2
attraverso le proprie tare fisiologiche… e pretendeva di essere
rampollo dei conti di Tolosa!”, così intitolava un articolo apparso su
“Le Républicain de Lyon” all’indomani della sua morte.
Una più attenta analisi della sua opera non può non tenere conto di
quanto le sue sfortunate vicende biografiche possano aver influenzato
il suo sguardo sul mondo e sulla vita e di conseguenza la sua poetica
artistica.
Cercando di evitare di limitarsi agli aspetti aneddotici del suo
vissuto, il che ci condurrebbe nel baratro di una prospettiva di analisi
alquanto riduttiva e banalizzante, nel primo capitolo del presente
lavoro si è cercato soprattutto di focalizzare l’attenzione su quegli
eventi drammatici che hanno catalizzato l’esistenza di Lautrec e che
l’hanno condotto verso una prospettiva di vita completamente
differente da quella cui i suoi natali l’avevano destinato, dando
particolare rilievo alla corrispondenza privata del pittore e alle
testimonianze dirette di parenti ed amici, il ché sicuramente
contribuisce più di ogni altra fonte a rifletterne personalità e
sentimenti.
Per non rischiare di allontanarci da quello che è il punto nodale di
questa ricerca, ci si è soltanto in parte soffermati sulla produzione
artistica di Lautrec, prediligendo semmai le opere dedicate alle
madames delle “case di tolleranza” per la loro portata esplicativa del
suo rapporto con le donne, significativo ad illustrare la doppia valenza
dell’esistenza di quest’uomo, tutta giocata su questa dicotomia
apparente tra attrazione e repulsione, questa sorta di ossimoro
dell’handicap seducente, della difformità che genera orrore e
repulsione da una parte ma al contempo curiosità e attrazione
dall’altra, tanto da valergli la fama di grande seduttore.
Nel secondo capitolo si analizzano alcune opere di Toulouse-Lautrec
3
che non rientrano in quella che è la sua produzione più conosciuta,
quella delle affiche e delle cocottes, quella della “pittura fuori legge”
come egli stesso la definì, ma che sono estremamente significative e
rivelatrici del suo travaglio e della sua psichicità, nella misura in cui
l’opera di un artista è imprescindibile dalla sua vita e ne riflette
inevitabilmente le angosce, le paure, il suo modo di amare.
Si tratta soprattutto dei ritratti da lui eseguiti del conte Alphonse de
Toulouse-Lautrec e delle contessa Adèle de Tapié de Céleyran, sua
madre, che rivelano il controverso rapporto con il padre, che giunse a
rottura in seguito alla sua infermità, e l’attaccamento alla figura
materna, assidua presenza nella sua vita.
Significativo per la nostra analisi psicologica del disagio di Lautrec
è anche l’unico autoritratto che abbia eseguito il pittore, accompagnato
da numerose autocaricature, che ci rivelano il suo rapporto con la sua
immagine e con il suo handicap.
In ultima analisi si è voluto porre l’accento sulla particolare ironia
che caratterizzava la personalità di Lautrec, che si evince soprattutto
dal linguaggio irriverente e provocatorio che lo contraddistingueva,
che può ancora una volta porsi in relazione con il suo handicap e il suo
disagio psicologico, e all’importanza del circo, grazie al quale
“conquistò la libertà”, come metafora della vita in genere e della sua in
particolare.
4
Capitolo primo
Toulouse-Lautrec: l’uomo e l’artista
Bébé lou Poulit
Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Monfa nacque il 24
novembre 1864 nell'antico e imponente castello di famiglia detto
del Bosc1, che si innalza sugli antichi bastioni di Albi, a pochi passi
dalla cattedrale- fortezza di Santa Cecilia e dal suo arcivescovado,
il palazzo della Berbie, che sarebbe divenuto, meno di sessant’anni
dopo, il museo Toulouse-Lautrec2.
Figlio del conte Alphonse e di Adèle Tapié de Céleyran, entrambi
discendenti da un' antica famiglia albigese in quanto cugini3, “Petit
1
La denominazione della proprietà derivava in realtà dal nome di un altro castello
che i Lautrec possedevano nella valle del Viaur, a circa 50 chilometri da Albi (G. M.
Sugana, L’ opera completa di Toulouse-Lautrec, Rizzoli, Milano, 1977, p. 83).
2
Il museo fu inaugurato il 30 luglio 1922, ad Albi, nel palazzo della Berbie, grazie
alle donazioni Tapié de Céleyran, e soprattutto della madre del pittore Adèle e
dell’amico di tutta la vita Maurice Joyant che organizzò il Museo stesso.
