condotto dall’Istat riguardante i 4400 decessi dovuti all’Alzheimer registrati in Italia nel 2001.
Anche in questo caso tutte le schede oggetto d’analisi sono state sottoposte a codifica manuale
ad opera di personale specializzato.
A partire dai decessi relativi al 1995 è stata introdotta in Italia la codifica automatica
delle schede di morte attraverso la quale si dispone dell’intera informazione, tanto di natura
demografica che sanitaria, riportata sulla scheda stessa. La qualità dei dati prodotti attraverso
questa nuova procedura ha subìto un notevole miglioramento: il processo automatizzato
permette la riduzione della variabilità dovuta alla diversa interpretazione dello stesso processo
morboso da parte dei codificatori preposti alla codifica manuale, migliora la coerenza
nell’applicazione delle numerose regole di codifica stabilite in sede internazionale e aumenta
la comparabilità dei dati non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Anche i tempi
di rilascio dei dati finali hanno subìto una contrazione notevole: con il personale attualmente
impiegato nella codifica manuale, in grado di codificare la sola causa iniziale di morte di circa
1600 schede al giorno, occorrerebbe oltre un anno e mezzo per codificare le oltre
cinquecentomila schede relative ad un anno. Con la codifica automatica si esegue il lavoro
completo di codifica di tutte le cause menzionate sulla scheda di morte (causa iniziale,
intermedia, finale e concause) in circa sei mesi.
Secondo le procedure seguite dal processo di codifica automatica delle schede di morte
utilizzato dall’Istat, vengono sottoposte a riconoscimento e codifica automatica
esclusivamente le schede relative alle morti naturali, con l’esclusione dei decessi relativi alle
province autonome di Trento e Bolzano, i cui dati per causa vengono codificati localmente
dagli uffici provinciali di statistica sulla base delle schede di morte individuali (modelli Istat
D4 e D5). Sono esclusi dal processo di codifica automatica anche le morti violente e quelle
avvenute prima del compimento del primo anno di vita per le quali viene effettuata
direttamente la codifica manuale ad opera di personale specializzato.
Lo studio della mortalità si fonda essenzialmente sull’informazione riportata sulla
scheda di morte individuale e la qualità dei dati prodotti dipende strettamente dall’esaustività
e dalla correttezza con la quale essa viene compilata. La sezione del modello utilizzato per
registrate i decessi dedicata alla parte sanitaria prevede, nel caso di morte da causa naturale
qui analizzato, quattro quesiti nei quali il medico certificatore può descrivere il quadro
morboso dalla sua fase iniziale fino all’evento morte. Egli ha a disposizione due stringhe per
indicare la causa iniziale e la causa finale, quattro per le cause intermedie e cinque per le
concause.
4
Finalità della tesi è stata, in primo luogo, lo studio strutturale delle schede di morte
codificate con successo in automatico, in relazione al totale delle schede sottoposte a codifica
automatica, al fine di verificare la possibilità di effettuare studi non distorti sulla
multimorbosità utilizzando il solo collettivo delle schede codificate con successo, le uniche
per le quali si dispone dell’informazione necessaria per lo studio della multimorbosità. In
effetti, gli studi condotti fino ad ora in Italia sulla multimorbosità, hanno necessitato della
codifica manuale delle schede oggetto di studio e, di conseguenza, della restrizione del campo
di analisi ad alcune patologie specifiche per non incorrere in tempi di predisposizione troppo
lunghi. Un risultato che assicuri la rappresentatività delle schede codificate con successo in
automatico, rispetto al totale delle schede di morte (o meglio, della selezione di queste relative
alle sole schede sottoposte a codifica automatica) permetterebbe di ottenere l’importante
risultato di ridurre la tempistica riconsentendo di effettuare studi sulla multimorbosità di
carattere generale, e non circoscritti a cause di morte particolari.
