8
Il secondo presupposto è rappresentato dalla necessità di
non limitarsi (sia dal punto di vista dell’analisi che dal punto di vista
operativo) a puntare il riflettore sull’atleta diversamente abile,
riservando solo a lui il centro della scena. La realtà è più complessa
di come appare e, in quanto tale, merita un approccio più ampio.
Alla luce delle suggestioni maturate grazie all’esperienza personale e
al contributo dei miei collaboratori, ho preso coscienza del fatto che
occorra prendere in considerazione altri due fattori parimenti
meritevoli di interesse:
1) il mondo degli operatori coinvolti direttamente nell’attività
(tecnici, dirigenti, volontari, genitori, ecc.);
2) il “fuori” ovvero tutti coloro che, a vario titolo, entrano in
contatto con la disabilità (le istituzioni, il pubblico, gli sponsor, i
media).
Fatta questa doverosa premessa procedo con
esemplificare il metodo al quale intendo uniformare la mia ricerca.
Ad una prima parte tecnica (capitoli 1 e 2) ne seguirà una seconda
più “corposa” nella quale osserveremo le quattro diverse realtà
oggetto di studio
1
mettendone in risalto analogie e differenze. In
quella sede approfondiremo i temi più importanti accennati nella
prima sezione: il rapporto tra tecnico e atleta, il ruolo fondamentale
dei genitori, la risorsa “volontariato”, ecc.
Nel dettaglio utilizzerò il primo capitolo per presentare a
chi legge un breve resoconto sull’evoluzione nel corso degli anni del
concetto di “handicap”, dedicando particolare attenzione
1
Cissaca Bulls - Alessandria, A.S. Pandha - Torino, A.S. Orizzonte - Gela, B.C. 88 - Bellinzona.
9
all’atteggiamento della società civile nei confronti della diversità.
Sempre nel primo capitolo proporrò un resoconto su Special
Olympics International (di seguito S.O.), sulla sua filosofia e
un’istantanea della situazione attuale della disciplina del basket in
Italia.
Nel secondo capitolo faremo conoscere la struttura
organizzativa dei Cissaca Bulls, la loro storia e gli obiettivi
dell’attività distinguendoli dalle “motivazioni” che approfondiremo,
insieme ad altri aspetti strutturali, nel terzo capitolo anche attraverso
lo strumento del questionario. In questa parte dedicheremo uno
spazio importante alla necessità di educare il “normale” alla diversità
accennando al progetto “So get into it” di Special Olympics. Si
tratta di un programma formativo rivolto alle scuole che fornisce
agli insegnanti strumenti e risorse per valorizzare le differenze. Il
materiale strutturato offre l’opportunità di insegnare agli studenti
come diventare più attenti e consapevoli verso la disabilità.
Il terzo capitolo, che corrisponde alla seconda parte
sopra individuata, avrà come punto di riferimento il questionario
che verrà somministrato in due fasi successive. In un primo
momento verrà sottoposto all’attenzione di due esponenti
rappresentativi di ognuna della realtà oggetto di indagine (un
dirigente e un tecnico) allo scopo di ottenere un feed-back utile a
rivedere eventuali inesattezze o superficialità o ad individuare nuovi
item trascurati in fase di costruzione. Una volta esaurita questa fase
preliminare procederemo ad intervistare tutti gli operatori
disponibili allo scopo di rilevare i seguenti nodi:
10
a) se esistano delle analogie fra le “ragioni” storiche (ideologiche,
religiose, politiche, ecc.) che hanno portato alla nascita delle
diverse realtà e se queste coincidano o meno con le
“motivazioni” poi consolidatesi;
b) individuare possibili motivazioni implicite che comunque
concorrano al rafforzamento o all’indebolimento degli obiettivi
ideali. Rientra in questo ambito per i volontari il rischio di
contrarre una “sindrome da ipermotivazione”;
c) se costituisca un problema, la sussistenza o meno, tra il
volontario e il suo nucleo familiare, di una “congruenza
valoriale” potenziale innesco di un “circolo virtuoso”;
d) quale sia il livello di turn-over tra i diversi soggetti coinvolti
(dirigenti, tecnici, volontari, atleti) e quali siano i fattori che
possono incidere su di esso;
