Introduzione
3
mio “oltraggio”, segnò lo spostamento dell’asse persecutorio! Divenni io l’unico ca-
pro espiatorio.
Da quel momento in poi la mia vita lavorativa è diventata un inferno e que-
sto ha determinato gravi ripercussioni sulla mia intera esistenza. Mi fu contestato un
ammanco di 70 euro relativo all’anno precedente e mi fu negata la possibilità di
prendere visione della documentazione relativa. Fui costretta a rimborsare 20 euro
falsi trovati nel mio bussolotto. Ricevevo continui insulti, offese ed ogni mia richiesta
non veniva nemmeno presa in considerazione.
Schiacciata ed oppressa dalle angherie, dalle vessazioni e dai soprusi ebbi
una crisi di panico durante l’orario lavorativo. Mi assentai per un periodo di malattia
e, al mio rientro, ebbi l’amara sorpresa. Il mio incarico era stato modificato! Ero stata
trasferita in magazzino, con turni che iniziavano alle sei del mattino, a svolgere
mansioni dequalificanti, dure e spesso impossibili. Mi fu vietato di accedere
all’interno del supermercato. I controlli al mio operato ed alla mia condotta divenne-
ro sempre più rigidi ed opprimenti. Mi furono negate delle giornate di ferie preceden-
temente concordate, mi furono detratte dallo stipendio quattro ore di lavoro per rim-
borsare danni a cose di cui, ancor oggi, ignoro la natura.
Sono in cura con psicofarmaci, sono una sconosciuta per me stessa e per i
miei familiari! Vorrei tanto lasciare tutto questo, ma…c’è il mutuo, i ragazzi crescono
ed hanno esigenze sempre maggiori ed uno stipendio non basta! E…poi …c’è la
speranza! Quella nessuno è ancora riuscito a strapparmela del tutto…la speranza
che la realtà delle cose possa cambiare, che qualcosa di bello possa arrivare anche
per me, che dopo tanto buio possa esserci finalmente un po’ di luce….”.
o o O o o
“…sono troppo codardo, troppo debole da non riuscire nemmeno a porre
fine a tutta questa sofferenza che rende impossibile la mia stessa esistenza…”.
Giorgio vuole farla finita, ma il coraggio viene meno, e si convince ancora di più di
essere un fallito! Tutto è cambiato nella sua vita! Tutto è precipitato nell’arco di po-
chi mesi e l’impossibilità di darsi una spiegazione plausibile, rende il suo dolore e la
sua disperazione ancora più insopportabili! Si ritrova disoccupato, abbandonato
dall’amata compagna, psicologicamente distrutto.
Ripercorrendo con la mente i giorni, le ore, gli attimi, l’impressione è quella
di un’immagine sfuocata, confusa, dai contorni indefiniti.
Introduzione
4
Dov’è Giorgio? Dov’è l’uomo sicuro, vincente verso la vita, abile nel lavoro?
Tutto inizia con l’assunzione in una nuova fabbrica con l’incarico di operaio specia-
lizzato. Giorgio è molto bravo nel suo lavoro e proprio questa sua capacità, rapidità
ed efficienza provocano il risentimento dei suoi colleghi. Questa gelosia non si pale-
sa immediatamente, ma Giorgio sente crescere giorno dopo giorno la tensione nei
suoi confronti. Il conflitto scoppia dirompente il giorno in cui il capo-reparto, critican-
do apertamente l’operato dei colleghi, esalta pubblicamente le prestazioni di Gior-
gio, invitando tutti a prenderne esempio. A partire da questo episodio iniziano a dif-
fondersi pettegolezzi e commenti sul giovane operaio, sempre più pesanti, maligni
ed infondati.
Le ostilità diventano di giorno in giorno più aspre fino a sfociare in una si-
tuazione di totale isolamento per l’uomo! Giorgio è sempre più escluso, i colleghi lo
evitano, non gli parlano, non lo salutano nemmeno più e lo lasciano occupare un ta-
volo da solo durante la pausa pranzo in mensa.
Inevitabilmente tutta questa situazione si ripercuote sulla sua vita privata. Il
lavoro non lo gratifica più come un tempo anzi, lo deprime, per cui torna spesso a
casa di cattivo umore, innervosito e scontento di sé. Inoltre, l’isolamento ed il silen-
zio cui è costretto durante le ore lavorative, fa sì che una volta rientrato a casa,
Giorgio riversi sulla moglie tutta la sua disperazione, parlando per ore ed ore sem-
pre delle stesse cose. La moglie inizialmente tenta di consolarlo e di sopportare
questi repentini cambi d’umore ma, con il passare del tempo, anche la sua tolleran-
za subisce un contraccolpo. Lei stessa si convince che il marito sia cambiato e che
il suo egoismo lo porti a vedere solo i suoi problemi. L’allontanamento della moglie
acuisce la crisi dell’uomo, non ci sono più solo gli scompensi causati dalle pratiche
vessatorie che avvengono sul luogo di lavoro, adesso c’è anche il senso di colpa in-
sopportabile per la crisi del suo rapporto sentimentale.
Le notti diventano eterne, insonni, tormentate! Giorgio decide di porre rimedio
alla situazione tentando di ricucire i rapporti con i colleghi, ma i suoi rendimenti lavo-
rativi restano estremamente alti e questo contribuisce ad isolarlo sempre di più. La
situazione precipita perché i compagni di lavoro, non riuscendo in alcun modo a
screditare l’immagine ineccepibile di Giorgio lavoratore, iniziano a mettere in atto
una serie di strategie più insidiose: sabotaggi, manomissioni, danneggiamenti deli-
berati.
Introduzione
5
A seguito di questi comportamenti scorretti Giorgio riceve dapprima delle ammoni-
zioni fino ad un epilogo assai più drammatico: il licenziamento. I colleghi di Giorgio
hanno raggiunto il loro obiettivo!
Forse non ricordano nemmeno più il motivo che ha innescato tutto ciò, ma oramai
questo è poco importante.
Giorgio è un uomo psicologicamente distrutto, disoccupato, abbandonato dagli affet-
ti più cari. Il loro comportamento è stato per lui fatale.
Solo due protagonisti di altrettante vicende drammatiche con cui il mondo del
lavoro si trova a confrontarsi sempre più frequentemente.
Ma com’è definibile tutto ciò? A quale tipo di tutela possono appellarsi i protagonisti
di queste vicende drammatiche per poter riscattare le loro esistenze segnate da tali
forme vessatorie? Ma sono i lavoratori le uniche vittime? E’ possibile racchiudere
questi eventi all’interno delle categorie del mobbing? E cos’è in realtà il mobbing?
Quali sono gli aspetti identificativi di un termine oggi usato, anzi, troppo spesso a-
busato?
Attraverso un percorso di analisi degli aspetti storici, sociali, giuridici e psico-
logici, il tentativo di questo lavoro sarà di dare una risposta a questi interrogativi, fa-
vorendo la presa di coscienza di una problematica che può ripercuotersi gravemen-
te non solo sul lavoratore, ma anche sull’azienda e sull’intera società.
Il mobbing è un concetto complesso e di difficile definizione che, a fronte di
una recente diffusione assai rapida e di una dirompente evoluzione, mancando an-
cora di una sua specifica disciplina legislativa, si caratterizza per i numerosi proble-
mi semantici, lessicali e concettuali ad esso connessi.
L’illusione e la convinzione di conoscerne e padroneggiarne il reale significa-
to, le peculiarità e le implicazioni pratiche, determina un uso pressoché quotidiano
del termine per individuare ed identificare eventi molto diversi. Questo uso incontrol-
lato della parola, rischia di alimentare la confusione su una questione talmente deli-
cata, da essere potenzialmente in grado di causare danni rilevanti, talvolta perma-
nenti ed irreversibili, all'integrità psicofisica delle vittime e delle loro famiglie oltre che
al patrimonio aziendale ed alla società.
