5
parte di alcuno in dottrina, che la products liability può considerarsi come il primo
vero caso di recepimento giuridico del nuovo mondo
2
.
Al di là delle singole realtà nazionali, comunque, il problema assume una
connotazione ben più ampia: sia sul piano internazionale, come conseguenza della
internazionalizzazione dei mercati; sia su quello sovranazionale, come
conseguenza del fenomeno di integrazione politica ed economica.
L’intensificazione dei commerci tra Paesi ha creato, inoltre, dei problemi con
riferimento al fatto che nella maggior parte dei casi, i danni occasionati da
prodotti difettosi possono manifestarsi nel Paese in cui è domiciliata la vittima, il
quale può, a sua volta, essere distinto dal luogo in cui è fabbricato il prodotto, o
addirittura distinto dal luogo in cui il prodotto stesso è acquistato; tutto ciò con la
spiacevole conseguenza di creare inconvenienti relativamente alla determinazione
della giurisdizione competente o della normativa applicabile, date le palesi
divergenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici dei diversi Paesi. In vista di ciò,
si è tentato di dar luogo ad un processo di unificazione tanto delle norme di diritto
internazionale privato che determinano la giurisdizione applicabile, quanto di
quelle normative che disciplinano la materia della responsabilità per danno da
prodotto difettoso.
In un siffatto contesto, e con riferimento al secondo tipo di norme, si colloca la
direttiva 85/374/Ce, del 25 luglio, in materia di responsabilità per danno da
prodotto difettoso, di ravvicinamento delle legislazioni dei singoli Stati membri, e
di armonizzazione delle stesse nell’ambito di tale materia.
2
v. C. CASTRONOVO, Problema e sistema nel danno da prodotti, Milano, 1979, pag.760
6
2. LA DIRETTIVA 85/374/CE: LA PROGRESSIVA
AFFERMAZIONE DI UNA RESPONSABILITA’ DI TIPO OGGETTIVO.
La direttiva costituisce il punto culminante di un lungo e difficoltoso itinerario
che cominciò con la presentazione al Consiglio della Comunità Europea, nel
settembre del 1976, della corrispondente proposta da parte della Commissione
Europea, proposta che fu successivamente modificata nell’ottobre del 1979. Si
trattava di un passo molto importante sotto un duplice aspetto: innanzitutto per la
maggiore protezione che offre ai consumatori; in secondo luogo perché mira ad
omogeneizzare le regole del mercato comune e, di conseguenza, a favorire al suo
interno la libera circolazione delle merci.
Sotto il profilo della protezione del consumatore, la direttiva mira a stabilire un
regime di responsabilità in capo ai produttori che risulti satisfatorio, sia per la sua
ampiezza, sia per la sua semplicità ed automaticità
3
.
L’espressione “responsabilità per danno da prodotto” fa propriamente
riferimento alla responsabilità civile di un produttore o di un distributore derivante
da danni a cose o persone imputabili ad un difetto del prodotto da lui realizzato o
commercializzato. Prima della direttiva 85/374/Ce il danneggiato poteva
instaurare, con ragionevoli probabilità di successo, soltanto un’azione nei
confronti del soggetto con cui egli intrattenesse direttamente un rapporto
contrattuale relativamente al prodotto che gli aveva provocato il danno. Si
invocava, dunque, una responsabilità di natura meramente contrattuale per non
conformità del prodotto alle aspettative dell’acquirente. Evidentemente, il limite
di tale tipo di tutela risiedeva nella possibilità per il consumatore di rivolgersi ad
un unico interlocutore, ovvero sia il soggetto con il quale egli avesse instaurato un
rapporto giuridico diretto avente ad oggetto l’acquisto (o l’utilizzo ad altro titolo)
del prodotto in questione. Nei fatti ciò comportava alcuni gravi inconvenienti,
come quello di potersi raramente rivolgere contro il produttore effettivo del bene,
bensì contro un mero anello della catena distributiva del prodotto; o ancora quello
di trovarsi vincolato a termini di prescrizione e decadenza piuttosto brevi; inoltre,
non sempre il danneggiato era parte del rapporto contrattuale avente ad oggetto il
prodotto, dato che poteva trattarsi di un utilizzatore diverso dal proprietario del
bene, o di un donatario, o ancora di un soggetto accidentalmente danneggiato ed
estraneo, quindi, ad un qualsiasi rapporto pregresso avente ad oggetto il bene
medesimo. In tali ipotesi, il danneggiato che volesse ottenere un risarcimento del
danno subito, era obbligato ad instaurare una azione di responsabilità
extracontrattuale, esperibile quindi contro un qualsiasi anello della catena
3
v. A e R. BERCOVITZ RODRIGUEZ CANO., Estudios jurìdicos sobre protecciòn de los
consumidores, Tecnos, Madrid, 1987, pag.262
7
produttiva o distributiva; ed a prescindere da un qualsiasi rapporto di tipo
contrattuale con questo. Tale azione doveva fondarsi, peraltro, sulla colpa del
convenuto. Il grosso problema che si poneva per il danneggiato, in tal caso, era di
natura probatoria: egli doveva provare il danno ed il difetto del prodotto; ma
anche l’esistenza di una condotta colpevole (imprudenza, imperizia, negligenza)
in capo al produttore o al distributore. Il problema risultava particolarmente grave
nel caso del normale consumatore che si trovasse a dover provare la condotta
colpevole del produttore o del distributore per il danno cagionato da un prodotto
complesso, dato che in un caso del genere si sarebbe presentata l’evenienza che
fosse necessario, ai fini della prova, l’accesso ai progetti di costruzione del
prodotto o l’espletamento di verifiche assai sofisticate sul medesimo.