3
I titoli nobiliari della famiglia, sorta a notorietà con Fridelon, difensore di Tolosa
contro Carlo il Calvo, risalgono al tempo di Carlo Magno (750). Raymond IV di
Tolosa -tra i capi che liberarono Gerusalemme durante la prima crociata (1099)- fu
duca di Narbona e marchese di Provenza: venne scomunicato per essersi unito in
matrimonio con la propria cugina. Raymond V sposò Constance, figlia di Luigi VI di
Francia. Raymond VI sposò Giovanna d’ Inghilterra, figlia del re Enrico II; nella
lotta contro i Catari si trovò in contrasto con il fratello Baudouin, che sconfisse e
fece impiccare nel 1214. Al matrimonio di questo Baudouin con Alice, viscontessa
di Lautrec ed ereditiera di Monfa, pare si debba il ramo dei Toulouse-Lautrec-
Monfa, unico della casata dopo la condanna di Raymond VII, conte di Tolosa,
protestante albigese sconfitto da Innocenzo III (1229). Alla morte di Jeanne, figlia di
Raymond VII e moglie del principe di Francia, Alphonse, anche gran parte de beni
posseduti dai Toulouse per quattrocento anni, passa alla Corona. La famiglia dei
Tapié originò dall’ Aude nel XII secolo, e si stabilì a Narbona nel ’500. Nel 1798
ereditava il titolo e le terre dei Céleyran. Dal ’700 alcuni membri delle due famiglie
si unirono in matrimonio, creando complicati rami di parentela (cfr. Sugana, L’opera
completa, cit., p. 84).
5
Bijou”4 - così era chiamato Henri in famiglia - crebbe
amorevolmente viziato e adorato dai genitori, dalle due nonne e da
numerosi zii.
Era un bambino delizioso, con grandi occhi neri, dolci e ridenti, i
lineamenti fini, la fragile figura; un bambino bello e vivace, e tutto
lasciava supporre che sarebbe diventato come il nonno, il padre e
gli zii: un grande cacciatore e un brillante cavaliere.
“Henri canta dalla mattina alla sera,” scrive la nonna. “È un vero
grillo che rallegra tutta la casa. La sua partenza ci lascia ogni volta
un gran vuoto, perché lui tiene il posto di venti persone5”.
Il padre, uomo di grande eleganza ad austerità, ma anche uomo
eccentrico, abbandonata la condizione di ufficiale dei lancieri, si
dedicò interamente alla sua più grande passione, la caccia, che
impose anche a suo figlio sin da piccolo.
La madre di Henri, molto più riservata, dovette soffrire non poco
delle eccentricità del marito e si dedicò totalmente alla educazione
del figlio che, pieno di salute, sembrava sin da bambino
appassionarsi alle attività di famiglia: la caccia, i cavalli, i cani. La
morte di un fratello minore consolidò ulteriormente i legami tra
madre e figlio.
Dall’analisi della corrispondenza personale dell’autore non risulta
che abbia ricevuto un’educazione troppo severa: veniva colmato di
regali ed era egli stesso ad organizzare i suoi giochi con lettere dal
tono perentorio, come questa scritta ad un cugino, all’età di dieci
anni:
4
In alternativa era chiamato “Bébé lou Poulit” che significa “delizioso piccino” nel
vernacolo albigese (P.H. Huisman, M.G. Dortu, Lautrec visto da Lautrec, Garzanti,
Milano, 1964, p.15).
5
Ibid.
6
Mio caro Raul, Angé mi aveva detto che m’avrebbe fatto venire un
brougham e un dog-cart… ed ecco che tu mi parli di un landau.
Scrivigli chiaro e tondo che se non fa venire quelle vetture, ebbene non ne
voglio altre (a meno che tu non trovi una vettura leggera a due ruote) e se
non ce n’è a quattro ruote col cavallo che si stacca voglio dei finimenti
gialli e neri e un dog-cart. Ricordati bene… a due ruote, se è possibile.
Dì alla madrina d’incaricarsene. Invia le vetture come modello e dimmi
anche come sono i landau6.
La vita di Henri trascorse così nelle proprietà di famiglia, tra le
vigne di Céleyran e al castello avito del Bosc, circondato dal
numeroso personale, tra amici che andavano e venivano, zii e zie
con numerosi cugini coetanei.
La sua istruzione ne soffriva un po’7, e perciò, nel 1872, i genitori
decisero di trasferirsi a Parigi, dove il conte Alphonse aveva
sempre tenuto un appartamento8, per permettergli di frequentare il
liceo Fontanes9.
Tra i compagni di scuola, che lo soprannominarono “P’tit
bonhomme”10, oltre al cugino Maurice Pascal, c’era Maurice
Joyant, che diverrà suo amico intimo e fedele, fondatore poi del
6
La corrispondenza privata è tratta da M. Joyant, Henri de Toulouse-Lautrec,
Parigi, 1926-1927; F. Gauzi, Lautrec et son temps, Parigi, 1954; M. Tapié, Notre
oncle Lautrec, Ginevra, 1956; P. Leclercq, Autour de Toulouse-Lautrec, Parigi,
1920; Th. Natanson, Un Henri de Toulouse-Lautrec, Ginevra, 1956.
