dispositivo compatto e semplice da usare, caratterizzato in tutti i suoi parametri
dosimetrici, realizzato nell’ambito del progetto stesso.
Tale sistema di esposizione è stato utilizzato anche in questo lavoro di tesi, al fine
di investigare sui possibili effetti citogenetici indotti da MW, utilizzando il test
delle aberrazioni cromosomiche.
Nello specifico, sono stati valutati sia gli effetti diretti di tale campo, sia gli effetti
sinergici indotti su campioni di linfociti umani. Per le particolari caratteristiche
biologiche che presentano, i linfociti di sangue periferico umano sono infatti
considerati buoni campioni da sottoporre ad esposizioni di diversa natura.
Nel nostro caso, i campioni di linfociti, opportunamente preparati, sono stati esposti
a differenti valori di SAR medio (0.5 e 2 W/kg) e alcuni di essi ad una dose di raggi
X pari a 4 Gy. Parte dei campioni preparati è servita come controllo per i campioni
esposti.
Nel primo e secondo capitolo si propone una discussione dei parametri dosimetrici
e delle caratteristiche dielettriche dei sistemi biologici e una panoramica, tenuto
conto della vastità dell’argomento trattato, dei meccanismi di interazione e di
accoppiamento del campo con il corpo esposto e dei possibili tipi di effetti indotti
da esposizioni a campi di diversa frequenza (effetti termici e non termici). Si
esporrà, ancora, una rassegna dei diversi studi finora condotti al fine di evidenziare
modelli interpretativi di tali effetti.
Lo stato dell’arte proposto nel capitolo 2 evidenzia come, in special modo per i
campi a MW e RF, non vi siano ancora risultati conclusivi e concordi circa i
possibili effetti biologici e danni alla salute imputabili a tali campi.
Il capitolo 3 presenta le aberrazioni cromosomiche, sottolineandone l’importanza in
termini di biomarcatori del danno riportato a livello del DNA; è presentata, inoltre,
una discussione sui meccanismi di riparazione di tale danno e l’impiego della
tecnica FISH per la relativa analisi.
Nel capitolo 4, infine, si descrive l’intera fase sperimentale, le caratteristiche
dosimetriche dell’apparato utilizzato e i risultati ottenuti.
2
Capitolo 1
I campi elettromagnetici
1.1 Emissioni e frequenze dei CEM
Ogni corpo, a temperatura diversa dallo zero assoluto (-273°C), contribuisce a
creare campi elettromagnetici (CEM) nell’ambiente, influendo sulla formazione di
un fondo elettromagnetico naturale. A questo naturale livello di fondo si sono
aggiunti, al passo con l’evoluzione tecnologica, i campi elettromagnetici generati
dalle sorgenti legate alle attività dell’uomo, portando ad un costante aumento
dell’esposizione a campi elettromagnetici di origine artificiale.
Tra le più note sorgenti di origine naturale di campi elettromagnetici ritroviamo le
stelle, la terra, la ionosfera terrestre (che emette le cosiddette onde di Schumann di
7.8 Hz, legate ai fenomeni atmosferici) e lo stesso corpo umano.
Di più vasta natura e gamma sono, sicuramente, i campi elettromagnetici di origine
artificiale, che per semplicità possono essere suddivisi in due categorie: i campi a
frequenze fino a 10
4
Hz (campi elettrici statici, magnetici statici e a bassa
frequenza), le cui sorgenti più comuni comprendono gli elettrodotti, gli
elettrodomestici ed i computer, e i campi elettromagnetici ad alta frequenza (da
unità di MHz a decine di GHz), le cui sorgenti principali sono i radar, gli impianti
di telecomunicazione e di diffusione radiotelevisiva, i telefoni mobili e le loro
stazioni radio base, i riscaldatori ad induzione ed i sistemi antitaccheggio.
Fig. 1.1: Spettro elettromagnetico
Capitolo 1
I campi a radiofrequenza appartengono ad una precisa regione dello spettro
elettromagnetico compresa tra 3 kHz e 300 GHz e rappresentano una particolare
classe di radiazioni non ionizzanti. La loro presenza non è percepita dall’uomo, sia
perché il nostro corpo non è provvisto di recettori o organi di senso specifici per le
Radiofrequenze (RF) e le Microonde (MO), sia perché, solitamente, l’intensità di
queste radiazioni nell’ambiente è inferiore ai valori corrispondenti alla soglia di
stimolazione delle strutture elettricamente eccitabili del corpo umano (decine di
eV) o a quelle corrispondenti alla soglia di percezione del calore indotto dalla
radiazione.
Tab. 1.1.: Nomenclatura in uso per le onde a radiofrequenza
Sigla Denominazione Frequenza f
Lunghezza
d'onda λ
ELF
frequenze estremamente
basse (extremely low
frequency)
< 3 kHz > 100 km
VLF
frequenze bassissime
(very low frequency)
3 ÷ 30 kHz 100 ÷ 10 km
LF
frequenze basse o onde
lunghe (low frequency)
30 ÷ 300 kHz 10 ÷ 1 km
MF
frequenze basse o onde
medie (medium frequency)
300 kHz ÷ 3 MHz 1 km ÷ 100 m
HF
alte frequenze o onde corte
(high frequency)
3 ÷ 30 MHz 100 ÷ 10 m
VHF
frequenze altissime o onde
metriche (very high
frequency)
30 ÷ 300 MHz 10 m ÷ 1 m
UHF
onde decimetriche
(ultra high frequency)
300 MHz ÷ 3 GHz 1 m ÷ 10 cm
O
N
D
E
R
A
D
I
O
M
I
C
R
O
O
N
D
E
onde centimetriche (super
high frequency)
3 GHz ÷ 30 GHz 10 ÷ 1 cm SHF
onde millimetriche
(extremely high frequency)
30 ÷ 300 GHz 1 cm ÷ 1 mm EHF
La Tab. 1.1 riporta la nomenclatura in uso per le onde a radiofrequenza, suddivise
in onde radio e microonde.
4
I campi elettromagnetici
Oltre alla nomenclatura riportata in tabella, esistono altri termini di uso comune.
Ad esempio, l’insieme delle VHF e parte delle UHF (solitamente fino ad 1 GHz) è
indicato comunemente con il nome onde ultracorte. Le frequenze di interesse per
gli argomenti trattati in questa tesi sono quelle relative alle microonde. In
particolare, la frequenza di lavoro scelta (1.95 GHz) è un valore tipicamente in uso
nei sistemi di telefonia mobile di terza generazione.
1.2 Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti
Le modalità di interazione dei campi elettromagnetici con la materia dipendono
dalla quantità di energia associata alla radiazione. In generale, è possibile
classificare le radiazione, secondo tale energia, in radiazioni ionizzanti (IR Ionizing
Radiation) e non ionizzanti (NIR Non Ionizing Radiation).
Alla prima categoria appartengono quelle radiazioni che si collocano nella parte
superiore dello spettro e che possiedono un’energia sufficientemente elevata da
ionizzare atomi e molecole. Se l’energia E
i
associata al singolo quanto della
radiazione è maggiore di quella necessaria a tenere legati gli elettroni negli orbitali
atomici si ha ionizzazione. In particolare, l’energia necessaria per estrarre un
elettrone dalla orbita più esterna dell’atomo, deve essere uguale o maggiore a 12
eV (per l’acqua l’energia di prima ionizzazione è di 12.6 eV).
Tenendo conto della complessità delle biomolecole, l’energia necessaria a produrre
una ionizzazione in una biomolecola è pari a 34 eV (tenendo conto anche delle
eccitazioni associate). La radiazione ionizzante è particolarmente pericolosa perché
in grado, ad esempio, di indurre mutazioni a livello cromosomico e causare cancro.
La grandezza fisica che quantifica l'energia assorbita dalla materia è la dose D,
definita come il rapporto tra il valore medio dell'energia assorbita e la massa del
volume di materia considerato:
assdE
D
dm
=
(1.1)
L'unità di misura per la dose è il gray (Gy), che equivale ad 1 J/kg. Alcuni effetti
biologici dipendono, oltre che dalla dose di radiazione, anche dalla durata
dell'esposizione. In tal caso si fa riferimento ad un altro parametro fisico, rateo di
dose, definito come il rapporto tra la dose assorbita ed il tempo di irraggiamento:
5
Capitolo 1
dD
Rateo di dose
dt
=
(1.2)
e misurato generalmente in Gy/min.
Le radiazioni caratterizzate da energie troppo deboli da indurre ionizzazione negli
atomi che le assorbono sono dette non ionizzanti (convenzionalmente si fissa a
300.000 GHz la soglia al di sotto della quale le onde elettromagnetiche si
considerano non ionizzanti). Le NIR si suddividono, a loro volta, in una sezione
ottica (comprensiva delle radiazioni ultraviolette, della luce visibile e delle
radiazioni infrarosse) e in una non ottica (che comprende le radiofrequenze e i
campi elettrici e magnetici a bassa frequenza). In questa seconda sezione possono
essere compresi anche i campi elettrici e magnetici statici, che per quanto non siano
proprio “radiazioni”, possono, comunque, essere inclusi, per scopi operativi, tra le
radiazioni non ionizzanti dello spettro elettromagnetico. La seguente tabella
esplicita ulteriormente il legame tra campi, relative frequenze ed energia associata.
Tab. 1.2: Energia e frequenza associate a diverse radiazioni
Frequenza
(Hz)
Lunghezza
d'onda (m)
Energia di un quanto
di radiazione (eV)
Tipo di radiazione
UHF 7 ×10
8
0.43 2.88 × 10
-6
9 × 10
8
0.33 3.72 × 10
-6
TACS, GSM
Microonde, UMTS,
radar
10
10
3 × 10
-2
4.12 × 10
-5
3 ×10
11
1 ×10
-3
1.24 × 10
-3
Onde millimetriche
6 ×10
14
5 × 10
-7
2.47 Luce visibile
10
16
3 × 10
-8
41.2 UV ionizzante
Raggi-X 10
18
3 × 10
-10
4120
10
20
3 × 10
-12
4.12 × 10
6
Raggi-X penetranti
Con riferimento alla Tab. 1.2 osserviamo che l’energia associata al quanto delle
onde UHF, delle microonde e delle onde millimetriche è bassa, decisamente
inferiore ai 34 eV necessari per la ionizzazione delle biomolecole. Aumentando
ulteriormente le frequenze, l’energia associata al quanto cresce di conseguenza.
6
I campi elettromagnetici
1.3 Interazione bioelettromagnetica
L’interazione tra un campo elettromagnetico e un sistema biologico può essere
schematizzato nel modo illustrato in Fig. 1.2. La sorgente e il canale trasmissivo
rappresentano, rispettivamente, l'apparato di emissione elettromagnetica e
l'ambiente (terreno, pareti, aria ecc.), mentre il ricevitore rappresenta la struttura
irradiata (animale, uomo e sue parti o altri campioni biologici).
Fig.1.2: Schematizzazione dell’interazione tra campo elettromagnetico e sistema biologico
Lo studio degli effetti prodotti dai campi elettromagnetici sui materiali biologici
può essere affrontato caratterizzando il campo incidente e valutando, attraverso
misure dosimetriche, la quantità di campo che penetra nel corpo, essendo note le
proprietà dielettriche dei sistemi biologici.
1.3.1 Caratterizzazione del campo incidente
La caratterizzazione del campo può essere affrontata riferendosi ai seguenti punti:
¾ campo lontano;
¾ campo vicino;
¾ polarizzazione del campo;
¾ presenza di ostacoli o ambiente di esposizione.
Per realizzare un’appropriata caratterizzazione elettromagnetica della sorgente e
individuarne i principali parametri di emissione è opportuno riferire la distanza
dalla sorgente alla lunghezza d’onda associata al campo.
Per i campi elettromagnetici ad alta frequenza (oltre le centinaia di kHz), la
caratterizzazione viene, infatti, generalmente condotta nella regione di campo
lontano (Fig. 1.3), dove la distanza dalla sorgente è superiore a 2D
2
/λ (con D
massima dimensione della sorgente e λ lunghezza d’onda nell’aria). In questa
regione non vi è dipendenza né accoppiamento tra la sorgente e l’oggetto esposto.
7
Capitolo 1
Il campo lontano è descritto da un’onda piana che incide sulla superficie di
separazione tra due semipiani riempiti da materiali diversi (ad esempio, aria e
tessuto biologico con relative caratteristiche dielettriche).
Fig. 1.3: Caratterizzazione del campo in relazione alla distanza dalla sorgente
Dell’onda elettromagnetica che incide sull'interfaccia fra i due mezzi materiali una
parte viene riflessa e l'altra è trasmessa al mezzo successivo (Fig. 1.4) [Arthur R.,
1952]; se poi quest'ultimo è un materiale con perdite, l'onda, mentre si propaga,
cede una parte della sua energia al mezzo materiale e il modulo della densità di
potenza si attenua esponenzialmente secondo la legge:
2
0()
z
Sz Se
δ
⎛⎞
−
⎜⎟
⎝⎠
=
(1.3)
in cui So rappresenta la densità di potenza iniziale (cioè, alla coordinata z = 0)
dell'onda che penetra nel mezzo materiale e δ è detta profondità di penetrazione e
indica la distanza alla quale il campo elettrico si è ridotto al 37% e la densità di
potenza almeno del 14% rispetto ai valori all'interfaccia.
Fig. 1.4: Propagazione di un'onda elettromagnetica in un mezzo con perdite
8
I campi elettromagnetici
La profondità di penetrazione è data in termini di σ (conducibilità elettrica), ε
′
(costante dielelettrica) e ω (pulsazione legata alla frequenza di lavoro f dalla
relazione ω = 2πf) ed è espressa dalla relazione seguente:
2
0
11
2 r
c
δ
εσ
ω
ωε ε
=
⎛⎞
′
⎛⎞
⎜⎟
+ −
⎜⎟
⎝⎠
(1.4)
Nel caso dei buoni conduttori, per i quali σ >> ωε
o
ε
r
, questa formula si semplifica
notevolmente e si può scrivere:
0
1
f
δ
π μσ
≈
(1.5)
In questa approssimazione, δ è molto piccola ed è detta “spessore di pelle” (effetto
pelle). I materiali biologici, però, non permettono questa semplificazione (infatti σ
è dello stesso ordine di grandezza di ωε
0
ε
r
) e risultano più assimilabili a dielettrici
con elevate perdite piuttosto che a buoni conduttori [Cole K.S., Cole R.H., 1987;
Schwan H.P, 1957].
Dalla relazione 1.5 si deduce che la profondità di penetrazione è inversamente
proporzionale alla frequenza: più alta è la frequenza meno profondamente la
radiazione penetra nel corpo, depositando tutta l’energia negli strati superficiali.
In Fig 1.5 è riportato l'andamento di δ per frequenze comprese tra 100 MHz e 10
GHz per sangue, muscolo e tessuto adiposo [Foster K.R., Schwan H.P, 1989].
Fig. 1.5: Profondità di penetrazione per tre tipi di tessuti biologici
9
Capitolo 1
Escludendo le altissime frequenze (f > 10 GHz), per le quali la penetrazione è
scarsissima (δ < 1 cm), nelle situazioni reali l’onda, penetrando nel mezzo
materiale, ad esempio il corpo umano, arriva alla superficie di separazione fra
tessuti di natura diversa e viene riflessa con maggiore o minore intensità. Si
manifestano, così, variazioni di intensità ad ogni superficie di separazione ed
eventuali fenomeni di interferenza accompagnati da assorbimenti concentrati in
prossimità di alcune superfici di separazione (formazione di hot spot o punti caldi).
Situazioni molto più complesse si possono verificare quando l’approssimazione di
onda piana o, comunque, di campo lontano non è applicabile.
Questo si verifica, ad esempio, per la caratterizzazione dei campi elettromagnetici a
bassa frequenza (in genere fino a non più di 50-100 kHz). Essi, infatti, hanno
interesse solo a distanze che corrispondono alla cosiddetta regione di campo vicino
(Fig. 1.3), cioè a distanze dalle sorgenti inferiori a 2D
2
/λ
.
Nell'esposizione in campo vicino, l'assorbimento di energia può risultare ancora più
disomogeneo di quanto precedentemente illustrato in rapporto alla potenza
irradiata, alla frequenza dei campi, alla struttura spaziale dei campi irradiati ed alla
configurazione antenna radiante - sistema assorbente.
In questo caso, una semplificazione comunemente impiegata è la cosiddetta
approssimazione quasistatica, che consiste nello sfruttare le piccole dimensioni
dell'oggetto esposto rispetto alla lunghezza d'onda. I problemi di accoppiamento al
campo elettrico ed al campo magnetico possono essere impostati e risolti
indipendentemente.
Fig. 1.6: Fattori che possono influenzare il legame tra emissione, esposizione e dose
10
I campi elettromagnetici
Il limite superiore di frequenza per l'applicabilità di questo approccio discende
dalla necessità che siano soddisfatte le due seguenti condizioni: (1) i tessuti devono
poter essere considerati buoni conduttori e (2) le dimensioni e le distanze coinvolte
devono essere piccole rispetto alla lunghezza d'onda interna o - equivalentemente -
rispetto alla profondità di penetrazione del campo elettromagnetico nei tessuti.
Per caratterizzare completamente il campo è necessario stabilire, inoltre, la
polarizzazione dell'onda incidente, cioè come varia il vettore campo elettrico e
campo magnetico nel tempo per un fissato punto dello spazio e l’eventuale
presenza di ostacoli (ambiente di esposizione) i cui effetti di riflessioni e
diffrazione possono influenzare il legame tra emissione, esposizione e dose di
radiazione assorbita (Fig. 1.6).
1.4 Propagazione e assorbimento dei campi elettromagnetici nei
tessuti: proprietà dielettriche
Il meccanismo di accoppiamento costituisce la prima fase dell'interazione del
campo elettromagnetico con un sistema biologico, a seguito della quale correnti e
cariche vengono indotte nei tessuti dell'oggetto esposto.
I parametri che influenzano tale meccanismo sono principalmente le caratteristiche
dielettriche dei tessuti e la frequenza del campo [Chiabrera A. et al, 1990; Pething
R., 1984].
Da un punto di vista elettrico, i tessuti biologici si comportano, a seconda della
frequenza e del tipo di tessuto, come dielettrici con più o meno perdite o come
conduttori più o meno buoni; il loro comportamento è descritto da due grandezze
fondamentali: la conducibilità elettrica σ e la costante dielettrica assoluta ε.
I tessuti biologici non possiedono [Stuchly M.A., Stuchly S.S., 1990], invece,
proprietà ferromagnetiche (sono pressoché "trasparenti" al campo magnetico),
essendo la loro permeabilità magnetica praticamente uguale a quella dell’aria (μ
0
=
4π·10
-7
H/m).
Le caratteristiche dielettriche di tutti i tessuti sono sintetizzate nel valore della
costante dielettrica relativa complessa ε
c
, valutata alla frequenza di lavoro.
Tale costante può essere ricavata dall’equazione di Debye che, nel dominio delle
frequenze, è separabile in parte reale e parte immaginaria:
11
Capitolo 1
con
(1.6)
(1.7)
(1.8)
e
(1.9)
dove J è la densità di corrente di cariche libere e D la densità di flusso elettrico.
La parte reale ε′, detta costante dielettrica, misura la polarizzabilità del mezzo,
mentre la parte immaginaria ε″ è detta fattore di perdita ed è legata alla perdita di
energia del campo nel mezzo per effetto delle correnti di conduzione e della
polarizzazione.
Un materiale si comporta tanto più da buon conduttore quanto più alta è la sua
tangente di perdita, definita da:
tan
ε σ
α
ε ωε
′′
==
′ ′
(1.10)
L’assorbimento dell’energia associata al campo dipende, quindi, strettamente dalla
frequenza di lavoro del campo stesso. Nel corpo umano, ad esempio, è possibile
distinguere varie modalità di assorbimento rispetto a quattro intervalli di frequenze:
¾ Subrisonanza: ω < 30 MHz. Si ha un assorbimento superficiale lungo il
tronco che aumenta all’aumentare della frequenza con una dipendenza di
tipo quadratico.
¾ Risonanza: ω ≈ 30 MHz - 300 MHZ. Sono possibili assorbimenti per corpo
intero e per parti di esso; nella zona di risonanza si ha il massimo
assorbimento.
¾ Zona dei punti caldi: ω ≈ 400 MHz – 2 GHz. Si ha un assorbimento
localizzato per densità di 100 W/m
2
; l'assorbimento diminuisce
all’aumentare della frequenza con una dipendenza del tipo 1/f
2
. Anche le
dimensioni dei punti caldi, il cui ordine di grandezza è quello dei centimetri,
diminuiscono all’aumentare della frequenza.
¾ Zona di assorbimento superficiale: ω > 2 GHz. Si ha assorbimento con
incrementi di temperatura solo superficiali.
12
I campi elettromagnetici
Per la valutazione quantitativa della potenza assorbita da un materiale ci si avvale
di un semplice modello equivalente (Fig. 1.7), costituito da un condensatore ad
armature piane e parallele, sede di un campo elettrico e riempito da un dielettrico.
Fig. 1.7: Modello equivalente di un materiale
Nell’ipotesi di sollecitazioni sinusoidali, l’ammettenza del condensatore può essere
scritta nel modo seguente:
cc
S
YjCj
d
ω ωε==
(1.11)
dove con S e d si sono indicate, rispettivamente, la superficie e la distanza tra le
armature del condensatore.
Sostituendo la 1.6 nella precedente relazione si ottiene:
c
SS
Yj
dd
ωε ωε′ ′′=+
(1.12)
nella quale è evidente che l’ammettenza è costituita da una parte reale di tipo
resistivo e da una parte immaginaria di tipo capacitivo.
La Fig. 1.8 mostra il circuito RC equivalente del dielettrico con perdite, dove la
capacità C e la resistenza R sono quindi:
S
C
d
ε
′
=
(1.13)
1
R
Sdωε
=
′′
(1.14)
13
Capitolo 1
Fig. 1.8: Circuito equivalente di un dielettrico con perdite
La potenza dissipata, a seguito della non idealità del dielettrico, imputabile alla sola
parte reale, risulta essere:
2
2
2
VS
PV E
Rd
ωε ωε′′
(1.15)
V= ==⋅
dove E rappresenta il campo elettrico presente tra le armature del condensatore,
nella regione del dielettrico.
La misura della distribuzione di potenza depositata in un sistema biologico,
presenta, comunque, grosse difficoltà. I metodi analitici, infatti, non sono in grado
di analizzare appieno il problema dell’interazione tra campo elettromagnetico e
sistema biologico, come, ad esempio l’assorbimento in corrispondenza dei diversi
arti ed organi che costituiscono il corpo umano.
1.5 Dosimetria dei campi elettromagnetici
La quantificazione dell’interazione tra campo elettromagnetico e corpo biologico
ad esso esposto prende il nome di dosimetria [Silvestri A., 1999; Vecchia P., 1999;
Petraglia G., 2003].
Per campi non ionizzanti, la dosimetria fornisce anche indicazioni sulla
distribuzione della potenza assorbita nell’organismo esposto.
Nella gamma di frequenze di interesse di questa tesi, così come per tutte le
frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, gli effetti biologici prodotti
dall’esposizione al campo elettromagnetico possono essere valutati a partire dalla
potenza assorbita P oppure, in modo del tutto equivalente, dalla densità di corrente
J= (2σPP
2
)
1/2
o dal campo interno E= (2P/σ)
1/2
.
14