Sulla base di tali insufficienze delle due teorie della responsabilità contrattuale
ed extracontrattuale, la direttiva 85/374/Ce afferma in capo al produttore una
responsabilità di tipo oggettivo, indipendente, quindi, dalla sussistenza di un
rapporto contrattuale diretto tra produttore e danneggiato, dalla sussistenza di un
certo grado di colpa del produttore nella realizzazione del danno, e dalla prova, a
carico del soggetto pregiudicato, della sussistenza della colpa del produttore nella
provocazione del danno. L’obiettivo principale di un tale mutamento di indirizzo
consiste nell’ammortizzamento sociale del danno: si tende dunque a far sì che i
danni, e le loro conseguenze economiche, vengano ripartiti tra tutta la collettività,
liberando così i singoli da oneri eccessivamente gravosi. La responsabilità,
dunque è considerata alla stregua di un costo aziendale, secondo un principio di
“internalizzazione”
4
.
4
v. SALLUZZO, COMBA, BERNARDINI, Il prodotto sicuro nella Cee – La responsabilità per danno
da prodotto difettoso e i requisiti di sicurezza nella normativa europea, Le guide de Il Sole 24
Ore, pagg. 3-6
8
3. LE INFLUENZE DEL SISTEMA STATUNITENSE SUL
REGIME DI RESPONSABILITA’ PER DANNO DA PRODOTTO
DIFETTOSO.
Tra le diverse fonti che ispirarono l’emanazione della direttiva 85/374/Ce,
meritano particolare attenzione il Convegno di Strasburgo del 1977 e l’influenza
esercitata dal diritto statunitense (ma certamente non vanno dimenticati il
Convegno dell’Aja del 1973 e tutta l’elaborazione giurisprudenziale francese in
tema di responsabilità del produttore).
E’ unanimemente riconosciuta l’influenza che, nell’elaborazione della direttiva
85/374/Ce, ebbe il Convegno europeo sulla responsabilità da prodotto in caso di
lesioni corporali o di morte, approvato il 27 gennaio del 1977 in seno al Consiglio
Europeo
5
. Il suddetto Convegno trae origine dalla creazione di un Comitato di
esperti da parte del Comitato del Consiglio dei ministri, nel 1970, con il compito
di realizzare una armonizzazione del regime di responsabilità del produttore.
Obiettivo ultimo del Convegno era dunque quello di “ravvicinare” i diversi diritti
nazionali dei Paesi membri del Consiglio d’Europa al fine di migliorare la
protezione delle vittime, da un lato; e di offrire maggiore sicurezza giuridica,
dall’altro.
E’ riconosciuta, in secondo luogo, una notevole importanza nell’evoluzione
giurisprudenziale che tende a configurare una responsabilità per danno da
prodotto difettoso nei Paesi dell’Europa occidentale, alla cosiddetta products
liability statunitense. Bisogna tener presente, però, che l’elaborazione
giurisprudenziale nordamericana non fa capo ad una dottrina unitaria e che la sua
evoluzione non fu affatto lineare, data la singolarità del sistema statunitense in
quanto sistema di common law.
La normativa vigente, comune in tutto il territorio degli Stati Uniti, prevede la
potenziale responsabilità nei confronti del consumatore, eventualmente
danneggiato da un prodotto difettoso, in capo a tutte le persone che hanno preso
parte alla produzione e distribuzione del bene. La responsabilità per danno da
prodotto è dunque una responsabilità oggettiva, non ricadendo sul consumatore
danneggiato l’onere di dimostrare la colpa del produttore-venditore. La normativa
statunitense considera difettoso un prodotto che risulti oltremodo pericoloso in
relazione all’uso cui è destinato.
