Introduzione
2
dell’autonomia regionale e di quelle dell’autonomia locale,
assicurandone la reciproca complementarietà.
Le esigenze che nascono all’interno delle realtà locali si fanno
destinatarie d’interesse crescente non più solo da parte degli stessi Enti
locali; sono, difatti, inserite all’interno della più ampia pianificazione
sopranazionale.
Le direttive politiche dell’Unione europea, appunto, definiscono
standard normativi che diventano una valida ed efficace strumentazione
di cui le Istituzioni (a vari e differenti livelli) possono servirsi per la
realizzazione di una Progettazione Integrata, che sarà frutto
dell’applicazione al territorio di riferimento di criteri sia normativi che
tecnico – scientifici.
In particolare, i canoni tipizzati dall’UE sono volti a garantire un
equilibrato svolgimento dei procedimenti che sottendono alla
realizzazione dei programmi dei singoli Stati. Tali fattispecie normative
si mostrano particolarmente attente alle richieste ed esigenze nazionali,
traendo da queste criteri d’indirizzo per le azioni.
Nel ciclo di Programmazione 2000-2006 è prevista una serie di interventi,
tutti incentrati verso una maggiore concentrazione geografica e
finanziaria, una gestione più decentrata, controlli rafforzati ed
incremento dell’efficacia.
I Fondi Strutturali rappresentano lo strumento base di cui l’UE si serve
per realizzare la coesione e lo sviluppo economico, e affinché in tutte le
Introduzione
3
sue regioni si raggiunga una sostanziale omogeneità dal punto di vista
dello sviluppo e delle opportunità di crescita.
È proprio attraverso i Fondi Strutturali che l’Unione Europea promuove
uno sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo delle attività
economiche, l’incremento dell’occupazione e delle risorse umane, la
tutela e il miglioramento dell’ambiente, l’eliminazione delle
ineguaglianze ed, infine, la promozione della parità tra uomini e donne.
Il QCS (Quadro Comunitario di Sostegno), i PON e i POR (Programmi
Operativi Nazionali e Regionali), sono i documenti programmatici –
attuativi dei fondi Strutturali.
L’attuale disciplina di tali Fondi è contenuta nell’Agenda 2000, una
struttura complessiva di programmi d’ intervento che si prefigge come
obiettivi prioritari:
o Riforma delle politiche comunitarie, che vedono coinvolte le
Regioni nella loro fase di attuazione;
o Costruzione per l’Unione Europea di un nuovo quadro finanziario
per il periodo 2000-2006, che tenga conto anche delle prospettive
di allargamento ai Paesi che si sono candidati ad entrare
nell’Unione.
Si fa spazio, all’interno del sistema dei Fondi Strutturali una Nuova
Programmazione, finalizzata all’individuazione delle priorità strategiche
e degli strumenti per perseguire gli obiettivi, mediante l’applicazione di
principi cardine per la gestione dei programmi: integrazione,
Introduzione
4
partenariato, concentrazione, concertazione, sussidiarietà e
decentramento, addizionalità, sostenibilità ambientale, pari
opportunità.
Elemento di assoluta novità della nuova programmazione è la
Progettazione Integrata, intesa quale principale modalità operativa per
l’attuazione della strategia regionale di sviluppo.
In questo contesto è facile comprendere, pertanto, la rilevanza delle
“Agenzie di Sviluppo locale”, che diventano lo strumento più moderno ed
efficace per una corretta impostazione dei PIT se non addirittura
estensione della loro applicazione. L’Agenzia di Sviluppo è un referente
privilegiato delle esigenze del territorio, ed ha in se insita, altresì, la
capacità di valutare problemi e risorse disponibili da impegnare,
appunto, in un progetto di sviluppo del territorio.
L’Agenzia non ha, tuttavia, un assetto istituzionale di tipo univoco: il che
rende difficile una sua classificazione quale ente di diritto pubblico,
oppure soggetto esclusivamente privato.
Partendo da queste considerazioni l’elaborato offre un’ampia e
dettagliata descrizione delle modalità organizzative che l’Agenzia può
assumere, e delle conseguenti implicazioni sul piano dei rapporti con
l’autorità governativa. Si è inteso analizzare, da un lato, la struttura
organizzativa ed i possibili scenari derivanti dal rapporto di dipendenza
intercorrente tra L’Agenzia stessa e l’Autorità sovraordinata; dall’altro,
si è preso ad esame il complesso organizzativo di una struttura operante
Introduzione
5
sul territorio campano, nella fattispecie, l’Agenzia di sviluppo locale “La
Città del Fare”, al fine di fotografare una situazione reale di operatività
nell’ambito di un territorio che, dal punto di vista dei rapporti tra
Istituzioni, governo locale e partenariato socio-economico rappresenta
un ottimo punto di osservazione per l’implementazione concreta del
modello organizzativo che è la nuova Progettazione Integrata del
territorio.
Evoluzione delle Autonomie Territoriali tra sussidiarietà e decentramento
6
CAPITOLO 1:
EVOLUZIONE DELLE AUTONOMIE TERRITORIALI TRA
SUSSIDIARIETA’ E DECENTRAMENTO
1 Le riforme degli anni Novanta
Nel corso della trentennale esperienza regionale italiana
1
è maturata
la necessità di ripensare all’organizzazione delle funzioni degli enti di
governo territoriale (Stato e Regioni, ma anche Comuni, Province,
Comunità montane, Città metropolitane), spostando i luoghi deputati
alle scelte politiche dal “centro” alla “periferia”, al fine di consentire
una partecipazione ampia e consapevole dei cittadini
all’amministrazione delle risorse ed alla cura dei servizi contigui ai
loro interessi.
