6
o “legalmente permessa”. L’esercizio della pubblica autorità toglie quindi
alla coazione fisica il carattere di antigiuridicità, a condizione che l’azione
stessa sia esercitata nei limiti legali.
Tali principi fondamentali sviluppati dal Diritto Romano e ripresi in
parte anche nei Diritti germanici
4
ed in quello canonico
5
, sono sempre stati
sostenuti in linea di massima dalla dottrina, seppure in maniera spesso
oscillante e mutevole per ragioni di carattere storico-politico, essendo in
gioco, da una parte, l’esercizio della potestà statuale d’imperio; dall’altra, il
diritto del cittadino alla tutela dei propri beni, della sua vita e della sua
incolumità personale.
Ad esempio, l’ideologia dell’assolutismo afferma la necessità di una
forte autorità statale che cerca di realizzare i propri diritti con l’uso
immediato della forza, mentre, dopo la Rivoluzione francese – quando si
affermano le idee dello stato di natura, della libertà dell’individuo, del
contratto sociale e dei diritti dell’uomo - la tendenza in favore della
protezione dell’individuo, dei suoi diritti, e specialmente della sua pretesa a
non essere molestato da parte della pubblica autorità, prende il sopravvento
sul riconoscimento delle necessità statuali.
Gli anni del novecento, dominati da eventi che hanno sconvolto la
vita dell’intero pianeta (due guerre mondiali, la divisione ideologica tra il
blocco comunista e quello democratico, la globalizzazione, etc.), hanno
portato all’affermazione di nuovi principi; d’altro canto, gli abusi (o presunti
tali) commessi dai pubblici ufficiali con l’uso delle armi
6
, le particolari
3
V. FERRINI, Esposizione Storica e Dottrinale del Diritto penale romano, in Enc. Dir. pen. it., a cura di
Enrico Pessina, vol. I, Milano, 1905, 1 ss.
4
Cfr. DEL GIUDICE, Diritto Penale Germanico rispetto all’Italia, in Enc. dir. pen. it., Milano, 1906, 231-
239 ss..
5
V. SCHIAPPOLI, Dir. Canonico, in Enc. dir. pen. it., cit., II, 742 ss..
6
V. ad esempio, il “Libro bianco sulla legge Reale”, compilato e pubblicato nel 1990 dal Centro di iniziativa
Luca Rossi di Milano in cui vengono elencati una serie di fatti definiti “morti da legge Reale”, avvenuti nel
periodo 1975 / 1989, tratti dalle notizie apparse sui vari quotidiani, consultabile sul sito internet
www.piazzacarlogiuliani.org
7
situazioni verificatesi (disordini in occasione di scioperi e manifestazioni
7
)
che hanno caratterizzato momenti importanti anche del nostro Paese
8
, hanno
dimostrato quanto sia necessario delineare e precisare ulteriormente i limiti
oggettivi e soggettivi dell’applicazione della scriminante di cui all’art.53
c.p..
Il presente studio in maniera particolare farà riferimento
all’Ordinamento Italiano, analizzando i diversi profili che attengono all’uso
legittimo delle armi, senza tralasciare gli aspetti relativi al collegamento con
altre cause di giustificazione: l’esercizio di un diritto o adempimento di un
dovere (art.51 c.p.) e la legittima difesa (art. 52 c.p.).
7
V. ad esempio, i fatti accaduti negli anni 1970 - 1980 a Milano, Torino, Roma; i fatti di Genova in occasione
del G8 2001; le recenti manifestazioni avvenute in diverse città italiane contro la TAV e quelli avvenuti
all’inizio dell’anno in corso a Parigi, originati dalla contestata legge sui nuovi contratti di lavoro per i
giovani (CPE).
8
Si ricordino, tra gli altri, il c.d. “autunno caldo” del 1968, che iniziò in Francia e che favorì, nel nostro
Paese, l’emanazione dello Statuto dei lavoratori; il periodo di tensione che caratterizzò la storia del nostro
Paese negli anni c.d. “bui” della lotta al terrorismo, etc.
8
1.
L'USO LEGITTIMO DELLE ARMI
NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
1.1 Nozione
L’uso legittimo delle armi è una causa di giustificazione
9
“propria o
privilegiata”
10
del reato introdotta nell’ordinamento penale italiano con il
codice del 1930 allo scopo di rimuovere la situazione di incertezza giuridica
esistente durante la vigenza del previgente codice Zanardelli a causa del
silenzio serbato da quest’ultimo sull’uso delle armi o della coazione in
genere da parte degli agenti ed ufficiali della forza pubblica
11
.
Infatti, per giustificare la liceità dell’impiego della coazione fisica da
parte dei pubblici ufficiali, in assenza di specifiche disposizioni, si faceva
ricorso allo stato di necessità o all’adempimento di un dovere legale o,
9
In dottrina, vengono definite cause di giustificazione quelle situazioni, normativamente previste, in presenza
delle quali viene meno il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero
ordinamento giuridico (FIANDACA-MUSCO, Diritto Penale, parte generale, IV edizione, Bologna,
2004,). Pertanto, in presenza di tali situazioni, un fatto che sarebbe altrimenti antigiuridico, tale non è
perché la legge lo consente o lo impone.
10
V. MARINI, Uso Legittimo delle armi (Diritto Penale), in Nss Dig.It., Torino, 1975, XX, 262, nota 13. Nel
senso che, destinatari della norma sono esclusivamente i soggetti aventi la qualifica di pubblici ufficiali,
così come, analogamente, per quanto attiene alla correlativa ipotesi di cui all’art. 41 del C. Pen. mil. pace, i
soggetti legittimati ad usufruire della stessa sono esclusivamente i “militari”. In proposito, sul concetto di
“militare” cfr. VENDITTI, Il diritto penale militare, 1978, 43 ss. e, per un cenno ai rapporti tra la qualifica
in parola e quella di ”pubblico ufficiale”, Idem, 217.
11
ALIBRANDI, L’uso legittimo delle armi, Milano, 1979, 9. Il codice in questione, sull’esempio anche di
altri codici penali precedentemente promulgati (olandese 1881 artt.40-43; portoghese 1886 art.44 nn.2-5 e
artt. 45-46; spagnolo 1870 art. 8 n.4-6 e artt.11-12; ginevrino 1874, artt.53-55; bernese 1867, artt.52-55;
zurighese 1871, artt.47-48; tedesco 1870, artt.53-54), racchiuse nell’art. 49 le cause di giustificazione
tipicizzandole nell’adempimento del dovere, nella difesa legittima e nello stato di necessità; introducendo la
disposizione generale di cui all’art.50 in cui si accennava all’eccesso dei limiti imposti dalla legge,
dall’autorità e dalla necessità. Tale metodo fu, in genere, favorevolmente accolto in dottrina. In proposito,
cfr. COGLIOLO, Trattato di diritto penale, Torino, 1891, I, 2a, 23; contra, FIOCCA, Ancora un altro po’
di critica all’art.50 del nuovo codice penale, in Foro Abruzzese, 1889, nn.5-6.
9
infine, all’istituto della legittima difesa
12
, su cui spesso solevano basarsi le
sentenze di assoluzione
13
.
La sua natura di scriminante
14
è pacificamente riconosciuta da tutta la
dottrina
15
che concorda, in massima parte, sul suo carattere di assoluta
politicità, la cui introduzione nel codice rivela << un fenomeno di tutto
rilievo e costituisce uno dei molteplici riflessi, sul piano normativo,
dell’instaurazione del regime fascista e del consolidamento di un assetto
istituzionale che si presenta eversore dell’ordinamento previgente >>.
16
12
Cfr ALTAVILLA, Uso legittimo delle armi, in Nuovo Dig. it., Torino, 1940, XII, 2, 768; STEIN, Uso
legittimo delle armi. Considerazioni generali, in Rivista penale, 1936,706; DI VICO, Dell’eccesso nell’uso
legittimo delle armi (artt.33 e 55 cod.pen.), in Riv. Pen. , 1933, 882 ss.; PANNAIN, Manuale di diritto
penale, Torino, 1967, 747; CADONI, Interpretazione ed applicazione dell’art. 53 del codice penale, in Riv.