Il momento di maggiore sviluppo del modello statunitense è stato il periodo tra
il secondo dopoguerra e gli anni settanta. Sul fronte giuridico, in questi anni,
cominciò a modificarsi l’interpretazione dei diritti dei consumatori, attraverso
l’introduzione di una responsabilità oggettiva nei rapporti tra gli stessi ed il
5
Convention européenne sur la responsabilité du fait des produits en cas de lésions corporelles ou
de décès, Strasburgo, 27-01-1977, pubblicata in Conseil de l’Europe, n.91, Strasburgo, 1986
9
produttore-prestatore di servizi. L’introduzione di tale principio, basato sulla
responsabilità oggettiva del produttore, portò all’innalzamento del livello di tutela
effettiva da parte dell’ordinamento nei confronti dei cittadini, soprattutto di quanti
fossero sprovvisti dei mezzi per ottenere un’efficace tutela giudiziaria.
Nel periodo immediatamente successivo agli anni settanta, si è poi sviluppato
uno dei fenomeni chiave del consumerismo americano: quello delle associazioni
di consumatori, le quali, grazie all’impulso dato da adeguate scelte legislative nel
campo dell’accesso alla giustizia per la protezione collettiva dei consumatori,
assunsero il ruolo di interlocutori necessari delle grandi e piccole imprese, in
quanto capaci di esercitare forti pressioni sulla categoria dei produttori e dei
fornitori di beni e servizi.
Come già accennato, il sistema nordamericano si basa sul modello della
cosiddetta products liability. Bisogna considerare tre aspetti dello sviluppo della
products liability: negligence; breach of warranty; strict liability in tort.
Il primo aspetto, ossia quello della negligence, si basa sulla colpa, e trova il suo
principale ostacolo nel principio giurisprudenziale inglese, vigente anche negli
Stati Uniti, per cui il produttore o il venditore rispondono esclusivamente dei
danni derivati dalla cosa venduta, e comunque mai di fronte a terzi,
conformemente al principio del privity of contact. Tale limite venne superato con
una sentenza del 1916, ( il caso Mac Pherson vs Buick Motor Co.
6
), con cui si
introdusse la distinzione tra cose pericolose in sé e cose pericolose per difetto di
fabbricazione, per cui la responsabilità del produttore di fronte a terzi,
originariamente vigente solo relativamente alle cose pericolose per difetto di
fabbricazione, venne estesa anche alla categoria delle cose pericolose in sé,
potendo farsi valere tale tipo di responsabilità attraverso l’esperimento di
un’azione diretta nei confronti del produttore medesimo. In entrambi i casi
incombe sul danneggiato la prova della negligenza del fabbricante, ossia della
lesione da parte di questi di un dovere di diligenza nel processo di fabbricazione
del prodotto, ovvero dell’omissione da parte dello stesso produttore
dell’avvertimento al consumatore dell’uso peculiare che deve farsi del prodotto; il
danneggiato ha, inoltre. l’onere di provare la sussistenza di un nesso causale, ossia
del fatto che il danno subito è conseguenza immediata e diretta dell’uso o
consumo del prodotto.
Con riferimento al brech of warranty, si pone l’accento sulla garanzia che il
venditore normalmente fornisce al compratore e attraverso la quale si assicura la
presenza di determinate qualità e caratteristiche in capo al prodotto. In tal modo si
tutelano tutti i soggetti che entrano in contatto con il bene, indipendentemente
6
v. G. ALPA, M. BESSONE, La responsabilità del produttore, Milano, 1980, pagg.208-212
10
dalla loro diretta partecipazione al contratto con il quale questo è venduto o
somministrato dal produttore-venditore al consumatore-compratore. Anche in tal
caso il riferimento va ad una sentenza, (questa volta della Corte Suprema del New
Jersey, del 1960), che stabilì che il produttore che introducesse un bene sul
mercato, doveva garantire le sue perfette condizioni, conformemente all’uso che
se ne sarebbe dovuto fare e, pertanto, che fosse responsabile nei confronti di
coloro che risultavano pregiudicati e danneggiati dal prodotto in questione.
Il limite di tale principio risiede nella impossibilità di risolvere, in maniera
piena ed effettiva, gli innumerevoli problemi che comporta la complessa realtà del
consumo, dato che molto spesso risulta impossibile risalire all’identità del reale
produttore.
