8
In ogni caso fra i temi poco esplorati e meritevoli di approfondimento vi è la
questione sulla qualità dei servizi sanitari e sociosanitari, il che comporta
individuare i bisogni legati alla salute, progettare interventi, promuovere lo
sviluppo e il miglioramento dei servizi, valutare e verificare i risultati delle
strategie operative messe in atto. Questo presuppone anche individuare strumenti
di verifica rigorosi.
Quando una tematica viene riconosciuta come importante in ambito accademico e
professionale si precisa l’esigenza di avere a disposizione degli strumenti che
forniscano un quadro critico e aggiornato e indichino le prospettive di lavoro da
percorrere e le priorità per il futuro.
È in questo contesto che si colloca la presente ricerca. L’ottica nella quale ci
poniamo concerne la possibilità da parte della psicologia sociale di apportare un
contributo a queste tematiche e problematiche osservandole da un punto di vista
diverso e introducendo le variabili psicosociali all’interno del rapporto cittadini-
servizi sanitari.
Il nostro lavoro si colloca all’interno di una più vasta ricerca promossa dall’
Agenzia Sanitaria Regionale, nata con lo scopo di studiare le disuguaglianze in
ambito sanitario, i meccanismi di generazione e l’identificazione di interventi
possibili.
La proposta era di mettere in luce i processi psicosociali sottostanti i meccanismi
generatori delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari da parte di alcune
categorie considerate socio-culturalmente deboli: immigrati, anziani, donne.
Il progetto si è avvalso inizialmente di strumenti di ricerca qualitativi. Gli utenti
dei servizi, individuati come soggetti della ricerca, sono stati intervistati
individualmente sulla base di una griglia appositamente predisposta.
Le griglie erano costituite da diverse parti, volte a raccogliere diversi tipi di
informazioni:
- dati socio-anagrafici;
- politica aziendale: ad esempio come l’azienda si prende carico di quella
particolare utenza o il modo in cui informa i cittadini dei propri servizi;
9
- confronto tra vecchi e nuovi percorsi di accesso ai servizi, cercando di
mettere in luce eventuali svantaggi o vantaggi di entrambi;
- valutazioni circa il servizio dedicato a quella particolare utenza con
particolare attenzione al concetto di buona pratica. Si cerca cioè di fare
emergere quali aspetti del servizio lo rendono di più facile accesso ed
utilizzo da parte di soggetti individuati come maggiormente svantaggiati.
Le interviste sono state condotte presso appositi servizi dedicati nella regione
Emilia Romagna ed hanno coinvolto donne, immigrati e anziani, utenti di quegli
stessi servizi. Il materiale raccolto, audioregistrato e trascritto, è stato sottoposto
ad analisi del contenuto attraverso l’utilizzo di programmi informatici adeguati.
Questa prima fase della ricerca oltre ad individuare alcune variabili importanti nel
rapporto tra cittadini e servizi sanitari ha permesso inoltre di ricostruire quel
terreno di significati condivisi che stanno alla base della rappresentazione dei
servizi.
I risultati emersi dalle interviste hanno consentito di individuare con maggiore
precisione quali tra le aree indagate necessitassero di un ulteriore
approfondimento di tipo quantitativo, allo scopo di aumentare la validità esterna
delle tendenze riscontrate. Il seguente lavoro quindi tratta nello specifico questa
seconda fase della ricerca, che riguarda la costruzione e validazione di uno
strumento quantitativo.
Lo scopo generale di questa fase è infatti quello di costruire uno strumento
strutturato in grado di cogliere l’insieme delle rappresentazioni circa le aree di
indagine risultate particolarmente significative dalle interviste, e il ruolo di queste
rappresentazioni unitamente a quello di particolari variabili individuali e
macrosociali nella generazione di disuguaglianze.
Oltre a questo vi è l’obiettivo di indagare attraverso apposite scale, la condizione
di accesso ai servizi socio-sanitari, in termini di facilità/difficoltà di accesso e
grado di soddisfazione/insoddisfazione.
