3
multilaterali, significa riconoscere principalmente che la promozione dello stesso
sulla scena internazionale (quale modello che punta al mantenimento dell’attività
economica e dell’occupazione delle zone rurali, alla valorizzazione e alla gestione
dell’ambiente e della biodiversità, alla conservazione del paesaggio e delle sue
bellezze e ad una più forte coesione tra le zone rurali e quelle urbane) è frutto
delle scelte specifiche della società europea e che quindi non può essere
negoziata
1
.
Parallelamente, l’Unione Europea deve sviluppare l’attuale modello per
garantire che gli agricoltori possano mantenere il suo ruolo multifunzionale,
consistente nel fornire prodotti alimentari sicuri e di qualità ed offrendo,
contestualmente, servizi che soddisfino le forti esigenze manifestate dai cittadini
europei e che non sempre hanno un valore commerciale. Più precisamente, le
funzioni dell’agricoltura valorizzate dall’Unione Europea, in aggiunta alla
produzione primaria di alimenti sani e di qualità, comprendono la protezione
dell’ambiente, la conservazione delle risorse e del paesaggio rurale nonché un
ruolo centrale nello sviluppo socio-economico delle aree rurali, attraverso la
generazione di occupazione.
Inevitabilmente questo aspetto della “multifunzionalità” è stato sostenuto
anche nelle sedi internazionali di discussione. In particolare, grazie alla pressione
europea, il modello agricolo europeo è stato portato nel 2001 sul tavolo
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nell’ambito del Doha
Round
2
, laddove il ruolo dell’agricoltura nelle politiche di mercato è stato
orientato verso un rafforzamento della competitività e dell’internazionalizzazione
degli scambi commerciali.
1
COMMISSIONE EUROPEA, DIREZIONE GENERALE DELL’AGRICOLTURA, La politica agricola
comune. Sintesi 2000, Bruxelles, 2001, pp. 14-17.
2
La IV Conferenza ministeriale dell’OMC, tenutasi a Doha dal 9 al 13 novembre del 2001, ha
consentito l’avvio di nuovi negoziati commerciali con un programma di lavoro ambizioso,
concernente molteplici aspetti del sistema OMC.
4
PARTE PRIMA
La Politica agricola comune (PAC) e lo Sviluppo
Rurale
5
CAPITOLO I
Politica agricola comune: dal suo avvio all’attualità
1.1 La PAC nell’ambito del Trattato istitutivo del 1957
L’agricoltura ha rappresentato da sempre uno degli obiettivi prioritari
delle istanze politiche decisionali europee, sin dai tempi dei negoziati del
Trattato istitutivo del 1957, quando era ancora vivo il ricordo delle penurie
alimentari dell’immediato secondo dopoguerra.
La Politica agricola comune (PAC), che è entrata in vigore nel 1962, nasce
quindi dalla necessità dell’Europa del dopoguerra di favorire l’incremento della
produttività nella catena alimentare affinché i consumatori potessero contare su
approvvigionamenti stabili di alimenti a prezzi accessibili. Altro scopo fu quello
di garantire la redditività del settore agricolo comunitario, offrendo agli
agricoltori sovvenzioni, prezzi garantiti e aiuti finanziari per la ristrutturazione
del settore e sostenendo così gli investimenti nelle aziende agricole per
assicurarne lo sviluppo, sia dal punto di vista delle dimensioni, sia sotto il
profilo delle capacità gestionali e tecnologiche.
La PAC consiste in una serie di norme e di meccanismi che regolano la
produzione, gli scambi e la lavorazione dei prodotti agricoli nell’ambito
dell’Unione Europea, incentrando sempre maggiore interesse, in particolare,
sullo sviluppo rurale.
Attualmente, tra le politiche dell’Unione Europea, la PAC è considerata una
delle più importanti, non solo in ragione del suo peso a livello di bilancio
comunitario (ne assorbe circa il 50%), della parte consistente di popolazione che
si dedica all’agricoltura e dell’estensione del territorio destinato alle colture, ma
6
anche a causa del suo significato simbolico e del grado di sovranità che i singoli
Stati membri hanno trasferito a livello comunitario.
Per comprendere meglio i caratteri giuridici della Politica agricola
comunitaria è essenziale sottolineare alcuni aspetti fondamentali delle norme del
Trattato CE relative alla materia agricola. In primo luogo, il fatto che esse sono
“disposizioni-quadro”
3
, vale a dire norme destinate ad essere seguite ed integrate
da altri atti (i regolamenti, le direttive e le decisioni di cui all’art. 249 del Trattato)
e delle quali non si può intendere il significato e la portata se non considerando
tutti gli sviluppi che gli atti successivi, adottati dalle istituzioni comunitarie,
hanno recato.
In secondo luogo, va sottolineato che una categoria di atti comunitari
destinati a regolare la materia agricola, i regolamenti, hanno natura di fonte di
norme generali, immediatamente applicabili all’interno di ciascuno degli Stati
membri.
In terzo luogo, occorre considerare che il rispetto delle norme comunitarie in
materia agricola è assicurato dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee,
entro i limiti delle sue competenze, le quali non escludono, anzi presuppongono,
che identica garanzia sia fornita al diritto comunitario anche dai giudici nazionali.
La giurisprudenza della Corte ha largamente contribuito a precisare il senso e la
portata delle norme relative alla Politica agricola comunitaria ed a valorizzare i
legami che le uniscono.
La disciplina del settore agricolo presente nel Trattato, unitamente alle
norme di attuazione, costituisce un sistema normativo omogeneo, sia pure di
settore, emergente con carattere di specialità nel quadro complessivo della
normativa comunitaria, in quanto elaborata in funzione delle esigenze e dei
caratteri peculiari che differenziano nettamente il settore agricolo dalle altre
attività economiche.
Tale complesso di norme dev’essere valutato nel contesto del sistema
giuridico comunitario, considerato quale ordinamento giuridico autonomo, come
3
R. ADAM, S. MARCHISIO, P. SELVA, M.A. VITOLA, L’agricoltura nel diritto della CEE, Roma, Ed.
Monteverde , 1981 (= Quaderni dell’Istituto di legislazione agraria Alessandro De Feo, 2), pp. 8-11.
7
ha sottolineato la Corte di Giustizia nella famosa Sentenza “Van Gend En Loos”
4
,
affermando che lo scopo del Trattato della CEE, cioè l’instaurazione di un
mercato comune il cui funzionamento incide direttamente sui soggetti della
Comunità, implica che esso va al di là di un accordo diretto a creare meri obblighi
reciproci fra gli Stati contraenti, in quanto istituisce “un ordinamento di nuovo
genere nel campo del diritto internazionale”
5
.
Ulteriore elemento da tenere in considerazione per comprendere gli aspetti
giuridici della politica agricola comune è che il sistema comunitario si pone nello
stesso tempo in un rapporto di distinzione, ma anche di interferenza, con i diritti
interni dei singoli Stati membri. La reciproca autonomia implica che questi ultimi
hanno riconosciuto alla Comunità la competenza a regolare le materie
contemplate dai Trattati, rinunciando, come ha affermato la Corte di Giustizia
nella Sentenza “Van Gend En Loos”, ad intervenire in quei settori, se non nella
misura in cui i Trattai stessi lo prevedano.
Negli articoli 2 e 3 del Trattato CE sono affermati i compiti della Comunità
Europea e gli indirizzi necessari a perseguirli; tra questi è esplicitamente
menzionata “una politica comune nel settore dell’agricoltura” (articolo 3, primo
paragrafo).
La base giuridica della Politica agraria comune è definita agli articoli da
32 a 38 del Titolo II del Trattato CE. Il Trattato di Amsterdam ha soppresso gli
articoli 44, 45 e 47
6
.
L’articolo 32, dopo aver precisato al primo paragrafo che “Il mercato
comune comprende l’agricoltura e il commercio dei prodotti agricoli” e che “per
prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca,
come pure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con
tali prodotti”, stabilisce al paragrafo 3 che “i prodotti cui si applicano le
4
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Van Gend En Loos, Causa 26/62, sentenza 5
febbraio 1963, Racc., p. 1.
5
Ibidem.
6
Il Trattato di Amsterdam, ratificato nel 1999, ha proceduto ad una rinumerazione di tutti gli
articoli dei Trattati esistenti. Le modifiche apportate al Titolo II del Trattato CE, in materia di
politica agricola comune, sono soprattutto di natura formale dato che hanno riguardato il numero
degli articoli del Titolo II (oggi, Titolo I) che se prima constava di dieci articoli (38-47),
attualmente ne prevede sette (32-38).
8
disposizioni degli articoli da 33 a 38 inclusi sono enumerati nell’elenco che
costituisce l’allegato I del presente trattato”. L’agricoltura, dunque, viene intesa
dalla Comunità Europea come l’ottenimento, per il commercio, dei prodotti
elencati nell’Allegato I (prodotti che, tra l’altro, spesso, non sono opera di
imprese agricole, per il diritto italiano, ma di imprese agro-industriali; si pensi, ad
esempio, allo zucchero o all’aceto), ai quali viene limitata l’applicazione della
disciplina speciale dettata dal Titolo II del Trattato. Incidendo l’elenco sulla
definizione di agricoltura, di cui all’art. 32, ne deriva che, ad esempio, pur
essendo “agricoltura” l’allevamento, non può rientrare nelle disposizioni del
Trattato il commercio di pellicce, cioè di prodotti che sono ottenibili
dall’allevamento, ma che non sono elencati nell’Allegato I.
Il carattere limitativo della lista di cui all’Allegato I è stato confermato dalla
Corte di Giustizia nella Sentenza sul “Pan pepato”
7
, ove è detto che “l’art. 38 par.
2
8
mostra che le deroghe, ammesse nel settore agricolo, alle norme stabilite per
l’instaurazione del mercato comune, costituiscono disposizioni eccezionali da
interpretare in senso restrittivo. Non è perciò possibile estenderne l’ambito di
applicazione, a pena di trasformare l’eccezione in regola, e di rendere il trattato
inapplicabile a gran parte dei prodotti trasformati”
9
. Va però considerato che
anche “per i prodotti agricoli non elencati all’Allegato I viggono le norme
generali del Trattato, come quelle sulla libera circolazione delle merci che, in
quanto norme self-executing, sono integralmente applicabili e impongono una
restrizione alla libertà normativa degli Stati membri, consistente nel divieto di
adottare misure nazionali contrarie ad esse”
10
.
Del resto l’articolo 32 par. 2 pone il principio, assai importante,
dell’applicazione del complesso delle disposizioni del Trattato all’agricoltura,
7
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Commissione c. Belgio e Lussemburgo (Pan
pepato), Cause 2 e 3/62, sentenza 14 dicembre 1962, Racc., p. 791.
8
L’art. 38 par. 2, dopo la numerazione introdotta dal Trattato di Amsterdam, corrisponde all’art.
32 par. 2.
9
F. GENCARELLI, La politica agricola comune nella giurisprudenza comunitaria: rassegna
sistematica delle sentenze della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado della C.E.,
Padova, CEDAM, 2000, p. 26.
10
R. ADAM, S. MARCHISIO, P. SELVA, M.A. VITOLA, L’agricoltura, op. cit., p. 10.
9
anche se autorizza, l’esistenza di un regime derogatorio. Le regole generali del
Trattato sono quindi applicabili ogni qualvolta il Titolo II non disponga in modo
diverso.
L’ultimo paragrafo dell’art. 32 prevede che “Il funzionamento e lo sviluppo
del mercato comune per i prodotti agricoli devono essere accompagnati
dall’instaurazione di una politica agricola comune” da cui si desume la
competenza comunitaria a determinare ogni aspetto della PAC.
Secondo quanto previsto all’articolo 33 “Le finalità della politica agricola
comune sono:
a) incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando il progresso
tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come
pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della
manodopera;
b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie, in
particolare, al miglioramento del reddito individuale di coloro che
lavorano nell’agricoltura;
c) stabilizzare i mercati;
d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori”.
Dalla lettura è evidente che al momento della sua istituzione la PAC non
teneva conto degli aspetti di tutela ambientale o di controllo da parte dei
consumatori. Inoltre l’ordine di priorità delle stesse finalità privilegia gli aspetti
che permettono di garantire una fornitura regolare e costante di prodotti alimentari
ai mercati dei paesi dell’Unione Europea.
