È molto interessante osservare che in ognuno di questi scritti il diritto di
esistere dell’Olanda non si fonda su ragioni materiali, feudali o religiose,
ma è il risultato della ferma decisione di alcuni individui, che insieme
vogliono creare una nazione, e che insieme indagano le condizioni politiche
e sociali determinanti.
La volontà di costituirsi come nazione riemerge ancor più chiaramente nel
Diciottesimo secolo, questa volta in ambito letterario. La letteratura
patriottica di quegli anni, sorretta da un’accurata e documentata analisi,
mirava a dimostrare che il sistema esistente non era quello ideale per la
nazione, e si rendeva necessario sostituirlo con un altro. Le alternative
politiche proposte dalla letteratura però non potevano essere realizzate, non
solo per la mancanza di una forza politica interna, ma soprattutto a causa
della politica di potenza delle grandi nazioni ( i Paesi Bassi costituivano
allora le Sette Province d’Olanda dell’Impero Napoleonico). Quando
Guglielmo I fu condotto da Filippo II, re di Spagna, sul trono d’Olanda nel
1813, lo Stato era nient'altro che una costruzione artificiale, che rendeva
così necessaria, nuovamente, un’autoriflessione nazionale: chi siamo e cosa
vogliamo?
Dopo l’Indipendenza la borghesia olandese giocò un ruolo fondamentale,
nella ricostruzione dell'apparato statale, sotto la guida dello statista
Thorbecke, che si era proposto di realizzare ciò che la letteratura del XVIII
secolo si era auspicata.
Erano richieste di interventi in ambito sociale, giuridico e politico, più o
meno gli stessi argomenti problematici di cui l’odierna sociologia olandese
si occupa: la redistribuzione dei redditi e il problema della povertà,
l'emancipazione sociale, la partecipazione politica, il rapporto stato-società,
il ruolo del capitale e del lavoro, la funzione dell’insegnamento e i diritti
delle subculture.
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È però solo nella seconda metà del XIX secolo che la riflessione su questi
problemi tende ad assumere un carattere sempre più ‘scientificò, quando le
discussioni si trasferiscono all’interno delle Università e i loro contenuti si
inseriscono in un quadro di riferimento scientifico erudito, che può contare
su fonti esterne, e presto anche su ricerche propriamente olandesi.
Negli stessi anni, nuovi impulsi alla conoscenza provennero da due grandi
scuole di pensiero: da un lato l’economia social-liberale, e dall’altro la
letteratura marxista.
A prima vista può sembrare che il Liberalismo, con il suo accento sulla
dimensione individuale e l'enfasi sulla libertà di scelta, si ponga in antitesi
alle leggi sulle regolarità naturali, che investono i processi tipici della
collettività.
Pur condividendo una tale affermazione, dobbiamo notare che, nel
liberalismo olandese del secolo precedente, sono presenti interessi
scientifici che seguono una via diversa. La neccessità di una base
ideologica, fondata su una determinata teoria scientifica, condusse i social-
liberali olandesi, seguaci delle teorie di Spenser e del Social-darwinismo
successivo, alla costruzione di una teoria, che concilia individuo e società,
in cui dimostrano che la diversità individuale, che sta alla base della legge
dell'evoluzione e selezione naturale, è giustificata solo in un contesto
collettivo.
Per quel che riguarda l'attività empirica, l'Olanda liberale già relativamente
presto fece uso dei metodi statistici e delle interviste per indagare i
cambiamenti della società contemporanea.
Agli inizi del XX secolo temi riguardanti le questioni sociali e la politica
sociale riscuotevano sempre maggiore interesse, sebbene solo presso
avvocati ed economisti.
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Nei lavori di De Bosch Kemper (1808-1876), Quack (1834-1917) e Treub
(1858-1931) ricorrono temi sul cambiamento dell'ordine sociale, sulla
modernizzazione e riduzione dell'individualismo anarchico liberale.
Costoro lavorano ancora in un contesto giuridico-economico, un contesto
da cui provano comunque a mettere in evidenza che, esiste una categoria
sociale sui generis, che deve essere studiata a fianco alle questioni
strettamente economiche e giuridiche. Le loro opere (H.P.G. Quack, "Studi
in campo sociale", 1877; M.W.F.Treub "Le questioni sociali", 1904) sono
testimonianza di grande erudizione, rispetto per i fatti e accuratezza
scientifica.
Negli anni '80, a fianco alla teoria liberale, un gruppo di intellettuali, gli
"Ottantini" (Tachtigers), ad Amsterdam e a Gooi, mostrarono un crescente
interesse per i problemi di carattere sociale, all'interno di un'ottica
socialista, vicina al marxismo. Scrittori come Frederik van Eeden, Frank
van der Goes, Herman Gorter, Rudolf de Kuyper, Arie Pannekoek, C.S.
Adama van Scheltema, Henriette Roland Holst, riscossero un enorme
successo con le loro pubblicazioni. Sebbene questi intellettuali fossero
strettamente legati al marxismo tedesco di quel periodo, e come gruppo
assomigliassero ai Fabians di Inghilterra, avevano sviluppato una loro
propria personalità, che ben presto fu riconosciuta e apprezzata anche a
livello internazionale.
Più che altrove, questo gruppo di intellettuali marxisti olandesi, si occupò
di problemi strettamente politici, specialmente legati alla
democratizzazione; si interessarono inoltre di questioni morali ed etiche,
del ruolo dell'arte e dell'artista stesso, tentando di applicare i principi
socialisti nella vita quotidiana.
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Per quanto importanti, nessuna delle due tradizioni, nè quella liberale nè
quella socialista, possono però rivendicare il ruolo di padrini della nascita
della Sociologia come scienza accademica in Olanda.
Il Liberalismo, con l'affievolirsi della popolarità delle idee darwiniane,
perse quella che era la sua base ideologica, pur mantenendo sempre vivo
l'interesse per la tradizione empirica e statistica, basata sull'assunto che tutti
gli sviluppi sociali dovessero essere analizzati scientificamente. Il gruppo
marxista era da un lato troppo estremista, per riscuotere l'interesse della
classe operaia olandese, dall'altro il suo interesse era rivolto più all'attività
politica che a quella scientifica. Difatti nonostante la promettente ascesa
iniziale, dopo la Prima Guerra Mondiale, anche la sua eredità letteraria non
sucitò più interesse nelle generazioni successive, nè tra i gruppi proletari
nè tra gli studenti delle Università, decretando la fine di ciò che con tanto
slancio era entrato nei saloni olandesi negli anni Ottanta.
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1.2. Il padre della sociologia olandese: S.R.Steinmetz
(1862-1940)
"Tutti questi studenti diverranno cittadini, e come tali, in un modo o in un
altro, occuperanno un ruolo rilevante nella società; tutti, come cittadini e
creatori dell'opinione pubblica, avranno modo di esercitare la loro
influenza. Non credete dunque necessario che essi conoscano le idee di
coloro che hanno studiato in modo approfondito le questioni sociali ? E
inoltre, non credete necessario che anche loro, in questo campo, imparino
ad applicare i metodi, in cui loro stessi, in quanto uomini di scienza,
confidano? Non dovrebbero imparare a osservare le cose meglio, e in modo
più approfondito rispetto alla massa, che da loro riceverà ausilio? A queste
domande non si può rispondere se non affermativamente!" Era il 1900
quando S.R Steinmetz durante una sua lezione pubblica, "Wat is
Sociologie?" (“Che cos'è la Sociologia?”), rivolta ai docenti di
Giurisprudenza dell'Università di Leiden, provava a convincere l'uditorio
che la Scienza del Diritto avesse bisogno, oltre che dell'Economia, della
Sociologia, come base teorica. In quell'occasione, l'uomo che darà i natali
alla Sociologia Olandese, si soffermò a lungo sulla necessità di una
Sociologia universitaria come fornitrice di idee e prospettive per la Scienza
del diritto. Sebald Rudolf Steinmetz nacque a Breda nel 1862, dove il padre
lavorava come ufficiale dell’esercito olandese. Sebbene il suo nome
suggerisca il contrario, non era di origine tedesca. Da parte della madre era
un discendente di Maarten Harpertszoon Tromp, un grande ammiraglio
della marina del XVII secolo, fatto di cui egli andava molto orgoglioso.
Studiò diritto all’Università di Leiden, in un periodo in cui i contrasti
sociali erano molto acuti. In seguito racconterà l’episodio di uno studente
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che durante una rissa riuscì da solo a tener testa a tre operai tessili. Questo
per descrivere la situazione di denutrizione degli operai! Con una tesi su
“Studi Etnologici sull’evoluzione delle pene“, Steinmetz creò la sua fama
come etnologo. Il manoscritto, che in Olanda a quel tempo non riscosse
particolare interesse, fu inviato al celebre etnologo inglese Edward B.