Il processo di decentramento delle competenze statali e della
responsabilizzazione delle Istituzioni locali ha inizio nel 1990, con
l’emanazione del Nuovo Ordinamento delle Autonomie Locali
2
.
1
Il provvedimento che sancisce la nascita effettiva delle Regioni ordinarie è, infatti,
la legge 281/197
2 Legge 8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie locali”.
Evoluzione delle Autonomie Territoriali tra sussidiarietà e decentramento
7
E’, questa, la prima legge generale sulle autonomie locali, che
attribuisce alla Regione una funzione d’impulso e coordinamento
dell’intero sistema.
La legge n. 142/1990 si apre con una disposizione posta a garanzia
dell’ordinamento degli Enti Locali: stabilisce che le leggi della
Repubblica non possono introdurre future deroghe ai principi presenti
nella legge, se non mediante una espressa modifica delle norme che
vogliono revocare. Risulta chiara, pertanto, la volontà di assicurare
agli Enti Locali una stabilità rispetto alle leggi statali che li
disciplinano; con il riconoscimento della potestà statutaria e
regolamentare in materia di organizzazione e funzionamento degli
uffici e delle competenze viene, inoltre, attribuita una prima,
importante autonomia normativa.
Con la potestà statutaria, le strutture organizzative degli Enti Locali
vengono differenziate, in quanto ogni Comune e Provincia può
adeguare la propria amministrazione alle specifiche esigenze
territoriali superando quella omogeneità nazionale determinata dalla
legge generale della Repubblica che aveva disciplinato l’ordinamento
degli Enti Locali.
Una maggiore autonomia degli Enti Locali si riscontra anche nella
trasformazione del Comitato di controllo regionale (CO.RE.CO.) in
Evoluzione delle Autonomie Territoriali tra sussidiarietà e decentramento
8
organo prevalentemente tecnico, il cui ambito di intervento viene
limitato ad un controllo di sola legittimità su determinati atti comunali
e provinciali.
Per la legge 142, allo Stato spetta il compito di definire il carattere
della autonomia e le funzioni di Comuni e Province, mentre le Regioni
organizzano l’esercizio delle proprie competenze amministrative a
livello locale, attraverso le Province e i Comuni e disciplinano la
cooperazione di Comuni e delle Province tra loro e con la Regione, al
fine di realizzare un efficiente sistema delle Autonomie Locali.
Con questo dispositivo la legge da il via ad una nuova impostazione dei
rapporti tra le Regioni e gli Enti Locali, basata su forme di
cooperazione tra i diversi livelli di governo nell’ambito regionale. La
legge 142, nel definire Comuni e Province come gli enti che
rappresentano le rispettive comunità e curandone gli interessi oltre
che promuovendone lo sviluppo, attribuisce direttamente ai Comuni
3
tutte le competenze amministrative che riguardano la popolazione ed
il territorio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi
sociali, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo
economico, salvo quelle già attribuite ad altri enti con legge statale o
regionale.
3
rifacendosi al DPR 616/1977, “Trasferimento delle funzioni amministrative alle
Regioni”
Evoluzione delle Autonomie Territoriali tra sussidiarietà e decentramento
9
1.1 La prima “Legge Bassanini” n. 59 del 1997
L’assetto dei rapporti tra Stato – Regioni – Enti Locali è stato
riformato, poi, dalla legge 15 marzo 1997 n. 59, prima “legge
Bassanini”, e dai decreti legislativi che l’hanno seguita; in particolare,
il D.lgs.112/1998, che introduce una nuova modalità di allocazione
delle competenze. Una volta definite le competenze indivisibili dello
Stato e di altri organismi pubblici, quali le autorità indipendenti, la
legge attribuisce alle Regioni ed agli Enti Locali le funzioni residue
secondo nuovi criteri, ispirati ai principi indicati all'articolo 4, comma
3, della L. 59/1997.
a) il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità
dei compiti e delle funzioni amministrative ai Comuni, alle
Province e alle Comunità montane, secondo le rispettive
dimensioni territoriali, associative e organizzative, con
l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni
medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine
di favorire l'assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza
sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, all’
autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai
cittadini interessati;
Evoluzione delle Autonomie Territoriali tra sussidiarietà e decentramento
10
b) il principio di completezza, con l’attribuzione alla Regione di
compiti e funzioni amministrative non assegnati secondo il
principio di sussidiarietà, nonché di quelle di programmazione;
c) il principio di efficienza e di economicità, anche con la
soppressione delle funzioni e dei compiti divenuti superflui;
d) il principio di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali
anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle
iniziative adottate nell'ambito dell'Unione europea;
e) i principi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con
la conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni
e dei compiti connessi, strumentali e complementari, e quello
di identificabilità in capo ad un unico soggetto anche associativo
della responsabilità di ciascun servizio o attività amministrativa;
f) il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare delle
funzioni già esercitate con l'attribuzione di compiti omogenei
allo stesso livello di governo;
g) il principio di adeguatezza, in relazione all'idoneità
organizzativa dell'amministrazione ricevente a garantire, anche
in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni;