14
Il Credit Risk Management costituisce indubbiamente una attivit complessa, che richiede
tempo, esperienza e competenza per mostrare concreti risultati nella gestione della banca.
L’affinamento metodologico e la diffusione delle best practices internazionali costituiscono i
mezzi attraverso i quali le banche italiane possono migliorare la propria attivit creditizia e
garantire l’equilibrio reddituale e patrimoniale. La misurazione del rischio rappresenta solo
uno dei passi fondamentali, ma gi in grado di rich iedere alla banca un forte impegno di
ristrutturazione dei processi di erogazione del credito e di monitoraggio della clientela
affidata, oltre ad una notevole innovazione nei processi decisionali e nella struttura
organizzativa della banca.
I sistemi di rating, riconosciuti dal Comitato di Basilea come strumenti essenziali per
un efficace misurazione del rischio di credito, si basano sullo sfruttamento congiunto di tutte
le informazioni disponibili, per pervenire ad una valutazione piø precisa del merito creditizio
dei clienti. I modelli di rating interno hanno lo scopo di valutare quantitativamente il grado di
rischio associato ad un cliente affidato o ad una singola esposizione creditizia, dal punto di
vista della possibilit di non riuscire a recuperar e, in tutto o in parte, il capitale prestato o di
dover rinunciare alla remunerazione dell’operazione. Essi permettono di rendere coscienti gli
organi preposti alle decisioni di affidamento e di monitoraggio dei fidi, ottimizzando la
capacit della banca di assumere rischio. Ancora og gi, un numero notevole di banche
italiane, nell’esprimere un giudizio di affidabilit sul cliente, non utilizza alcuna forma di rating
o non Ł in grado di quantificare il peso relativo delle due componenti del rischio: la probabilit
di insolvenza del cliente e il tasso di recupero coattivo dell’operazione creditizia. In Italia,
nonostante il problema sia particolarmente sentito in ambito bancario, le banche di medie e
piccole dimensioni si stanno avvicinando solo ora ai moderni strumenti di misurazione e di
gestione del rischio di credito, mentre l’utilizzo di modelli avanzati e complessi Ł rimasto
confinato all’esperienza di pochi grandi istituti, in grado di effettuare notevoli investimenti in
termini finanziari e di risorse umane. La capacit di adeguarsi tempestivamente e di dotarsi
di un modello interno potr inoltre rappresentare u n fattore distintivo nello scenario
competitivo dei prossimi anni.
Il presente lavoro, con cui si cerca di fornire un quadro d insieme degli aspetti sopra
menzionati, Ł articolato come segue. Nel primo capitolo vengono messi in evidenza i limiti
della precedente formulazione del 1988, che si basava su requisiti minimi di capitale applicati
uniformemente a tutte le banche senza tener conto della rischiosit effettiva dei singoli
portafogli. Si descrive poi il contenuto dei tre pilastri sui quali poggia il nuovo ambizioso
progetto di revisione generale delle regole di adeguatezza patrimoniale, volto ad assicurare
una copertura piø ampia dei rischi ed una loro misurazione piø precisa, in linea con le prassi
piø evolute di autocontrollo interno.
15
Segue la trattazione del rischio di credito con le sue componenti principali e i tre approcci
indicati da Basilea 2 ( Standardised, IRB:Foundation e Adavanced). Da ultimo si fa un breve
accenno al rischio operativo, anch esso una novit del Nuovo Accordo.
Il secondo capitolo entra nel merito di un sistema IRB. In particolare partendo dalla
progettazione di un sistema di internal rating, si mettono in evidenza i vari steps: rating
assignment, che porta alla segmentazione della clientela fino ad arrivare alla suddivisione
della stessa in classi di rating; rating quantification, dove si mettono in evidenza i modelli di
scoring e rating per il calcolo del merito creditizio. Segue l esposizione delle teorie
contemporanee di default prediction, dove si Ł cercato di mettere in evidenza i limiti dei
modelli statistico-matematico per la previsione del rischio di default, e dopo una breve
rassegna di diversi modelli di tipo Machine Learning e Neurali , focalizzo l attenzione su una
metodologia Multicriteria , il Multi Criteria Decision Making Model. Si tratta di uno strumento
introdotto da Europe Rating S.p.A. (Eu-Ra), una societ privata di assegnazione di rating con
sede a Trieste, basato appunto su logiche multidimensionali. Dopo una analisi di dettaglio
della metodologia, si Ł fornita nel lavoro un analisi empirica applicata alle imprese italiane
dove appunto viene messo in evidenza la superiorit del modello rispetto a quelli utilizzati in
passato.
Il terzo capitolo mette in evidenza i requisiti di un sistema di internal rating Basel Compliant .
In particolare, con riferimento alla Pd, Lgd, Ead, Maturity, che rappresentano tutti elementi
del sistema di rating, si cerca di fornire un quadro d insieme circa lo sviluppo concettuale e
metodologico degli stessi, sempre alla base della normativa, mettendo pertanto in evidenza
requisiti minimi e disposizioni previste.