Per tale ragione, a partire dagli anni settanta, i Tribunali nordamericani
fondarono le loro decisioni su un’azione specifica, denominata strict liability in
tort. La sentenza di riferimento è della Corte Suprema di California, che affermò,
(nel caso Greenman vs Yuba Power Products Co., nel 1962), la responsabilità del
fabbricante indipendentemente dalla prova della negligenza e dall’esistenza di una
garanzia a favore del compratore circa le caratteristiche del prodotto. Ciò che il
consumatore danneggiato doveva dimostrare era la difettosità del prodotto, e che a
tale difettosità fosse imputabile il danno. Il tutto prescindendo dalla prova della
colpa del fabbricante. A partire da tale sentenza, la responsabilità del produttore si
estese a tutti i prodotti e non più, come in passato, ai soli beni di consumo diretto.
Venne così a consolidarsi un modello di responsabilità oggettiva a base
extracontrattuale, meglio nota come strict liability, intorno alla quale si delineano
diversi concetti di difetto, a seconda che si tratti di difetti di fabbricazione, di
progettazione o di informazione
7
.
Come è ovvio, non si tratta di una responsabilità assoluta, riguardante tutti i danni
che un prodotto immesso nel mercato provoca ai consumatori; ma di una
responsabilità per quei danni provocati da prodotti difettosi, posto che il
consumatore deve fornire la prova del danno patito e del fatto che il danno è stato
provocato dal prodotto; del nesso causale tra l’uso del prodotto ed il danno
sofferto; del fatto che la difettosità del prodotto sussisteva già al momento in cui il
prodotto fu comprato; ed infine del fatto che il compratore-danneggiato non abbia
fatto uso improprio del prodotto.
Il favore per l’applicazione del principio di origine statunitense della strict
liability si basa su determinate argomentazioni: innanzitutto il venir meno, per il
danneggiato, dell’onere di provare la colpa del produttore; in secondo luogo, una
maggiore protezione di valori di interesse pubblico, quali la vita umana, la salute e
7
v. D. JIMENEZ LIEBANA., Responsabilidad civil: daños por productos defectuosos, Elementos,
1998, pagg.9-15
11
la sicurezza delle persone, in quanto l’affermazione di una responsabilità di tipo
oggettivo in capo al produttore fa sì che egli eserciti un controllo più pregnante in
ordine ai prodotti da lui fabbricati ed immessi sul mercato; infine, una migliore
organizzazione della distribuzione dei rischi legati alla produzione ed alla
distribuzione dei beni di consumo, e la conseguente internalizzazione dei costi
provocati dall’immissione nel mercato di prodotti difettosi.
Ad ogni modo, l’applicazione di un tale sistema non ha ridotto il numero di
danni provocati dalla circolazione di prodotti industriali, tanto che da più parti si è
proposta una rivisitazione del principio della strict liability statunitense. Inoltre,
con riferimento all’ influenza che il sistema statunitense esercita sulla direttiva
85/374/Ce, bisogna tener conto del fatto che quello statunitense fornisce solo ed
esclusivamente un modello, nato sulla base di esigenze specifiche e proprie di una
determinata società che ha portato, peraltro, ad uno sviluppo spropositato del
contenzioso ed al tracollo di interi comparti produttivi; a tale modello la realtà
europea si adatta non senza connotazioni sue proprie. Quindi l’applicazione dei
principi propri della strict liability in Europa va relativizzata, nel senso che la
direttiva comunitaria trae spunto dal modello nordamericano riadattandolo ed
adeguandolo alle esigenze proprie della diversa realtà europea.
12
4. GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA.
Come si segnala nell’ Esposizione dei motivi, la finalità principale della
direttiva non è tanto l’unificazione, quanto piuttosto l’armonizzazione delle
differenti legislazioni degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da
prodotto difettoso.
Si configurano, dunque, due ordini di obiettivi: da un lato, un obiettivo di tipo
economico, legato al buon funzionamento di mercati interni ed avente la finalità
di permettere una libera circolazione dei prodotti; dall’altro lato, un obiettivo di
carattere sociale, volto ad offrire differenti gradi di tutela al consumatore di fronte
al rischio di rimanere danneggiato dall’utilizzo o dal consumo di prodotti che
possano risultare difettosi.
La base giuridica su cui poggia tutta la direttiva è l’art.100
8
del Trattato CE, il
quale afferma in capo al Consiglio il dovere di adoperarsi per l’adozione di
direttive volte all’integrazione delle disposizioni legislative, regolamentarie ed
amministrative, degli Stati membri, disposizioni che incidono direttamente sulla
realizzazione e sul funzionamento del mercato comune.