Taylor, che ne fu molto entusiasta, e Steinmetz fu accolto tra le menti delle
scienze antropologiche europee. Nonostante fosse noto anche nella cerchia
sociologica, e oggi si parla di lui come del “padre della sociologia
olandese”, per i suoi contemporanei Steinmetz era un etnologo. Sin da
giovane fu influenzato, oltre che da Taylor, anche da Darwin e Spenser,
verso un evoluzionismo di tipo biologico. Bonger scriverà di lui: “L’albero
genealogico spirituale di Steinmetz è in Inghilterra” (Bonger, 1933: 6). Nel
1897, nella prefazione di un testo scrisse “esistono tre circostanze, il cui
effetto tutto domina. Esse sono: eredità, diversità, e selezione” (Steinmetz,
1897: 11); tuttavia Steinmetz si interessò soprattutto al processo di
selezione, preoccupato per il basso livello di riproduzione delle classi
ricche. In seguito ad uno studio su i “Figli dei talenti” (Steinmetz, 1904),
egli però dovette modificare il suo punto di vista sulla relazione tra status
sociale e numero dei figli, e sulle sue conseguenze nel processo di
selezione sociale. Le sue idee sul darwinismo sociale influenzarono anche
le sue opinioni sulle grandi questioni sociali del tempo, come il
femminismo e il socialismo. Nel 1895 fu assunto come professore privato
presso l’Università di Utrecht, nel 1900 si trasferì a Leiden. Sette anni
dopo, nel 1907, ricevette una cattedra presso l'Università pubblica di
Amsterdam, dove lavorò per 25 anni. Ma non come docente di Sociologia.
Egli si occupò di Geografia politica, Antropologia culturale e Etnologia
dell'Arcipelago dell'India Orientale. Il risultato dei suoi insegnamenti, verrà
conosciuto col nome di Sociografia. Il termine sottintende una relazione, da
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una parte, ancora, con la Geografia e l'Antropologia, dall'altra si spinge nel
campo prettamente sociologico. (Il suffisso -grafia soddisfa le richieste
dell'Università, socio- sposta l'asse verso una disciplina autonoma.) La
Sociografia di Steinmetz nasce quindi da esigenze pratiche, è fondata
sull'attività empirica di ricerca, ma non esita a servirsi dell'apporto di altre
discipline come la medicina, il diritto, l'economia, l'etnologia,
distinguendosi nettamente dai due orientamenti sopra citati, il liberalismo
sociale e il marxismo letterario. Il suo approccio rientra dunque interamente
nella corrente storico-individualista che fa capo a Tonnies e Max Weber. In
netto contrasto con la tradizione sociologica tedesca, pose l'accento sul
ruolo e l'importanza della ricerca, che, se basata su una corretta
metodologia empirica e sul lavoro sul campo, costituisce la base sia della
struttura teorica, sia della politica sociale. Steinmetz era avverso ad ogni
tipo di speculazione teorica, tanto che creò una metafora a riguardo:
“l’operazione della corda nella scienza! Due soldati e una corda in mezzo
non sono in fila, due fatti e una frase in mezzo non costituiscono una
dimostrazione induttiva” (Steinmetz, 1928). La sociografia empirica,
individualista e allo stesso tempo sintetica di Steinmetz, era qualcosa di
simile all’odierna storiografia. Caratteristico di questo stile di ricerca era il
suo forte accento su una oggettività quasi materialistica. Steinmetz diede
grande importanza all’oggettività dei dati geografici, social-economici e
demografici, ma sostenne anche quella che lui chiamava “osservazione
indiretta”, riferendosi ai fenomeni non direttamente osservabili, come “il
carattere del popolo”, le caratteristiche psicologiche o ereditarie degli
individui e la cultura, tutti fenomeni misurabili, seppur indirettamente,
attraverso altri dati più tangibili.