7
Henri inizia i suoi studi in casa: don Peyre gli impartisce lezioni di latino, poi di
greco; una lontana perente, Armandine d’Alichoux de Sénégra, diventa la sua
istruttrice. Tuttavia il giovane necessitava di una istruzione più completa, lontana
dalle numerose distrazioni di casa (G. Caproni, Toulouse-Lautrec, Skira, Milano,
2003, p. 22).
8
La famiglia si trasferisce dapprima in palazzo Pérey, in rue Boissy d’Anglas; poi a
Neully ( Ibid.).
9
Oggi Liceo Condorcet (Ivi, p. 23).
10
Sugana, L’opera completa, cit., p. 84.
7
Museo Toulouse-Lautrec di Albi11.
Lautrec si rivelò subito essere un allievo brillante12, dotato di quel
senso dell’opportunità e di quella prontezza13 che caratterizzeranno
i suoi rapporti con le persone per tutta la vita14.
Fin da questi primi tempi Lautrec si dedicava al disegno traendo
materia ed ispirazione da quel mondo sereno e ovattato che
caratterizzò la sua infanzia: i cavalli, i cani, le mucche, gli animali
selvatici, le scene campestri e di caccia. Esemplificativo della sua
propensione naturale per la pittura è un noto aneddoto secondo il
quale, avendo visto al termine della cerimonia per il battesimo del
fratellino minore15 i genitori firmare un registro, avrebbe reclamato
il suo diritto a partecipare pretendendo di apporre egli stesso la sua
firma, in quanto membro della famiglia; avendogli chiesto la madre
come intendesse fare dato che non era ancora in grado di scrivere,
lui avrebbe risposto: “Disegnerò un bove, madre16”.
Nella famiglia Lautrec c'era una certa propensione al disegno;
tutti tornando da caccia cercavano di rappresentare la lepre catturata
o le scene particolari a cui avevano assistito: “Quando i miei figli
11
Vedi nota n. 2.
12
Durante l’anno scolastico 1873-74, col professor Mantoy, conseguì numerosi
premi e una media alta, che però non mantenne l’ anno seguente, dopo che la madre
lo ricondusse ad Albi, dove continuò gli studi sotto la guida di un precettore, a causa
della salute precaria del ragazzo (G. Cortenova, Toulouse-Lautrec, Giunti, Firenze,
1992, p. 5).
13
A soli nove anni era tutt’ altro che privo di spirito, come dimostra nelle risposte,
nelle lettere e nei disegni; scambiandosi la sua fotografia di bambino con il nuovo
amico Joyant, col quale rivaleggia in bravura, l’ accompagnò con questa dedica: “A
M. J. l’ altro uomo celebre H. de Toulouse-Lautrec”. (Huisman, Dortu, Lautrec visto
da Lautrec, cit., p. 18).
14
Per un’ analisi approfondita di questo aspetto rimando al capitolo II.
15
Il fratello cadetto Richard (in memoria di Riccardo d’Inghilterra, la cui sorella
aveva sposato un Lautrec), nacque il 28 agosto 1867, ma sarà destinato a morire
l’anno seguente (Ivi, p. 15).
16
M. G. Dortu, J. A. Méric, Toulouse-Lautrec, Rizzoli Editore, Milano, 1980, p.3.
8
uccidono una beccaccia”, amava raccontare la nonna di Toulouse-
Lautrec, “ne traggono tre piaceri: il colpo di fucile, il colpo di
matita, il colpo di forchetta17”.
Ma Henri mostrò da subito una grande peculiarità: la
riproduzione del movimento18. Da un'analisi particolareggiata
compiuta ingrandendo i suoi animali, perlopiù rappresentazioni
della grandezza di un francobollo, emerge tutta la precisione e la
qualità del tratto. Si tratta di soggetti giocosi, uccelli in volo o
cavalli che si impennano, cavalieri al galoppo o buoi al giogo,
scene di pesca. Ora il giovane Henri schizza a memoria tutti gli
animali che conosce così bene e di cui sente la mancanza, ora
inventa scene mitologiche, ora fa caricature di sua fantasia. Ne sono
pieni i suoi quaderni di queste prime prove, affidate soprattutto
all'olio su tela, opere che risentono della lezione
dell'Impressionismo, soprattutto per l'immediatezza e l'impulsività
del tratto.
L’ infermità
A cambiare il corso della sua vita in maniera radicale sarà un
incidente avvenuto all'età di quattordici anni, terribile evento
catalizzatore che darà vita al pittore geniale19.
Il 30 maggio 1878, cadendo da una sedia, si ruppe il femore
sinistro; lo racconta egli stesso in una lettera al compagno Charles
Castelbon:
Mio caro Charles, certo mi perdonerete di non avervi scritto prima, non
17
Ivi, p. 4.
18
D. Cooper, Toulouse-Lautrec, Garzanti, Milano, 1972, p. 24.
19
Per un’ analisi approfondita di questo aspetto rimando al capitolo II.