Il quarto capitolo Ł da collante tra il secondo il terzo. In particolare si mette in evidenza il
calcolo del capitale minimo obbligatorio, sulla base delle disposizioni di Basilea 2, partendo
appunto dal sistema di rating, ampiamente descritto nella prima parte del lavoro. In dettaglio,
dopo una breve trattazione del modello concettuale di riferimento, incentrato in larga parte
sul modello di Merton, si mette in evidenza la scelta dei parametri ai fini di una corretta
calibrazione del capitale, fino a giungere al calcolo dello stesso. Il capitolo si conclude con un
breve esempio riepilogativo.
Il quinto capitolo costituisce la parte centrale e al tempo stesso conclusiva del lavoro. In
esso si descrivono e si valutano criticamente le procedure poste in essere dal Gruppo ALFA,
al fine della progettazione e implementazione di un sistema di Internal Rating. I principali
aspetti metodologici, tra cui la definizione dello stato di insolvenza, la ripartizione fra
probabilit di insolvenza dell’affidato e perdita a ttesa sull’operazione creditizia, la definizione
dell’orizzonte temporale di rischio, la segmentazione della clientela, la predisposizione del
campione di stima, vengono analizzati separatamente; di ciascuno vengono valutati
l’importanza nell’ambito del problema della previsione delle insolvenze e l’impatto nel caso
16
specifico della Gruppo Alfa, con l’indicazione delle scelte che possono risultare piø opportune.
Dal momento che in Alfa, sono gi presenti dei sist emi di rating, Ł stata attuata una analisi di
conformit degli stessi, rispetto a quanto definito da Basilica 2.
Concludono il lavoro un rapido accenno agli aspetti organizzativi che caratterizzano
l’adozione del sistema ed alcune riflessioni personali sui problemi prevedibili per le banche di
piccole-medie dimensioni che dominano il contesto italiano, determinati dal cambiamento di
approccio nei confronti del rischio.
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1 CAPITOLO 1 - BASILEA 2: PERCHE E STATA NECESSARIA UNA
REVISIONE DELL ACCORDO SUL CAPITALE BANCARIO DEL 1988?
In qualunque impresa, non solo nelle banche, il patrimonio rappresenta un cuscinetto che
tutela i terzi creditori dagli effetti negativi di eventuali perdite o minusvalenze. Fatti salvi
alcuni limiti minimali imposti dalla normativa civilistica, la dimensione di questo cuscinetto
viene solitamente lasciata all autonomia delle parti: da un lato i soci, desiderosi di limitare il
proprio investimento e di sfruttare al massimo la leva finanziaria, tendono ad operare con
livelli di capitalizzazione ridotti; dall altro i creditori, preoccupati per la solvibilit dell azien da,
preferiscono una patrimonializzazione maggiore.
Nel caso delle banche, invece, esiste una precisa normativa che specifica un livello minimo
di capitale. Diverse ragioni giustificano questa eccezione: in primo luogo, i creditori di una
banca non comprendono soltanto investitori professionali che sottoscrivono obbligazioni e
grandi prestiti, ma anche il pubblico dei depositanti, prestatori non qualificati e dunque
meritevoli di una particolare tutela; in secondo luogo, i debiti di una banca, o almeno la loro
porzione piø liquida rappresentata dai depositi, sono moneta per l economia nazionale:
l insolvenza di un istituto di credito esercita dunque pericolosi effetti a catena sulla credibilit
dell intero sistema dei pagamenti.
La normativa sul patrimonio minimo delle banche viene concordata tra le Autorit dei diversi
Paesi: in particolare, un organo consultivo internazionale 1 (il Comitato sulla Vigilanza
Bancaria, istituito a Basilea presso la Banca dei Regolamenti Internazionali) si incarica di
redigere accordi che vengono poi tradotti in legge dai Parlamenti e dagli organi di controllo
dei diversi Stati che decidono di adottarli.
La scelta di concordare a livello sopranazionale i tratti portanti della regolamentazione in
materia di capitale minimo trova la sua ragion d essere nella volont di prevenire fenomeni
di concorrenza sleale tra grandi banche internazionali e, per cos dire, tra normative nazionali.
In effetti, se le istituzioni creditizie di un determinato Paese potessero operare con livelli di
patrimonio particolarmente esigui, esse finirebbero per concedere, con relativa facilit , grandi
volumi di prestiti, anche ad imprese di altri Stati2. Conseguentemente, le banche di questi
ultimi Paesi si vedrebbero costrette a offrire credito in modo piø aggressivo, pena la perdita
di quote di mercato; ci potrebbe creare pressioni sulle loro Autorit di vigilanza, visto che la
difesa del sistema creditizio nazionale verrebbe invocata per giustificare l adozione di
1
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria Ł un comitato di autorit di vigilanza bancaria istit uito nel 1975 dai Governatori
delle banche centrali del Gruppo dei 10. Esso Ł formato da alti funzionari delle autorit di vigilanza bancaria e delle banche
centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti,
Svezia e Svizzera. Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei Regolamenti Internazionali in Basilea, dove ha sede il
suo segretariato permanente.
2
Negli anni Ottanta, qualcosa di simile Ł avvenuto con l espansione delle grandi banche giapponesi nel mercato statunitense.
In effetti, l adozione di una normativa uniforme sul piano internazionale Ł stata facilitata dal convinto supporto delle Autorit
degli Stati Uniti, preoccupate di difendere la stabilit del sistema creditizio domestico.