Adottata nel luglio del 1985, la direttiva prevedeva, all’art. 19
9
, l’adozione di
disposizioni interne di adattamento, da parte dei singoli Stati membri della
Comunità, entro un periodo non superiore a 3 anni. Solo tre Stati, in realtà, si
attennero a tale prescrizione: il Regno Unito, la Grecia e l’Italia, mentre tutti gli
altri Stati si adeguarono con evidente ritardo (il caso più clamoroso fu proprio
quello spagnolo; la Spagna ha adottato la direttiva solo nel 1994, con la legge n.
22).
Il concetto che si colloca sullo sfondo della direttiva è quello di voler sostituire
ad un sistema fondato sulla colpa, un differente sistema orientato verso la
responsabilità oggettiva, con riferimento ad alcune fattispecie di danni causati da
prodotti difettosi. Tale sistema di responsabilità oggettiva è, in realtà, solo
parziale, dal momento che si limita effettivamente a realizzare un’inversione
dell’onere probatorio che passa da quello previsto in capo al consumatore di dover
provare che il danno subito dall’uso di un prodotto sia ascrivibile a colpa del
fabbricante del prodotto medesimo; a quello che impone che sia il produttore a
fornire la prova dell’esistenza di una scriminante a suo favore al fine di potersi
esonerare da responsabilità
10
.
8
Art. 100 Trattato Ce – “
9
Art. 19 dir. 85/374/Ce – “1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni dalla
sua notifica e ne informano immediatamente la Commissione.
2. La procedura di cui all’art. 15, paragr. 2, si applica a decorrere dalla notifica della presente
direttiva”.
10
v. SALLUZZO, COMBA, BERNARDINI, Il prodotto sicuro nella Cee…, op. cit., pag.7
13
5. PROFILI OGGETTIVI DELLA DIRETTIVA 85/374/CE: IL
CONCETTO DI PRODOTTO.
L’art. 2
11
della direttiva fornisce una definizione di prodotto dalla quale
emergono alcuni elementi: innanzitutto il prodotto deve essere un bene mobile; ed
in secondo luogo, tale prodotto deve essere realizzato industrialmente o, quanto
meno, deve aver subito una trasformazione industriale. Restano esclusi, quindi,
dal disposto dell’art. 2, i beni immobili ed i prodotti agricoli naturali, ossia quelli
della terra, dell’allevamento e della pesca, ed i prodotti della caccia.
Con riferimento ai beni immobili, la loro esclusione dall’ambito di
applicazione della norma comunitaria è sempre stata una delle questioni più
criticate della direttiva
12
.
La ragione di tale esclusione sembrerebbe essere l’esistenza di una
regolamentazione particolare, propria di ciascuno degli Stati membri, in ordine
alla materia dei beni immobili; anche se, in realtà, l’esistenza di una disciplina
speciale all’interno di ogni Stato membro sulla responsabilità per danni provocati
da edifici non dovrebbe essere una ragione sufficiente per escludere gli immobili
dal regime della direttiva, a maggior ragione se si considera che l’obiettivo di
questa è proprio quello di realizzare una armonizzazione tra le differenti
legislazioni vigenti all’interno degli Stati della CE.
Per tali motivi, si è pensato da più parti che la ratio dell’esclusione dal regime
della direttiva dei beni immobili fosse quella di eludere le notevoli difficoltà che
una regolamentazione unitaria della responsabilità da beni mobili e beni immobili
avrebbe sicuramente comportato. Riferendosi la direttiva ai soli beni mobili non si
creavano problemi in ordine all’obiettivo di armonizzazione delle legislazioni
nazionali dato che, a differenza che nella materia immobiliare (nella quale vi
erano già legislazioni interne vigenti negli Stati della Comunità), nella materia
della responsabilità da beni mobili, la direttiva interveniva in un contesto non
regolamentato e risultava quindi più facilmente perseguibile l’agognata
armonizzazione.
Ad ogni modo, la carenza della direttiva imputabile all’esclusione dal suo
regime di applicazione dei beni immobili, può considerarsi colmata se si ha
riguardo alle diverse proposte di direttiva esistenti in ambito comunitario che
riguardano la sicurezza nella costruzione; ed in secondo luogo se si fa riferimento
11
Art. 2 dir. 85/374/Ce – “Ai fini della presente direttiva, per prodotto si intende ogni bene mobile,
ad eccezione dei prodotti agricoli naturali e dei prodotti della caccia, anche se forma parte di un
altro bene mobile o immobile. Per prodotti agricoli naturali si intendono i prodotti del suolo,
dell’allevamento e della pesca, ad esclusione dei prodotti che hanno subito una prima
trasformazione. Per prodotto si intende anche l’elettricità”.
12
v. G. ALPA, M. BESSONE, Il consumatore e l’Europa: raccolta e un commento di testi e
materiali della Comunità Economica Europea e del Consiglio d’Europa, Padova, 1979, pag.31
14
al fatto che nella direttiva rientrano i casi di responsabilità per danno causato da
un bene mobile che risulti essere incorporato in un altro bene, anche immobile
13
.
Il problema si pone, in tal caso, con riferimento alle ipotesi in cui, essendo un
bene mobile incorporato ad altro bene immobile, non risulti facile separare il
primo dal secondo così da considerarlo un tutt’uno con esso, e quindi come se
fosse anch’esso un bene immobile. In tali casi l’applicazione si estenderebbe solo
a quei beni mobili che siano incorporati ad altri beni immobili, ma non in modo
fisso, ovvero a quei beni mobili che possano essere facilmente separati
dall’edificio. A tutti i beni mobili che non risultino distinguibili dall’immobile in
cui sono incorporati si applicheranno le norme previste per gli immobili.
Il regime della direttiva, d’altro canto, non impedisce che gli Stati membri, se
lo ritengono opportuno, applichino anche agli immobili le norme contenute in
essa. Quindi, se per gli immobili gli Stati membri possono adottare un regime
giuridico che riprenda il contenuto della direttiva o un diverso regime giuridico
distinto dal primo, per quanto concerne i beni mobili ciò non risulta possibile, dal
momento che gli Stati membri hanno un obbligo di adattamento del loro diritto
interno alle norme riportate nella direttiva in commento.
Un’altra questione, avanzata dall’art. 2 della direttiva 85/374/Ce, fa riferimento
al fatto che il criterio di responsabilità oggettiva risulta applicabile unicamente ai
beni mobili prodotti industrialmente; ciò implica l’esclusione dei prodotti agricoli
naturali e dei prodotti della caccia, a meno che tali prodotti non abbiano subito
una prima modificazione industriale che abbia, in qualche modo, potuto
ingenerare nel bene un difetto.
Ancora, ci si chiede se il regime della direttiva, faccia riferimento, oltre che
alla responsabilità per danni provocati da prodotti difettosi, anche ad una
responsabilità per danni da servizio, non essendo ciò espressamente previsto.
Questa non menzione, intesa nel senso dell’esclusione della applicazione della
direttiva ai danni da servizio, è stata oggetto di numerose critiche, dato che si è
segnalato come al consumatore danneggiato poco importi che la causa del suo
pregiudizio sia un prodotto o un servizio.
Il problema si pone con riferimento alle ipotesi in cui il produttore realizza una
prestazione di un bene, come ad esempio una installazione o una consegna del
medesimo; si tratterebbe, ovviamente, non già di una installazione difettosa, bensì
della installazione di un bene difettoso; si propende per l’esclusione di tali ipotesi
dall’ambito della direttiva del 1985.
13
v. A. ROJO FERNANDEZ RIO, La responsabilidad civil del fabricante en el Derecho español y la
Directiva 85/374/Cee, in Curso sobre el Nuevo Derecho del Consumidor – coordinaciòn de FONT
GALAN e LOPEZ MENUDO, Madrid, 1990, pag.189
15
La questione dell’individuazione del prodotto, così come soggetto al regime
comunitario, è strettamente collegata con la nozione di produttore riportata nella
direttiva, e con il principio per cui è il produttore il responsabile dei danni
cagionati dai suoi prodotti, laddove per produttore si intende la persona che
fabbrica o produce il bene, ovvero chi si presenta come tale (produttore
apparente), mentre il somministratore del prodotto risponde solo nei casi in cui
non risulti possibile identificare il produttore. E’ quanto accade, ad esempio, nel
caso di intossicazione da alimenti serviti in uno stabilimento pubblico, come può
esserlo un bar, o un ristorante. Sarà ragionevole supporre che sarà proprio lo
stabilimento a rispondere del danno laddove non venga individuato il produttore
dell’alimento che ha cagionato l’intossicazione. In una ipotesi del genere, quindi,
rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva anche la responsabilità per
danno da servizio
14
.
D’altra parte, viene considerata come bene mobile, rientrante nell’ambito di
applicazione della direttiva 85/374/Ce, anche l’energia elettrica e di conseguenza
la somministrazione di questa. L’espressa menzione dell’energia elettrica come
prodotto pone problemi circa la possibilità di estendere il regime della direttiva ad
altri tipi di energia non altrettanto menzionati in maniera esplicita. La questione si
pone nei seguenti termini: ci si chiede se la somministrazione di tipi di energia
diversi da quella elettrica possa considerarsi come prodotto o se debba inserirsi
piuttosto nella nozione di prestazione di servizi. Tale problema risulta di difficile
risoluzione dal momento che nella quasi totalità dei Paesi membri della Comunità
non vi è una dettagliata regolamentazione della responsabilità delle imprese per
danni occasionati dalla somministrazione di energia, sia essa elettrica o energia di
altro tipo.
