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CAPITOLO PRIMO
ITER LEGISLATIVO IN ITALIA
1. La c.d. “Quinta Fase della legislazione italiana in
tema di stupefacenti”.
Con l'approvazione della legge 49/2006 e la sua
definitiva attuazione col varo delle tabelle quantitative,
si apre la quinta fase della legislazione italiana in tema
di stupefacenti.
La prima, che ha preceduto la riforma del 1975, era
caratterizzata da forte repressione punendosi, oltre allo
spaccio di droga, anche il consumo e la detenzione
finalizzata al consumo.
Con la seconda fase, apertasi con la legge 685/75, lo
Stato ha assunto invece un approccio agnostico verso
l'assunzione delle droghe, che considerava una scelta
personale non censurabile neppure in via
amministrativa purché restasse al di sotto della "modica
quantità".
La legge 162/90, meglio nota come "Jervolino -
Vassalli", ha avviato la terza tappa che, ribaltando la
logica precedente, ha visto con sfavore anche
l'assunzione di stupefacenti, sanzionandola
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amministrativamente -come pure la detenzione- se
inferiore alla "dose media giornaliera", penalmente se
superiore.
La quarta tappa, perdurata sino all'odierno intervento
legislativo, si è aperta all'indomani dell'approvazione del
referendum del 1993, abrogativo di tutte quelle parti
della Jervolino - Vassalli facenti divieto di uso personale
(non terapeutico) delle sostanze stupefacenti. Oggi, con
l’ entrata in vigore della legge 49/2006, avvenuta lo
scorso 28 febbraio, giungiamo alla "fase cinque" che,
salvo qualche aspetto nuovo, si pone in un'ottica di
sostanziale ripristino dell'assetto legislativo ante
referendum.
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2. La legge 22 dicembre 1975, n.685
Solo nel 1975, dopo anni di interpellanze parlamentari,
si giunse ad una disciplina che nel suo stesso titolo reca
chiarissima la duplice posizione che il Governo doveva
assumere nei confronti del problema degli stupefacenti,
con tutti i reati connessi, e degli stati di
tossicodipendenza, per la prima volta intesa come
malattia, che ne derivano. La legge è la n.685 del
22.12.1975 e porta il titolo “Disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza”.
Il vero tratto caratterizzante della legge n.685 è da
ricercare nella mutata considerazione dell’assuntore di
stupefacenti non più visto come un vizioso da
stigmatizzare con la sanzione penale ma considerato come
un soggetto bisognoso di aiuto da parte della collettività e
dello Stato e, nei casi più gravi, come un malato da curare
per favorire la sua liberazione dalla dipendenza e il
reinserimento nella vita sociale.
Certo non mancano nell’impianto della legge lacune e
interne contraddizioni; e particolarmente discusse, sotto il
profilo dell’efficacia e della rispondenza all’art.32 della
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Costituzione, furono le disposizioni sul trattamento
sanitario obbligatorio (artt. 99 e 100).
Ma alla base della legge n.685 sta un’ intuizione
importante cioè che, alla collettività e allo Stato spetta di
mobilitare tutti i mezzi possibili per indirizzare i cittadini e
per aiutare i singoli già coinvolti nella droga ad
autodeterminarsi in senso positivo; più che la scelta
tradizionale tra punire e liberalizzare, una opzione per
l’autodeterminazione, per l’autonomia individuale,
concepita non come astratto presupposto di responsabilità
o di libertà ma come un risultato in situazioni
particolarmente difficili che il soggetto può raggiungere
grazie all’attivo intervento e sostegno della collettività e
dello Stato.
2.1. Struttura e norme cardine della legge n.685
La legge 685/75 si sviluppa in 12 titoli e 108 articoli e
prevede nel titolo I disposizioni relative all’attribuzione di
compiti specifici agli organi competenti nonché i criteri per
la formulazione delle tabelle comprendenti le sostanze
stupefacenti e psicotrope. Il II titolo prevede la disciplina
relativa all’autorizzazione della coltivazione, produzione,
fabbricazione, impiego, importazione, esportazione,
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commercio e detenzione delle sostanze di cui alle precedenti
tabelle, mentre nel titolo III sono indicate le disposizioni
relative alle autorizzazioni di cui al titolo precedente.