18
requisiti patrimoniali meno stringenti. La competizione tra banche diverrebbe dunque
competizione tra regulators , una sorta di concorrenza al ribasso nella revi sione dei limiti
prudenziali, potenzialmente destabilizzante.
Da simili argomentazioni, nasce la necessit di fis sare un limite minimo, che le Autorit dei
diversi Paesi si impegnano a rispettare, in materia di requisiti patrimoniali bancari. Si noti che
l imposizione di un livello di capitale obbligatorio, lungi dal rappresentare un profilo
meramente tecnico della supervisione prudenziale e della gestione bancaria, lambisce alcuni
snodi cruciali per il funzionamento delle istituzioni creditizie, e in particolare per la loro
capacit di offrire credito al mercato e adeguati r endimenti agli investitori. L obbligo di
operare con una minore leva finanziaria, in effetti, comporta un maggior costo medio del
passivo (perchØ il capitale di rischio richiede il pagamento di un premio, che lo rende piø
caro del debito), dunque aumenta il tasso medio praticato sui finanziamenti erogati; a parit
di utile operativo, poi, questa diversa struttura delle passivit riduce la redditivit
dell investimento per gli azionisti; ancora, in presenza di limiti, almeno nel breve termine, alla
possibilit di varare aumenti di capitale sul merca to, un maggior requisito patrimoniale
obbligatorio pu produrre rigidit e razionamento n ella fornitura di credito all economia.
Per questo, la struttura e le riforme dei requisiti minimi patrimoniali non sono solo materia per
contabili e giuristi, ma coinvolgono in profondit l Alta Direzione di una banca, il suo
management, i suoi clienti.
Nel 1988 il Comitato di Basilea raggiunse un primo accordo, tuttora in vigore, sul patrimonio
minimo delle banche. In base a tale accordo un gruppo bancario deve detenere capitale per
almeno l otto per cento dei propri attivi. PoichØ, tuttavia, la dimensione del cuscinetto deve
essere in qualche misura collegata alla rischiosit degli investimenti posti in essere, il
riferimento non Ł al valore contabile delle attivit , bens ai cosiddetti attivi ponderati per il
rischio (risk-weighted assets) 3.
Negli ultimi sedici anni l Accordo di Basilea sul Capitale (noto oggi anche come Basilea 1 )
ha conosciuto una crescente diffusione, giungendo ad essere integrato nelle
regolamentazioni nazionali della maggior parte dei Paesi avanzati. Parallelamente, le
limitazioni e le manchevolezze delle semplici regole contenute nell Accordo di Basilea sono
divenute sempre piø evidenti: la griglia di ponderazioni sopra ricordata, che rappresentava
un criterio innovativo quando l Accordo entr in vi gore, ha mostrato col tempo alcuni limiti,
anche marcati.
3
Osserviamo che il meccanismo dei risk-weighted assets pu determinare un requisito patrimoniale infe riore all 8%: per
esempio, nel caso dei mutui ipotecari sulla prima casa un capitale minimo pari all 8% del 50% equivale al 4% dell importo
nominale erogato. Per approfondimenti sui contenuti dell Accordo di Basilea del 1988 si rinvia a Basel Committee (1988) e a
Lusignani (1996).
19
In particolare, Ł risultato sempre piø irrealistico che tutti i prestiti a clientela fossero ponderati
nello stesso modo (cioŁ al 100%), indipendentemente dal merito creditizio della controparte.
Tale approccio, oltre che palesemente errato sul piano logico, Ł suscettibile di sortire effetti
indesiderati e paradossali. Infatti, se l assorbimento di capitale di un finanziamento a un
cliente primario e affidabile Ł lo stesso associato a un erogazione a favore di clientela
marginale e rischiosa, una banca potrebbe essere indotta a privilegiare la seconda tipologia
di operazioni, visto che ad esse si accompagnano, di norma tassi attivi piø elevati.
Simmetricamente, un istituto di credito potrebbe trovare vantaggioso spogliarsi dei prestiti
di qualit migliore, piø facilmente cedibili sul me rcato secondario (per esempio, attraverso
una securitisation che converte i crediti in tito li collocabili presso gli investitori),
conservando sui suoi libri soltanto i fidi meno appetibili. Paradossalmente, dunque,
l’incapacit del protocollo del 1988 di discriminar e tra prenditori investment grade e junk
pu anche aver indotto alcune istituzioni finanziar ie a ricercare il rischio, invece di aiutarle a
controllarlo; in altri termini, Basilea 1 pu ave re stimolato forme di arbitraggio
regolamentare, cioŁ operazioni con cui si sono sfruttate le carenze della normativa al fine di
aumentare la rischiosit della banca senza accresce rne i requisiti patrimoniali.
Piø in generale, inoltre, si Ł venuto creando col tempo un considerevole gap tra i requisiti
regolamentari statuiti nell Accordo e le misure di capitale economico (cioŁ proporzionale al
rischio) sviluppate, per finalit gestionali, dalle principali banche 4 . Una riforma della
normativa era dunque matura anche per porre termine a o quanto meno attenuare
questo crescente strabismo tra normativa e best p ractice, che costringeva l Alta Direzione
delle migliori banche a prendere le proprie decisioni sulla base di due misure diverse, via via
piø distanti e non correlate.