Pol.., 1970, 129: MANTOVANI, Diritto penale – parte generale -, IV ed., Padova, 2001, 282.
13
<<Atti della Commissione Ministeriale incaricata di dare un parere sul progetto preliminare di un nuovo
codice penale>>, parte I, relaz. Introduttiva di S.E. Appiani, pag. 59, n. 243, in STEIN, Uso legittimo delle
armi., cit., 705; DELOGU, L’uso legittimo delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, in Arch. Pen.,
1972, I, 168, il quale riferisce che, invece, la dottrina, pur ammettendo che l’uso delle armi non dovesse
servire per << formale trionfo della legge>> ma per una sua affermazione conforme allo scopo da
perseguire, negava l’esistenza di un generale diritto di resistenza all’autorità della forza pubblica;
14
Le scriminanti vengono inquadrate dalla dottrina nella più ampia categoria delle “cause di esclusione della
pena” che, a loro volta, vengono suddivise in: cause di giustificazione, che sono vere e proprie cause di
esclusione dell’antigiuridicità (ad es, consenso dell’avente diritto, legittima difesa, stato di necessità, uso
legittimo delle armi ecc); scusanti, che sono fondate sull’inesigibilità della pretesa normativa (si pensi
all’esclusione della punibilità in caso di assistenza ai partecipi di banda armata o associazione per
delinquere se il fatto è commesso “in favore di un prossimo congiunto” prevista dagli artt.307 e 418); e
limiti istituzionali della punibilità, in base ai quali lo Stato rinuncia alla pretesa di obbedienza per ragioni
di opportunità (si pensi, ad esempio, al caso di non punibilità per i delitti non violenti contro il patrimonio
commessi in danno del soggetto appartenente all’ambito familiare, caso previsto dall’art. 649 c.p.; oppure
alle c.d. immunità).
15
Cfr. DELOGU, L’uso legittimo, cit., 166; FROSALI, Sistema penale Italiano, Torino, 1958, II, 94;
MARINI, voce Uso legittimo delle armi, in Noviss. Dig. It., cit., 259 ss.; PULITANO’, voce Uso legittimo
delle armi, in Enc. Giur. Treccani, 1994, XXII; cfr. in giurisprudenza C. Conti, 6-3-1965, Cuttrone, in Foro
Amm., 1965, I, 3, 89; C. Conti, 23-11-1962, Verrocchi, in MA, 1963, III, 35; C. Conti, 24-10-1959, Bertini,
in RCC, 1959, III, 178;
16
PISA, Osservazioni sull’uso legittimo delle armi, in Annali della Facoltà di giurisprudenza dell’Università
di Genova, 1971, 145 ss; il quale, ai fini dell’interpretazione dell’art.53, ritiene semplicistica la rigida
contrapposizione fra l’età liberale ed il regime fascista recuperandone il valore ricorrendo
all’interpretazione evolutiva e adducendo l’impossibilità di <<poter interpretare l’art. 53 alla luce di quello
stesso indirizzo politico ispiratore ma che oggi ha subito notevole metamorfosi, sino ad essere
completamente sostituito da un indirizzo politico opposto, con quella relazione inversa che sussiste tra un
regime autoritario ed uno democratico.>>
Cfr, inoltre, FIANDACA- MUSCO, Diritto penale - parte generale, cit. 254; MANTOVANI, Diritto
penale, cit., 280; PISA, Osservazioni, cit. 145 – 148; STEIN, Uso legittimo, cit., 697-705; MARINUCCI –
DOLCINI, Manuale di diritto penale – parte generale, II ed., Milano, 2004, 168; per il quale fondamento
della causa di giustificazione de qua è da individuarsi nella <<manifestazione radicale della visione dei
rapporti individuo-autorità che è tipica di uno stato autoritario come quello italiano degli anni trenta: il
10
Tale convinzione è stata avvalorata anche dalla mancata menzione tra i
requisiti dell’esimente
17
della “proporzionalità” intesa come espressione di
un bilanciamento tra interessi contrapposti alla luce della situazione
concreta.
potere di coercizione dello stato può esercitarsi anche attraverso l’uso delle armi (di qualsiasi specie in
dotazione o no al p.u.) e/o di altri mezzi di coazione (sfollagente, candelotti lacrimogeni, forza fisica nelle
“cariche” in servizio di O.P.) quando è necessario rimuovere ostacoli che, in forma di violenza o resistenza,
vengano frapposti alla pubblica autorità.>>
17
Cfr. DI VICO, Dell’eccesso, cit., 142 ss.; STEIN, Uso legittimo, cit., 707; FIANDACA - MUSCO, Diritto
penale, cit., 262. Non è mancato, inoltre, chi, nello stesso ordine di idee, ha messo, in luce una certa
relazione tra l’introduzione dell’art.53 c.p. e la mancata riproduzione, nel codice Rocco, della specifica
causa di non punibilità prevista dagli artt. 192 e 199 del codice Zanardelli, della <<reazione agli atti
arbitrari del pubblico ufficiale>>. A riguardo, cfr PISA, Osservazioni, cit., 149 e VENDITTI, La reazione
agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, Milano, 1954, 24 ss. e 49 ss. I motivi addotti a ragione della
mancata riproduzione nel codice Rocco della causa di non punibilità in oggetto vengono indicati nella
Relazione Ministeriale, Lavv. Prep., vol. II, 141, nel senso che il privato, a tutela del proprio diritto
eventualmente leso dall’atto arbitrario del pubblico ufficiale, poteva pur sempre fare ricorso alla legittima
difesa. Tuttavia, SPIZUOCO, La reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, Napoli, 1962; fa
presente come l’articolo 52 c.p., in materia ebbe applicazione scarsa e indecisa, ma che tuttavia la
giurisprudenza fu sempre sensibile nel temperare la troppo rigorosa applicazione del principio dell’autorità.
11
1.2 Evoluzione storica di una scriminate “autoritaria”
Nei codici pre-unitari non c’è una disposizione che preveda in via
autonoma ed esplicita la causa di giustificazione dell’uso delle armi
18
,
soprattutto perché vi si scorge una generale tendenza a parificare l’operato
degli ufficiali ed agenti di p.g. a quello dei comuni cittadini secondo il
pensiero giuridico liberale dell’epoca
19
.
Tuttavia, una prima tendenza in senso contrario si può riscontrare nel
codice sardo del 1839 che, forse, ha influito sulla stesura dell’art. 563 del
codice piemontese del 1859, nel quale, con particolare riferimento
all’enunciazione dell’eccesso nella legittima difesa, si era aggiunto l’eccesso
nell’esercizio della forza pubblica. Invero, restava comunque, una fattispecie
sfumata, soprattutto perché mancava la previsione dei mezzi di coazione e,
pertanto, evidenziava come gli intendimenti del legislatore fossero ancorati
più alla tradizione che al diritto positivo
20
.
18
ALIBRANDI, L’uso legittimo, cit., 1 ss. . La ricerca di carattere storico sulla causa di giustificazione in
esame evidenzia l’assenza nei codici penali ottocenteschi di specifiche disposizioni sull’uso legittimo delle
armi o, più in generale, della coazione fisica da parte delle forze di polizia. Il Code Napoleon, infatti,
prevedeva quali cause di giustificazione, ipotesi riconducibili alla legittima difesa (artt.211 ss.) e
all’adempimento di un dovere imposto dalla legge e dalla legittima difesa (art. 327). Nello stesso senso v.
anche codici che ad esso si sono ispirati, come ad esempio il codice penale per il ducato di Parma (artt.355
– 356). Nel codice penale del granducato di Toscana, invece, si rileva l’importanza dell’art. 339 che
contempla l’omicidio e le lesioni personali per un eccesso di difesa, qualora si siano oltrepassati i limiti
imposti dalle necessità.
Nel codice penale del regno Lombardo Veneto (1803), oltre al paragrafo 27 che prevede la legittima difesa,
un certo interesse, nel quadro della ricerca di possibili precedenti, sia pure indiretti di carattere normativo,
riveste anche il paragrafo 6, che testualmente sancisce: <<Qualunque sia l’occasione da cui abbia avuto
origine un ammutinamento, se in esso persiste con l’opporsi alle dissuasioni premesse dalla magistratura e
con l’aggiungere mezzi effettivamente violenti, in modo che a ricondurre la quiete e l’ordine sia d’uopo
impiegare una forza straordinaria, allora vi è ribellione e chiunque ha parte in tale ammutinamento si fa reo
di questo delitto >>. In proposito, ai fini del presente lavoro possono essere significative, le parole <<
impiegare una forza straordinaria >>, che viene evidentemente giustificata a priori essendo essa
contrapposta ad un comportamento violento dei partecipanti e sorretta dalla necessità di riportare l’ordine.
Manca, ad ogni modo, anche in questo codice, una norma a carattere generale che espressamente e in ogni
caso giustifichi l’impiego delle armi e della coazione fisica da parte di un pubblico ufficiale.
19
MANTOVANI, Diritto penale - parte generale- , cit., 282;
20
DI VICO, L’eccesso nell’uso legittimo delle armi, cit., 883, definiva tale disposizione << incompleta ed
equivoca >>. “Incompleta”, perchè non indicava gli estremi propri costituenti l’eccesso nell’esercizio della
forza pubblica; “equivoca”, perché, accoppiando due ipotesi, poteva indurre a ritenere che l’eccesso
12
Questa prima enunciazione normativa in termini di autonomia non
mancò tuttavia di lasciare tracce, tanto è vero che in sede di lavori
preparatori al codice penale unitario furono diverse le discussioni in tema di
esercizio della forza pubblica. Sul punto, si può ricordare il progetto
presentato nel 1868 dalla Sottocommissione della prima Commissione ove
risultano di particolare interesse gli articoli 305 e 306. Il primo prevede tre
distinte ipotesi di non punibilità dell’omicidio (per la difesa del proprio o
altrui pudore, della proprietà e dei luoghi di abitazione), mentre il secondo
delinea, sulla falsariga dell’art. 563 prima citato, tre figure di attenuante per
il medesimo delitto e, tra queste, ricorrono al comma nr.1 “l’eccesso
nell’esercizio della legittima difesa” e al comma 3 “l’eccesso della forza
pubblica”.
Nella seduta della Commissione del 15 aprile 1868 Carrara propone di
sopprimere la disposizione di cui al paragrafo 3 dell’art. 306 in quanto si
risolverebbe altrimenti in un << privilegio che serve da palliativo a reati di
sangue di indole affatto comune >>. Ciò è in ossequio alle osservazioni
formulate dalla Magistratura (Procura Generale presso la Corte di Appello
dell’Aquila e dalla Procura Generale presso la Corte di Cassazione di
Palermo) che, sostanzialmente, propone l’inasprimento della pena per i
delitti commessi in eccesso di forza pubblica, ritenendo diversi e, quindi,
non parificabili i casi di esercizio della legittima difesa e di esercizio della
forza pubblica. I lavori si concludono con l’eliminazione dell’attenuante
dell’eccesso nell’uso della forza pubblica, adducendo la sufficienza delle
regole tradizionali in tema di legittima difesa e di eccesso in quest’ultima
21
.
La situazione rimane non definita anche in relazione alle vicende
storiche del Paese, caratterizzato da frequenti crisi ministeriali e dal rapido
susseguirsi di legislature sino al 1874 allorquando il nuovo ministro
nell’esercizio della forza pubblica fosse da ammettersi solamente quando, nell’esercizio medesimo, si
verificasse eccesso nella difesa.