Tutto ciò potrebbe rivelarsi estremamente pericoloso perché in ambito lavo-
rativo esistono una molteplicità di disturbi psico-somatici, non riconducibili alla cate-
Introduzione
6
goria del mobbing che, parimenti, possono causare una situazione di forte stress,
frustrazione e sofferenza per il lavoratore.
Il mobbing non va, in tal senso, confuso con una serie di regole non scritte, di
comportamenti e di consuetudini, (prevaricazioni, abusi, umiliazioni, sacrifici) che si
realizzano all’interno delle aziende e che trovano una loro giustificazione nella strut-
tura gerarchica e nel “verticismo carrieristico”
1
.
Non cercare di superare questo livello di confusione, negare l’esistenza di
questo disagio o dell’esigenza di una sua miglior definizione, equivarrebbe a consi-
derare l’ambito lavorativo odierno, e la nostra stessa società, unicamente orientate
ad una politica di sopraffazioni ed ingiustizie, incapaci di percepire l’importanza della
collaborazione e dei rapporti interpersonali.
Anche i mass-media si occupano con sempre maggior frequenza di mobbing
e nel corso degli anni non hanno esitato ad utilizzare definizioni altisonanti con
l’unico scopo di catturare l’interesse dell’opinione pubblica.
Sicuramente ci troviamo di fronte ad un termine che ha un forte impatto me-
diatico e la testimonianza più evidente di ciò, risiede nel grande interesse che cine-
ma e letteratura riservano al fenomeno.
Il film di Francesca Comencini “Mi piace lavorare”
2
, ad esempio, è un docu-
mento di denuncia contro una piaga ed un sopruso, a giudizio della regista, sempre
più diffuso ma troppo spesso taciuto dalle stesse vittime. Estremamente coinvolgen-
te e realistico, il film è un ritratto angosciante ed amaro, che analizza in chiave criti-
ca il mondo lavorativo odierno caratterizzato da ritmi incalzanti, flessibilità, estrema
variabilità e spersonalizzazione dei rapporti sociali.
Anna, la protagonista, è una donna sola, una mamma premurosa,
un’instancabile lavoratrice, un’attenta segretaria capo-contabile, leale e sincera con
i compagni di lavoro che, a seguito di una ristrutturazione aziendale, viene rimossa
dal suo ruolo e sempre più emarginata, isolata dagli stessi colleghi e costretta dai
suoi superiori a svolgere incarichi inutili, dequalificanti o addirittura impossibili.
Ciò che più colpisce nel corso del film, è il grande realismo, abilmente ottenu-
to grazie ad un uso “documentaristico“ delle telecamere e dall’assoluta credibilità
dei co-protagonisti, che non sono attori professionisti, ma individui comuni chiamati
ad una prova d’improvvisazione perfettamente riuscita. Tutto ciò porta lo spettatore
1
Da “http://www.vertici.it” intervento di F.Murdaca sul Mobbing.
2
“Mi piace lavorare”- ANNO: Italia 2003, GENERE: Drammatico, REGIA: Francesca Comencini, CAST: Nicoletta Braschi,
Camille Dugay Comencini.
Introduzione
7
a vivere quasi in prima persona il percorso interiore di disperazione, frustrazione e
senso di inutilità che condurrà la vittima a maturare la decisione del suo licenzia-
mento e della causa contro la società.
Un’altra testimonianza dell’interesse cinematografico e letterario per il tema
del mobbing è rinvenibile analizzando il film di Eugenio Cappuccio “Volevo solo
dormirle addosso”
3
tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Lolli.
Si tratta di una “fotografia” inusuale del fenomeno, che viene affrontato da
una prospettiva differente, intesa a dimostrare come anche un “tagliatore di teste”
possa divenire a sua volta una vittima del sistema. Il film racconta la tormentata vi-
cenda interiore di un manager brillante e benvoluto, Marco Pressi, cui viene asse-
gnato il compito “ingrato” di sfoltire in breve tempo una grossa percentuale di lavora-
tori, pena il suo stesso licenziamento. La decisione di accettare questo incarico in-
nescherà una vera e propria lotta contro il tempo e contro chi non vuole lasciare il
proprio posto di lavoro. Il protagonista sarà obbligato ad un doloroso e crudele con-
fronto quotidiano, difficilmente gestibile, con i drammi personali ed i vissuti emotivi di
ciascun lavoratore, che sfocerà in un epilogo dai risvolti professionali ed emotivi tra-
gici per lui stesso.