I dati presi in considerazione in questo studio sono relativi ai decessi registrati in Italia
nel corso del 2001 e, in particolare, ai records individuali sottoposti alla codifica automatica,
ossia il totale dei decessi del 2001 esclusi i casi sopraccitati.
Nel capitolo 2 viene descritto il processo di produzione delle informazioni relative alla
mortalità per causa e la procedura di codifica automatica delle schede di morte utilizzata
dall’Istat.
Nel capitolo 3 vengono presentati alcuni studi recenti sulla multimorbosità, condotti a
livello internazionale, con particolare attenzione allo studio francese condotto da France
Meslè ed Aline Desesquelles, pubblicato nel 2001, inerente l’analisi delle cause multiple di
morte attraverso il confronto tra gli Stati Uniti (dati riguardanti il 1994) e la Francia (dati del
1996). Viene inoltre descritto l’uso potenziale dei dati ottenuti dall’approccio multicausa
proposto dall’American Bureau of Statistics.
Nel capitolo 4 è riportata la predisposizione dei dati relativi ai decessi registrati in Italia
nel 2001. La prima analisi descrittiva ha interessato la struttura dei decessi in base alle
variabili oggetto di studio: età, sesso, numero medio di patologie menzionate sulle schede di
morte e causa iniziale di decesso, con l’obiettivo di verificare la rappresentatività del
collettivo formato dalle schede codificate con successo in automatico, rispetto al complesso
dei decessi. Si è proceduto, dapprima ad un confronto grafico tra le due popolazioni e,
successivamente, ad una valutazione delle differenze attraverso l’applicazione di test statistici
a campioni di ampiezza pari al 3% dei decessi, ottenuti con un campionamento casuale
semplice senza ripetizione. Su tali campioni è stato applicato il test statistico del chi-quadrato
5
per sottoporre a verifica l’ipotesi nulla di indipendenza delle caratteristiche strutturali delle
due popolazioni prese in esame in relazione alle variabili a disposizione.
Nel capitolo 5 sono riportati, infine, i risultati ottenuti dall’analisi della multimorbosità
condotta sull’insieme delle schede codificate con successo in automatico.
Il trattamento e lo studio di dati sensibili come quelli relativi alle cause di morte, è stato
reso possibile da uno stage della durata di sei mesi effettuato presso l’unità “Sanità e
assistenza” dell’Istat.
6
2 La nuova indagine sulle cause di morte
2.1 La classificazione internazionale delle malattie
1
I primi trattati riguardanti la classificazione sistematica delle malattie si fanno risalire
agli inizi del XVIII secolo. L’esigenza di uno strumento che permettesse la standardizzazione
e la classificazione delle malattie, fondamentale nello studio della mortalità, fu percepita in
primo luogo dai medici preposti alle statistiche sanitarie municipali e nazionali. Lo statistico
australiano Sir Gorge Knibbs attribuì il primo tentativo di classificazione sistematica delle
malattie a François Dossier de Lacroix (1706- 1777), più conosciuto come Sauvages, che
pubblicò un trattato dal titolo “Nosologia methodica”. A tale lavoro seguirono quello del
metodologista Linnaeus (1707- 1778), il trattato “Genera morborum”, e la classificazione più
usata agli inizi del XIX secolo, l’opera “Synopsis nosologiae methodicae” scritta e pubblicata
nel 1785 da William Cullen di Edimburgo (1710-1790).
Ai fini pratici, lo studio statistico delle malattie iniziò operativamente solo nel secolo
precedente ad opera di John Graunt attraverso lo studio delle tavole mortuarie di Londra con
le quali lo studioso si prefisse di studiare la proporzione di bambini nati vivi che morivano
prima di raggiungere il sesto anno di età, in assenza della registrazione dell’età alla morte.