Per questo il Comitato di Basilea si Ł cimentato, dalla fine degli anni Novanta, in un processo
di revisione che ha portato ad un Nuovo Accordo sul Capitale . ¨ importante notare che il
nuovo Accordo non Ł stato costruito in un laboratorio chiuso da parte di un piccolo gruppo di
regolatori e rocket scientists finanziari; al contrario, i suoi contenuti sono stati discussi a
fondo da parte di supervisori nazionali, banche, accademici. In tal modo, la progettazione
dell accordo Ł divenuta un punto d’incontro di molte prospettive differenti: esperti legali,
contabili, dirigenti bancari, banchieri centrali, studiosi di finanza (per citare solo alcune
categorie) hanno lavorato insieme, fondendo i loro background professionali per rendere
l accordo piø robusto nella struttura e nei parametri.
1.1 Contenuto e sistema dei pilastri di B2 : cenni
Il nuovo accordo di Basilea viene descritto dai suoi estensori come un architettura basata su
tre pilastri.
4
Si Veda Ong (1999).
20
Il primo pilastro riguarda i criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi, e mira a
riformare la regola dell 8%, rendendola piø sensibile al rischio dei singoli prestiti e
completandola con ulteriori aggiustamenti (relativi, in particolare, all effetto di garanzie
reali e personali, oltre che al cosiddetto rischio operativo5 ). Per la misurazione del
rischio di credito sono previsti tre differenti approcci: il metodo standardizzato
(Standard Approach), ed il sistema basato sui rating interni distinto in metodo di base
(Foundation Approach) e metodo avanzato (Advanced Approach), ai quali le banche
possono accedere in funzione del livello di sofisticazione del proprio sistema di analisi.
Tali approcci verranno trattati in modo esaustivo nei prossimi paragrafi;
Il secondo pilastro punta ad accrescere i poteri ispettivi e discrezionali delle singole
autorit di Vigilanza nazionali, affiancando ai req uisiti minimi basati su un puro calcolo
algebrico un insieme di vincoli operativi e organizzativi sulle procedure poste in
essere da una banca nella misura e nel governo dei propri rischi. Ciascuna Autorit di
Vigilanza deve accertare che le banche predispongano e utilizzino delle corrette
procedure interne di valutazione dei rischi e di calcolo della corrispondente,
opportuna copertura patrimoniale. Il Comitato di Basilea ha ritenuto necessario
statuire esplicitamente che i rating interni e le stime di insolvenza e di perdita assumo
una portata essenziale nell ambito delle funzioni di analisi e valutazione del rischio di
credito, di gestione dei rischi, di determinazione della dotazione patrimoniale e
corporate governance delle banche che adotteranno approcci IRB. Dal 2 pilastro
deriva che le banche siano dotate di un processo di valutazione della loro
adeguatezza patrimoniale in relazione al livello dei rischi assunti ed alle scelte
strategiche. Nel Nuovo Accordo la ristrutturazione del processo di supervisione si
esplica attraverso il riconoscimento di quattro principi fondamentali che devono
guidare l attivit delle banche centrali. Tali prin cipi integrano le molteplici linee guida
in materia di vigilanza elaborate e pubblicate dal Comitato. La Tavola 1 riporta in
sintesi i principi sui quali Ł articolato il 2 pil astro.
Tavola 1 I principi del 2 pilastro 6
Principio I.
Le banche dovrebbero disporre di un procedimento per determinare l adeguatezza patrimo-
niale complessiva in rapporto al loro profilo di rischio e di una strategia per il mantenimento
dei livelli patrimoniali.
Principio II
Le Autorit di Vigilanza dovrebbero riesaminare e v alutare il procedimento interno di de-
terminazione dell adeguatezza patrimoniale delle banche e le connesse strategie, nonchØ la
loro capacit di monitorarne e assicurarne la confo rmit con i requisiti patrimoniali obbligatori.
Le Autorit di Vigilanza dovrebbero adottare approp riate misure prudenziali qualora non
siano soddisfatte dei risultati di tale processo.
5
Il rischio operativo Ł definibile come il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse
umane e sistemi interni, oppure eventi esogeni. Tale definizione include il rischio legale, ma non quelli strategico e di
reputazione.
6Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti
patrimoniali, Giugno 2006.
21
Principio III
Le Autorit di Vigilanza auspicano che le banche op erino con una dotazione patrimoniale
superiore ai coefficienti minimi obbligatori, e dovrebbero avere la facolt di richiedere alle
banche di detenere un patrimonio superiore a quello minimo regolamentare.
Principio IV Le Autorit di Vigilanza dovrebbero cercare di inte rvenire in una fase precoce per evitare che
il patrimonio di una determinata banca scenda al disotto dei livelli compatibili con il suo profilo
di rischio e dovrebbero esigere l adozione di pronte misure correttive se la dotazione di
patrimonio non Ł mantenuta o non viene ripristinata.