Il cinema, d’altra parte, si era già occupato di queste problematiche negli anni
’80. Si pensi alla figura del “ragionier Fantozzi”, vittima di un capo tirannico e spieta-
to, costretto ad accettare passivamente qualsiasi tipo di violenza psicologica e fisi-
ca.
Si tratta sicuramente del più famoso caso di mobbizzato d’Italia che, tuttavia, non ha
mai raggiunto la consapevolezza della sua situazione. Il suo diritto a reagire a tali
soprusi è stato, infatti, soffocato dall’epoca in cui avevano luogo le sue vicende ed
in cui la trasposizione cinematografica del suo dramma divertiva gli spettatori. Nes-
suno allora parlava di mobbing, nulla si conosceva di questo fenomeno e delle gravi
conseguenze che queste pratiche vessatorie avrebbero potuto avere sulla salute
dei lavoratori e delle loro famiglie.
Si ignoravano gli effetti, altrettanto drammatici, delle stesse azioni messe in
atto dai lavoratori ai danni delle loro aziende che, per la legge del contrappasso, si
trasformavano da carnefici a vittime.
3
“Volevo solo dormirle addosso”- ANNO: Italia 2004, GENERE: Commedia, REGIA: Eugenio Cappuccio, CAST: Giorgio
Pasotti, Cristiana Capotondi, Eleonora Mazzoni, Carlo Freccero.
Introduzione
8
Proprio in virtù di quanto si è fin qui detto, lo sforzo comune deve essere
quello di produrre una diffusa consapevolezza ed una presa di coscienza di questo
“male moderno” e delle sue diverse implicazioni pratiche, al fine di poter alimentare
e sostenere programmi di sensibilizzazione e di prevenzione.
L’obiettivo principale deve essere quello di fare chiarezza sul reale significato
che sottende la parola mobbing attraverso un’analisi multidisciplinare, esaminando,
quindi, le componenti sociologiche, psicologiche, giuridiche ed arrivando, in tal mo-
do, a definirne con chiarezza le caratteristiche peculiari, le cause, gli effetti sulla vit-
tima e sulla società e provvedendo così ad individuare un percorso di prevenzione.
9
CAPITOLO 1
ORIGINE E SVILUPPO DI UN MALE
“ANTICO”
Origine e sviluppo di un male “antico”
10
CAPITOLO 1
ORIGINE E SVILUPPO DI UN MALE “ANTICO”
“Piangeva. Chiuso nel bagno dell’ufficio, spalle addossate alle piastrelle fredde della
parete…
Non era entrato nel bagno per piangere, non avrebbe mai pensato di poter giungere a tanto.
A 44 anni ne aveva viste ed affrontate molte, anche sul lavoro, ma quel senso di solitudine
e smarrimento, quella impossibilità di intravedere una qualsiasi possibile via d’uscita non
l’aveva mai provata. Era la prima volta che si trovava faccia a faccia con un sentimento
d’angoscia tanto grande da non riuscire a vederne neanche i confini…”
1
1.1 TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E SOCIALI
Analizzare il tema del mobbing, significa soffermarsi su alcune trasformazioni
che caratterizzano oggi la nostra società, come tutte quelle post-industriali e l’intero
mondo produttivo. Stiamo assistendo, infatti, ad una profonda ridefinizione dei tem-
pi, dei modi, dei ruoli svolti dagli stessi lavoratori, che si accompagna ad un proces-
so di smaterializzazione dell’economia, testimoniato dalla scomparsa di molte fab-
briche. Questi cambiamenti, a loro volta, hanno condotto ad una modifica degli stili
di vita, dei compiti e delle responsabilità dell’uomo e della donna nell’ambito della
società.
