2
Ciò ha implicato una progressiva “aziendalizzazione” delle società
sportive con una ristrutturazione dell’apparato organizzativo che ha
portato all’introduzione nell’organigramma di alcune funzioni necessarie
ad una società commerciale business oriented.
La funzione marketing ha trovato così, a partire dalla fine degli anni
novanta, nuovi campi d’applicazione nel settore sportivo, dove ha
permesso di esplorare nuove opportunità di mercato; La figura del
responsabile marketing è oggi presente nell’organigramma di tutte le
società sportive professionistiche; i sodalizi di grandi dimensioni hanno
sviluppato un organigramma articolato che prevede per la funzione
marketing e comunicazione aree diverse per le diverse attività, mentre
nelle società sportive minori solitamente il responsabile marketing si
affianca all’addetto stampa nella gestione della funzione comunicazione
e marketing.
In alcune società sportive sono agenzie pubblicitarie esterne a gestire i
processi di marketing e comunicazione, mentre in quasi tutti i club la
figura dell’addetto stampa è rappresentata da un collaboratore part-time
che si limita a sviluppare le mansioni di contatto con i giornalisti
tradizionalmente svolte da questa figura professionale.
Una categoria sportiva in cui l’organizzazione della funzione
comunicazione e marketing risponde a quella della tipologia esposta per
i sodalizi minori è la Legadue, la seconda lega del basket nazionale.
L’organigramma della maggior parte delle società sportive che militano
in questo torneo prevede una funzione comunicazione e marketing
articolata in:
3
¾ Responsabile marketing, definizione non di rado utilizzata per
indicare i promoter che si occupano di reperire gli sponsor, i quali
vengono a volte retribuiti su una percentuale degli introiti che
riescono a far avere al club. In alcune società sono agenzie
pubblicitarie a reperire gli sponsor ed anche ad occuparsi del
marketing del club.
¾ Addetto stampa, con le classiche attribuzioni previste e solitamente
assunto con contratto part-time.
La composizione degli introiti dei clubs di Legadue presenta peculiarità
differenti a seconda della loro localizzazione. Mentre solitamente il 70-
80% delle entrate dei club è composto da sponsorizzazioni aziendali ed il
restante 30-20% dagli incassi al botteghino, in Sicilia ed in Sardegna le
sponsorizzazioni da parte delle aziende costituiscono una fetta inferiore
degli introiti. Tuttavia in queste due regioni le società possono contare
su contributi da parte delle pubbliche amministrazioni ogni anno per
circa il 30% delle loro entrate. I diritti televisivi vengono gestiti dalla
Legadue Basket che incassa i soldi e li ridistribuisce alle società sportive
sotto forma di servizi.
Le sponsorizzazioni, cioè l’utilizzo dell’immagine della società per la
veicolazione di altre immagini aziendali, sono dunque l’asse portante
degli introiti di questi club. In tale ottica la valorizzazione del patrimonio
d’immagine del sodalizio dovrebbe essere percepito come obiettivo
prioritario dalla dirigenza. Tuttavia la valorizzazione dell’immagine
della società richiede risorse da investire che spesso i clubs preferiscono
destinare quasi totalmente al prodotto principale della società sportiva,
cioè la squadra.
4
Ciò a causa della diffusa convinzione che l’immagine del sodalizio in
ultima analisi sia esclusivamente la didascalia del risultato sportivo,
percezione testimoniata dalla frequente frammentazione
nell’organigramma della funzione comunicazione, per di più spesso
formata da collaboratori part-time e non da personale assunto a tempo
pieno.
A ciò fa seguito spesso la mancanza di una programmazione organica
delle iniziative di comunicazione del club, ma soprattutto la mancanza
del loro inserimento in un piano coerente che cerchi di sfruttare tutte le
potenzialità di valorizzazione del brand.
Naturalmente nel panorama composito di un’intera categoria che conta
ben sedici squadre diverse, quale è la seconda lega del basket nazionale,
esistono delle differenze profonde tra le diverse realtà sia nel contesto
organizzativo sia riguardo le politiche aziendali adottate.
La Legadue tuttavia rappresenta un buon paradigma per tante categorie
del mondo dello sport italiano in cui militano società sportive che
gravitano tra semiprofessionismo e professionismo, ed in cui
l’ottimizzazione dei processi di valorizzazione d’immagine può rivelarsi
un vantaggio competitivo spendibile nei diversi mercati in cui il
sodalizio si trova ad operare.
5
Ipotesi di ricerca
A partire dalla fine degli anni novanta si è assistito alla progressiva
aziendalizzazione delle società sportive professionistiche che hanno
introdotto nel loro organigramma la funzione marketing, più o meno
articolata o valorizzata dalla politica aziendale della dirigenza, al fine di
attivare un circolo virtuoso che ricavi dalle maggiori entrate derivanti dai
processi di marketing, risorse che servano ad alimentare il prodotto
principale delle società sportive.
L’applicazione dei processi di marketing e comunicazione per una
società sportiva implica dunque l’attivazione di una politica di “product
extention”
3
, cioè volta a diversificare il rischio derivante dalla gestione
dell’evento sportivo attraverso un allargamento del “prodotto” verso
settori di mercato più controllabili e facilmente gestibili; la product
extention sottende ed implica lo sfruttamento di tutte le diverse
opportunità di business offerte dal mercato consentendo al management
della società di :
introdurre un marketing mix idoneo a soddisfare le esigenze del
pubblico esterno e degli investitori;
costruire, sviluppare e diffondere una brand image;
integrare la funzione marketing con le altre funzioni aziendali;
garantire sia la vitalità economica del club sia il soddisfacimento
dei bisogni del consumatore/tifoso e del cliente/azienda.
3
Cfr. Cherubini S. , Il Marketing Sportivo, Franco Angeli, Milano, 2000
6
In quest’ottica la funzione aziendale del marketing si pone come punto
d’incontro tra i bisogni dei supporter e quelli del club offrendo a
quest’ultimo possibili soluzioni per il contemporaneo soddisfacimento di
tutti quei soggetti ( network televisivi, partner commerciali, investitori,
fornitori, tifosi, sportivi simpatizzanti, etc.) che con lui interagiscono
4
.
Attivare questi processi richiede ai Sodalizi l’investimento di risorse,
anche ingenti, che devono essere sottratte necessariamente allo sviluppo
della squadra; tuttavia le società sportive minori spesso faticano a
chiudere in pareggio il bilancio e tendono a limitare gli investimenti
nella funzione comunicazione del club utilizzando addetti stampa assunti
part-time per gestire i necessari rapporti con la stampa ed un
collaboratore interno o esterno che si occupa dei processi di marketing.
Nondimeno la programmazione della politica aziendale di questi sodalizi
risulta essere nella maggior parte dei casi annuale, mentre la
valorizzazione del brand può dare un vantaggio competitivo spendibile
sul mercato solo a lungo termine; ciò che necessita è la creazione e
gestione coerente degli elementi che concorrono a creare il valore
dell’immagine della società sportiva e cioè:
ξ Fedeltà degli appassionati,
ξ Notorietà del club nel territorio di riferimento,
ξ Aumento della qualità percepita dai tifosi sui servizi offerti dal
sodalizio,
ξ Associazioni positive da legare alla società sportiva
ξ Valorizzazione delle risorse esclusive della società sportiva
5
.
4
Cfr. Cherubini S., Il Marketing Sportivo. Franco Angeli, Milano.
5
Cfr. Aaker D, Brand Equity, la gestione del valore della marca, Franco Angeli , Milano.
7
Inoltre qualunque club è chiamato a confrontarsi con una molteplicità di
pubblici con i quali intrattenere rapporti diversi. Oltre che con la stampa
la società deve dialogare con gli appassionati, con il proprio territorio di
riferimento, ma anche con le aziende partner cui deve dimostrare la
bontà dei loro investimenti.
Se un sodalizio inserisce nella mission aziendale, accanto al risultato
meramente sportivo, l'obiettivo di consolidare il proprio brand, rinforzare
la propria immagine, legarsi al territorio di riferimento, allora diventa
necessario dotarsi anche di una persona che, a tempo pieno, si occupi del
consolidamento dell’immagine della società in un processo che dalla
comunicazione interna si estenda all’advertising attraverso
un’appropriata strategia accuratamente programmata ed implementata.
Naturalmente è fondamentale che la politica della dirigenza investa nella
valorizzazione dell’immagine del club, consapevole del fatto che quanto
più una società sarà in grado di conquistarsi visibilità ed esposizione sui
media, elevare il proprio "appeal" e consolidare il proprio brand, tanto
più rappresenterà, a propria volta, un mezzo di comunicazione
interessante per quelle aziende che ad essa vorranno legare il proprio
nome.
La mission deve essere quella di consolidare la propria immagine,
sganciandola fin dove è possibile dal risultato raggiunto (o raggiungibile)
sul campo. Perché ciò avvenga è necessario che al servizio principale
fornito (allestimento di una squadra, prestazione agonistica) ne siano
affiancati altri per così dire "sussidiari", in grado di soddisfare il proprio
pubblico e accrescerne il tasso di fedeltà
6
.
6
Cfr. l’articolo di Enrico Marinò su www.sporteasy.com consultato il 12/01/2006
8
L’ipotesi di ricerca che muove questo testo riguarda la necessità di una
nuova figura professionale all’interno dei sodalizi sportivi di piccole
dimensioni, che coordini gli sforzi di comunicazione della società
preoccupandosi di rendere coerenti le diverse iniziative nella
pianificazione e nell’implementazione di programmi volti alla
valorizzazione dell’immagine della società sportiva nei confronti dei
diversi pubblici di riferimento.
In un contesto in cui le risorse economiche da investire nella promozione
d’immagine sono limitate, strategicamente determinante diventa
investire nelle risorse umane, inserendo nell’organigramma nuove
competenze che vadano ad affiancarsi a quelle oggi reputate necessarie
nella gestione dei processi di comunicazione del club.
Serve all’interno della società sportiva, secondo l’ipotesi di ricerca che
tenteremo di avvalorare, una figura che sia in grado di effettuare
ricerche, pianificare le attività con l’assenso della dirigenza,
implementare e valutare le diverse iniziative di comunicazione che il
sodalizio vorrà intraprendere inquadrandole, in accordo con la dirigenza,
in una strategia di lungo termine coerente; una figura che sia una sorta di
account per le aziende sponsorizzanti, che collabori col responsabile
marketing nella ricerca di soluzioni in grado di valorizzare gli
investimenti delle aziende partner e contemporaneamente sia uomo di
public relation responsabile dell’attivazione del dialogo tra società
sportiva ed i suoi diversi pubblici di riferimento.
Il luogo ideale dove inserire questo vero e proprio “responsabile della
comunicazione e dell’immagine” nell’organigramma delle
organizzazioni sportive è nella posizione dell’addetto o dell’ufficio
9
stampa, poiché proprio lì convergono informazioni da diverse direzioni
che possono fornire input importanti per le iniziative del club.
Oggi la figura dell’addetto stampa nelle società sportive minori è quella
di un giornalista
7
che collabora part-time con il club occupandosi dei
rapporti con i colleghi giornalisti; tuttavia la stampa è soltanto uno dei
pubblici di riferimento del club e l’attivazione di politiche di
promozione d’immagine necessita di instaurare un dialogo con tutti i
pubblici di riferimento del sodalizio.
Naturalmente questo “responsabile della comunicazione” dovrà
possedere, oltre alle competenze fondamentali di un addetto stampa, le
necessarie cognizioni di public relation executive e brand promoter,
lavorando in team con l’agenzia pubblicitaria esterna o coloro che si
occupano solitamente dei rapporti con gli sponsor, al fine di valorizzare
nel miglior modo possibile il brand del club.
Può dunque risultare vantaggioso scommettere sulle risorse umane già
presenti nell’organizzazione ridefinendo mansioni che nel caso specifico
devono essere supportate dalla indispensabile competenza e
fondamentale dose di creatività. Ridefinendo le mansioni ed aumentando
in tal modo la mole di lavoro è naturalmente necessario ridefinire i
rapporti, per cui sarà necessario trasformare la figura dell’addetto stampa
da collaboratore part-time a dipendente a tempo pieno della società
sportiva.
Si è tentato di avvalorare l’ipotesi di ricerca con una esperienza diretta
condotta nella stagione 2004/2005 nella società sportiva neopromossa in
Legadue Basket Trapani, in cui l’autore di questo testo aveva accettato
una collaborazione per gestire l’ufficio stampa.
7
La legge prevede che per svolgere l’attività di ufficio stampa bisogna essere iscritti all’albo
nazionale dei giornalisti.
