5
con un conseguente logoramento della sensibilità nei rapporti con gli
altri esseri viventi, siano essi persone o animali.
2
“Una delle possibili conseguenze di quest’esperienza è la
diminuzione dell’empatia nei confronti della sofferenza psicologica e
fisica di un altro individuo”.
3
Un bambino che vede un genitore
prendere il fucile per sparare scoiattoli, uccelli e cervi non impara a
distinguere tra animali e persone. A lui uccidere sembrerà normale.
4
I casi di crudeltà nei riguardi degli animali sono frequenti nelle
famiglie dove le forme d’aggressione fisica, nei confronti dei propri
membri, sono gravi.
5
“La famiglia – ha scritto Jean Claude Chesnais-
è il luogo del paradosso. Centro degli affetti e rifugio contro le
avversità, è anche il primo nucleo da cui si irraggia la violenza,
l’unico luogo in cui ognuno può scoprire, senza maschere, il suo vero
volto.”
6
Spazio, dunque, di produzione autentica e libera delle
relazioni affettive e, contemporaneamente, luogo di esercizio delle
forme più incontrollate di aggressività e violenza. Queste prime
2
Cfr. Röhm H. L’aggressività infantile: teoria e prassi per un’educazione risolutrice di conflitti.
Ed. La Nuova Italia, 1980. P. 109.
3
Pagani C. La violenza dei bambini e degli adolescenti nei riguardi degli animali.
www.area.fi.cnr.it.
4
Cfr. Burnier R. Samvda. Traduzione di D. Cavazzuti. “The Thesophist”, febbraio 2000.
5
Cfr. Pagani C. Crudeltà verso gli animali e devianze. CNR: bambini crudeli con animali a rischio
di devianza da adulti. ANSA - Roma, 26 febbraio 2001.
6
Bonino S. Saglione G. Aggressività e stili educativi familiari. In “Psicologia contemporanea” 41,
sett.-ott. 1980.
6
esperienze infantili, poiché fondano il primitivo rapporto con la realtà
e gli altri, indirizzano, in modo preciso, il comportamento del
bambino verso l’aggressività e la distruttività. “Il clima educativo
della famiglia influisce, così, in modo determinante sull’identità
individuale e perciò sul comportamento aggressivo”.
7
I bambini violenti nei confronti degli animali rischiano di
sviluppare comportamenti antisociali da adulti, per questo, tali
condotte non vanno sottovalutate poiché possono essere l’espressione
di un disagio psicologico e, in particolare, di comportamenti
aggressivi nei riguardi delle persone.
Il nuovo secolo non sarà mai civilizzato se milioni di ragazzi,
che imparano ad essere brutali e assassini nei confronti di altri esseri
viventi, entreranno a far parte della popolazione adulta.
8
La
pedagogia, posta di fronte al continuo aumento dell’inciviltà umana,
dovrà porre questa tematica al centro delle proprie ricerche e dedicare
agli eventi aggressivi un’attenzione maggiore durante il processo di
socializzazione, in cui il bambino apprende le forme sociali delle
relazioni con gli altri. Questo processo va inserito nel più vasto ambito
7
Burnier R. Samvda. Traduzione di D. Cavazzuti. “The Thesophist”, febbraio 2000.
8
Cfr. Robustelli F. Il bambino e gli animali. A cura di G. Prisciantelli. www.verdi.it.
7
relazionale che è costituito dal rapporto con il diverso. Il bambino
deve sviluppare le sue capacità empatiche, costruendo “un ponte che
gli permetta di arrivare sull’altra sponda su cui si trovano gli individui
diversi da lui”.
9
Lo sviluppo dell’empatia nel bambino, della capacità,
cioè, di immedesimazione negli altri dal punto di vista cognitivo ed
affettivo, è considerato lo strumento fondamentale per prevenire e
diminuire la violenza.
Un rapporto positivo con gli animali aiuta i bambini ed i ragazzi
a sviluppare un atteggiamento d’empatia nei confronti dell’altro, sia
esso un altro bambino, un animale, un adulto, una persona di un altro
sesso, di un’altra classe sociale o di un’altra cultura.
Si pone allora un problema di fondo: di una rilettura del
fenomeno della violenza e della possibilità di intervento, che può
essere risolto dalla pedagogia sul piano operativo. È stato verificato
che programmi educativi quali “le terapie con i pet” hanno sviluppato
nel bambino un atteggiamento di rispetto nei confronti della natura e
degli animali, con una conseguente maturazione di un rapporto più
positivo ed empatico nei confronti delle persone. Il processo di
9
A cura di F. Cambi e S. Ulivieri. Infanzia e violenza: forme, terapie, interpretazioni. Ed. La
Nuova Italia, Scandicci (Fi), 1990, P. 85.
