6
personale, che poi sarebbe divenuta base fondamentale per la
stesura del seguente lavoro.
Ho cominciato, allora, a consultare libri, giornali, siti internet,
tesi e tutto quello che trattasse di interviste, soprattutto
televisive, riuscendo così a creare una mia piccola banca dati,
ma non era ancora abbastanza.
Tramite il Professor Raneri mi sono messa in contatto con la
Dott.ssa Alessandra Ferrario della Direzione Documentazione
ed Analisi Istituzionale di Mediaset, per poter raccogliere
ancora più informazioni.
La Dott.ssa Ferrario si è subito mostrata disponibilissima e mi
ha fissato un appuntamento di alcuni giorni nel suo ufficio di
Cologno Monzese.
Quando sono arrivata, sono stata accolta in un clima cordiale e
caloroso, e mi è stata subito messa a disposizione una stanza
dove avrei potuto consultare svariati libri, giornali, tesi, sulle
interviste che erano già stati preparati per il mio arrivo.
7
Sono tornata da questo incontro così carica di energia,
curiosità , informazioni e notizie che la mia piccola banca dati
è diventata una banca dati a tutti gli effetti.
È stata un’esperienza bellissima che mi ha permesso di
ampliare, arricchire ed aggiornare le mie ricerche, ma
soprattutto mi ha definitivamente convinto a continuare nel
mio intento perché ero sulla strada giusta.
Questa tesi non è rivolta,come spesso succede, solo agli addetti
ai lavori, ma cercherò di semplificare quanto più possibile il
linguaggio, salvo l’utilizzo di termini tecnici fondamentali ,
per far sì che questo lavoro possa essere compreso da tutti e
che possa essere un input, uno stimolo per un successivo
approfondimento in materia.
Giugno 2005
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INTRODUZIONE
1. Il diritto all’informazione: cenni storici
Il bisogno d’informazione accompagna l’uomo da tempi assai
remoti. Era necessario agli uomini primitivi per la
sopravvivenza, infatti il bisogno di sapere, di conoscere, era
strettamente legato all’esigenza di sopravvivere, la
comunicazione primitiva era solamente orale, limitata alle
informazioni essenziali sui luoghi, sulla possibilità di trovare
cibo, sulle insidie della natura,ecc...
Poi quando l’uomo ha scoperto i segni ha cominciato a
lasciare delle tracce, di cui vi sono numerosi esempi, Enzo
Arcuri osserva: “le incisioni egizie, Mosè con i dieci
comandamenti e gli stessi diaristi babilonesi, che cosa sono
9
stati se non giornalisti, cronisti incaricati di scrivere giorno per
giorno, gli avvenimenti pubblici”
1
.
E potrei continuare a citare ancora esempi, fino ad arrivare al
1948 anno in cui l’informazione cessa di essere soltanto un’
esigenza per diventare un diritto dell’uomo, sancito dall’ art.
21 della Costituzione Italiana, il cosiddetto Diritto di cronaca,
che costituisce la causa di giustificazione per bilanciare i diritti
e la riservatezza delle persone nella diffusione delle
informazioni.
Dal 1948 al 1990 si assiste al cosiddetto “vuoto legislativo” in
materia d’informazione , a causa del segreto d’ufficio.
Nel 1990 le leggi 142 e 241 consentono finalmente ai cittadini
il libero accesso ad atti e documenti amministrativi, con le
dovute eccezioni, e soprattutto permettono la partecipazione
alla vita amministrativa.
1
E. Arcuri, ,Testo e paratesto, Rubettino,Soveria Mannelli (Cz), p.14.
10
Nel 1993 il decreto legislativo n.29, detto anche legge
Bassanini, istituisce gli sportelli funzionali e polifunzionali,
una sorta di Urp che garantisce al cittadino informazioni serie.
Nel 1997 i decreti legislativi n. 59 e 127, detti Bassanini bis e
ter, istituiscono la procedura dell’autocertificazione,
consentendo così di snellire così numerose pratiche
amministrative.
Ma è solo con la legge 150/00, riguardante la comunicazione e
l’informazione nelle Pubbliche Amministrazioni, che si può
finalmente garantire al cittadino una buona comunicazione ed
informazione con l’istituzione dell’Ufficio Relazioni con il
Pubblico, la figura del portavoce e l’Ufficio stampa.
Così nel 2002 si arriva alla direttiva Frattini
2
che, supportando
la 150/00, introduce la formazione, come necessaria al
delineamento delle professionalità, e l’abolizione del
burocratese
3
, promovendo un linguaggio semplice.
2
Gazzetta Ufficiale n°74 del 28 Marzo 2002, direttiva del 7 Febbraio 2002: “Attività di
comunicazione nelle Pubbliche amministrazioni”.
3
De Mauro, dizionario della lingua italiana. Burocratese: linguaggio incomprensibile
perché infarcito di inutili neologismi e termini giuridici, tipico delle Pubbliche
Amministrazioni.
11
Nonostante questo, seppur breve ma utile, iter legislativo,
molte Pubbliche Amministrazioni non hanno recepito le leggi
o,laddove lo avessero fatto, stentano a renderle effettive, in
quanto si dovrebbe ricostruire la classe amministrativa in base
alle effettive competenze o titoli acquisiti, che significherebbe
per qualcuno dover abbandonare la tanto cara poltrona, e
soprattutto quel potere arbitrariamente acquisito quando tutto
era celato dalle fitte tele della burocrazia.
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2. La televisione ed il giornalismo televisivo
Quello che essenzialmente distingue il giornalismo televisivo
dal giornalismo radiofonico e su carta stampata è la possibilità
di comunicare non solo attraverso le componenti del suono o
testuali, ma anche e soprattutto attraverso le immagini. Ma
quello che a parole può sembrare scontato in realtà è difficile
da mettere in pratica , e così numerosi servizi televisivi si
limitano ad impiegare le immagini come supporto o
accompagnamento di un testo, come se si facesse “radio in
video”, anziché riuscire a montarle in modo da non aver
bisogno di parole per spiegare pienamente un fatto, un evento.
Come avviene per un servizio scritto su un quotidiano, ogni
servizio televisivo deve fornire le risposte a sei domande,
quelle che gli americani chiamano 5W
4
(Who? What? When?
Where? Why?) ed una H( how?).
4
Le 5W sono state definite nel 1948 da Lasswell.
De Fleur Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, Il Mulino,
Bologna,1995,p.207.
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Numerose sono le differenze tra il giornalismo televisivo e
quello su carta stampata, ad esempio: il servizio di un
quotidiano sarà sempre più approfondito di quello televisivo
sullo stesso argomento; solamente la televisione può darci la
combinazione di immagini in movimento e suoni; con la
diretta, la televisione può renderci quasi partecipi degli
avvenimenti che accadono, in tempo reale; il lettore di un
quotidiano può tornare a rileggere un argomento; e potrei
continuare ancora, senza con questo voler stabilire una
graduatoria su quale dei due mezzi sia il migliore, anche
perché l’ideale sarebbe che ognuno di noi leggesse il
quotidiano e guardasse il telegiornale, in modo da essere
aggiornato subito e in modo esaustivo da entrambi i mezzi.
Su tale argomento si può trovare una sorta di linea guida nel
manuale Studiare da giornalista.Teoria e pratica, che oltre a
dare una serie di “dritte” ai futuri giornalisti, approfondisce la
descrizione delle varie componenti del sistema televisivo.
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Ogni servizio televisivo completo dovrebbe essere un piccolo
film, e proprio come un vero film dovrebbe essere un breve
racconto con un inizio (lead), una parte centrale ed una
conclusione.
Servizi televisivi come mini film, dunque, che nascono dalla
combinazione dei seguenti elementi fondamentali:
• immagini in movimento, la componente più importante,
senza la quale la televisione sarebbe uguale alla radio;
• suono: grida, crepitio di mitragliatrici, pianti bambini,
formano un tutt’uno con le immagini;
• montaggio, procedimento che ci permette di mettere in
ordine le sequenze e di dare un senso al racconto;
• testo del servizio, in televisione le parole sono molto
importanti, bisogna che siano parole chiare e semplici
adatte ad un testo parlato. Le parole del testo servono
per aiutare la comprensione degli spettatori a descrivere
quello che le immagini non fanno vedere, per
sottolineare un fatto o per provocare una reazione.
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Un servizio televisivo è costituito da una componente visiva
(immagini e suono ambientale) e da una componente verbale
(narrazione del testo scritto, dagli standuppers e dalle
interviste).
Il formato di un servizio televisivo viene determinato
dall’assignment editor considerando la sua rilevanza, ossia il
valore della notizia, ma anche alcuni fattori esterni concorrono
a determinare il formato ed il tempo che verrà dedicato a
ciascuna notizia. I formati più comuni sono: il package o spot
(che in Italia viene chiamato servizio chiuso perché completo),
il lead-in (introduzione letta dal conduttore, che serve per
risvegliare l’interesse del telespettatore per prepararlo a
seguire il servizio più attentamente), voiceover into soundbite
(notizie lette dal conduttore non inquadrato, che servono ad
introdurre il momento saliente di un‘intervista).
In televisione il tempo è prezioso. Un telegiornale dura in
media mezz’ora, con servizi di 1’30’’. A tal proposito c’è una
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regola detta d’oro che il giornalista televisivo deve ricordare:
in televisione non si può dire tutto. Il buon giornalista
televisivo è consapevole di questa limitazione, e deve
accontentarsi di dare la notizia, di raccontare il fatto più
importante o i due fatti più importanti in modo da evitare che
lo spettatore si annoi e cambi canale.
Uno dei modi migliori per realizzare un servizio è cercare di
personalizzare una storia, renderla più vicina a noi,
raccontando una storia grande (come può essere stato il
disastro delle torri gemelle) partendo da una storia piccola
(la testimonianza di un sopravvissuto, un testimone, un
parente, ecc…).
Altra buona regola è quella di rivolgersi una domanda quando
si sta creando un servizio: “ Chi se ne frega?”
Sembrerà strano detta così, ma dato che i servizi devono
essere per prima cosa interessanti, devono cioè attirare
l’attenzione, è utile farsi certe domande a monte, evitando così
d’incappare in eventuali insuccessi.