Gli elementi innovativi riguardano, soprattutto, l’organizzazione del lavoro e
sono strettamente connessi alle innovazioni tecnologiche, all’internazionalizzazione
dei mercati, che determina una dislocazione produttiva delle attività economiche (la
c.d. globalizzazione), alla terzializzazione dell’economia, allo sviluppo di nuove pro-
fessionalità ed alla ”personalizzazione del processo produttivo che non genera più
merci standard ma prodotti personalizzati sulla base delle esigenze individuali del
consumatore”
2
.
La grande rapidità dei mutamenti e dei progressi scientifico-tecnologici, tutta-
via, non si è accompagnata ad una crescita consapevole degli individui e ad
un’adeguata interiorizzazione dei cambiamenti esterni. Non sempre, quindi, il pro-
gresso ha promosso salute e benessere, troppo spesso ha determinato squilibri, in-
stabilità ed inquietudini.
1
Daniele Ranieri, “Il lavoro molesto. Il mobbing: cos’è e come prevenirlo”, Ediesse, Roma 2003.
2
Tratto dalla relazione tenuta dal Dottor Antonio CASILLI, studioso di trasformazioni del lavoro, durante il Seminario
"MOBBING: UN MALE OSCURO".
Origine e sviluppo di un male “antico”
11
Il lavoro, potente strumento di identificazione sociale, è da sempre per l’uomo un e-
lemento di fondamentale importanza per le sue implicazioni economiche e sociali
ma, allo stesso tempo, rappresenta un fattore altamente problematico e conflittuale.
Facendo un breve excursus storico, possiamo osservare che, a partire dalla
Rivoluzione Industriale, con lo sviluppo della grande impresa, del lavoro su vasta
scala e della produzione di massa, si afferma il modello organizzativo taylorista –
fordista.
In questo orientamento, proteso alla realizzazione della massima efficienza e del
massimo profitto, il lavoratore, concepito in un’ottica prettamente economicistica e
privato di ogni tipo di discrezionalità, deve svolgere un compito specifico secondo
modalità e tempi rigidamente definiti, al fine di razionalizzare il ciclo produttivo attra-
verso l’eliminazione degli sforzi inutili. Appare chiaro che, in questo caso, la funzio-
ne centrale è svolta dall’azienda e l’interesse alle condizioni dei lavoratori riguarda
solo un benessere fisico che possa assicurare maggiore efficienza e produttività.
La risposta a questo modello è fornita dall’approccio delle Risorse Umane
(HR), che sviluppa una notevole sensibilità per le condizioni del lavoratore e per i
suoi malesseri, non solo fisici ma soprattutto psicologici. L’interesse viene, quindi,
trasferito sul miglioramento della qualità lavorativa attraverso la cura e l’attenzione
ai rapporti umani, formali ed informali, e la conseguente valorizzazione del lavoro di
gruppo. Tutto ciò contribuisce ad incanalare l’attenzione su nuovi problemi che pos-
sono gravare negativamente sul rendimento del lavoratore come lo stress ed il
mobbing che, quindi, non deve essere considerato esclusivamente “figlio” della no-
stra moderna società, ma un disagio sempre esistito e denunciato solo nel momen-
to in cui è stato socialmente riconosciuto da lavoratori divenuti consapevoli dei pro-
pri diritti.
Tuttavia, si può affermare che le trasformazioni organizzative tipiche della
nostra società, abbiano favorito la diffusione e l’aggravamento di questa problemati-
ca già esistente. Si pensi, ad esempio, alla moderna prassi aziendale di riduzione
degli organici, che ha favorito quella cultura dell’insicurezza in cui il mobbing trova
“terreno fertile”. Si consideri, inoltre, la crescente flessibilità, da cui spesso scaturi-
scono accorpamenti aziendali che determinano duplicazioni di mansioni di fronte al-
le quali cresce, inevitabilmente, l’aggressività e la competitività spesso selvaggia. Si
rifletta, infine, sulle rapide trasformazioni economiche e la conseguente esigenza di
adattamento delle competenze dei lavoratori alle nuove necessità, in tempi brevi,
Origine e sviluppo di un male “antico”
12
che determina una naturale esclusione dal mondo lavorativo della categoria degli
anziani, meno pronti a rispondere ai cambiamenti repentini.