10
Introduzione
Per una società sportiva di piccole dimensioni la gestione coerente e
coordinata della risorsa “immagine” può rappresentare un importante
vantaggio spendibile sul mercato che spesso i sodalizi che gravitano tra
professionismo e semiprofessionismo tendono a trascurare,
concentrandosi quasi esclusivamente sul risultato sportivo di cui la brand
equity è solitamente considerata la naturale didascalia.
Qualsiasi programma volto al potenziamento della brand equity sottende
la destinazione di investimenti a questo genere di attività, risorse di cui
spesso le società sportive minori non dispongono o che tendono a
destinare al raggiungimento degli obiettivi sportivi, risultati che tuttavia
rappresentano soltanto uno degli aspetti che concorrono a determinare il
valore del patrimonio d’immagine di un club; tale valore è infatti il
risultato di una politica orientata alla “qualità”, volta alla soddisfazione
del cliente, ed il consumatore per un sodalizio non è soltanto lo
spettatore che vive la match experience nell’impianto sportivo ma anche
colui che segue la propria squadra in TV, che ascolta le radiocronache,
che acquista i vari gadget etc…
Inoltre l’obiettivo di perseguire una politica che tenda a valorizzare la
risorsa immagine sottende la necessità di maggiore attenzione verso tutti
i pubblici di riferimento del club compreso pubblico interno ed aziende
sponsor, che in queste categorie rappresentano spesso la principale fonte
di entrate per i sodalizi.
Il percorso di comunicazione che dovrebbe essere posto in essere in
qualsivoglia realtà sportiva nell’ottica di legare in modo forte la propria
11
brand equity al territorio di riferimento, dovrebbe partire dal marketing
ed attraversare un’intensa attività di public relation in un processo volto
a far intersecare ricerca di miglioramento della solidità organizzativa del
sodalizio attraverso l’attuazione di una politica volta alla ricerca della
qualità e ricerca di soddisfazione ed apprezzamento da parte dei diversi
pubblici con cui il club si trova ad interagire.
Oggi la gestione della funzione comunicazione nella maggior parte dei
sodalizi che militano in categorie inferiori tende ad essere frammentata
tra un responsabile marketing che si occupa in realtà principalmente del
reperimento degli sponsor, ed un addetto stampa che collabora part-time
con la società e che svolge soltanto le tradizionali mansioni delegate a
tale ruolo. Ne deriva spesso una gestione frammentata dell’immagine del
Club non in grado di cogliere e sfruttare a pieno tutte le diverse
potenzialità di business e di valorizzazione della brand equity che una
società sportiva ha nel suo stesso DNA.
D’altro canto è anche vero che per attivare tali processi le società
sportive minori dispongono di budget limitati; in tale contesto
valorizzare competenze e risorse che possiede già una società sportiva
può essere la soluzione, tuttavia è necessario che gli sforzi di
comunicazione siano inquadrati in una strategia coerente, condivisa dalla
dirigenza ed implementata attraverso un coordinamento che richiede
necessariamente un responsabile che si occupi a tempo pieno di tutti gli
aspetti che riguardano la brand equity.
Tale responsabile a livello organizzativo potrebbe essere inserito
nell’ufficio stampa, vero e proprio crogiuolo di informazioni; d’altronde
è dall’ufficio stampa che è nata la funzione di pubbliche relazioni nelle
aziende, ed è dall’ufficio stampa, opportunamente reinquadrato come
12
“ufficio comunicazione”, che può venir data nuova ninfa alla
valorizzazione della brand immage nelle società sportive minori.
Per dimostrare questa ipotesi di ricerca è stata condotta una esperienza
nel Basket Trapani, (sodalizio neopromosso in Legadue, la seconda lega
del basket nazionale) società sportiva gravitante tra professionismo e
semiprofessionismo dove, nella stagione 2004/2005, l’autore di questo
testo era stato assunto per curare gli aspetti riguardanti l’ufficio stampa.
L’esperimento ha cercato di trasformare l’ufficio stampa in “ufficio
comunicazione” diventando, in accordo con la dirigenza, il perno della
definizione ed implementazione delle strategie di comunicazione del
club.
Nella prima parte del testo verranno analizzate le caratteristiche del
marketing sportivo dei sodalizi che gravitano tra professionismo e
semiprofessionismo. I due principali mercati di riferimento costituiti
dagli appassionati (mass marketing) e dalle aziende sponsorizzanti
(business marketing) devono essere analizzati e dal punto di vista
ambientale e dalla prospettiva competitiva individuandone minacce ed
opportunità. Definiti gli obiettivi del club in relazione alle condizioni
ambientali è necessario approntare appositi programmi di marketing e di
pubbliche relazioni tenendo in considerazione tutti i pubblici di
riferimento del club ed inquadrando entrambe le strategie in una
pianificazione coerente volta a valorizzare la risorsa immagine.
In tale contesto responsabile marketing e responsabile comunicazione,
definiti gli obiettivi strategici raggiungibili in relazione al contesto ed
alle risorse a disposizione, devono collaborare nella pianificazione di
tutte le leve del marketing mix e degli strumenti di public relation che,
utilizzate in maniera integrata, possano conferire un valore aggiunto per
13
l’immagine della società sportiva. L’obiettivo deve essere quello di
scollare il valore di brand dai risultati raggiunti o raggiungibili sul
campo consolidando il legame del club con il territorio di riferimento.
Nella seconda parte del testo verranno analizzate le attribuzioni della
figura del responsabile comunicazione inizialmente in linea teorica e
successivamente in riferimento all’esperienza condotta nell’ufficio
stampa del Basket Trapani nella stagione 2004/2005.
Per le specificità organizzative delle società sportive che gravitano tra
professionismo e semiprofessionismo, la necessità di una nuova figura
professionale con competenze che travalichino le tradizionali cognizioni
richieste ad un addetto stampa, emerge come necessità sempre più
stringente per una ottimale gestione dei mercati di riferimento dei
sodalizi minori.
Affinché infatti un club possa sviluppare al meglio la propria “funzione
comunicazione” rendendola più efficiente possibile, si rende
indispensabile la presenza all’interno del sodalizio di un “addetto alla
comunicazione” che sia contemporaneamente:
ξ Responsabile delle pubbliche relazioni del club, svolgendo ruoli
di consulenza alla dirigenza, di coordinamento tra le diverse
funzioni aziendali e pratici, nello svolgimento delle tradizionali
mansioni dell’addetto stampa con nuove competenze imposte
dalle possibilità di valorizzazione d’immagine del sodalizio che le
nuove tecnologie possono offrire.
ξ Account planner, nella definizione della pianificazione strategica
delle iniziative di comunicazione del club.
ξ Account executive, nella definizione di iniziative di co-marketing
con le aziende partner.
14
La terza parte illustra nel dettaglio la pianificazione strategica e
l’implementazione delle attività poste in essere durante la stagione
2004/2005 dal Basket Trapani, con una campagna di comunicazione
che, in relazione agli obiettivi definiti con la dirigenza, ha sviluppato
iniziative promozionali rivolte ai giovani, attività pubblicitaria a
supporto del programma promozionale e progetti aventi l’obiettivo di
valorizzare gli investimenti da parte delle aziende sponsor e dei partner
istituzionali in una strategia integrata volta alla promozione del brand del
sodalizio.
15
CAPITOLO 1
IL MARKETING SPORTIVO
1.1 Il connubio sport-business
La gestione delle società sportive ha subito un cambiamento epocale a
partire dal 1996. Il 18 Novembre di quell’anno infatti, veniva
promulgata la legge N°586 che sanciva il connubio sport-business.
La legge 586/96 infatti, facendo confluire nell’alveo delle società di
capitali i sodalizi appartenenti a federazioni sportive che avessero
introdotto nei rispettivi ordinamenti il settore professionistico, ha
prodotto delle conseguenze nella struttura, nelle attività e nelle finalità
delle società sportive italiane.
L’introduzione dello scopo di lucro per le società sportive ha infatti
avuto come principale conseguenza la modifica organizzativa dei
sodalizi diretta verso una progressiva adozione di caratteri aziendali con
caratteristiche professionali.
Più in dettaglio, le conseguenze dell’introduzione dello scopo di lucro,
possono essere suddivise in:
- conseguenze dirette: implicano la necessità di remunerare il capitale
investito sottendendo l’individuazione di politiche d’impresa volte a
fronteggiare i costi, a mantenere l’equilibrio finanziario, a garantire la
solidità patrimoniale della società nel medio-lungo periodo.
- conseguenze indirette: impongono al club sportivo di aziendalizzarsi
anche attraverso un rinnovamento manageriale in grado sia di valorizzare