Sulla base dei risultati emersi dalle interviste si è provveduto quindi a costruire
delle scale di misurazione delle rappresentazioni degli utenti circa i servizi
10
sanitari, l’accesso e la presa in carico di particolari categorie di soggetti (anziani e
immigrati) e il ruolo dei servizi sanitari in tale presa in carico. Inoltre sono stati
costruiti item volti ad indagare l’insieme delle variabili individuali e sociali
caratteristiche degli utenti. In particolare, si è interessati ad indagare la self-
efficacy e la rete sociale del soggetto.
A differenza della prima parte della ricerca generale, nella seconda viene dato
minore spazio alla tematica della disuguaglianza (se pur presente e indagata) e
viene lasciato più spazio alla raccolta di informazioni sulle rappresentazioni
dell’utenza riguardo i servizi sanitari e all’indagine di variabili di tipo psicosociale
che possano avere un ruolo mediatore nell’approccio e nell’accesso alle strutture.
Per questo motivo, il campione cui è stato somministrato il questionario non è
stato scelto sulla base dell’ appartenenza a particolari categorie svantaggiate,
come è stato fatto invece per le interviste.
Il primo capitolo presenta alcuni aspetti teorici alla base della ricerca.
La prima parte prende in considerazione le tematiche del rapporto utente-servizio
sanitario con particolare riferimento all’accesso e alla soddisfazione sanitaria.
La seconda parte invece affronta la tematica della disuguaglianza prestando
particolare attenzione ad alcune categorie svantaggiate nell’accesso.
Infine è dedica una ampia trattazione alle risorse possedute dagli utenti, sia
personali che sociali, e alle rappresentazioni sociali possedute dai soggetti rispetto
alla salute.
Il secondo capitolo riguarda la presentazione della ricerca nei sui aspetti
metodologici. Sono presentate le ipotesi che hanno guidato lo studio, il modello
teorico di riferimento, la struttura del questionario, le caratteristiche del campione
e le tecniche statistiche utilizzate per l’analisi dei dati.
Il terzo capitolo presenta le analisi statistiche compiute sulle scale che
compongono il questionario. I dati sono commentati tenendo conto dei livelli di
significatività statistica e delle ipotesi alla base della ricerca.
11
Capitolo primo
RIFERIMENTI TEORICI
1.1. Utenti e istituzioni sanitarie
Le nostre idee su che cosa costituisca una buona “qualità della vita” e il modo in
cui realizzarla sono molto variabili, in quanto dipendono da fattori individuali,
culturali, sociali e storici, ma anche dall’ottica da cui si affronta il problema, se a
partire dal punto di vista della società oppure del singolo individuo. Da argomento
da lungo tempo di pertinenza filosofica, con lo sviluppo del Welfare State la
qualità della vita è giunta ad essere considerata un diritto fondamentale di tutti i
cittadini (Markova, 1995). La tutela della salute dei cittadini è un dovere primario
di ogni società e un diritto fondamentale della persona, garantito dalla
Costituzione. Vi sono quindi precisi impegni da parte dello stato nel predisporre
servizi in grado di rispondere ai bisogni di salute. L’organizzazione dei sistemi e
servizi di cura (care health system) è strettamente legata alle concezioni di salute
condivise in una data popolazione e cultura: se la salute è considerata un bene
pubblico, e non solo un problema privato, lo stato è chiamato ad offrire servizi.
Nel momento in cui prevale una concezione prettamente medica, di intervento
sulla patologia e sulla malattia, la centralità dei servizi è ovviamente delegata
all’ospedale, inteso come luogo di cura per eccellenza. Quando si è imposta una
concezione centrata sulla prevenzione e ancor di più sulla promozione della
salute, si sono resi necessari altri servizi: decentrati sul territorio, più vicini ai
luoghi di vita delle persone, volti a realizzare attività di educazione alla salute. In
questa ottica, diventa importante conoscere i bisogni della comunità, sia quelli
espliciti, sia quelli ancora latenti: il coinvolgimento dell’utente, o almeno il suo
punto di vista, diviene così uno degli indicatori della valutazione di “qualità” dei
servizi stessi.