Alla luce di queste considerazioni, è evidente una situazione lavorativa del
tutto nuova rispetto al passato, in cui la tranquillità del “posto per tutta la vita” rap-
presenta un ricordo lontano, soffocata da una moltitudine di forme di lavoro atipiche
(contratti di collaborazione, part-time, etc.) di recente creazione.
“Non esiste più un contratto standard di lavoro, ovunque si afferma la con-
trattazione individuale che troppo spesso può degenerare nella violenza psicologi-
ca”
1
.
La precarietà, l’incertezza e l’alienazione, prodotte da questa situazione, rappresen-
tano la testimonianza più evidente del motivo per cui, oggi, sia più corretto parlare di
stanchezza emotiva e psicologica piuttosto che di stanchezza fisica, e come tutto
ciò possa condurre ad affrontare un tema tanto spinoso quale quello del mobbing.
Accade, infatti, che in un ambiente lavorativo dove le ambizioni non sono supportate
dalle giuste capacità, dove “la carriera diventa carrierismo e la sana competitività
viene distorta in favore dell’impedimento alla carriera dell’altro, le energie saranno
rivolte alla distruttività anziché alla creatività personale e dell’impresa”
2
.
Ci troviamo, quindi, in una situazione storica particolare, in cui la stessa vita
umana perde il proprio valore, la prevaricazione e l’aggressività diventano gli ele-
menti essenziali per poter sopravvivere ed impongono un capillare lavoro di analisi
delle cause, per trovare le giuste soluzioni.
Dopo questa doverosa parentesi sull’evoluzione e sulle trasformazioni eco-
nomiche che hanno portato a sviluppare la consapevolezza dell’esistenza di una
simile patologia lavorativa, è opportuno definire con chiarezza che cosa s’intenda
esprimere parlando di mobbing.
1
Tratto dalla relazione tenuta dal Dottor Antonio CASILLI, studioso di trasformazioni del lavoro, durante il Seminario
"MOBBING: UN MALE OSCURO”.
2
Emilio Costa, Gianfabio Scaramucci, “Prevenire il Mobbing. Un vantaggio per le aziende. Una sicurezza per i lavoratori“,
G.Giappichelli, 2005.
Origine e sviluppo di un male “antico”
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1.2 MOBBING: DEFINIZIONI E MODELLI A CONFRONTO
Inteso genericamente come fenomeno patologico originato in un ambiente
lavorativo e causato da ripetuti atteggiamenti aggressivi nei confronti della vittima,
da parte di colleghi o superiori, il mobbing rappresenta una tematica che interessa
oramai non solo l’elaborazione dottrinale ma, in maniera sempre maggiore,
l’indirizzo giurisprudenziale.
Nel tentativo di precisarlo, risulterà presto evidente che non esista ancora una defi-
nizione universale, accettata da tutti gli studiosi.
Il termine si fa risalire al verbo inglese “to mob” che significa letteralmente affollarsi,
accalcarsi intorno a qualcuno, ma anche assalire, malmenare, aggredire.
Il primo ad utilizzare questo vocabolo fu, nel 1971, l’etologo inglese Konrad
Lorenz, che lo impiegò per descrivere il comportamento attraverso cui numerose
specie animali circondano un proprio simile e lo attaccano violentemente, con
l’obiettivo di allontanarlo dal branco. In questo senso il termine si carica di una forte
componente metaforica, andando ad individuare una forma di terrorismo psicologico
esperito dalla vittima e dovuto all’isolamento di fronte all’ostilità altrui.
A partire dagli anni Ottanta, il termine è stato ripreso da uno psicologo del la-
voro, lo svedese Heinz Leymann
3
, considerato il precursore degli studi di questa pa-
tologia lavorativa che, mutuandolo dall’etologia, ha cercato di definirlo in maniera
assai chiara, in modo da non alimentare confusione terminologica.
