostante una sostanziale unitarietà tematica, questa letteratura si
scinde in filoni differenti: ci sono autori che si svincolano
completamente da qualsiasi reminescenza storica per inventare luoghi
e creature immaginari, altri che scelgono di restare più vicini alla
verità storica o che si preoccupano di dare uno sfondo reale e
documentato alle storie che raccontano, altri ancora che scelgono una
via intermedia. Malgrado queste differenze, gli scrittori di oggi sono
accomunati dall’idea di utilizzare il materiale messo a disposizione
dalla storia, dai poemi medievali, da successive rielaborazioni di
XIII
autori a loro contemporanei, per reinventarlo in un’ottica tutta
personale e originale, fino a scambiare, volutamente, un personaggio
con un altro, una storia con un’altra, un nome con un altro. Proprio
come allora. Ma ciò che forse costituisce il legame più forte e denso
di reminiscenze con la tradizione epica e cavalleresca è la presenza,
nei romanzi fantasy di oggi, di un sistema di antroponimi e toponimi
che si riallacciano alle antiche saghe e che per questo costituiscono un
ponte tra ieri e oggi. Quella dei nomi propri è una questione tutt’altro
che agevole: per prima cosa non tutti i nomi risalgono ad antiche e
assodate tradizioni, poiché accade che alcuni di essi abbiano solo un
legame con romanzi contemporanei dello stesso o di un altro autore;
inoltre quei nomi, che invece mostrano radici antiche e che
attraversano secoli di letteratura, non sempre sono attribuiti allo
stesso personaggio, in un gioco che rafforza quella tendenza allo
“scambio” di cui si diceva poc’anzi.
In particolare, ne Le Crépuscule des Elfes di Jean-Louis Fetjaine le
diverse tendenze coesistono, poiché l’autore ha scelto di affiancare a
nomi di sua invenzione, nomi e personaggi di fama secolare. Si
vedano, a questo proposito, i nomi propri degli elfi, in gran parte
originali di questo romanzo, e, per converso, i nomi attribuiti ai
talismani, molti toponimi e il nome collettivo dei quattro popoli stessi
che richiamano, in modo inequivocabile per un lettore esperto, la
mitologia celtica. Per un’ulteriore e più dettagliata analisi di questo
fenomeno si rimanda in particolare alle pagg. XXII-XXX e XXXIV-
XLIV. Per ora basti sapere che il romanzo in questione è costellato di
allusioni, più o meno esplicite, più o meno accessibili, allo sterminato
universo in cui si sono intrecciati per secoli e secoli poemi, saghe,
miti e leggende.
XIV
IL PROGETTO DI TRADUZIONE: TEORIE E STRATEGIE
XV
Il progetto
traduttivo:
coerenza e
consapevolezza
Come teorizza Henri Meschonnic (1995), costruire un progetto
di traduzione significa stabilire una relazione tra due testi, il Testo
di Partenza (TP), già esistente, e il Testo di Arrivo (TA), ancora
potenziale. Tale relazione si instaura attraverso una “ricodifica
interlinguistica operata in base a un sistema di gerarchie” (Salmon
2003, 197) e, di conseguenza, il valore di un progetto dipende
dalla maggiore o minore consapevolezza con cui il traduttore attua
le proprie scelte. Poiché il grado di corrispondenza tra il TP e il
TA varia in base all’interpretazione personale, l’unico criterio
oggettivo per giudicare il valore di un progetto, e quindi di una
traduzione, è la coerenza, ossia l’assenza, nel processo traduttivo,
di arbitrio e meccanicità. Nell’elaborazione della sua strategia, che
lo orienterà in quello che sarà il suo approccio globale al TP, il
traduttore deve analizzare le funzioni del testo e individuare quello
che sarà “il proprio atteggiamento soggettivo verso le opzioni
possibili” (Salmon 2004, 73), nel rispetto delle gerarchie stabilite,
poiché le scelte iniziali lo condizioneranno nelle strategie che
adotterà successivamente nel processo decisionale (Salmon 2003,
197).
Le funzioni di
un testo
L’approccio generale con cui un traduttore si avvicina al testo
da tradurre è strettamente connesso alla tipologia testuale, che
dipende a sua volta dalla funzione di un testo, vale a dire, come
specifica Juliane House (1981), dall’uso che di un testo si fa in un
determinato contesto situazionale: da qui l’introduzione delle
“tipologie funzionali”. Di conseguenza, la metodologia traduttiva
e, a monte, il progetto di traduzione varieranno in base al tipo di
testo con cui ci si confronta.
Nello schema sotto riportato è illustrata la tripartizione delle
funzioni linguistiche operata da Karl Bühler (1965).
XVI
A ciascuna di queste tre macrofunzioni Katharina Reiss (1971)
associa un tipo di testo:
e a ciascun testo una dimensione del linguaggio:
Referenziale
Æ Testo incentrato sul contenuto cognitivo
Espressiva
Æ Testo incentrato sul mittente
Conativa
Æ Testo incentrato sul destinatario
Referenziale Æ
Testo incentrato sul
contenuto cognitivo
Æ
Testo informativo
(argomento tecnico-
scientifico)
Espressiva Æ
Testo incentrato sul
mittente
Æ
Testo espressivo
(letteratura)
Conativa Æ
Testo incentrato sul
destinatario
Æ
Testo conativo (istruzioni,
pubblicità…)
Testo incentrato sul contenuto Æ
Dimensione logica
(contenuto)
Testo incentrato sul mittente Æ
Dimensione estetica
(stile)
Testo incentrato sul destinatario Æ
Dimensione dialogica
(persuasione)
XVII
Naturalmente, come sottolinea Peter Newmark (1981), il testo è un
oggetto multifunzionale e come tale deve essere trattato:
impossibile ricondurre un testo a un’unica tipologia e individuarvi
una sola funzione testuale. Mutuando le funzioni individuate da
Roman Jakobson (1966), Newmark associa una funzione specifica
a ciascuna delle tre macrofunzioni identificate da Bühler:
L’importanza di questi schemi teorici ai fini del processo
traduttivo è testimoniata dalla necessità di individuare la funzione
dominante nel TA, ma anche di “indovinare” l’intenzione
dell’autore del TP, identificare il destinatario e il contesto di
origine del TP, così come il destinatario e il contesto di ricezione
del TA, e in base a questi elementi articolare coerentemente il
proprio progetto traduttivo (Scarpa 1997).
Macrofunzione Referenziale Æ
Funzione fatica
Macrofunzione Espressiva Æ
Funzione estetica o poetica
Macrofunzione Conativa
Æ
Funzione metalinguistica
Problem solving
Una volta stabilita la finalità della traduzione, identificato il
destinatario e circoscritto il contesto in cui il TA si situerà
all’interno della lingua-cultura d’arrivo, il progetto di traduzione si
rivela un compito decisionale, ossia un “compito di problem
solving” (Salmon, 2003, 197): risolvere i problemi scartando le
opzioni che si dimostrano incompatibili con il progetto
individuato. Affinché le proprie scelte risultino coerenti con la
XVIII
strategia adottata, e quindi efficaci, il traduttore deve, in primo
luogo, riconoscere il problema, ossia individuare tutte quelle
situazioni che potrebbero rivelarsi fonte di problemi e quindi di
decisioni; successivamente deve elaborare una serie di possibili
azioni per rispondere al problema e prevedere la misura in cui
ciascuna azione si ripercuoterà sulle decisioni future. (Damasio
1995, 253).
Automatismo
vs. meccanicità
Se, come affermato, la coerenza – definita come assenza di
meccanicità (o meccanicismo) – risulta essere l’unico metro per
misurare la validità del progetto di traduzione, è necessario
soffermarsi sul concetto di automatismo ed evidenziare la distanza
che separa questo processo da meccanicità e improvvisazione. La
meccanicità è un procedimento imputabile al dilettantismo e trova
la sua maggiore esemplificazione nel calco linguistico, mentre
l’improvvisazione può essere associata all’ inconsapevolezza,
ovvero all’assenza di progetto. Al contrario, l’automatismo è frutto
dell’esperienza e della ripetizione di azioni che “accelerano le
capacità decisionali”, senza per questo renderle incontrollabili
(Salmon 2003, 198). Tale evoluzione verso un’elaborazione
sempre più rapida ed efficace delle risposte avviene mediante
l’esercizio. Competenze ed esperienza contribuiscono a elaborare
la scommessa del traduttore sulle possibili interpretazioni e
soluzioni di un problema e quindi su quella che sarà la propria
traduzione e su come questa verrà recepita nella cultura d’arrivo.
Nel processo traduttivo, ai ragionamenti e alle decisioni che stanno
a monte del progetto si uniscono allora gli elementi che
contribuiscono a livello inconscio all’elaborazione di una strategia
(emozioni, sentimenti, esperienza della Lingua di Partenza (LP) e
della Lingua di Arrivo (LA)…).
XIX
Attualizzazione
e omologazione
vs.
storicizzazione
e straniamento
Æ ibridazione
Nel processo traduttivo, centrale è la fase in cui si individuano
le funzioni prioritarie del TP e del futuro TA (che possono non
coincidere) e si ordinano gerarchicamente le decisioni che ne
deriveranno, prevedendone tutte le possibili concatenazioni. In
primo luogo è necessario conoscere l’identità del committente
della traduzione, quindi identificare i destinatari (del TP e del TA)
e, in base a queste considerazioni, stabilire un ventaglio di opzioni
interdipendenti.
In ordine cronologico, la prima scelta che il traduttore deve
operare è tra l’attualizzazione e la storicizzazione del testo: il
traduttore decide cioè “come il lettore leggerà il TA” (Salmon
2004, 74). “Attualizzare” significa cancellare la distanza
cronologica esistente tra il testo e il lettore e far sì che il lettore
legga il TA come se fosse contemporaneo dell’autore del TP;
“storicizzare” significa invece riprodurre tra il TA e il suo lettore
la distanza esistente tra il TP e il suo lettore. Se attualizzazione e
storicizzazione sono procedimenti che si svolgono lungo l’asse
diacronico, la scelta tra omologazione e straniamento coinvolge
invece l’asse culturale. “Omologare” un testo significa trasformare
ogni elemento che richiama la cultura del TP in un elemento che
può essere recepito come appartenente alla cultura del TA;
“straniare” significa creare una distanza culturale tra il TA e il suo
lettore. Lo straniamento è l’effetto più difficilmente realizzabile
poiché il rischio è che il risultato non sia straniante ma “strano”: la
distinzione tra straniamento e meccanicità è apparentemente molto
sottile, ma vistosa.