Nel 1837 fu fondato il General Register Office di Inghilterra e Galles della cui direzione
si occupava il primo statistico medico in grado di utilizzare al meglio le imprecise
classificazioni esistenti e proporre innovazioni al fine di assicurare una uniformità
internazionale nel loro utilizzo, William Farr. Il suo contributo si rivelò di fondamentale
importanza per lo sviluppo delle future classificazioni poiché egli da subito non ritenne
soddisfacente ai fini statistici la classificazione di Cullen allora utilizzata e nel primo
Rapporto Annuale dell’Ufficio Centrale di Stato Civile espose i principi secondo cui avrebbe
dovuto svilupparsi una classificazione statistica ed una nomenclatura uniformi, indispensabili
per lo studio della mortalità.
Fu al primo Congresso Internazionale di Statistica tenutosi a Bruxelles nel 1853 che
prese forma l’idea di effettuare una classificazione uniforme delle cause di morte nei vari
paesi a livello internazionale, ed un ristretto comitato di medici ebbe l’incarico di formulare
delle proposte a riguardo. Tali proposte furono analizzate nel successivo Congresso di Parigi
del 1855 durante il quale Farr e Marc D’Espine presentarono due liste differenti basate su
7
princìpi diversi. Farr propose una classificazione articolata in cinque gruppi : malattie
epidemiche, malattie costituzionali o a carattere sistemico, malattie localizzate ordinate per
sedi anatomiche, malattie dello sviluppo e malattie che sono la conseguenza diretta di un
traumatismo. Al contrario, D’Espine propose dei raggruppamenti in base alla natura delle
malattie (gottosa, erpetica, ematica, ecc.). Il Congresso elaborò una lista di 139 rubriche che
fosse un compromesso tra le due proposte. Tale risultato non incontrò nel periodo successivo
particolari favori generali ma la disposizione delle malattie per sito anatomico proposta da
Farr sopravvisse come Lista Internazionale delle Cause di Morte.
Solo trentasei anni dopo la questione fu affrontata di nuovo dall’Istituto Internazionale
di Statistica, succeduto ai “Congressi Internazionali”, che nella sua prima riunione a Vienna
del 1891 affidò ad una commissione guidata da Jacques Bertillon (1851-1922), capo dei
Servizi Statistici della città di Parigi, il perfezionamento della classificazione delle cause di
morte esistente. Il nuovo progetto di classificazione fu presentato alla riunione dell’Istituto
Internazionale di Statistica che si tenne nel 1893 a Chicago ed ottenne subito il favore
internazionale ed una successiva diffusione. Il lavoro svolto dalla commissione di Bertillon si
fondava sulla classificazione utilizzata dalla città di Parigi, una sintesi delle classificazioni
inglesi, tedesche e svizzere, che si basava sull’idea originaria di Farr della distinzione tra
malattie generali e malattie localizzate ad organi o siti anatomici particolari. Tale
Classificazione delle Cause di Morte, detta di Bertillon, fu utilizzata per la prima volta in
America del Nord per le statistiche di San Luis de Potosì, in Messico. Nel 1898 l’American
Public Health Association raccomandò l’adozione della Classificazione di Bertillon da parte
degli uffici di stato civile di Canada, Messico e Stati Uniti d’America e ne propose una
revisione a cadenza decennale.
Un anno dopo, l’Istituto Internazionale di Statistica propose l’adozione di tale sistema di
nomenclatura da parte di tutte le istituzioni europee di statistica. A seguito di tale risoluzione
il Governo francese convocò nell’agosto del 1900 la prima Conferenza Internazionale per la
revisione della Lista Bertillon o Lista Internazionale delle Cause di Morte cui presero parte i
rappresentati di 26 nazioni. A questa prima seguirono le revisioni del 1909, 1920, 1929, 1938,
1948, 1955, 1965, quella del 1975 tenutasi a Ginevra dal 30 settembre al 6 ottobre con la
partecipazione di 46 Stati ed infine la Decima Revisione della Classificazione Internazionale
delle Malattie tenutasi nel 1989, adottata dalla 43° Assemblea Mondiale della Sanità ed
entrata in vigore dal 1° Gennaio 1993.
1
“Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati – Decima
Revisione”Ministero della Sanità, Dipartimento per l’Ordinamento Sanitario, la Ricerca e l’Organizzazione del
8
E’ a partire dalla Quinta Conferenza di Revisione Decennale, durante la quale si
apportarono il minor numero di modifiche ai contenuti, al numero ed alla numerazione delle
voci, che si sentì la necessità di stilare una lista di malattie che soddisfacesse le esigenze
statistiche dei diversi fruitori della Classificazione (assistenti sanitari, ospedali,
amministrazioni sanitarie) e nella stessa occasione la Conferenza raccomandò al Governo
degli Stati Uniti di proseguire gli studi riguardanti le cause multiple di morte. In seguito a tale
risoluzione il Segretario di Stato americano nominò nel 1945 la “Commissione statunitense
sulle cause multiple di morte “, presieduta dal professore di biostatistica Lowell J. Reed ed
affiancata in qualità di consulenti da rappresentanti dei Governi canadese ed inglese e dalla
Sezione Sanitaria della Società delle Nazioni. La Commissione sottolineò l’importanza di un
esame preliminare delle classificazioni dal punto di vista della morbosità e mortalità prima
ancora di affrontare il problema delle cause multiple. Per la corretta interpretazione delle
statistiche di morbosità, era necessario che la classificazione delle malattie fosse costituita da
un’unica lista, internazionalmente condivisa e a tale scopo fu nominata una sottocommissione
che elaborò una “Proposta di classificazione statistica di malattie, traumatismi e cause di
morte”.
A seguito di ciò, nel 1948, la prima Assemblea Mondiale di Sanità, tenuto conto dei
suggerimenti della Conferenza per la Sesta Revisione, approvò che la Classificazione
Internazionale comprendente la Classificazione Analitica con la definizione del contenuto
delle categorie, fosse incorporata unitamente al modello del certificato medico di causa di
morte, alle regole di classificazione ed alle liste di intabulazione, dando vita al “Manuale della
Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie, Traumatismi e Cause di Morte”. Tale
Conferenza per la Sesta Revisione Decennale segnò l’inizio di una nuova era nel campo delle
statistiche mediche a livello internazionale approvando un’ampia lista da utilizzare per le
statistiche di mortalità e morbosità e definendo le regole per l’individuazione della causa
iniziale di morte, definizione sulla quale si basano le statistiche di mortalità odierne.
Le Conferenze per la Settima ed Ottava Revisione della Classificazione Internazionale
delle Malattie si tennero rispettivamente nel 1955 e nel 1965 ed in entrambe le occasioni non
furono apportate modifiche essenziali alle edizioni precedenti.
La Conferenza Internazionale per la Nona Revisione dell’ICD si tenne a Ginevra nel
1975 e nel corso degli aggiornamenti alla versione precedente, ci fu da parte degli specialisti
che avevano iniziato ad interessarsi all’uso della classificazione per le loro elaborazioni, una
serie di proposte ed osservazioni mirate al raggiungimento di una classificazione più
Ministero – Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, I edizione anno 2000, Volume 2.
9
dettagliata che analizzasse le condizioni in base alla sede anatomica interessata piuttosto che
alla descrizione iniziale della malattia. E’ stato introdotto, a partire da questa revisione, un
metodo alternativo di classificazione basato sia sulla malattia generale di base e sia sulla sua
manifestazione in un particolare sito d’organo, noto come a daga-asterisco, ed è stata
approvata la pubblicazione di classificazioni aggiuntive non integrate nell’ICD ma ad essa
correlate: “Menomazioni ed Handicap”e “Procedure in Medicina”. Per la prima volta furono
modificate ed estese alcune definizioni riguardanti la mortalità perinatale, fu raccomandato un
certificato di causa di morte specifico per tale età e furono proposte delle regole per la
selezione di una singola causa per l’intabulazione dei dati di morbosità.
I lavori per la Decima Revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie,
iniziarono nel 1983 e già prima della stesura della nona Revisione, il sistematico allargamento
dei campi di applicazione dell’ICD a livello internazionale aveva reso indispensabile una
riorganizzazione ed un riesame completo della sua struttura che favorisse la stesura di una
nuova Classificazione che fosse stabile ed allo stesso tempo flessibile e non richiedesse
revisioni radicali per molti anni. L’intervallo di dieci anni previsto tra una revisione e la
successiva fu esteso di quattro ulteriori anni affinché gli organismi preposti alla revisione
avessero il tempo necessario per lo studio e l’approfondimento della versione esistente e le
eventuali modifiche da apportare in occasione della Decima Revisione. La novità principale di
tale revisione fu l’introduzione di uno schema di codici identificativi alfanumerici che
permettesse un ampliamento significativo della dimensione della struttura dei codici
attribuibili alle singole malattie ed una più agevole revisione futura. Grazie ai contributi
forniti dai gruppi di specialisti preposti alla formulazione di innovazioni da inserire all’interno
della Classificazione, è risultato che molti utenti desideravano che l’ICD contenesse non solo
l’informazione prettamente diagnostica della malattia ma anche una più “vasta”che
permettesse un’analisi della malattia in un’ottica generale e non solo specialistica. Per venire
incontro a tali necessità si è dato vita al concetto di “famiglia”di classificazioni incentrate
sull’ICD.
2
Si tratta di classificazioni aggiuntive che affrontano la malattia tentando approcci
diversi dall’informazione prettamente scientifica e attraverso le quali vengono presi in
considerazione aspetti relativi a problemi sanitari solitamente esclusi dalle diagnosi di
condizioni morbose: le classificazioni di disabilità, delle procedure mediche e chirurgiche e
dei motivi di ricorso ai servizi sanitari . Per sottolineare l’ampliamento delle finalità della
2
“Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati – Decima
Revisione”Ministero della Sanità, Dipartimento per l’Ordinamento Sanitario, la Ricerca e l’Organizzazione del
Ministero – Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, I edizione anno 2000, Volume 1.
10
classificazione, la Decima Revisione è stata intitolata “Classificazione statistica
Internazionale delle Malattie e dei Problemi sanitari Correlati”.
ALTRE
CLASSIFICAZIONI
CORRELATE ALLA
SAUTE
- Menomazioni, disabilità
ed handicap
- Motivi per i quali i
pazienti contattano i medici
(disturbi)
NOMENCLATURA
INTERNAZIONALE
DELLE MALATTIE
SUPPOTO
INFORMATIVO
PER
L’ASSISTENZA
SANITARIA DI
BASE
- Lay reporting
(informazioni
sanitarie tramite
personale non
medico)
- Altri schemi di
informazione
sanitaria basati
sulla collettività
Adattamenti
specialistici
-Odontoiatria e
stomatologia
- Oncologia
- Dermatologia
- Psichiatria
- Neurologia
- Ostetricia e
Ginecologia
- Reumatologia
ed ortopedia
- Pediatria
- Medicina
generale
CLASSIFICAZIONE STATISTICA
INTERNAZIONALE DELLE
MALATTIE E DEI PROBLEMI
SANITARI CORRELATI
NUCLEO DELLA
CLASSIFICAZIONE ICD A 3
CARATTERI
Diagnosi
Sintomi
Reperti di laboratorio
Traumatismi ed avvelenamenti
Cause esterne di morbosità e di
mortalità
Fattori influenzanti lo stato di
salute
Liste di
intabulazione
abbreviate
Classificazione
ICD a 4
caratteri
Figura 2.1 Famiglia di classificazioni di malattie e problemi correlati alla salute
11
Un’altra pubblicazione legata all’ICD e ad essa complementare è la Nomenclatura
Internazionale delle Malattie (IND) che fornisce per ogni entità morbosa un unico termine
raccomandato che soddisfa le proprietà di: non ambiguità, specificità, auto-descrittività e
semplicità.