Una regolamentazione espressa della materia si ha, ad esempio, in Germania, e
comunque solo a partire dal 1980, anno in cui venne ad affermarsi l’obbligo per le
imprese somministratrici di energia di diverso tipo, di informare prontamente gli
utenti somministrati in caso di interruzione nella somministrazione; oltre che la
responsabilità per danni alla salute, lesioni personali e morte provocati come
conseguenza della interruzione della somministrazione.
Nella nozione di prodotto di cui all’art. 2 rientrano, senza alcun dubbio, anche i
residui industriali che, data la loro tossicità, possono risultare dannosi per il
consumatore; il loro inserimento nel concetto di prodotto non sembra porre alcun
problema, anche perché l’art. 2, nel fornire una siffatta definizione, utilizza la
locuzione “qualsiasi bene mobile”. Ad ogni modo, è consentito al produttore di
14
v. M. A. PARRA LUCAN, Daños por productos y protecciòn del consumidor, Josè Maria Bosch
Editor, S.p.A., Barcellona, 1990, pagg. 478-485
16
esonerarsi da responsabilità, in conformità con l’art. 7
15
della medesima direttiva,
laddove riesca a provare che non mise in circolazione il prodotto difettoso.
Quello dei rifiuti tossici, in realtà, è un argomento che risulta di specifico interesse
della legislazione di protezione del medio ambiente
16
.
Restano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva i “prodotti agricoli
naturali” ed i “prodotti della caccia”.
Di fatto, non è sempre così semplice l’individuazione di tali prodotti. Se è vero
che la direttiva si sforza di fornire una definizione più specifica di prodotto
agricolo naturale, stabilendo che con tale espressione si indicano i prodotti della
terra, dell’allevamento e della pesca; è altrettanto vero che si pongono nuovi
problemi con riguardo, ad esempio, alla locuzione “prodotti del suolo” (ossia
prodotti della terra). Tale locuzione, intesa letteralmente, include tanto i prodotti
vegetali quanto altri tipi di prodotti come il gas, il petrolio, l’acqua e via dicendo.
Tuttavia, al fine di evitare problemi interpretativi, si conviene sul fatto che la
direttiva, in realtà, voglia riferirsi unicamente ai prodotti vegetali, che sono gli
unici a rimanere esclusi dalla applicazione del regime di responsabilità previsto
dalla direttiva del 1985. Vi sono assoggettati, invece, i prodotti minerari, che
rientrano, dunque, nella nozione di cui all’art. 2
17
.
Per quanto riguarda invece l’esclusione dall’applicazione della direttiva ai
prodotti dell’allevamento e della pesca, essa trova la sua ragione nella stessa
nozione comunitaria di prodotto agricolo naturale, la quale ricomprende, appunto,
tanto i prodotti della terra, quanto quelli dell’allevamento e della pesca. Tali
prodotti restano esclusi dall’ambito del regime di responsabilità previsto dal testo
comunitario, sempre che non siano stati sottoposti ad una qualsiasi trasformazione
di tipo industriale, nel qual caso sarebbero da considerarsi prodotti agli effetti
dell’art. 2.
15
Art. 7 dir. 85/374/Ce – “Il produttore non è responsabile ai sensi della presente direttiva se
prova: a) che non ha messo il prodotto in circolazione; b) che, tenuto conto delle circostanze, è
lecito ritenere che il difetto cha ha causato il danno non esistesse quando l’aveva messo in
circolazione o sia sorto successivamente; c) che non ha fabbricato il prodotto per la vendita o
qualsiasi altra forma di distribuzione a scopo economico, né l’ha fabbricato o distribuito nel
quadro della sua attività professionale; d) che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a
regole imperative emanate dai poteri pubblici; e) che lo stato delle conoscenze scientifiche e
tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire
l’esistenza del difetto; f) nel caso del produttore di una parte componente, che il difetto è dovuto
alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o alle istruzioni date dal produttore
del prodotto”.
16
v. J. F. MATEU ISTURIZ, R. CEPAS PALANCA, M: J. PEPERNAL PECES, La protecciòn de los
consumidores y el medio ambiente en la Comunidad Economica Europea, Madrid, 1986, pagg.