8
identificazione e di empatia con l’animale domestico, specie se
stabilito in giovane età, conduce poi, nella vita adulta, a posizioni di
maggior rispetto nei confronti degli altri, siano essi persone o animali.
Occorre, quindi, studiare i vari fattori che intervengono nel
processo di sviluppo, al fine di elaborare programmi di prevenzione
adeguati. La precoce individuazione di comportamenti antisociali,
sono di gran lunga più efficaci per i bambini, la famiglia e la società di
quanto non siano i successivi tentativi di recupero e riabilitazione.
Tuttavia non si può, in nessun caso, rinunciare ad un’azione di
recupero qualunque sia il livello di gravità o persistenza dei problemi.
Anche in situazioni di gran difficoltà, è necessario offrire a tutti un
percorso di recupero che garantisca la speranza di poter raggiungere
un soddisfacente equilibrio e la possibilità di futuri successi.
10
10
Cfr. Caffo E. Fara G. M. L’infanzia smarrita. Primo rapporto nazionale sulla condizione
dell’infanzia e della pre-adolescenza.
CAPITOLO I
9
1.1 DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI AGGRESSIVITÀ
Nel maggio 1998, i quotidiani italiani riportavano la notizia di
un ragazzo di 15 anni, Kip K., che a Springfield, nello Stato
dell’Oregon, dopo aver ucciso il padre e la madre a fucilate, era
andato a scuola e aveva sparato ai suoi compagni. Kip, che era
descritto dagli adulti come un ragazzo «gentile, educato, abbastanza
studioso», era visto invece dai compagni come «un tipo strano che
uccideva gli animali con lento piacere, che riportava dalle sue
passeggiate nelle abetaie, scoiattoli ancora vivi e li tormentava
infilandogli nel sedere petardi accesi». Numerosi altri esempi
popolano le pagine dei giornali di tutto il mondo. Ad esempio Luke W.,
di 16 anni, nell’ottobre del 1997 a Pearl, nel Mississipi aveva ucciso
la madre e due compagni di scuola. Poco tempo prima, Luke, aveva
torturato ed ucciso il suo cane. Dopo averlo picchiato con un bastone
e cosparso di un liquido infiammabile gli aveva dato fuoco e l’aveva
gettato in uno stagno. Luke, tra le altre cose aveva scritto: «Non
dimenticherò mai il verso che faceva mentre si spezzava sotto il mio
potere […]. Non dimenticherò mai i suoi ululati[…]. Sembravano
CAPITOLO I
10
quasi umani.»
1
L'aggressività fa parte dell’esistenza umana fin dal suo inizio.
Ma il fatto che essa sia un elemento costitutivo del comportamento
umano non determina una concezione pessimistica dei rapporti sociali
a meno che, non si voglia far coincidere l’aggressività incontrollata,
come quella verso gli animali, con una brutalità sadica.
2
Etimologicamente, il termine aggressività deriva dal latino ad-gredior
(andare verso) che come ingredior, progredior, regredior, è un
composto di gradior (vado, cammino, mi avvicino, entro in contatto,
ecc.). E’ evidente dunque la componente relazionale, di moto verso un
oggetto, che l’aggressività contiene. Si può così affermare che
l’aggressività contribuisce alla creazione di legami, poiché alla base
d’ogni “movimento verso”, quindi di ogni aggressione, c’è un bisogno
o un desiderio da soddisfare. Nei rapporti interpersonali l’aggressività
è l’emozione-movimento che permette di prendere gli oggetti e gli
affetti di cui si necessita per il proprio benessere. Quando, invece,
l’espressione dell’aggressività è trattenuta ed accumulata, finisce con
l’esprimersi in contesti diversi da quella in cui è sorta, o verso
1
Cfr. Pagani C. Bambini che maltrattano gli animali. In “Psicologia contemporanea” 26 (153),
maggio-giugno 1999.
2
Cfr. Röhm H. L’aggressività infantile: teoria e prassi per un’educazione risolutrice di conflitti.
Ed. La Nuova Italia, 1980, P. 110.
CAPITOLO I
11
qualcuno che non è l’origine della frustrazione: in questi casi diventa
“negativa” nel senso che non è più finalizzata a costruire qualcosa, ma
è rivolta “contro”, costituendo a volte il primo gradino della
distruttività e della violenza.
3
Il termine distruttività, sebbene spesso usato come sinonimo di
aggressività, ha un significato ben diverso, cioè quello di disfare,
annullare qualcosa o qualcuno che si ha di fronte. La profonda
differenza tra i due termini, impone la necessità di distinguere
l’aggressività costruttiva da quella distruttiva.
4
L’aggressività è una
forza propulsiva che consente e favorisce l’attività, l’individuazione e
l’autoriconoscimento grazie agli impulsi aggressivi, vale a dire che la
forza pulsionale è sinonimo di spirito di iniziativa e attività, diversa
dall’atto di aggressione che è un sinonimo di azione distruttiva e
demolitoria verso l’altro da sé che può essere tanto una persona,
quanto un animale.
5
Potremmo, allora, sostenere che quando un
individuo provoca o tenta o minaccia di provocare un danno in
maniera intenzionale ad un altro essere vivente, ci troviamo di fronte
3 Cfr. Facchinetti O. Andare-verso: dal desiderio all’aggressività. http://www.facchinetti.net.
4
Cfr. Novelletto A. Le figure della violenza. Introduzione teorica e stato del problema. Anno I -
N°1 Gennaio 2001, http://www.psychomedia.it/index2.htm.
5 Cfr. Zabonati A. La pace come processo di crescita e sviluppo psicologico.
http://www.ilnido.isnet.it/psicologia/psicologia_ev.htm.
CAPITOLO I
12
ad un’aggressione.
Quando si parla d’aggressività ci si rifà a due teorie
contrapposte sul comportamento umano: una che enfatizza le
componenti istintive ed innate e l’altra che pone in risalto i fattori
sociali, ambientali e educativi, responsabili della messa in atto di
condotte delinquenziali. Lorenz, il padre dell’etologia, nei suoi scritti
sull’aggressività, sostiene che il comportamento aggressivo è frutto di
un istinto incontrollabile, dovuta ad un accumulo d’energia che cerca
di defluire all’esterno non appena la situazione lo permette.
Diametralmente opposta la visione dell’uomo, che caratterizza i
fautori della Social Learning Theory, che riconducono il
comportamento aggressivo solo ad influenze ambientali, al cattivo
esempio fornito dagli altri o dall’assistere alla violenza. Gli etologi
inglesi e gli evoluzionisti moderni, invece, vedono il comportamento
aggressivo lontano dall’essere il frutto di un solo istinto e di una pre-
programmazione genetica, oppure frutto solo dell’apprendimento e
dell’imitazione, ma è visto come l’esito di una continua interazione tra
l’organismo e l’ambiente, il frutto di un incontro tra natura e cultura.
6
In questo modo sì da importanza alla flessibilità del comportamento
CAPITOLO I
13
umano, giacché la nostra specie è ben lontana dal saper fornire solo
risposte stereotipate. Per questo, il termine aggressività fa riferimento
ad una variabile ipotetica che può tradursi in una forza vitale che si
manifesta attraverso il bisogno e il piacere di muoversi, o in un
comportamento aggressivo-distruttivo.
7
L’aggressività assume nel
bambino un volto piuttosto che un altro, in rapporto al modo in cui
avviene il processo di socializzazione e dell’ambito psico-sociale in
cui è inserito.
Durkheim parte dal presupposto che «tutte le forme di disagio e
di disadattamento sociale producono uno stato di tensione, e quindi
una devalorizzazione delle norme sociali che controllano il
comportamento umano», tale devalorizzazione favorisce una condotta
deviante.
8
La condotta deviante trova espressione attraverso due
diversi comportamenti, uno interno e l’altro esterno. I comportamenti
interni sono quelli propri del soggetto, esperiti all’interno della propria
emotività; mentre i comportamenti esterni sono quelli che palesemente
possono essere osservati dagli altri come il mentire patologico, la
6
Cfr. Attili G. Introduzione alla psicologia sociale. Ed. Seam Grafica, Bologna, 2000, Pp. 278-
309.
7
Ibid p. 81.
8
Cfr. A cura di F. Cambi e S. Ulivieri. Infanzia e violenza: forme, terapie, interpretazioni. Ed. La
Nuova Italia, Scandicci (Fi), 1990, P. 128
CAPITOLO I
14
tendenza alla ribellione, il furto e la crudeltà manifesta verso le
persone e gli animali.
A proposito del rapporto tra bambino e animale è importante
considerare il problema della violenza. La crudeltà dei bambini e degli
adolescenti verso gli animali può essere un indicatore potenziale di
una situazione esistenziale patogena, che in molti casi prelude
atteggiamenti e comportamenti antisociali che questi soggetti potranno
avere da adulti.
9
Questo tipo d’aggressività esprime, quindi, un
segnale d’anomalia caratteriale del bambino. Si considerano gravi le
forme in cui oltre alla tortura di animali si passa all’uccisione e allo
smembramento di animali da cortile o domestici. Il giovane Ed.
Kemper era terribilmente affascinato dalla morte e dal
“funzionamento” degli esseri viventi e, oltre a praticare pericolosi
giochi con sua sorella come vittima, catturava, squartava e sezionava
con sempre più morboso interesse i gatti del vicinato. Così come il
giovane Dahmer, che passava intere giornate in cerca d’animali morti
per strada, li portava a casa e dopo averli sezionati, fotografati,
disegnati e dipinti nelle varie fasi della dissezione, compiva
9
Cfr. Robustelli F. Cnr e Unesco: insieme contro la violenza. Tratto da “Ricerca e Futuro”(1),
1996, Pp. 42-43.
CAPITOLO I
15
esperimenti sullo sciogliere i resti con l’acido oppure triturare le
ossa.
Non è tuttavia da sottovalutare nemmeno la crudeltà cosiddetta
“normale” dei bambini nei riguardi degli animali (come, ad esempio,
la caccia alle lucertole). Anche questi episodi, soprattutto se ripetuti,
devono essere presi in seria considerazione come indicatori di uno
stato di disagio del bambino.
L’aggressività nei riguardi degli animali deve essere considerata
un problema di per se grave nella nostra società, non soltanto perché è
un fenomeno associato alla violenza nei riguardi delle persone. Ogni
forma di violenza è in genere riconducibile ad uno stesso tipo di
rapporto maladattivo e nevrotico con la realtà.
Il termine violenza è un derivato di vis (forza) e quindi di
violare. Essa allude non soltanto alla qualità (impeto e veemenza)
dell’impulso, ma anche al rapporto con chi si ha di fronte, perché
comporta sopraffazione e danno. La violenza rileva, quindi, i risultati
distruttivi dell’aggressività, in cui l’oggetto della violenza è sempre
vilipeso, deumanizzato o addirittura ignorato.
10
10
Cfr. Novelletto A. Le figure della violenza. Introduzione teorica e stato del problema. Anno I -
N°1 Gennaio 2001. http://www.psychomedia.it/index2.htm.
CAPITOLO I
16
Nella nostra società la violenza è soprattutto una violenza verso
i più deboli, questo modello di vita è così pervasivo che di fronte ai
normali conflitti nei rapporti tra individui, la maggior parte delle
persone reagisce quasi “istintivamente” in modo aggressivo.
11
In
questo clima i bambini acquisiscono uno stile di vita inquieto e
aggressivo, che in seguito riproporranno nei loro rapporti
interpersonali; in realtà essi “sono bambini cresciuti in balia della
propria rabbia spesso senza sicurezza affettiva il cui unico modo di
relazionarsi è l’aggressività”.
12
11
Cfr. Pagani C. La violenza dei bambini e degli adolescenti nei riguardi degli animali.
www.area.fi.cnr.it.
12
Cappellaro G. Ascoltare l’abuso, dalla parte dei bambini. In “Messaggero di Sant’Antonio”, 5,
2001.
CAPITOLO I
17
1.2 POSSIBILI MOTIVAZIONI E CAUSE
Chi sono questi bambini cosiddetti “aggressivi”? Difficile fare
una generalizzazione. Difficile anche pensare a loro come futuri autori
di reato, senza cogliere gli aspetti di sofferenza e di disagio personale
e familiare. Impulsività e aggressività sono elementi che accomunano
tutti questi bambini. Il passaggio all’atto, inteso come tendenza
immediata all’azione, che non lascia spazio ai processi di mediazione
del pensiero, si configura spesso come modalità privilegiata
d’espressione dei conflitti e delle angosce interiori. L’aggressività
diviene, quindi, una vera e propria scarica motoria, risposta immediata
ad una situazione di conflitto, tensione, frustrazione, unica risposta
possibile laddove i processi cognitivi non garantiscono un controllo
adeguato.
Da un punto di vista più prettamente psicologico è facile
rilevare da un lato la prevalenza d’immagini negative di sé, dall’altro
la tendenza estrema del passaggio all’atto come sistema di lotta contro
l’angoscia interiore.
13
13
Cfr. Tedesco M. La relazione terapeutica in un contesto difficile. www.pedagogia.it.