3
Leymann è stato autore di molte pubblicazioni sull’argomento, tra le quali: ”Violence and Victims” , 1990; “The Content and
Development of Mobbing at Work, in European Journal of Work and Organizational Psycology”, 1996; “Mobbing at Work and
development of post-traumatic stress disordes in European Journal of Work and Organizational Psycology, n. 5”, 1996.
Leymann ha curato inoltre un sito internet sul mobbing che ancora oggi riveste un’importanza fondamentale, la c.d. ”Mobbing
Encyclopaedia” consultabile all’indirizzo www.leymann.se (18.06.2006).
Origine e sviluppo di un male “antico”
14
1.2.1 IL MODELLO DI HEINZ LEYMANN
Leymann, nell’ambito dei suoi studi, associò il vocabolo ad un disturbo os-
servato in alcuni operai ed impiegati svedesi, sottoposti ad una serie di traumi e di
vessazioni psicologiche.
Le sue indagini portarono alla conclusione che il mobbing fosse una forma di prepo-
tenza, perpetrata unicamente in ambito lavorativo ai danni dei dipendenti, che può
manifestarsi sia nelle forme minori dell’isolamento sociale e delle maldicenze, sia
nelle forme più gravi del demansionamento e della dequalificazione professionale.
Il mobbing difficilmente sfocia nell’aggressione fisica, ma viene messo in atto
attraverso forme assai più subdole e sottili, che tendono a condurre la vittima ad un
isolamento totale e distruttivo.
La definizione specifica che Leymann dà di questo fenomeno, è che si tratti
di “una comunicazione ostile e non etica, perpetrata in modo sistematico da uno o
più individui generalmente contro un altro individuo, che viene costretto ad una po-
sizione debole ed indifesa e perde la capacità di resistere efficacemente agli attac-
chi. Queste azioni si devono verificare con un’alta frequenza (almeno una volta alla
settimana), e per un lungo periodo di tempo (almeno sei mesi)”
4
.
In generale, quindi, il mobbing non è una situazione stabile, ma un processo
in continua evoluzione che non si esaurisce in un unico gesto, ma raggruppa una
molteplicità di atteggiamenti che si esprimono attraverso una vera e propria attività
persecutoria (calunnie, critiche, attività dequalificanti, spostamenti d’ufficio) messa in
atto a lungo termine, con lo scopo di eliminare o espellere dal luogo di lavoro la vit-
tima designata.
La conseguenza evidente di questo tipo di pratiche è una grave forma di destabiliz-
zazione psicologica del mobbizzato, che può sfociare in manifestazioni morbose
quali ansia, depressione, perdita totale o parziale della capacità lavorativa, difficoltà
a stabilire rapporti sociali o, nei casi estremi, può dare vita a forme psico-
patologiche.
Per comprenderne meglio i meccanismi e le prerogative, alcuni studiosi sve-
desi hanno cercato di definire i diversi stadi attraverso cui questo fenomeno può svi-
lupparsi.
4
Definizioni di Leymann tratta dal sito ufficiale dello psicologo svedese: http://www.leymann.se.
Origine e sviluppo di un male “antico”
15
Lo stesso Leymann ha elaborato, nel 1990, un modello oramai famoso, studiato ed
applicato per la situazione lavorativa svedese, in cui l’evoluzione cronologica del
conflitto si pensa organizzata in 4 fasi, nelle quali le condotte persecutorie passano
da iniziali segnali premonitori, a vere e proprie angherie conclamate, in una sorta di
escalation di violenza:
ξ Prima fase: conflitto latente
Si esprime attraverso piccoli contrasti quotidiani che avvengono nell’ambito
lavorativo e che sono diretti ad una vittima specifica alla quale causano un
certo malessere. Se il conflitto, che a questo livello è latente e quindi molto
difficile da rilevare, non viene risolto, può mettere in atto l’intero processo del
mobbing.