12
1.1.1 Soddisfazione dell’utente e valutazione dei servizi
Nel corso degli ultimi anni ha assunto un rilievo sempre maggiore il vissuto
soggettivo degli utenti nell’ambito della valutazione dei servizi. In particolare
vengono considerati indicatori dell’efficacia e della qualità di un intervento o di
un servizio, tra gli altri parametri, le aspettative e la soddisfazione.
Indagare la soddisfazione dell’utente ha consentito la messa a fuoco delle funzioni
che essa svolge:
- Costituisce uno degli esiti desiderati dell’assistenza e della cura
(un’assistenza che non può essere di buona qualità se il paziente non è
soddisfatto);
- Può essere considerato un indicatore di qualità, in quanto riflette le
opinioni dell’utente su vari aspetti dell’assistenza;
- È un prerequisito per un’assistenza di qualità, in quanto gli utenti
soddisfatti tenderanno a seguire più facilmente le indicazioni degli
operatori, ad avere un comportamento più cooperativo e ad utilizzare lo
stesso servizio in futuro (Vuori, 1989).
Misurare le aspettative e la soddisfazione degli utenti pone problemi metodologici
molto complessi legati anche alla difficoltà teorica di misurare questi concetti.
La soddisfazione è il risultato dell’ esperienza dell’utente con l’operatore e con il
servizio. Le aspettative costituiscono lo standard soggettivo con cui l’utente
confronta le sue esperienze concrete. Esistono vari tipi di aspettative: ideali (ciò
che si desidera ricevere), minime (il minimo aiuto di cui si ritiene di aver
bisogno), realistiche (ciò che si immagina che un servizio possa realmente
fornire), valoriali (ciò che si considera importante ricevere).
Nonostante le difficoltà le indicazioni a procedere in questo modo sono chiare: nei
cambiamenti in atto nel sistema sanitario nazionale, l’utente diventa l’elemento
centrale di ogni attività sanitaria. Gli strumenti di cui si è dotato lo stato sono la
Carta dei servizi sanitari (volta alla tutela dei diritti degli utenti attraverso
l’attribuzione ad essi di un potere di controllo diretto sulla qualità dei servizi
erogati) e l’accreditamento delle strutture, in cui l’obiettivo più rilevante è la
soddisfazione dell’utente. Già da tempo l’OMS (Organizzazione Mondiale della
13
Sanità) nel programma “Salute per tutti nell’anno 2000”, aveva sottolineato
l’obbiettivo di assicurare la qualità delle prestazioni, suggerendo l’istituzione di
efficaci meccanismi di controllo della qualità delle cure fornite e attività
permanenti di controllo e valutazione da parte dei professionisti.
Lo schema generale della Carta dei servizi pubblici sanitari del 1995 presenta una
metodologia per determinare fattori, indicatori e standard di qualità. Si tratta di un
percorso che comprende cinque passi:
- Analizzare l’esperienza dell’utente;
- Individuare i fattori di qualità (ad esempio semplicità di prenotazione di
una visita);
- Strutturare i fattori di qualità (albero della qualità);
- Individuare gli indicatori;
- Fissare gli standard, verificare i risultati e aggiornare gli standard.
I fattori di qualità possono essere raggruppati in aspetti legati al
tempo/tempestività, alla semplicità delle procedure, oppure all’informazione,
all’orientamento, all’accoglienza, alle strutture, alle relazioni sociali, ecc. L’albero
della qualità consente di articolare i fattori tenendo conto delle fasi dell’esperienza
dell’utente.
La valutazione tradizionale considera in primo luogo l’area della struttura, cioè
l’analisi delle risorse, che di per sé non assicura comunque una buona qualità della
prestazione; analizza poi l’area dei processi (uso di abilità e competenze nei
metodi accessibili ai pazienti), per giungere infine all’area dei risultati (cioè gli
esiti relativi alle condizioni del paziente, sola prova dell’efficacia della cura).
La valutazione di qualità, centrata sugli indicatori di esito, deve essere:
- Multidimensionale: considerare cioè sia la componente clinico-
sintomatologica, sia il funzionamento sociale del paziente e la sua
interazione con il Servizio. Qui si fa riferimento ai bisogni degli utenti e al
loro grado di soddisfazione;
- Multiprospettica: tenere conto delle prospettive dei diversi attori della
esperienza terapeutica, cioè oltre ai pazienti anche i familiari, gli operatori
e il contesto relazionale coinvolto;
14
- Oggettiva e consensuale: l’oggettività è correlata con la riproducibilità
delle procedure di valutazione, ma è importante anche motivare gli
operatori a sottoporsi a tali procedure.
1.1.2. L’accesso ai servizi
Quando il problema di un soggetto riguarda la salute, molti sono i fattori che
entrano in gioco nel favorire oppure nell’ostacolare la ricerca e l’accesso al
medico o ad un servizio sanitario.
Quale è il percorso a livello cognitivo e di strategie di comportamento che
l’individuo segue per consultare il medico o per accedere ad un qualsiasi servizio
sanitario?
Un’analisi delle motivazioni e del processo di presa di decisione, proposto da
Lehtinen, Ville e Vaisenen (1978) ha mostrato l’esistenza di una serie di passaggi,
raggruppabili in due fasi:
- in una prima fase il paziente avverte dei sintomi, fa una autodiagnosi e
diventa consapevole della malattia, a cui attribuisce una etichetta in base
ad una concezione profana delle cause.
- Nella seconda fase il paziente riconosce la necessità di un trattamento
medico e, a volte anche dopo pressioni sociali (di familiari o amici),
decide di ricorrere alle cure mediche.
I passaggi da una fase all’altra non sono automatici, anzi vi sono molte resistenze
da parte degli utenti, dovute a vari fattori, quali la gravità della malattia, la
tolleranza dei sintomi e dell’eventuale dolore, la paura che una diagnosi possa
portare dei cambiamenti indesiderati nella propria vita quotidiana.
Alcune ricerche condotte in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (Seiffge-Krenke,
1998) hanno evidenziato che sebbene la maggior parte delle persone intervistate
riferissero di avere avuto dei sintomi nelle ultime due settimane precedenti
l’indagine, solo una minima parte di questi si era rivolto ad un medico. La
reazione più frequente nell’immediato era di tipo self-care, consistente
nell’assumere farmaci prescritti o non prescritti, imporsi costrizioni in certe
15
attività e parlarne con familiari e amici. Spesso è solo dopo una discussione in
famiglia o con gli amici che il paziente decide di cercare un aiuto professionale,
quasi aspettasse una sorta di legittimazione sociale per la consultazione medica.
Prima di una visita medica la persona deve superare una barriera di sentimenti
negativi o di sfiducia. Un ruolo rilevante è svolto anche dalla natura ambigua di
alcune aspettative e norme sociali relative alla relazione medico-paziente, secondo
cui le persone responsabili dovrebbero cercare le cure mediche per problemi seri e
astenersi dal ricorrere ai servizi in caso di questioni poco importanti.
Ci sono poi categorie di persone per le quali l’accesso e l’uso dei servizi pubblici
si presenta particolarmente complesso e delicato per svariate ragioni. Un esempio
è la categoria degli adolescenti: è ormai noto, infatti, che gli adolescenti non
usufruiscono dei servizi pubblici, che sono spesso percepiti per bambini oppure
per adulti (Cagliami, Corradini e Zani, 1993; Zani e Cicognani, 2000). Il rapporto
tra adolescenti e servizi in genere è difficile, ambivalente, dovuto alla scarsa
abilità di comprendere le regole di un’organizzazione, alla difficoltà di dialogo o
alla convinzione di non ricevere risposte adeguate ai propri bisogni.
Oltre alla categoria degli adolescenti anche altre categorie possono essere
considerate svantaggiate nell’accesso ai servizi sanitari: in particolare donne,
anziani e immigrati (vedi paragrafo successivo).
Questo mette in luce come, nel progettare i servizi, sia necessario in generale,
prendere in considerazione il target della popolazione. È necessario dunque che i
servizi si strutturino in modo da rispondere alle esigenze di chi ne fa richiesta.
16
1.2. Il fenomeno delle disuguaglianze nella salute
È negli anni ’60 e ’70 che si inizia a trattare il fenomeno delle disuguaglianze.
Lo studio di queste tematiche non poteva che sortire grandi cambiamenti a livello
delle politiche sanitarie.
Nel 1978 ad Alma Ata, vi fu un consiglio a cui parteciparono tutti i Governi del
mondo, durante il quale venne sottoscritta la solenne dichiarazione di “Salute per
tutti entro il 2000”. A questa conferenza seguirono poi specifiche scelte politiche,
orientate sia ad aumentare l’equità nell’accesso ai servizi sanitari sia a migliorare
l’attenzione per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie.
Fino a questi anni era stata la medicina (in particolare la medicina sociale) l’unica
disciplina che si era occupata di disuguaglianze nella salute (Berlinguer, 1976).
Poi, a partire dagli anni Ottanta, vi furono altre discipline pioniere in questo
campo: la demografia, la sociologia e l’epidemiologia che si proponevano di
descrivere la disuguaglianze, e l’economia, oltre alla medicina, che si
proponevano di governarle. Gli indicatori su cui queste discipline misuravano
l’esistenza dell’ iniquità nella salute erano, e sono in parte tuttora, basati su fattori
individuali e di reddito. I dati su cui la medicina e l’epidemiologia fondano la
presenza di disuguaglianze nell’accesso e nella fruizione dei servizi riguardano i
tassi di mortalità messi a confronto con le caratteristiche socio-economiche dei
soggetti presi in esame.
Fin nei primi dell’800 in Inghilterra vi erano dei registri di mortalità con
distinzioni basate sulla condizione lavorativa della persona. Il risultato sembra
inequivocabile: i poveri, le persone meno istruite, quelle di bassa classe sociale, si
ammalano di più e muoiono prima. Si tratta di una constatazione comune in tutti i
paesi sviluppati.
Le disuguaglianze si osservano su tutte le dimensioni della struttura demografica e
sociale: a parità di età, il rischio di morire è più alto tra i meno istruiti, nelle classi
sociali più svantaggiate, tra i disoccupati, tra chi abita in case meno agiate e in
quartieri più degradati, tra chi vive solo o in situazioni familiari meno protette.
Ma tale fenomeno non interessa solo le fasce estreme più svantaggiate della
popolazione: su ogni dimensione che sia misurabile su di una scala ordinale si
17
osservano vantaggi rispetto al rischio di morte tra le posizioni superiori rispetto a
quelle immediatamente inferiori.
Tuttavia, il reddito, l’istruzione e la posizione sociale delle persone in media, sono
migliorate in questi anni, e i soggetti confinati negli strati sociali più svantaggiati
sono sempre meno numerosi. Questo fa sì che le disuguaglianze relative alla
salute, che pur crescono di intensità, non si riflettano sulla speranza di vita media
che continua ad aumentare.
Praticamente quasi tutte le cause di morte sono interessate da queste
disuguaglianze, con particolare evidenza per quelle correlate a:
- stili di vita insalubri (tumore del polmone e fumo, cirrosi ed alcool)
- lunghe carriere di svantaggio e povertà (malattie respiratorie o tumori
dello stomaco)
- problemi di sicurezza (infortuni sul lavoro per gli adulti, incidenti stradali
per i giovani, infortuni domestici per gli anziani)
- problemi di disagio sociale (dipendenza da droghe, suicidio)
- problemi psicosociali di stress (malattie ischemiche del cuore)
- problemi di emarginazione dei malati (malattie psiconervose)
- problemi di accesso all’assistenza sanitaria (morti evitabili)
Nel rapporto tra mortalità e disuguaglianze sociali sembrano convivere e
compenetrarsi due meccanismi, uno di intensità moderata che genera differenze
nella salute lineari e regolari che si manifestano ad ogni livello della scala sociale;
ed uno più intenso, che si manifesta nelle fasce più deprivate, caratterizzate da
emarginazione sociale ed economica.