Questo metodo ha avuto molto successo in quanto si occupava di fatti
concreti: quantità e distribuzione di abitazioni, ospedali, strade e traffico, e
11
degli individui, esclusivamente per quanto concerne età, reddito,sesso e
numero dei figli, in sintesi delle questioni legate alla politica sociale
(Gastelaars, 1985) L’enfasi posta da lui sui fatti, ed esclusivamente sui fatti,
il suo insistere su un ragionamento esatto, induttivo lo avvicina all’attuale
approccio positivista. Ciò vale anche per la sua aspirazione ad esprimere
attraverso in numeri il risultato di questo ragionamento. Non è infatti per
caso che Steinmetz è conosciuto anche come il fondatore del futuro metodo
statistico impiegato in campo etnologico (Kobben, 1951). Steinmetz era un
uomo dotato di straordinario entusiasmo, grande erudizione, combattività e
umorismo, tanto che col suo modo di operare, diede vita ad una “Scuola”,
nel significato prorio del termine. Egli seppe diffondere così tanto
entusiasmo tra i suoi studenti che questi si convinsero di essere una
generazione di pionieri, disposti a trasmettere ciò che avevano ricevuto e
capaci di indagare ciò che avevano imparato a vedere come un nuovo e
ampio terreno di studio (Van Doorn, 1964: 42-43). La seguente citazione
tratta da "Geschiedenis der wetenschappen" (“La Storia delle Scienze”)
(1917) illustra forse nel modo migliore quale fosse la posizione di
Steinmetz: "La Sociologia non può divenire vaga speculazione, condotta in
modo arbitrario e parziale. Deve invece assolvere al suo compito in pieno, e
far conoscere struttura, crescita e sviluppo della nostra società. E con ciò
porre le fondamenta per la sua riforma e condurre gli individui alla vera
emancipazione. Naturalismo e Volontarismo sono i precursori della
Sociologia positiva e realistica, che non sottovaluta il potere delle
circostanze, nè le capacità dell'uomo, poichè accetta il suo compito con
serietà, per portare alla luce tutti i fattori, senza alcuna eccezione, che
influiscono sul processo sociale. La parzialità forse è il suo nemico più
pericoloso, anzi il suo contrario! La sociologia deve ricordare sia ai capi,
sia ai legislatori, sia alla gente comune, la moltiplicità e la varietà di fattori
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che influiscono sulla società. Non deve aver paura di far vedere i fatti meno
attraenti, deve, anzi, avere il coraggio di mostrare alla società il riflesso di
se stessa, compresi i tratti più oscuri. Essa è nata per farsi sentire a gran
voce nella coscienza dell'umanità”... La scuola sociologica di Steinmetz
influenzerà incontrastabilmente la storia del pensiero in Olanda per circa un
trentennio. Anche se la Sociografia olandese successiva tenderà a
specializzarsi nella descrizione sistematica dei luoghi, dobbiamo notare che
questo non era ciò che Steinmetz, con la sua enfasi sulla base empirica,
voleva dalla scienza sociale. Nel 1921, grazie allo zelo del suo sostenitore
Steinmetz, la Sociologia, così come anche la Geografia sociale vennero
integrate nello Statuto Accademico. Da quel momento in poi, sociologi e
sociografi ottennero la possibilità di laurearsi e proseguire gli studi di
dottorato, una scelta che a quel tempo era molto comune. Dei 51 sociologi
e sociografi che si laurearono grazie a Steinmetz, nel 1933, ben 22
ottennero il dottorato. Molti di loro diverranno famosi sociografi in Olanda,
tra questi i tre più importanti Ter Veen, Den Hollander e Van Heek. In
questa attività di accurata e sistematica ricerca dei fatti sociali risiede
l’importante valore storico della Scuola di Amsterdam, che dagli anni ‘30
in poi ha educato la generazione di sociologi degli anni ’50.
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1.3. W.A. Bonger (1876-1940): Sociologo e Socialista
Nonostante Steinmetz si fosse occupato per anni di sociologia, la prima
cattedra di Sociologia in Olanda, viene affidata nel 1922, ad un
criminologo, Willem Adriaan Bonger, autore di una orazione dal titolo
"Over de evolutie der moraliteit " (“Sull’ evoluzione della moralità”), in cui
provava a descrivere la via per il progresso morale, attraverso la presenza
di un modesto benessere e una cultura elementare di massa. Bonger
cominciò a studiare Legge nel 1895, all'Università di Amsterdam, con il
proposito di succedere al padre, come uomo d'affari. Durante il periodo
degli studi, sviluppò uno spiccato interesse per le idee socialiste, ed entrò a
far parte di un'associazione studentesca di stampo socialista, la CLIO, cui
aderirono anche altri importanti intellettuali olandesi del tempo (H.
Bolkestein, N.W. Posthumus, H.P.L.Wiessing, H.E. van Gelder)
Dopo le elezioni politiche del 1897, divenne un importante membro del
Partito Social-democratico dei Lavoratori (SDAP) e svolse un ruolo attivo
all'interno della rivista Socialistische Leesgezelschap .
Nel 1905 discusse la sua tesi di dottorato "Criminalitè et conditions
economiques"
1
, (“Criminalità e Condizioni economiche”), dopo di che, si
sposò e cominciò a lavorare presso la ditta in cui era stato impiegato il
padre, coltivando pur sempre la sua passione per le idee socialiste. In quegli
anni scrisse infatti alcuni dei suoi migliori saggi e articoli polemici,
continuò a studiare e seguire le lezioni dell'etnologo e sociografo
Steinmetz, attratto dall'enfasi che quest'ultimo metteva sulla dimensione
empirica.
1
La versione originale era in lingua francese, nel 1916 fu tradotto nella lingua inglese e privato
di alcuni importanti passaggi.
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Nel 1913 si dedicò una delle sue pubblicazioni più importanti e controverse
sul comportamento criminale, Geloof en misdaad, (“Fede e Criminalità”),
in cui attaccava alcune idee a sfondo teologico, soprattutto la teoria
secondo cui l'aumento della laicità aveva provocato un incremento della
criminalità. E continuando a lavorare a questo tema, cominciò a
familiarizzare anche con altri argomenti sociologici. Nel 1922 fu nominato
professore di Sociologia e Criminologia all'Università di Amsterdam.
Negli anni '30, sulla rivista giuridica, Rechtsgeleerd Magazijn, pubblicò
diversi articoli e pamphlets critici, contro il Nazional-socialismo tedesco e
contro i recenti tentativi di introdurre elementi della giustizia
nazionalsocialista all'interno della società olandese.
Il 14 Maggio 1940 l'esercito olandese si arrese all'invasione tedesca. Quello
stesso giorno Bonger pose fine alla sua vita.
Le eccellenti qualità di Bonger - la sua tenacia e integrità intellattuale - si
sono sempre intrecciate con le sue due grandi passioni: la Sociologia e il
Socialismo. Il suo orientamento intellettuale fu influenzato, sin da quando
era studente, dalla teoria del “socialismo scientifico”, di indirizzo marxista,
sviluppata dai teorici della Seconda Internazionale.
Negli articoli di argomento sociale, pubblicati sulla rivista studentesca
Propria Cures, si scorge la sua conoscenza e passione per i lavori di
Engels, Kautsky e altri architetti del “socialismo scientifico”.
Il suo intero lavoro dev'essere letto come sfondo di questa versione
positivista del marxismo. Bonger fu un materialista storico nelle sue
analisi, ma non un rivoluzionario nei suoi metodi. Non simpatizzava per il
bolscevismo, troppo autoritario, troppo estremista, troppo non-olandese.
Rappresentava un intellettualismo molto forte, era contro ogni forma di
dogmatismo, politicamente molto riformista, contrario soprattutto
all’influenza politica dei sindacati sul partito.
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I saggi sociologici furono di gran lunga il suo lavoro più importante, un
approccio innovativo alla sociologia del comportamento criminale, in cui
sviluppò una serie di, relativamente nuove e intriganti, teorie sociologiche.
Nella sua tesi di dottorato (Criminalitè et Conditions Economiques), che
farà molto discutere, egli sottolinea il ruolo preponderante che i fattori
economici giocano nell'eziologia della criminalità.
Seguace della Scuola Naturalista, Bonger risaliva alla spiegazione dei
comportamenti anomali (criminalità, prostituzione, alcolismo e suicidio),
attraverso dati di carattere economico e sociale. Le sue teorie, per esempio
quelle sul suicidio, sono molto vicine all'orientamento di Durkheim. Sulla
base di una ricca mole di dati statistici, Bonger cercò di dimostrare che le
presunte correlazioni tra reati e fattori come razza, fede religiosa,
l'inclinazione all'ideologia socialista fossero false, e che l'unica vera
relazione è quella tra condizioni economiche e comportamento criminale,
giungendo alla profetica conclusione che, nella società socialista del
futuro, il crimine non sarebbe praticamente più esistito. Per questa e altre
affermazioni, fu accusato, non solo dai critici posteriori, ma anche dai suoi
contemporanei di essere troppo ideologico. A queste critiche sfuggiva che
la più importante opera di Bonger era tutt'altro che un lavoro dottrinario.
Quando fu costretto a interpretare dati empirici, Bonger si rivelò un
perspicace e attento sociologo e seppe applicare i metodi statistici in modo
molto creativo. Alcune sue teorie erano troppo innovative per quei tempi, e
solo in parte furono comprese dai suoi contemporanei. Una di esse fu, per
esempio, la scoperta, 24 anni prima di Sutherland, di quella che sarà
conosciuta come la "teoria della criminalità dei colletti bianchi". (Van
Heerikhuizen, 1987)
Inoltre aveva, già allora, proposto di trattare i fenomeni sociali, come il
crimine e il comportamento deviante, in un’ottica strettamente sociologica,
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