ξ Seconda fase: conflitto mirato
Questa fase viene anche definita “maturazione del conflitto” in quanto gli at-
tacchi sono perpetrati con regolarità e sistematicità, e la vittima viene isolata
in maniera sempre maggiore. Tutti i suoi tentativi di difesa e di riscatto sem-
brano assolutamente inutili, e questo senso di inadeguatezza contribuisce a
determinare una sensazione frustrante, in cui la vittima si convince della sua
incapacità. Il conseguente stress che ne scaturisce può dar vita a numerose
patologie a carico del sistema psicosomatico. E’ questa la fase in cui i mob-
bizzati ricorrono spesso alle cure mediche, assentandosi dal luogo di lavoro
anche per lunghi periodi di tempo.
ξ Terza fase: conflitto pubblico
La situazione conflittuale è oramai visibile a tutti ed è divenuta d’interesse
anche dell’amministrazione del personale che, di fronte alle continue assen-
ze del lavoratore per malattia, al calo nella qualità delle sue prestazioni ed
ascoltando le voci negative che vengono diffuse sul suo conto, preferisce
generalmente schierarsi dalla parte dei persecutori, ignorando le richieste
d’aiuto della vittima. Quest’ultima è, quindi, sempre più sola, isolata, denigra-
ta e ciò determina, sovente, un aggravamento delle sue condizioni psico-
fisiche.
ξ Quarta fase: esclusione dal mondo del lavoro
Origine e sviluppo di un male “antico”
16
E’ la fase conclusiva, che vede l’estromissione della vittima dal mondo del la-
voro. Il licenziamento ed il suo allontanamento non rappresentano, però, la
soluzione definitiva a tutti i mali, poiché la devastazione psicologica si protrar-
rà nel tempo e lascerà un segno indelebile nell’esistenza intera.
L’idea di Leymann è che ci siano due ordini di fattori che possono favorire
l’insorgenza del mobbing:
ξ un’improduttiva organizzazione del lavoro. Molte ricerche hanno, infatti, di-
mostrato, che una cattiva pianificazione del lavoro e dei metodi di produzione
e di gestione delle risorse umane, possono costituire un fattore scatenante;
ξ un’inefficace gestione dei conflitti. Le comunicazioni distorte producono con-
flitti “esasperati” e quindi difficilmente risolvibili, che possono dare vita al
mobbing. In molte organizzazioni, in cui è stato denunciato questo fenomeno,
la gestione di tali conflitti si è dimostrata inefficace in quanto non si è prestata
la dovuta attenzione alle fasi iniziali, agli sviluppi ed agli esiti.
Le conseguenze di queste forme di vessazione si ripercuotono non solo sulle vitti-
me, ma sull’organizzazione di cui esse fanno parte, che deve fronteggiare i costi
d’uscita del lavoratore (trovare un sostituto, provvedere alla sua formazione), e
sull’intera società, che deve sostenere i costi necessari all’assistenza sanitaria per
porre rimedio alle situazioni di stress che insorgono a seguito di tali violenze psico-
logiche. E’ evidente che un gran numero di questi gravissimi esiti potrebbe essere
evitato attraverso interventi mirati ad individuare precocemente le situazioni a ri-
schio e quindi grazie a strategie di prevenzione.
A tal fine, attualmente molte ricerche utilizzano come strumenti d’indagine i questio-
nari, che offrono l’opportunità di raccogliere dati su un grande campione di soggetti,
in breve tempo, individuando diversi tipi di fattori che vengono messi tra loro in rela-
zione. A tal proposito, sono utilizzati spesso alcuni strumenti psicometrici tra cui, il
più diffuso in Europa, elaborato proprio da Leymann nel 1996, è il LIPT (Leymann
Inventory of Psychological Terrorism). Questo strumento anonimo, ideato con finali-
tà diagnostiche, suddivide le azioni mobbizzanti in cinque differenti categorie,
all’interno delle quali sono catalogati 45 comportamenti vessatori.
Per ogni domanda del questionario è richiesto all’intervistato di indicare la frequenza
con la quale, negli ultimi sei mesi, si è verificata la situazione corrispondente: