2
attraverso il miglioramento di se stessi, per crescere insieme”
2
. Certamente la
presenza di una diversità culturale, come in questo caso quella zingara,
rappresenta per la scuola una preziosa opportunità attraverso cui intraprendere
un cammino di conoscenza e divenire “una fucina di ricerca in cui accogliere
nuovi elementi di arricchimento nello scambio reciproco di un dare e di un
ricevere”
3
. Inoltre, tale presenza è l’occasione per costruire nella scuola una
nuova mentalità e cercare di possedere quegli strumenti che la rendano
realmente “per tutti, un luogo dove ogni alunno possa trovare i modi più
adeguati per esprimere la sua volontà e la sua intelligenza”
4
.
Riguardo la struttura del presente lavoro, ad un’iniziale quadro sulla
presenza zingara in Italia (cap.1) segue, poi, la presentazione della ricerca
svolta (cap.2) e la descrizione della comunità Rom di Avezzano nella sua
struttura attuale e negli elementi culturali e sociali che oggi la caratterizzano
(cap.3); questa, infatti, non è rimasta uguale nel tempo ma, come ogni cultura, è
“il risultato di interazioni infinite, di adattamenti, di compromessi, di elementi
che irrazionalmente si armonizzano tra loro”
5
. In particolare, si analizza, in
rapporto alle caratteristiche culturali e alle problematiche sociali del mondo
adulto, le somiglianze e le differenze che si ritrovano nei minori, in quanto essi,
nel pieno dell’età formativa, rispondono in modo dinamico e personale agli
stimoli che provengono loro sia dalla comunità che dal contesto sociale. Ho
voluto in questo modo evidenziare la non utilità di un approccio metodologico
2
Donzello G., Karpati B.M., Un bambino zingaro nella mia classe, CSZ/Anicia, Roma 1998, pag. 11.
3
Morelli B.., Soravia G., I pativ mengr. Il nostro onore. La lingua e le tradizioni dei Rom abruzzesi, CSZ,
Roma, 1998, pag. 12.
4
Chistolini S., Comparazione e sperimentazione in pedagogia, FrancoAngeli, Milano, 2001, pag. 54
5
Ibidem, pag. 8
3
di studio e di ricerca che “vede l’oggetto di studio come fenomeno isolato da un
contesto sociale e relegato nelle nicchie dei sopravvissuti al di fuori di ogni
rapporto umano”
6
.
In seguito, i capitoli 4 e 5 si soffermano ad analizzare con particolare
attenzione alcuni degli aspetti e delle problematiche relative all’inserimento
scolastico e post-scolastico dei minore rom. Nell’ultimo capitolo (cap.6),
infine, vengono presi in esame due risorse che possono essere d’ausilio ad una
scuola che, come nella città di Avezzano, si trova in presenza della diversità
zingara e che desidera rapportarsi ad essa in’ottica interculturale: la conoscenza
di questa e, più in generale, della cultura “altra” e la figura del mediatore
culturale. In particolare, dopo il quadro teorico e legislativo ad esse riferito,
viene analizzato nel capitolo la situazione relativa all’utilizzo di queste due
risorse nella scuola di Avezzano rispetto ai minori rom in essa presenti.
Nel corso dei capitoli, inoltre, vengono presentate anche le azioni
proposte e svolte, ieri e oggi, dalla istituzioni e dalle organizzazioni di terzo
settore presenti sul territorio a favore dell’inserimento della comunità Rom di
Avezzano ed in particolare dei minori che ad essa appartengono.
Come già detto all’inizio questo lavoro è il risultato di una ricerca la cui
realizzazione ha interessato Rom e gagè, piccoli e grandi, istituzioni formali e
associazioni di volontariato, esperti e gente comune. Si ringraziano pertanto:
tutti i minori rom e le famiglie che hanno collaborato; le scuole che hanno
aperto le loro porte e i docenti che hanno dato il loro tempo (in particolar modo
la professoressa Gabriella Di Cioccio la cui collaborazione è stata un prezioso
6
ibidem, pag. 17.
4
aiuto); i collaboratori e soprattutto, per la sua disponibilità e il suo appoggio, la
responsabile del Centro Socio-Culturale Rom, sig.ra Mimma Barbieri
Stefanelli; tutti quelli che in vario modo sono stati contattati durante il corso
dell’indagine; e, infine, non posso non ringraziare Francesca la cui amicizia e il
cui sostegno non sono mai venuti a mancare durante tutto lo svolgimento della
ricerca.