167-169
17
v. R. BERCOVITZ RODRIGUEZ CANO, La responsabilidad de los fabricantes en la Directiva de
las Comunidades Europeas de 25 de julio de 1985, in Estudios juridicos sobre protecciòn de los
consumidores, n.7, aprile, 1986, pagg. 262ss.
17
Altre questioni di particolare interesse riguardano i prodotti artigianali ed
artistici che rientrerebbero nella definizione di prodotto di cui all’art. 2 della
direttiva comunitaria, dal momento che non è prevista, in merito agli stessi,
un’esplicita esclusione. Il dubbio si è presentato per il fatto che la direttiva in
realtà riguarda prodotti realizzati in massa o in serie, trattandosi di prodotti
industriali, caratteristica questa che non è propria dei prodotti di artigianato, né dei
prodotti artistici. Ad ogni modo, sembra che ciò non sia sufficiente ad escludere i
suddetti prodotti dall’ambito di applicazione della responsabilità per danno da
prodotto nelle forme previste dalla direttiva 85/374/Ce.
Viene, infine, in rilievo il caso dei prodotti nucleari che, secondo l’art. 14
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del
testo comunitario, restano esclusi dall’ambito di applicazione dello stesso.
Affinché sia possibile che si realizzi tale esclusione, però, sono imprescindibili
alcuni requisiti: innanzitutto è necessario che si realizzi un incidente nucleare; ed
in secondo luogo è indispensabile che i danni che derivano da tale incidente siano
coperti da Convenzioni internazionali ratificate dagli Stati membri. Laddove non
sussistano tali due condizioni si ritiene estesa anche ai prodotti nucleari
l’applicabilità della direttiva 85/375/Ce.
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Art. 14 dir. 85/374/Ce – “La presente direttiva non si applica ai danni risultanti da incidenti
nucleari coperti da convenzioni internazionali ratificate dagli stati membri”.
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6. IL CONCETTO DI DIFETTO: PRODOTTO DIFETTOSO E
REQUISITI MINIMI DI SICUREZZA.
L’art. 6
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della direttiva 85/374/Ce fornisce una definizione di prodotto
difettoso. Il concetto di difetto, alieno alla normativa europea sulla responsabilità
civile, viene adottato dalla direttiva n. 374 e posto alla base del sistema di
responsabilità.
E’ importante porre l’accento sul fatto che la direttiva si occupa specificamente
di un tipo di responsabilità che si fonda sulla base del danno provocato da un
prodotto difettoso e ciò implica che il produttore non sarà responsabile di un
qualsiasi danno provocato attraverso l’uso e consumo dei suoi prodotti, bensì solo
dei danni che traggono la loro origine da un difetto insito in tali prodotti.
Si può pertanto asserire che la direttiva accolga un regime di responsabilità
senza colpa o oggettiva, dal momento che basa la responsabilità del produttore sul
carattere difettoso del prodotto, indipendentemente dalla sussistenza di un certo
grado di colpa nella condotta del produttore medesimo
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.
Il concetto di difetto, così come inteso nel testo comunitario, non è
necessariamente collegato all’idoneità del prodotto alla realizzazione del fine per
il quale esso è stato acquistato. Un prodotto può essere difettoso in quanto non
offra la sicurezza cui il consumatore ha diritto ed, al contempo, essere
perfettamente idoneo all’uso cui è destinato. E’ questo il caso di un difetto
secondario, la cui presenza non impedisce al prodotto di realizzare il risultato per
cui fu fabbricato.
In secondo luogo, occorre porre l’accento sul fatto che il concetto di prodotto
difettoso non coincide necessariamente con quello di prodotto pericoloso. Vi
sono, infatti, prodotti pericolosi che, se corredati di adeguate istruzioni ed
avvertenze, offrono la sicurezza che ci si deve, e ci si può, legittimamente
attendere dagli stessi.
Già prima dell’emanazione del testo comunitario era stato elaborato da parte
del Consiglio d’Europa un regime di responsabilità specifico ed esclusivo, con
riferimento ai prodotti pericolosi; anche se a riguardo si avanzavano dubbi in
ordine al fatto che non sempre è possibile determinare a priori la pericolosità di
un prodotto. Circa i rapporti tra difettosità e pericolosità di un prodotto, essi vanno
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Art. 6 dir. 85/374/Ce – “1. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può
legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) la presentazione del
prodotto; b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato; c9 il momento della
messa in circolazione del prodotto.
2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più
perfezionato sia stato messo in circolazione successivamente ad esso”.
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v. A. FUSARO, Note sulla direttiva comunitaria in tema di responsabilità del produttore, in
Giurisp. Comm., I, 1987, pag. 139