Per raggiungere gli obiettivi enunciati all’art. 33, il successivo art. 34 del
Trattato CE prevede la creazione di un’Organizzazione Comune dei Mercati
Agricoli (OCM) che, “a seconda dei prodotti, assumerà:
a) regole comuni in materia di concorrenza;
10
b) un coordinamento obbligatorio delle diverse organizzazioni nazionali del
mercato;
c) un’organizzazione europea del mercato”.
L’articolo 35 poi, aggiunge che “può essere in particolare previsto
nell’ambito della politica agricola comune:
a) un coordinamento efficace degli sforzi intrapresi nei settori della
formazione professionale, della ricerca e della divulgazione
dell’agronomia, che possono comportare progetti o istituzioni finanziate
in comune;
b) azioni comuni per lo sviluppo del consumo di determinati prodotti”.
Oggi, le Organizzazioni Comuni dei Mercati esistono per la maggior parte
dei prodotti agricoli e costituiscono gli strumenti di base del mercato agricolo
comune, in quanto eliminano gli ostacoli agli scambi intracomunitari dei prodotti
e mantengono barriere doganali comuni nei confronti dei Paesi terzi.
L’articolo 36, che recita “le disposizioni del capo relativo alle regole di
concorrenza sono applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti
agricoli soltanto nella misura determinata dal Consiglio, nel quadro delle
disposizioni e conformemente alla procedura di cui all’articolo 37, paragrafi 2 e
3, avuto riguardo agli obiettivi enunciati nell’articolo 33”, mette in rilievo la
circostanza che il diritto agrario comunitario è fondato su un elemento portante:
l’esclusione delle regole della concorrenza dettate in generale per ogni altro
comparto economico; esclusione che ha trovato amplissima applicazione
soprattutto nelle regole dell’OCM, con i prezzi minimi, i sostegni in vario modo
erogati ai differenti produttori e gli incentivi di ogni tipo, cui si sono aggiunti le
autorizzazioni e i cofinanziamenti ai sostegni alle riforme strutturali.
L’articolo 37 stabilisce la convocazione, da parte della Commissione, di una
Conferenza degli Stati membri “per tracciare le linee direttrici di una politica
agricola comune […] e per procedere al raffronto delle loro politiche agricole,
stabilendo in particolare il bilancio delle loro risorse e dei loro bisogni”. Tale
11
Conferenza, convocata a Stresa dal 3 al 12 luglio 1958, si concluse con il
riconoscimento da parte dei sei Stati membri, della “necessità di coordinare la
politica dei prezzi con gli interventi di politica strutturale, e, a questo proposito,
venne ipotizzata una ripartizione delle spese agricole per un settantacinque per
cento agli interventi sui mercati, e la restante parte alle strutture”
11
. Tale accordo
però rimase sulla carta, dato che il suddetto rapporto fra spese destinate ai mercati
e quelle per le strutture non venne mai rispettato, in quanto le spese per gli
interventi sui mercati assorbirono gran parte delle spese.
Durante quella Conferenza, inoltre, furono fissati i tre principi fondamentali
della PAC:
9 un mercato unificato: inteso come libera circolazione dei prodotti agricoli
nell’ambito degli Stati membri; premessa per un’adeguata realizzazione
del mercato interno è l’applicazione, nell’insieme dell’Unione, di
strumenti e meccanismi comuni;
9 la preferenza comunitaria: significa che i prodotti agricoli dell’Unione
Europea hanno la priorità negli scambi e sono avvantaggiati dal punto di
vista del prezzo rispetto ai prodotti importati; pertanto, il mercato interno è
protetto nei confronti dei prodotti importati dai Paesi terzi a basso prezzo e
delle grandi fluttuazioni sul mercato mondiale;
9 la solidarietà finanziaria: si intende con ciò che tutte le spese e i costi
inerenti all’applicazione della PAC sono sostenuti dal bilancio
comunitario.
Il procedimento per la normazione sulla materia dell’agricoltura, esperibile,
per esplicita disposizione del par. 3 dell’art. 32, solo rispetto ai prodotti
dell’Allegato I, è disciplinato allo stesso art. 37: il Consiglio dei Ministri della
Comunità Europea è espressamente autorizzato ad emanare regolamenti, direttive
e decisioni, essendogli pienamente rimessa dal paragrafo 2 la scelta dello
strumento normativo più idoneo, mentre la Commissione, che dispone del potere
11
A. PICCININI, Gli agricoltori europei tra quote e mercato, Milano, Franco Angeli, 1998, p. 52.
12
d’iniziativa, è a sua volta titolare di un potere normativo, in specie regolamentare,
sia pure subordinato a quello del Consiglio. L’articolo 37, dunque, lascia alle
istituzioni comunitarie un’ampia libertà di azione nella definizione della politica
agricola comunitaria, proprio in quanto essa non può essere programmata e
definita preliminarmente per il complesso dei prodotti. Per questo il Trattato
configura obiettivi e procedimenti elastici, tali da consentire interventi congrui al
momento opportuno nei singoli settori.
Infine, l’articolo 38 autorizza gli Stati membri ad applicare un tassa di
compensazione all’entrata al prodotto che in uno Stato membro sia “disciplinato
da un’organizzazione nazionale del mercato o da qualsiasi regolamentazione
interna di effetto equivalente che sia pregiudizievole alla concorrenza di una
produzione similare in un altro Stato membro”.
Dal complesso di queste disposizioni, si desume che i padri fondatori della
Comunità scelsero esplicitamente di fare dell’agricoltura il settore “di punta” del
processo di integrazione europea: un settore, cioè, in cui sperimentare subito
l’avvio di un mercato unico, con la piena e rapida armonizzazione delle varie
forme di sostegno e protezione nazionali, per dare luogo ad una vera e propria
politica “comune”, decisa e gestita su base sovranazionale. Non è dunque
azzardato affermare che l’agricoltura abbia rappresentato una sorta di laboratorio
nel processo di integrazione economica europea e non deve sorprendere che la
PAC per diversi anni sia stata a buon diritto considerata una “politica-simbolo”,
“pietra angolare” della costruzione della Comunità Europea. Tale carattere
fondante, che la PAC ha conservato per oltre un ventennio, contribuisce a
spiegare il suo grande peso politico e finanziario e la sua fortissima carica
inerziale, in termini di resistenza al cambiamento.
La politica dei mercati e dei prezzi e quella socio-strutturale sono gli
strumenti essenziali della PAC. La prima, come accennato, è basata sulle
Organizzazioni Comuni dei Mercati (OCM) ed è volta a disciplinare la
produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli durante la campagna
di produzione; la seconda, invece, coordina il processo di adeguamento delle
13
strutture agricole (tecniche di produzione, dimensioni delle aziende, formazione
professionale degli agricoltori, etc.).
Le risorse finanziarie della PAC sono messe a disposizione dal Fondo
Europeo Agricolo d’Orientamento e di Garanzia (FEOGA) che rappresenta una
parte sostanziale del bilancio comunitario. Istituito nel 1962 esso è suddiviso in
due sezioni:
9 la sezione “Orientamento”, che contribuisce alle riforme agricole
strutturali e allo sviluppo delle zone rurali (investimenti nelle nuove
attrezzature e tecnologie);
9 la sezione “Garanzia”, che finanzia le spese inerenti all’Organizzazione
Comune dei Mercati (l’acquisto o lo stoccaggio delle eccedenze e la
promozione delle esportazioni dei prodotti agricoli).
La sezione “Garanzia” è di gran lunga la più importante e rientra tra le spese
obbligatorie nel quadro del bilancio comunitario. La sezione “Orientamento” fa
parte dei Fondi strutturali intesi a promuovere lo sviluppo regionale e a ridurre le
disparità regionali in Europa.
Il Regolamento (CE) n. 1257/99
12
, che definisce il quadro del sostegno
comunitario per uno sviluppo rurale sostenibile nel periodo 2000-2006, riunisce
una serie di misure destinate a tutte le zone rurali dell’Unione: investimenti nelle
aziende agricole; insediamento di giovani agricoltori; formazione professionale;
aiuto al prepensionamento; aiuti compensativi alle zone svantaggiate o soggette a
vincoli ambientali; misure agro-ambientali.
Nelle regioni Obiettivo 1, le misure sono finanziate dal FEOGA-
Orientamento, ad eccezione degli aiuti compensativi per le zone svantaggiate,
degli aiuti al prepensionamento, delle misure agro-ambientali e delle misure
forestali in agricoltura, che sono finanziate dal FEOGA-Garanzia. Al di fuori
dell’Obiettivo 1, tutte le misure sono finanziate dal FEOGA-Garanzia.
12
REGOLAMENTO (CE) n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 sul sostegno allo sviluppo
rurale da parte del fondo europeo agricolo di Orientamento e di Garanzia (FEOGA) e che
modifica ed abroga taluni regolamenti, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (abbr. :
G.U.C.E.), n. L 160 del 26.6.1999.
14
Per quanto concerne la fase 2007-2013 la riforma dello sviluppo rurale
approvata con il Regolamento (CE) 1698/05
13
rappresenta per l’UE uno dei
principali strumenti per rafforzare, a livello comunitario e nazionale, la visibilità e
la verificabilità dell’intera politica agricola comune e per agganciare gli obiettivi
di sviluppo fissati nei vertici di Lisbona e Göteborg (rispettivamente competitività
e ambiente). Essa si attua attraverso il superamento della precedente partizione
degli strumenti finanziari in una sezione “Orientamento” ed in una sezione
“Garanzia”, per realizzare un unico quadro giuridico di riferimento al cui interno
opererà un fondo destinato al finanziamento della PAC, il FEAGA (Fondo
Europeo Agricolo di Garanzia), mentre un fondo separato, il FEASR, è dedicato
esclusivamente al finanziamento dello sviluppo rurale.
13
REGOLAMENTO (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 sul sostegno allo
sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), in
G.U.C.E., n. L 277 del 21.10.2005.
15
1.2 Le prime riforme
La PAC ha dovuto subire, nei quattro decenni della sua esistenza,
numerose riforme.
Il primo tentativo di riforma risale a dieci anni dopo la sua istituzione. Nel
1968, la Commissione ha pubblicato un “Memorandum sulla riforma della
PAC”, comunemente detto “Piano Mansholt”, dal nome del suo promotore,
Sicco Mansholt, all’epoca vice presidente della Commissione e responsabile
della PAC. Il piano prevedeva la riduzione della popolazione attiva in
agricoltura e l’incoraggiamento alla formazione di unità di produzione agricola
più grandi e più efficienti.
Una serie di misure strutturali intese a modernizzare l’agricoltura europea
sono state introdotte nel 1972.
Tuttavia, nonostante le modifiche a livello strutturale che si sono
susseguite nel corso degli anni, non è stato possibile eliminare i problemi
esistenti; persisteva, infatti, lo squilibrio tra l’offerta e la domanda di prodotti
agricoli con la conseguente crescita delle eccedenze.
Con la pubblicazione del Libro verde sulle “Prospettive per la politica
agraria comune”
14
, la Commissione proponeva una riforma sostanziale. Con il
Libro verde si è cercato di ristabilire l’equilibrio tra l’offerta e la domanda, di
formulare nuove soluzioni per ridurre la produzione nei settori in difficoltà e, in
genere, di proporre possibili alternative per il futuro della PAC.
Nel 1988, il Consiglio europeo ha raggiunto un’intesa su un insieme di
interventi riformatori, tra cui le linee direttive sulle spese agricole, che
limitavano la percentuale della spesa della PAC nel quadro del bilancio
generale.
14
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL
CONSIGLIO E AL PARLAMENTO, Prospettive per la politica agraria comune, COM(85)333,
Bruxelles, 23.7.1985.
16
Una delle tappe fondamentali dell’evoluzione della PAC è costituita senza
dubbio dalla riforma del 1992. La Commissione e Ray MacSharry, membro
responsabile per l’agricoltura, presentavano nel 1991 due documenti di
riflessione sullo sviluppo e il futuro della PAC. Tali documenti costituivano la
base per un’intesa politica sulla riforma della PAC raggiunta dal Consiglio il 21
maggio 1992. Tale riforma, che ha segnato un’importante svolta verso il
cambiamento, consisteva essenzialmente nella riduzione dei prezzi agricoli per
renderli più competitivi sul mercato interno e su quello mondiale,
nell’assegnazione di importi compensativi per le perdite di reddito subite dagli
agricoltori e in altre misure relative ai meccanismi di mercato e alla protezione
dell’ambiente.