Il titolo IV della legge 685 regolamenta la distribuzione
delle sostanze stupefacenti e psicotrope relativamente alla
vendita, all’acquisto, alla somministrazione a scopi
terapeutici, alla ricerca scientifica e alla sperimentazione.
Il titolo V emana norme relative alla importazione,
esportazione e transito delle sostanze stupefacenti e
psicotrope, mentre il titolo VI comprende norme relative alla
loro documentazione e custodia non solo da parte delle ditte
autorizzate alla fabbricazione e lavorazione, ma anche da
parte delle strutture sanitarie deputate alla vendita diretta o
alla somministrazione.
Nel titolo VII sono previste prescrizioni particolari
relative alle sostanze indicate nella IV, V e VI tabella.
Il titolo VIII è quello che maggiormente interessa in
quanto prevede numerose disposizioni penali relative alla
repressione delle attività illecite.
Il titolo IX prende in considerazione gli interventi
informativi ed educativi sul problema delle sostanze
stupefacenti e psicotrope.
Nel titolo X la legge dà disposizioni relative alla
istituzione di centri medici e di assistenza sociale.
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Gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi
concernenti la problematica delle sostanze stupefacenti e
psicotrope sono affrontati dal titolo XI della legge.
Nel titolo XII vengono emanate disposizioni finali
transitorie.
Le norme cardine della vecchia legge sugli stupefacenti,
che ha costituito il primo serio tentativo di fornire
un’organica e completa disciplina del settore, erano
essenzialmente tre.
In primo luogo, l’art. 80 che prevedeva, non solo la causa
di non punibilità per l’uso terapeutico di sostanze
stupefacenti purché la quantità delle stesse non avesse
superato in modo apprezzabile le necessità della cura in
relazione alle particolari condizioni del soggetto (comma 1),
ma anche la causa di non punibilità per l’uso strettamente
personale di modiche quantità di sostanze stupefacenti
(comma 2).
L’art. 72 che puniva tutte le condotte, diverse da quelle
scriminate dall’art.80, aventi per oggetto modiche quantità di
sostanze stupefacenti, non destinate all’uso personale
(detenzione, acquisto, vendita, cessione, ecc..).
L’art. 71, infine, che puniva, invece, le condotte , non
ricomprese negli artt. 72 e 80, aventi per oggetto quantità
non modiche di sostanze stupefacenti.
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Quindi per riassumere, principi cardine della legge del
1975 erano: a) la non punibilità dell’uso personale di
modiche quantità di sostanze stupefacenti; b) l’introduzione
della nozione di “quantità modica” quale parametro
quantitativo essenziale per discriminare tra le diverse
condotte ai fini della non punibilità e del trattamento
sanzionatorio, con conseguente attribuzione all’autorità
giudiziaria di una notevole discrezionalità in ordine alla
concreta determinazione della relativa nozione; c) la
punibilità delle condotte comunque destinate all’uso di terzi.
2.2.Le ragioni e le finalità della legge del 1975
La scelta del legislatore del 1975 di non punire la
detenzione per uso personale di modiche quantità di
sostanze stupefacenti (art. 80 comma 2, della legge
685/75) si fondava sulla convinzione che non poteva
essere compressa la libertà di drogarsi, in quanto
anch’essa espressione della sfera di libertà garantita ad
ogni cittadino, ed altresì sulla convinzione che un sistema
del genere potesse evitare l’indiscriminato sviluppo del
traffico illecito delle sostanze stupefacenti, ritenuto tipico
dei sistemi proibizionisti.
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Invero, alla prova dei fatti, la causa di non punibilità ha
clamorosamente fallito, non consentendo di perseguire
efficacemente la finalità della compressione dell’uso di
sostanze stupefacenti.
La mancata previsione di un esplicito divieto di drogarsi
e l’esclusione di una qualsiasi sanzione a carico del
responsabile, ha contribuito “culturalmente” e
psicologicamente, come si è rilevato durante i lavori
preparatori della nuova legge sugli stupefacenti,a far
considerare l’uso di sostanze stupefacenti consentito,
lecito ed addirittura manifestazione di un diritto di libertà,
anziché un “disvalore” ed un comportamento socialmente e
giuridicamente riprovevole.
Inoltre , se è pur vero che la giurisprudenza, sul rilievo
della natura di esimente della fattispecie prevista
dall’art.80 della legge n.685/75, ha sempre preteso
dall’imputato che avesse invocato la causa di
giustificazione l’indicazione e la dimostrazione della
destinazione all’uso personale della sostanza detenuta, si è
evidenziata di fatto un’eccessiva applicazione della causa
di non punibilità.
Ciò ha finito per vanificare l’applicazione del disposto
dell’art. 72 della legge n.685/75, ridotto ad operare
soltanto nel caso di sorpresa in flagranza di cessione, e ha
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addirittura favorito lo smercio di quantitativi anche ingenti
di sostanze illecite, da parte di chi, attraverso la
fraudolenta ed accorta vendita parcellizzata in quantità
ricomprese nel limite della “modica quantità”, approfittava,
quando non fosse stato sorpreso in flagranza di spaccio,
degli spiragli di ingiustificata impunità aperti dall’esimente
in parola.
2.3. Le difficoltà applicative della legge del 1975
Una delle maggiori incertezze applicative della vecchia
legge sugli stupefacenti conseguiva dall’estrema genericità
del concetto di “modica quantità”, che aveva portato ad
oscillanti interpretazioni giurisprudenziali.
Vi era così un orientamento prevalente, secondo cui il
concetto di modica quantità aveva carattere unitario e che, in
relazione sia all’art. 72 che all’art.80 della legge n.685/75, si
doveva tenere conto solo della natura e della quantità della
sostanza stupefacente, che per essere definita tale non
doveva superare le dosi per l’uso di qualche giorno e per una
sola persona.
1
Vi era altresì un orientamento minoritario, secondo il
quale al contrario, la sussistenza della modica quantità
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Cassazione, Sezione I, 6 giugno 1984, Biffi; Cassazione, Sez. I, 13 dicembre 1984, Maffezzoli;
Cassazione, Sezione VI, 1 dicembre 1989, Sonetti; Cassazione, Sezione VI, 14 giugno 1990, Flumeri.
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andava valutata, nell’ipotesi di cui all’art. 80 della legge
n.685/75, facendo riferimento, oltre che alle proprietà
tossiche della sostanza, anche alla personalità fisiopsichica
del detentore; mentre, nella fattispecie di cui all’art. 72 della
legge cit., il criterio di valutazione aveva natura
esclusivamente oggettiva e poteva essere ritenuto modico il
quantitativo necessario per non più di qualche giorno per un
soggetto in stato di tossicomania di medio grado
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.
2
Cass., Sez. I, 30 settembre 1985, Biagini; Cass., Sez. III, 22 luglio 1987, Borgiani
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3. Il D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
3.1. Continuità e novità della novella disciplina.
L’attuale disciplina della coltivazione, produzione,
circolazione e consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope,
pur presentando certamente aspetti di continuità rispetto a
quella precedente, se ne differenzia tuttavia in modo così
significativo da poter essere considerata “nuova”.
Gli aspetti di continuità sono infatti limitati al
mantenimento della diversificazione dei livelli sanzionatori a
seconda che la condotta illecita sia posta in essere con o
senza autorizzazione amministrativa prescritta dalla legge
e/o abbia ad oggetto droghe c.d “leggere” oppure droghe c.d.
“pesanti”.
Gli aspetti di novità risultano per contro
particolarmente significativi e possono così sintetizzarsi:
1)previsione della punibilità, sia pure con regime
“progressivo”, della importazione, acquisto, detenzione di
quantità non superiore alla dose media giornaliera;
2)adozione di un nuovo criterio per la individuazione delle
ipotesi “minori di spaccio” (fatto di lieve entità); 3)creazione
di nuove circostanze aggravanti; 4)completa riformulazione
del delitto di induzione e proselitismo, con previsione anche
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dell’ipotesi di pubblica istigazione; 5)inserimento anche nella
legislazione penale sugli stupefacenti di “super- attenuanti”
incentrate sul ravvedimento post-delittuoso.