Tre sono le strategie che possono essere adottate per attuare
l’omologazione: la compensazione, lo spostamento e
l’esplicitazione. Compensazione e spostamento si attuano quando
l’informazione contenuta in un segmento del TP non può essere
restituita interamente nel segmento omologo del TA. In questo
XX
caso il traduttore può modificare il segmento (compensazione in
senso stretto) o trasferire l’informazione in un altro segmento, ad
esempio nella nota del traduttore (spostamento). L’esplicitazione è
la strategia che si attua di fronte a informazioni implicite ma
evidenti a qualunque lettore nativo del TP: il traduttore aggiunge
allora un frammento di testo per esplicitare quell’informazione che
altrimenti nel TA andrebbe perduta.
Una via intermedia tra l’attualizzazione e la storicizzazione e tra
l’omologazione e lo straniamento è l’ibridazione, che consente di
fondere le due tendenze, optando appunto per un ibrido all’interno
del quale il traduttore può dosare l’impronta omologante e
l’impronta straniante per produrre un TP che non sia grottesco per
la rigidità e l’estremismo delle scelte.
Dalla
“equivalenza
formale” di
Nida alla
Skopostheorie
Si è detto che costruire un progetto di traduzione consiste nello
stabilire una relazione tra il testo che origina il processo di
traduzione e il prodotto che da tale processo scaturisce. Questo
rapporto può essere delineato su più livelli (semantico, stilistico,
pragmatico) e il segmento testuale che il traduttore sceglierà di
considerare come punto di partenza della propria strategia
determinerà il piano di equivalenza che verrà creato tra i due testi.
Il concetto di “equivalenza” tra il TA e il TP è quindi un concetto
relativo e dinamico, dipendente dalle scelte operate dal traduttore
ma anche dalla cultura in cui agisce. Tale è l’orientamento di
Eugene A. Nida (1964), il quale opera la fondamentale distinzione
tra “equivalenza formale” (l’equivalente formale più vicino alla
forma e al contenuto del TP) ed “equivalenza dinamica” (basata
sul principio dell’“effetto equivalente” sul lettore del TA). In
questo modo, alla tradizionale dicotomia fra “traduzione letterale”
e “traduzione libera”, si sostituisce la polarizzazione tra “fedeltà
all’autore” e “fedeltà al destinatario”, intesi come estremi di un
continuum all’interno del quale sono possibili strategie intermedie.
XXI
Inoltre, introducendo il concetto di “effetto equivalente”, Nida
pone l’accento sulla funzione pragmatica del TA, del TP e quindi
del processo traduttivo (ibidem). Un ulteriore passo avanti è stato
compiuto negli anni 1980 grazie all’avvento della Skopostheorie,
secondo cui l’equivalenza non è più basata sugli aspetti linguistici
ma sullo scopo del processo traduttivo, cui viene riconosciuto il
gradino più alto nella scala gerarchica del procedimento
decisionale. In base a questo approccio, lo scopo del processo
traduttivo varia a seconda del punto di vista e dell’ambiente
culturale, linguistico e storico in cui il TA andrà a collocarsi e la
validità di una traduzione dipenderà dalla coerenza che il
traduttore esibirà con il progetto costruito: dalla “fedeltà
all’autore” alla “fedeltà al progetto”. (Salmon 2003, 120). Come
suggerisce Roger T. Bell (1991), il traduttore dovrà interrogarsi sul
“che cosa?”, “il perché”, “il quando”, “il dove?”, “il come?” e “il
chi?” del TP, ovvero il contenuto cognitivo, le intenzioni
(consapevoli e inconsapevoli) del mittente, l’ambientazione
spazio-temporale, il mezzo e i partecipanti della comunicazione. In
tal modo sarà possibile individuare la funzione del TP, intesa come
le modalità di applicazione o di utilizzo di un testo all’interno di
un determinato contesto situazionale e culturale (House, 1981). Di
conseguenza, il TA sarà adeguato se costituirà l’approssimazione
più vicina possibile al significato e all’uso del TP.
Le Crépuscule
des Elfes e il
progetto
traduttivo
Il punto di partenza del presente progetto traduttivo è costituito
dalle succitate analisi teoriche: su di esse è stata innestata una serie
di valutazioni (ragionamenti) tenendo conto dello scopo
dell’autore del TP, delle caratteristiche e del ruolo del destinatario
del TP ma anche del destinatario del TA, ossia della traduzione.
Il testo scelto per la prova di traduzione rientra nella
macrocategoria del testo espressivo o estetico. Se per il testo
XXII