e) quanto influisca l’ambiente sulla “storia naturale” dei team
oggetto di studio (si utilizzerà come ulteriore strumento di
lavoro la statistica nazionale elaborata sui dati forniti dalla
Direzione Nazionale di Special Olympics Italia - di seguito
S.O.I.);
f) se si siano verificati, nei percorsi dei quattro team, “momenti di
crisi” o punti di svolta che abbiano comportato significativi
riorientamenti. Si procederà poi ad un’analisi comparata allo
scopo di verificare se ci siano ricorrenze di rilievo tra le diverse
realtà;
11
g) se sia reale la distinzione dei ruoli tra dirigenti e tecnici o se
siano effettivamente questi ultimi a ricoprire anche il ruolo di
indirizzo organizzativo che spetterebbe ai primi;
h) quanto sia importante e controverso il ruolo dei genitori (si
approfondirà l’argomento accennando ai punti essenziali del
“Programma Famiglie” di S.O.);
i) se la filosofia che sta alla base del progetto S.O. sia sufficiente a
scongiurare il rischio di creare delle “gabbie dorate” all’interno
delle quali il “diverso” vive una vita che non è quella reale
(stiamo contribuendo a costruire dei “ghetti”?).
Infine, sempre nel terzo capitolo, approfondiremo i
motivi che ci hanno portato a preferire come oggetto di ricerca le
realtà di Alessandria, Bellinzona, Gela e Torino: scelta che sembra
poter offrire interessanti spunti di riflessione in virtù delle differenti
caratteristiche peculiari riscontrate in sede di analisi preliminare.
12
Capitolo 1
Tempo libero e qualità della vita.
Il contributo di Special Olympics
1.1 Tempo libero come occasione di evoluzione della
personalità e sviluppo delle abilità sociali.
L’interesse per il tempo libero è, in gran parte, da
imputarsi ad importanti trasformazioni che hanno riguardato diversi
aspetti del vivere comune. Lo sviluppo tecnologico e la nuova
organizzazione del lavoro hanno portato ad un dilatamento dei
tempi non più dedicati ad attività lavorative. Infatti, sebbene il
lavoro continui a ricoprire un ruolo centrale nella nostra società, si
va consolidando la consapevolezza che la qualità della vita sia
strettamente correlata alla capacità di godere di significative
occasioni di svago.
L'Enciclopedia delle Scienze Sociali Treccani
2
riscrive la
definizione di tempo libero tranquillizzando tutti coloro che
pensano di spendere male le ore che non passano al lavoro e per
questo sono travolti dall'ansia se non addirittura dal senso di colpa.
"Oggi non esiste la percezione di avere un tempo libero. C'è questa percezione
perchè ormai il tempo diverso si riduce ad una rincorsa a varie attività per
2
L’Enciclopedia delle Scienze Sociali Treccani, ricordando rarefatte epoche passate quando
per Cicerone l'ozio era un privilegio e un dovere e per Aristotele una necessità, descrive
l'evoluzione nei secoli del tempo libero diventato una sorta di “castigo” nella modernità.
13
esorcizzare il ‘tempo vuoto’ percepito come assenza, come un tempo privo di
significati, come una perdita d'identità".
3
Il concetto di tempo libero è stato comunemente
impiegato per far riferimento agli aspetti oggettivi e quantificabili di
quello spazio “non destinato alla creazione di reddito”. Una
definizione globale di tempo libero inteso come “liberato” dal
lavoro rischia, però, di connotarlo esclusivamente in termini di
negazione: non è quello della scuola, né quello del lavoro o degli
impegni domestici. Al contrario le attività ricreative sono per
definizione discrezionali, libere nella loro iniziativa, non obbligate
dall’esterno né vincolate ad alcuna condizione, ma soprattutto
caratterizzate in maniera inequivocabile dal divertimento, dal senso
di benessere e di piacere che contribuiscono a creare. Ma oltre ai
concetti di libertà e di divertimento ne esiste un terzo parimenti
significativo: il tempo libero richiede persone in grado di gestirlo
creativamente ed autonomamente. Questo rimanda ad una serie di
conoscenze, abilità, valori e attitudini che permettono alle persone
di renderlo un tempo significativo per la qualità della propria vita e
non un tempo vuoto od eterodiretto.