Il terzo pilastro Ł quello della disciplina di mercato , e parte da una constatazione
molto semplice: il pubblico degli investitori ha un interesse forte ed immediato a
monitorare la quantit di rischi insiti nel bilanci o di una banca. L accordo obbliga
dunque i gruppi creditizi a fornire piø informazioni al mercato, confidando che esso
provveder a punire le banche troppo rischiose ch iedendo loro tassi piø alti, o
rifiutandosi di finanziarle. I principi contenuti riconoscono come fondamentale il ruolo
del mercato volto a garantire una maggiore trasparenza informativa delle banche sul
processo di controllo e gestione dei rischi, sull adeguatezza e sulle tecniche di
allocazione del proprio capitale. Il 3 pilastro pu operare efficacemente soltanto in
presenza di un effettiva trasparenza e comunicazione al pubblico di tutte le
informazioni rilevanti: in tal modo, si consente ai partecipanti al mercato di verificare
l adeguatezza patrimoniale della banca ed, in generale, le sue capacit di governo
dei rischi . Lo scopo di questo pilastro Ł quello di integrare i requisiti patrimoniali
(primo pilastro) ed il processo di controllo prudenziale (secondo pilastro).
I tre pilastri ora ricordati hanno un peso abbastanza diseguale nell economia del nuovo
accordo. In particolare, risulta preponderante il ruolo del primo, che viene normato in modo
molto dettagliato e comporta numerose, sensibili innovazioni rispetto a Basilea 1 . In base
alle regole descritte da questo pilastro , il requ isito patrimoniale totale Ł dato dalla somma di
tre distinti fabbisogni, legati a: 1) rischio di credito; 2) rischio di mercato; 3) rischio operativo.
Se da un lato il calcolo dei requisiti a fronte del rischio di mercato resta sostanzialmente
invariato rispetto a quanto statuito dalla normativa precedente7, dall altro il nuovo Accordo
ridefinisce in profondit le regole per il calcolo del requisito a fronte dei rischi creditizi, mentre
introduce per la prima volta un requisito a fronte di quelli operativi (sin qui ignoti alla
normativa in materia di capitale minimo obbligatorio).
Il rischio operativo sar trattato, in breve, nel § 1.4; i prossimi paragrafi si concentrano invece
sui rischi creditizi. In questo campo, il Nuovo Accordo segna una netta discontinuit con il
passato, in quanto fissa il principio che i prestiti emessi a favore di controparti di ugual tipo
(ad esempio societ private, o Stati sovrani) richi edono una copertura patrimoniale differente
in funzione della loro rischiosit ; tale rischiosit sar valutata da istituzioni esterne abilitate,
7
In particolare, ricordiamo che l introduzione di un requisito patrimoniale legato ai rischi di mercato avvenne nel 1996 con un
emendamento ( Market Risk Amendment ) all Accordo del 1988. Per dettagli rinviamo a Basel Committee (2006).
22
come le agenzie di rating (nel cosiddetto approccio standard, proposto alle banche di
dimensioni medio-piccole), oppure dalla banca stessa (nell approccio dei rating interni, detto
anche internal ratings-based o semplicemente IRB). I §§ 2 e 3 passano in rassegna questi
due approcci, concentrandosi in particolare sul metodo IRB (che rappresenta certamente,
per la sua novit e complessit , un tratto distinti vo e qualificante dell intero Accordo), che
verr analizzato in dettaglio nel capitolo 4.
1.2 Il rischio di credito :gli approcci alla misurazione
Con il termine rischio di credito si intende sia la possibilit che una controparte non assolva
interamente e/o per tempo alle proprie obbligazioni di pagamento di flussi di cassa (capitale
e/o interessi) previsti nel contratto di debito, sia la possibilit che una variazione inattesa del
merito creditizio generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della
posizione creditoria.
Il rischio di credito Ł pertanto connesso a perdite economiche dovute:
• al default di un debitore (rischio di insolvenza), tenuto conto dei termini e delle
condizioni del contratto e degli accordi tra le parti;
• alla possibilit di una variazione del merito cred itizio di un debitore (rischio di
migrazione).
I fattori determinanti per la misurazione del rischio di credito sono: l Exposure at
Default (EAD), la Probability of Default (PD) e Loss Given Default (LGD) . Il primo fattore Ł
rappresentato dall esposizione al momento del fallimento della controparte, il secondo dal
tasso atteso di insolvenza (PD), mentre il terzo dal tasso di perdita in caso di insolvenza (
LGD). L Exposure at Default Ł data dall ammontare impiegato dalla banca rispetto una data
controparte in un determinato istante di tempo. La PD Ł funzione delle condizioni economico-
finanziarie attuali e prospettiche della controparte, della qualit del management della
stessa, delle prospettive di evoluzione del settore produttivo e della congiuntura economica
generale. La PD di una controparte Ł sintetizzata nel giudizio sul merito creditizio di questa
(rating). Il terzo fattore Ł rappresentato dal complemento ad uno del tasso atteso di recupero
in caso di insolvenza (Recovery Rate).
Per la misurazione del rischio di credito sono previsti tre differenti approcci: il metodo
standardizzato (Standard Approach), ed il sistema basato sui rating interni distinto in metodo
di base (Foundation Approach) e metodo avanzato (Advanced Approach). L approccio
Standard si basa essenzialmente su una serie di ponderazioni che meglio articolano il
tradizionale approccio building block gi introdott o nel primo Accordo di Basilea, infatti,
l applicazione dei pesi per le ponderazioni di rischio, prevede la considerazione dei rating
esterni delle controparti, prodotte da organismi riconosciuti dalle autorit di vigilanza, le
23
cosiddette External Credit Assessment Institution (ECAI). 8 Gli approcci Foundation e
Advanced si basano invece sui modelli interni di valutazione del merito creditizio IRB, e
rappresentano la sostanziale evoluzione proposta dal Nuovo Accordo nella determinazione
dei presidi di capitale a fronte del rischio di credito. Questi approcci sono articolati, per gradi
crescenti di sofisticazione, fino a ricomprendere una stima della PD delle singole controparti,
una stima dell esposizione al momento dell inadempienza (EAD) e della perdita in caso di
inadempienza (LGD) e la scadenza effettiva (maturit M); EAD e LGD sono definite da
parametri fissati dal Comitato, per l approccio Foundation, dai modelli interni della banca nei
modelli Advanced9.
1.2.1 Standardised Approach
Avendo riguardo al controllo del rischio di credito, il primo approccio proposto dal Comitato di
Basilea, ossia lo Standardised Approach Ł concettualmente simile al sistema di ponderazioni
introdotto con l Accordo del 1988, il quale assegna coefficienti di ponderazione commisurati
alla rischiosit degli attivi. L innovazione sostan ziale introdotta dal Comitato con l obiettivo di
migliorare la sensibilit al rischio di tale metodo , Ł riferibile senza dubbio l utilizzo dei rating
esterni per la determinazione delle ponderazioni da attribuire alle varie categorie di
controparti (banche, imprese, e stati sovrani). Nel Nuovo Accordo, l utilizzo di queste
valutazioni prodotte dalle ECAI soggiace al loro riconoscimento da parte delle Autorit
Nazionali di Vigilanza, alle quali spetta il compito di appurare che tali agenzie soddisfino i
criteri di obiettivit , indipendenza, accesso internazionale/trasparenza, pubblicit delle
informazioni, risorse e credibilit . In presenza di tale riconoscimento i rating potranno essere
utilizzati non solo ai fini della vigilanza ma anche ai fini della capital regulation, ovvero per
una gestione corrente del rischio di credito. Per quanto riguarda l effettivo utilizzo dei rating
esterni, stabilendo che nel caso in cui si utilizzino piø agenzie di rating, si deve considerare il
rating meno favorevole; se invece per una stessa impresa si dispone di tre o piø rating,
occorre selezionare i due rating con la ponderazione piø bassa e fra questi scegliere quello
con la ponderazione piø alta. La maggiore sensibilit al rischio introdotta da tale innovazione,
ha comportato una revisione dell attuale sistema di ponderazioni, che modifica il trattamento
delle esposizioni bancarie verso i soggetti sovrani, enti del settore pubblico (ESP), banche e
imprese. Nell approccio standard, l ammontare di capitale richiesto su un prestito di un euro
a privati, privo di valide garanzie (che oggi fis sato a otto centesimi) potr ridursi a 1,6
centesimi o salire a 12, in funzione del rating che il cliente ricever da una o piø agenzie per
8
Il codice alfanumerico fornito dalle agenzie di rating, le External Credit Assessment Institution (ECAI), altro non Ł che un
giudizio sul merito creditizio della controparte, che valuta esclusivamente il rischio di credito, cioŁ la probabilit che vengano
effettuati puntualmente i pagamenti di capitale e interessi secondo le modalit previste contrattualme nte.
9 Scardovi C., Garside T. Basilea II:l impatto sul sistema finanziario e sulla competitivit delle banc he italiane , in Bancaria, n. 3,
2003.
24
la valutazione esterna del merito di credito (external credit assessment institution, o ECAI).
Una banca potr far ricorso ai rating di piø ECAI d iverse, ma nell ambito di precise regole
volte a prevenire fenomeni opportunistici ( cherry picking ) tesi a ridurre ad arte il requisito
patrimoniale totale; in pratica, non sar consentit o scegliere, per ogni cliente, l agenzia che
offre il giudizio piø favorevole.
Tavola 2 - Coefficienti di ponderazione dell approccio standard
A rating migliori si assoceranno pesi minori nel calcolo dei risk-weighted assets; inoltre,
come in Basilea 1, diverse categorie di controparti (ad esempio imprese non finanziarie, Stati,
banche) riceveranno scale di ponderazione diverse. Questo doppio ordine di criteri (rating e
categorie di controparti) Ł sintetizzato nella Tavola 2, che utilizza come scala le classi di
rating messe a punto dall agenzia statunitense Standard & Poor s. Anche se la Tavola pu
sembrare a prima vista un po complessa, il suo significato Ł assai intuitivo: le righe indicano
le diverse classi di prenditori identificate da Basilea II (imprese, soggetti sovrani, banche,
piccole imprese e privati riuniti nella categoria dei portafogli retail ) piø alcune specifiche
tipologie di prestiti; le colonne riportano i diversi rating che potrebbero venir assegnati a una
controparte. Combinando righe e colonne ci si avvede che, ad esempio, un prestito di 100
euro ad un impresa non finanziaria con rating AAA si traduce in 20 euro di risk-weighted
assets, e conduce dunque a un requisito patrimoniale di 20 x 8% = 1,6 euro (in altri termini,
l 1,6% dell esposizione non ponderata). In maniera analoga, un prestito di 100 euro ad uno
Stato sovrano con rating minore di B - dar luogo a d un esposizione non ponderata di 150
euro, richiedendo dunque una copertura patrimoniale di 150 x 8% = 12 euro (12% del valore
nominale).
Le ultime due colonne richiedono qualche breve chiarimento. In primo luogo, le esposizioni
verso imprese sprovviste di rating (cioŁ per le quali non esiste un rating emesso da un ECAI
AAA AAA- AA+ AA AA- A+ A A- BBB+ BBB BBB- BB+ BB BB- B B-
Sotto
B
Senza
rating Scaduti
Imprese 20% 50% 100% 150% 100%
Soggetti
sovrani 0% 20% 50% 100% 100%
Banche 20% 50% 100% 50%
Banche,
in base al
Paese di
residenza 20% 50% 100% 100%
Retail 75%
150%
Mutui
ipotecari
su
immobili
resid. 35% 100%
Mutui
ipotecari
su
immobili
non
resid. Da 100% a 50%, a scelta delle Autorit di vigilanza nazionali 150%
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abilitata) verranno di norma ponderate al 100% (come nell Accordo del 1988): Ł prevedibile
che ci accadr per una percentuale elevata delle i mprese non finanziarie Europee (anche
se molte di esse, come spiegato tra breve, avranno accesso ad un trattamento agevolato
nell ambito del portafoglio retail). In secondo luogo, i prestiti scaduti (cioŁ quelli per cui sia
intervenuto un ritardo superiore ai 90 giorni su un qualsiasi rimborso di interessi o capitale)
verranno normalmente ponderati al 150% (come per le classi di rating peggiori), dato che un
ritardato pagamento potrebbe essere indice di difficolt da parte del debitore 10.
E poi necessario qualche commento anche ad alcune righe della Tavola. In primo luogo, le
esposizioni verso banche potranno essere ponderate in due modi diversi11: potranno infatti
essere classificate sulla base del rating della banca che riceve il prestito, oppure del rating
del Paese in cui la banca stessa ha sede. In questo secondo caso, tutte le istituzioni
creditizie con sede legale nel medesimo Stato riceveranno la medesima ponderazione (ad
esempio, 20% se insediate in una nazione con rating pari ad almeno AA-). In secondo luogo,
i crediti retail (che possiamo identificare, per semplicit , con le esposizioni non superiori al
milione di euro emesse a individui e piccole imprese12) costruiranno una categoria a parte,
diversa dai finanziamenti alle imprese; tali prestiti saranno quasi certamente privi di rating,
ma in virtø del fatto che sono altamente frazionati (e dunque garantiscono una buona
diversificazione del rischio) riceveranno un coefficiente di ponderazione ridotto al 75%.
Inoltre, come nell accordo di Basilea 1, i crediti assistiti da ipoteca su un immobile di prima
abitazione riceveranno un coefficiente ridotto (che scender dall attuale 50% al 35%), mentre
nel caso di ipoteca su altre tipologie d immobile verr lasciata facolt alle Autorit dei singoli
Paesi di ridurre la ponderazione fino al 50%, a patto che i relativi cespiti siano soggetti ad un
limitato rischio di oscillazione di prezzo.
1.2.1.1 Valenza delle Garanzie nello Standardised Approach
Con l eccezione delle ultime due righe, i coefficienti patrimoniali ricavabili dalla Tavola si
riferiscono a esposizioni non garantite. In realt , l approccio standard contempla la possibilit
di ridurre il requisito di capitale acquisendo opportune garanzie reali. Vengono proposti due
approcci, in ordine crescente di complessit : il co siddetto metodo semplificato si applica ad
un preciso elenco di garanzie reali di tipo finanziario (contante, oro, titoli di debito, alcuni tipi
di azioni quotate e le quote di fondi comuni che investano esclusivamente nelle attivit ora
10 Ponderazioni inferiori al 150% saranno comunque possibili per i mutui ipotecari (v. Tavola 2) o per i prestiti gi coperti, in
misura sufficiente, da svalutazioni analitiche.
11
Le Autorit nazionali sceglieranno uno dei due trat tamenti, e tale scelta sar applicata in modo omoge neo a tutti i soggetti
regolati.
12 Piø precisamente, nel portafoglio retail potranno confluire le esposizioni verso persone fisiche o piccole imprese, non
superiori al milione di euro, rappresentate da determinate tipologie di prodotto (crediti rotativi come carte di credito e scoperti di
conto, prestiti personali e leasing, facilitazioni e aperture di credito a favore di piccole imprese, con l esplicita esclusione dei
titoli) e sufficientemente frazionati (ad esempio, le Autorit di vigilanza potrebbero imporre che nes suna esposizione verso
un unica controparte possa superare lo 0,2% del portafoglio retail complessivo).
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elencate), mentre il metodo integrale vale anche per tutte le altre azioni quotate. Nel
metodo semplificato, la porzione di esposizione coperta da una garanzia reale valida viene
ponderata usando il coefficiente proprio della garanzia (ad esempio, il coefficiente valido per
gli Stati sovrani se si tratta di titoli di Stato) anzichØ quello del debitore (ferma restando, di
norma, una ponderazione minima del 20%). Nel metodo integrale, nessun requisito
patrimoniale Ł richiesto sulla porzione di esposizione assistita da una garanzia valida; nel
calcolare tale porzione, il valore della garanzia deve essere ridotto utilizzando uno scarto
prudenziale (haircut) che riflette il rischio che il valore di mercato dello strumento finanziario
fornito dal debitore possa ridursi durante la vita del prestito. Gli haircut indicati nell Accordo
sono piø severi per i titoli, come le azioni o le obbligazioni con elevata duration, soggetti a
maggior volatilit (Tavola 3); essi vengono inoltre incrementati al crescere del numero di
giorni necessari alla banca per ricalcolare il valore di mercato della garanzia o per richiedere
al debitore un integrazione.
Tavola 3 - Haircut previsti per diversi tipi di garanzie reali
COLLATERAL RATING VITA RESIDUA HAIRCUT
Contante (nella stessa divisa) 0.0%
Entro 1 anno 0.5%
Da 1 a 5 anni 2.0%
Da AAA a AA-
Oltre 5 anni 4.0%
Entro 1 anno 1.0%
Da 1 a 5 anni 3.0%
Da A + a BBB -
Oltre 5 anni 6.0%
Obbligazioni di Stato
Da BB + a BB - Qualsiasi 15.0%
Entro 1 anno 1.0%
Da 1 a 5 anni 4.0%
Da AAA a AA -
Oltre 5 anni 8.0%
Entro 1 anno 2.0%
Da 1 a 5 anni 6.0%
Obbligazioni societarie
Da A + a BBB- e obbligazioni
bancarie prive di rating
Oltre 5 anni 12.0%
Azioni incluse nei principali indici e oro 15.0%
Altre azioni quotate 25.0%
Tra gli strumenti di attenuazione del rischio, il Nuovo Accordo accoglie anche le garanzie
personali e i derivati creditizi (purchØ emessi da Stati o altri enti pubblici, banche e altre
istituzioni finanziarie soggette a vigilanza, imprese non finanziarie con un rating pari almeno
a A -). In presenza di simili garanzie, il coefficiente di ponderazione del debitore viene
sostituito da quello del garante, che di norma conduce ad un requisito patrimoniale piø ridotto.
Si noti che una simile soluzione (c.d. sostituzione garante per garantito ) rappresenta un
approccio semplificato e prudenziale alla misura del rischio; in effetti, in presenza di un
prestito con garanzia personale la banca va incontro a possibili perdite solo se l insolvenza
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del garante avviene insieme a quella del debitore principale (un evento di per sØ piø raro
rispetto al dissesto del solo garante). La ponderazione associata al prestito dovrebbe tenere
dunque conto, in qualche modo, del basso rischio associato all ipotesi di insolvenza
congiunta; lo stesso Comitato di Basilea, peraltro, non esclude di poter modificare, nei
prossimi anni, il Nuovo Accordo per tener conto di simili considerazioni13.
Detto questo l adozione di questo metodo dovrebbe giovare alle banche in quanto comporta
un minor assorbimento di capitale per la piø ampia differenziazione delle ponderazioni di ri-
schio attribuite attraverso i rating esterni, ma proprio in tale novit che si riscontra la
maggiore difficolt applicativa, vista la scarsa pr oduzione di rating per le PMI Europee e nello
specifico nel caso italiano. L assenza di rating esterni per le imprese comporta una totale
indifferenza alla maggiore differenziazione per categorie di rischio introdotte, riproponendo
una sorta di livellamento analogo alla scarsa dif ferenziazione propria del sistema
previdente14.
1.3 L approccio fondato sui rating interni (Internal Rating Based
Approach)
Il sistema basato sui rating interni Ł sicuramente l innovazione di maggiore portata del nuovo
Schema. Esso consiste in una procedura sviluppata all interno della banca stessa volta a
quantificare, per ogni credito concesso e in funzione del proprio livello di sofisticazione,
alcune componenti cruciali del rischio, rilevanti per il calcolo del vincolo patrimoniale minimo
capace di assicurare un adeguato assorbimento delle perdite potenziali15. I sistemi di rating
interni costituiscono l insieme di metodi, procedimenti, controlli, dati e sistemi informativi che
sono utilizzati nella valutazione del rischio di credito, nell attribuzione dei gradi interni di
merito e nella stima quantitativa delle inadempienze e delle perdite 16. Lo scopo di tali sistemi
Ł quello di attribuire a ciascuna classe di rating un livello di rischio omogeneo che permette
una migliore gestione del portafoglio prestiti, un piø adeguato pricing dei finanziamenti e una
migliore e piø puntuale gestione dei processi di selezione, revisione e controllo degli
affidamenti17.
1.3.1 Le tipologie di modelli IRB: Foundation e Advanced
Nell ambito del sistema per la misurazione del rischio di credito basato sui rating interni Ł
prevista una ripartizione dei crediti del banking book in ampie classi di attivit con differenti
13
Cfr. Comitato di Basilea (2006), p. 3.
14 Cicardo G., Ambito di applicazione e metodo standardizzato di misurazione del rischio di credito , in Bancaria, n.4, 2001.
15 Parrillo G., I rating interni: il ruolo essenziale nella funzione di governo del credito , in Rivista Bancaria Minerva Bancaria, n.
3, 2003.
16 Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, Convergenza internazionale della misurazione del capi-
tale e dei coefficienti patrimoniali, Giugno 2004.
17 De Laurentis G., I riflessi sui processi di concessione e revisione dei crediti della nuova proposta di
Basilea , Rivista Bancaria, n. 4, 2001.