5
CAPITOLO PRIMO
LA PRESENZA ZINGARA IN ITALIA
1. Le comunità zingare in Italia
Gli studi linguistici, iniziati a metà del XVIII secolo, hanno indicato l’India
nord settentrionale come terra d’origine degli Zingari. Dalla patria indiana i
primi gruppi zingari si mossero intorno all’anno mille ma ancora oggi non si sa
con precisione il motivo per il quale abbandonarono la terra natia. Si presume
che qualche grave evento ne sia stato responsabile, forse la pressione
dell’espansione islamica o una forte carestia.
1
Oggi si trovano in tutta Europa, in Persia, in Asia Centrale, in Egitto e in
altre zone dell’Africa settentrionale, nelle Americhe. Il loro nome cambia di
regione in regione perché nel corso dei secoli, in mancanza di riferimenti storici
e nell’incertezza, sono stati definiti in base alla loro provenienza, al modo di
essere, ai mestieri. In Italia viene usato il nome “Zingaro” che, oltre ad essere il
più diffuso, è anche quello adottato in ambito scientifico. Questo termine deriva
probabilmente dal greco “Athinganoi”, nome di maghi e indovini riuniti in sette
durante l’Impero Bizantino. Gli Zingari, invece, si definiscono Rom e Sinti che
1
Cfr. Barbieri Stefanelli M., Nicolini B., Zingari Rom e Sinti, Piemme edizioni, 1994, pag. 17 e Gainotti
A.M., Infanzia e adolescenza Rom. Osservazioni sulle nozioni corporee e sessuali, Aracne, Roma, 2004,
pag. 10.
6
vuol dire uomini e chiamano il non-zingaro con il termine gagiò (femm. gagì,
plur. gagè).
2
La prima testimonianza scritta sulla presenza di Zingari in Italia risale al
1422 quando la Cronica di Bologna ed il Chronicon Foroliviense, entrambi
riportati da Ludovico Muratori nel Rerum Italicarum Scriptores del 1731,
riferiscono del passaggio nella città di Bologna di un gruppo di “egiziani” (altro
termine con il quale erano solitamente indicati) guidati da un certo duca
Andrea.
3
“Sicuramente, però, la presenza degli Zingari in Italia è antecedente di
almeno 100-150 anni”
4
e risale ad un gruppo giunto via mare dai Balcani e
insediatosi nelle regioni centro meridionali. In seguito, tra il 1410 e il 1430,
anche le regioni settentrionali furono interessate dall’arrivo degli Zingari
provenienti dall’Europa Centrale. Tuttavia, non si trovano documenti ufficiali
attestanti la presenza degli Zingari del Nord Italia fino al 1601 quando in
Piemonte venne emanato uno specifico bando
5
contro di essi.
6
“Giunti in Italia
quasi contemporaneamente ma per strade diverse questi gruppi costituiscono il
2
Cfr. Barbieri Stefanelli M., Nicolini B., Zingari Rom e Sinti, Piemme edizioni, 1994, pag. 12-18 e Spada
U., I rom di Frosinone, Multimage, Frosinone, 2001, pag. 5.
3
Zatta P., La questione zingara: i diritti civili, la giustizia, la scuola e il lavoro, Coordinamento
Regionale Veneto Opera Nomadi: atti del convegno di studi, Padova, 14-15 Novembre 1992, pag. 187.
4
Dal sito www.vurdon.it: Italia, terra di passaggio e di asilo. Sei secoli di presenza zingara al confine
tra Oriente e Occidente (versione in lingua italiana dell’articolo Italie, terre de passage et terre d’accuile
– Six sìecles de présence tsigane a mi-chemin entre Orient et Occident pubblicato su Migrations-Societè,
Vol. 11, n°63, maggio-giugno 1999).
5
“A partire dal XVI secolo, i vari Stati italiani, come gli altri Stati europei, cominciarono a prendere
provvedimenti contro gli Zingari. Il primo provvedimento fu generalmente il bando. I bandi che si
susseguirono negli Stati italiani a partire dal XVI secolo comprendevano generalmente l’obbligo di
andarsene dal territorio entro tre giorni, pena la galera per gli uomini e la fustigazione per le donne. Con il
passare del tempo le pene si fecero più severe (ad esempio una delle pene per la violazione del bando era
la forca) ed i divieti riguardavano anche il popolo sedentario che li ospitava o facilitava con licenze,
permessi di lavoro, od altro” (Zatta P., La questione zingara: i diritti civili, la giustizia, la scuola e il
lavoro, Coordinamento Regionale Veneto Opera Nomadi: atti del convegno di studi, Padova, 14-15
Novembre 1992, pag. 187).
6
Dal sito www.vurdon.it: op. cit.
7
substrato storico più antico”
7
; da essi discendono i gruppi di Rom e Sinti che
attualmente vengono denominati su base regionale: Rom abruzzesi, Rom
calabresi, Sinti piemontesi, Sinti lombardi, Camminanti siciliani, ecc. Tra
questi si possono trovare differenze nello stile di vita e nella lingua, il romanés,
pur essendo tutti originari dei primi gruppi arrivati in Italia.
Una seconda migrazione di Zingari risale all’inizio del secolo, in seguito
all’abolizione della loro schiavitù in Romania. Si tratta dei Rom Vlah; questi, a
loro volta, si distinguono in base ai mestieri esercitati: Kalderas, lavoratori di
metalli; Lovara, commercianti di cavalli; Ciurara, fabbricatori di cesti. In
genere, possiedono un’abitazione fissa ma conducono vita seminomade
viaggiando sia in Italia sia all’estero.
Tra il 1920 e il 1940 giungono in Italia anche i Rom Harvati provenienti
dall’Est europeo, soprattutto dall’Istria e dalla Croazia.
Oggi gli Zingari discendenti da questi gruppi di migranti hanno tutti la
cittadinanza italiana.
Tra la metà degli anni ’50 e la fine degli anni ’70 (con un picco massimo
proprio in questo decennio) una nuova ondata migratoria interessa l’Italia.
Gruppi di Rom Khorakhanè musulmani e di Rom Dasikhanè cristiano-
ortodossi, provenienti dai paesi dell’attuale ex-Yugoslavia, vengono nel nostro
paese alla ricerca di fortuna economica. Il loro progetto migratorio prevedeva il
ritorno nel proprio paese dove vivevano in condizioni di stanzialità; il
soggiorno all’estero, infatti, doveva durare giusto il tempo di mettere da parte il
necessario per assicurarsi un buon futuro in patria. Ma la guerra, che di lì a
7
Ibidem.
8
pochi anni avrebbe devastato la Yugoslavia riducendo anche molte delle loro
case in cumuli di macerie, li ha trattenuti nei nostri confini oltre il tempo da
loro previsto.
E’ ancora in atto, infine, il movimento dei profughi della Serbia, della
Croazia e dell’Erzegovina cominciato agli inizi degli anni ’90. Gli Zingari
provenienti da questi paesi hanno trovato sistemazione presso amici e
conoscenti che si trovavano già nei campi sosta.
I gruppi zingari giunti attraverso queste ultime migrazioni non sono
riconosciuti come cittadini italiani; molti non hanno ancora il permesso di
soggiorno.
Le ondate migratorie succedutesi nel tempo hanno comportato la presenza
sul territorio di una popolazione zingara estremamente eterogenea per ciò che
riguarda i le abitudini di vita, gli alloggiamenti e i rapporti con gagè; essa è
stimata tra i 90.000 e 110.000 individui.
8
La tabella che segue (n°1), riassume la situazione della presenza zingara in
Italia. I gruppi sono ordinati in base al periodo di migrazione: da quelli di più
antico insediamento a quelli recentemente giunti nel nostro paese. Nell’ultima
colonna della tabella vengono riportate le città o le regioni d’Italia dove le varie
comunità sono maggiormente presenti. Infine, sono stati evidenziati in neretto i
gruppi che ad oggi possiedono la cittadinanza italiana.
8
Cfr. Spada U., I rom di Frosinone, Multimage, Frosinone, 2001, pag. 9-14; Barbieri Stefanelli M.,
Nicolini B., Zingari Rom e Sinti, Piemme edizioni, 1994, pag. 23-25 e dal sito www.vurdon.it: op.cit.