La quasi totalità degli studi e dei programmi educativi
che, in passato, si sono rivolti alle persone con diverse abilità ha
trascurato il ruolo imprescindibile del tempo libero. La priorità
veniva attribuita a problematiche ritenute più pressanti quali: la
riabilitazione, l’inserimento scolastico e quello lavorativo viste, da
sole, come garanti di un soddisfacente livello di benessere. In
3
M. C. Belloni, Tempo libero in Enciclopedia delle Scienze Sociali, I.E.I. Treccani - Roma, 1998.
14
quest’ottica le attività ricreative, venivano considerate secondarie se
non addirittura superflue. Ciò ha limitato l’integrazione sociale delle
persone con disabilità ad una serie di ambiti istituzionali,
sicuramente importanti, ma parziali se non inseriti in una visione
sistemica della vita, che collochi sul medesimo piano tutti i suoi
ambiti: la cultura, il lavoro, la socialità, lo svago. Sono queste
considerazioni che ci portano ad affermare con forza la necessità di
collocare il problema del tempo libero al centro di qualsiasi progetto
di formazione e di integrazione delle persone con disabilità. La
ragione di ciò risiede nell’accezione, qui proposta, di tempo libero
come strumento di socializzazione e di sviluppo della personalità in
tutte le sue dimensioni: cognitiva, affettiva e comportamentale.
Anche in virtù dell’allungamento della vita media appare
nocivo limitare l’esistenza di queste persone ai soli ambiti della
riabilitazione, della scuola e del mondo del lavoro.
4
Tra questi settori
si aprono spazi e tempi che rischiano di rimanere vuoti e privi di
significato se non vengono forniti gli strumenti per gestirli in modo
produttivo.
Così inteso il tempo libero può essere definito come
quello che viene dedicato alla soddisfazione dei propri interessi, allo
sviluppo delle potenzialità ed ai rapporti sociali. Anche a causa di un
atteggiamento di iperprotezione da parte dei familiari che ne
sottostimano le possibilità di interazione, i “diversabili” vengono
spesso escluse dai circuiti ricreativi offerti dalla comunità,
compromettendo le loro opportunità di apprendimento. Si genera
4
P. Wehman, A. Renzaglia e P. Bates, Manuale per l'integrazione sociale dell'handicappato, Edizioni
Centro Studi Erickson - Trento, 1988.
15
così un evidente paradosso per cui le persone con disabilità
finiscono con l’avere più tempo libero, ma anche minori occasioni e
capacità per usufruirne autonomamente e in modo creativo.
In un simile contesto risulta importante sottolineare che
lo sport, come attività di tempo libero, viene ad essere uno
strumento essenziale nella programmazione di progetti educativi e
riabilitativi. L’incremento delle capacità, l’acquisizione di nuove
abilità e l’integrazione in contesti di vita ricchi di relazioni
significative rendono fondamentale il ruolo dell’attività sportiva
strutturata nell’intervento rivolto alla persona con disabilità.
16
1.2 L’ICF, nuovo strumento per comprendere e descrivere la
salute e la disabilità
Spesso la nascita di un bambino con disabilità comporta
l’attivazione di una serie di meccanismi, volti a “riaggiustare il
danno”, che influenzano il normale sviluppo dell’individuo e
modificano sensibilmente la percezione sia soggettiva che della
famiglia rispetto alle potenzialità di quel soggetto. Una buona dose
di responsabilità è anche da attribuire agli ambienti sanitari, spesso
più attenti alle cause del problema che non alle sue possibili
soluzioni.
Una vera rivoluzione culturale, in questo senso, è
costituita dall'International Classification of Functioning, Disability
and Health (di seguito ICF).
Approvata dall’Assemblea dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) nel maggio 2001 e pubblicata il 15 novembre
dello stesso anno l’ICF è stata sperimentata dal 1994 al 2001 in 65
Paesi ed è stata riconosciuta da 191 nazioni nel mondo come il
nuovo riferimento internazionale per descrivere e misurare la salute
e il “funzionamento” della popolazione.
L'ICF non si propone più, come già l'ICDH
5
del 1980,
una classificazione dell'handicap, concetto che è stato abbandonato,
quanto una descrizione della disabilità intesa come gli aspetti
negativi dell'interazione tra un individuo e i fattori contestuali di
quell'individuo (fattori ambientali e personali).
5
International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps.
17
Nel documento si legge: “ogni persona, in qualunque momento
della sua vita può trovarsi in condizioni di salute che, in un ambiente negativo,
divengono disabilità”. Si pone così l’accento non su ciò che manca, ma
su cosa funziona nella persona, valutandola, per la prima volta nella
storia della medicina, in funzione del proprio contesto. Viene quindi
dato il giusto risalto all’ambiente che ha un’importanza
fondamentale nel determinare il corso dell’evoluzione individuale e
nell’influenzare le potenzialità del soggetto, disabile e non. Mentre
gli indicatori tradizionali si basano su delle “negatività”, come i tassi
di mortalità, l’ICF punta i riflettori sulle “positività”, la vita e il
modo in cui le persone vivono, anche con le loro patologie, e
migliorano le loro condizioni di vita per avere un’esistenza
produttiva e arricchente.
Riassumendo l’ICF nasce come “modello antropologico
di analisi” utilizzato non come strumento per misurare e valutare,
ma allo scopo di comprendere, descrivere, comunicare e
programmare.
Salute e funzionamento quindi non sono altro che “la
risultante di un’interconnessione complessa, globale e multidimensionale tra i
diversi processi di azione e retroazione”
6
riportati nel seguente schema
esemplificativo:
6
D. Ianes, La diagnosi funzionale secondo l'ICF, Erickson - Trento, 2004.
18
La “condizione fisica” è il termine ombrello per malattia,
disturbo, lesione o trauma e può comprendere anche altre
circostanze come la gravidanza, l’invecchiamento e lo stress. Le
“funzioni corporee” sono riferite all’organismo umano nella sua
globalità (cervello compreso) e quindi riguardano anche le funzioni
mentali o psicologiche. Le “strutture corporee” non sono altro che
le parti strutturali o anatomiche del corpo come ad esempio organi e
arti. Le “attività personali” si riferiscono all’esecuzione di un
compito o di un’azione e rappresentano la prospettiva individuale
del funzionamento (apprendimento e applicazione delle
conoscenze, comunicazione, sviluppo delle competenze, cura della
propria persona). La “partecipazione sociale” è il coinvolgimento e
l’integrazione di una persona in una situazione reale di vita e
19
rappresenta la prospettiva sociale del funzionamento. I “fattori
contestuali” rappresentano l’intero quadro di vita dell’individuo e
sono suddivisi in “fattori ambientali” e “fattori personali”. I primi si
riferiscono agli aspetti del mondo esterno, al “fuori” e includono
l’ambiente fisico e le sue caratteristiche, gli atteggiamenti e i valori
socialmente condivisi, la famiglia, i servizi, le politiche, le regole e le
leggi. I secondi, al contrario, sono elementi “dentro” l’individuo e
ad esso correlati quali l’età, il sesso, la classe sociale, le esperienze di
vita, gli aspetti psicologici, affettivi e comportamentali (auto-
efficacia, auto-stima, emotività, comportamenti problema).
In caso di malfunzionamento del “sistema uomo”
l’attenta analisi delle innumerevoli possibilità di combinazione degli
elementi sopra descritti contribuisce alla comprensione dello stato di
salute del soggetto. Comprensione che consente di procedere alla
strutturazione di un programma di intervento che aspira a
ripristinare la circolarità dei processi.