Dopo esattamente 15 anni di applicazione di una legge
che si ispirava, con carattere innovativo rispetto alla
precedente normativa, alla non punibilità del puro
consumatore di stupefacenti, si giunge ad una legge in cui il
motivo dominante e rivoluzionario consiste nell’illiceità
dell’uso personale di stupefacenti come sancito dall’art. 72.
Tale articolo vieta qualunque impiego di sostanze
stupefacenti o psicotrope se non per uso terapeutico ben
definito e regolamentato da prescrizione medica.
In considerazione del concetto sempre valido di
privilegiare all’azione repressiva quella riabilitativa e di
reinserimento sociale,la sanzione per la semplice detenzione,
purché destinata ad un uso inequivocabilmente personale, è
di carattere amministrativo, per le prime due volte ed assume
carattere di reato solo alla terza trasgressione.
Dal lato del “sociale” l’innovazione fondamentale è
costituita dall’altra direttrice della nuova legislazione, che
consiste nell’esercitare una certa pressione psicologica sul
tossicodipendente posto davanti alla scelta di accettare un
programma terapeutico – riabilitativo in alternativa alla
sanzione o pena e ciò non solo quando è ancora in corso il
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procedimento davanti al prefetto, ma anche quando , in base
all’art. 73 co.5, si tratta di attività di spaccio vera e propria,
purché considerata di “lieve entità” e purché, ovviamente
commessa da soggetto tossicodipendente.
Veniamo ora a considerare più in dettaglio i contenuti
delle modifiche ed integrazioni che la legge n.162/90 ha
apportato alla legge n.685/75, riunite nel D.P.R. n. 309/90.
La data della promulgazione della L. 162, il 26 giugno
1990, ha anche un significato altamente simbolico, in quanto
è quella celebrativa della III giornata mondiale contro l’abuso
e il traffico di droga, indetta dalle Nazioni Unite.
Lo spirito che anima i primi articoli riflette la volontà di
innovazione in materia di competenze (che nella normativa
precedente erano quasi esclusive del Ministero della Sanità)
con la istituzione di alcuni organismi tra cui un Comitato
nazionale di Coordinamento per l’azione antidroga, composto
da 12 diversi ministri, che possono esplicitamente avvalersi
dell’apporto di esperti.
Di notevole importanza, la possibilità di controllo sulle
sostanze suscettibili di impiego nella produzione di
stupefacenti, disposizione alla quale si coordina l’art. 70
comma 1, che prevede l’obbligo, da parte delle ditte
produttrici e dei commercianti, di segnalare informazioni
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sulle vendite dei prodotti stessi al Servizio Centrale
Antidroga.
Questa innovazione emanata anche in conformità agli
impegni presi dal nostro Paese in sede internazionale, risulta
di particolare importanza non solo per la lotta contro la droga
nel campo della raffinazione ed estrazione degli stupefacenti
dai prodotti vegetali, ma anche nell’ambito della sintesi di
laboratorio. Si pensi alle innumerevoli sostanze stupefacenti
sintetiche nel campo degli amfetaminici e degli allucinogeni,
queste sostanze, che di per sé non sono stupefacenti,
possono esserne precursori ed il loro controllo può
concretamente indirizzare verso le fonti di produzione e dare
indizi precisi circa i canali della raffinazione.
Sono anche rafforzati istituzionalmente i compiti di
coordinamento con le Nazioni Unite e con la comunità
europea secondo una regolamentazione ben precisa di
cooperazione internazionale.
Anche il coordinamento con le regioni assume, rispetto
alla precedente disciplina, una funzione molto più incisiva.
Per quanto riguarda le tabelle delle sostanze
stupefacenti, regolamentate dalla legge 685 nell’art.12 e
corrispondenti all’art. 14 del Testo Unico, nessuna modifica è
stata apportata.