Il principio generale sul quale si fonda la classificazione internazionale è duplice: da
una parte l’esigenza di riunire le malattie in base alla loro sede, dall’altra l’utilità di
individuare gruppi che sono di particolare interesse per vari motivi, uno tra tanti la possibilità
di studiare l’evoluzione del quadro nosologico di particolari malattie che hanno segnato più di
altre la storia della mortalità a livello internazionale (il settore dei tumori o delle malattie
infettive, ad esempio). Criteri di classificazione eterogenei comportano qualche difficoltà
nell’interpretazione ma, vista la natura esaustiva alla quale la classificazione deve rispondere,
si comprende come tale eterogeneità sia inevitabile e come il vantaggio di avere uno
strumento utilizzabile in tutto il mondo renda più accettabili tali difficoltà.
3
La classificazione, che si articola in settori, categorie e sottocategorie, non ha subìto
negli anni particolari modifiche strutturali ma ha assunto col tempo una sempre maggiore
specificità dei termini nell’analisi delle diverse forme morbose. Ad esempio, per quanto
riguarda i disturbi psichici, si è introdotto un glossario per facilitare l’individuazione di
particolari stati morbosi e favorire l’uso di una terminologia uniforme in un campo così
complesso.
2.1.1 L’esperienza italiana
L’Italia ha adottato la Classificazione internazionale a partire dalle statistiche delle
cause di morte del 1924 e risale al 1928 la pubblicazione da parte dell’allora Istituto Centrale
di Statistica del volume “Nomenclature nosologiche per la statistica delle cause di morte”al
quale fanno seguito manuali aggiornati per ogni Conferenza di revisione svoltasi fino alla
classificazione internazionale secondo la X Revisione del 1989.
L’edizione italiana della Classificazione è stata interamente tradotta dalla versione
originale in lingua inglese. In alcuni casi, non essendo stato possibile tradurre letteralmente
alcuni termini poiché non vi era un esatto corrispondente della lingua originale, si è resa
necessaria l’introduzione di alcuni termini italiani aggiuntivi. Inoltre, talvolta, i termini
utilizzati nell’originale non corrispondono all’uso che se ne fa in Italia. E’ il caso del “tifo
3
“Classificazioni delle malattie, traumatismi e cause di morte”9° revisione 1975, Istat - metodi e norme serie C
n. 10 volume 1 - 6° ristampa 1998
12
S.A.I.”che, nell’originale sta ad indicare la forma da pidocchi mentre in Italia si utilizza questo
termine anche per indicare la febbre tifoide. Tali indicazioni aggiuntive sono facilmente
riconoscibili dalla dizione “nota all’edizione italiana”che le precede.
Il lavoro qui presentato, relativo ai dati del 2001, si basa sulla Classificazione
Internazionale delle Malattie, Traumatismi e Cause di Morte, IX Revisione 1975 strutturata in
17 settori o capitoli ciascuno dei quali contiene un numero di categorie a tre caratteri e
sottocategorie a quattro caratteri come di seguito schematizzato:
Classificazione Analitica delle Malattie e dei Traumatismi – IX Revisione 1975
Settori
Malattie, Traumatismi ed Avvelenamenti
Categorie Sottocategorie
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
Malattie infettive e parassitarie
Tumori
Malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizio-
ne e del metabolismo e disturbi immunitari
Malattie del sangue e degli organi ematopoietici
Disturbi psichici
Malattie del sistema nervoso e degli organi dei
sensi
Malattie del sistema circolatorio
Malattie dell’apparato respiratorio
Malattie dell’apparato digerente
Malattie dell’apparato genitourinario
Complicazioni della gravidanza, del parto e del
puerperio
Malattie della pelle e del tessuto sottocutaneo
Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto
connettivo
Malformazioni congenite
Alcune condizioni morbose di origine perinatale
Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti
Traumatismi e avvelenamenti
Totale
120
92
37
10
30
65
58
50
48
47
46
26
30
20
20
20
190
909
566
570
206
61
180
458
223
136
286
273
289
125
245
168
157
161
1.061
5.165
13