Introduzione
v
storico il riconoscimento del minore come soggetto giuridico, finalmente
titolare di quei diritti fondamentali che la storia gli aveva da sempre negato.
Tutto iniziò nel 1924 con la Dichiarazione di Ginevra, volta ad imporre
agli adulti doveri di protezione nei confronti dei bambini. Successivamente
la Dichiarazione ONU del 1959 riconobbe il bambino come titolare di diritti
imprescindibili. Ultima in ordine di tempo è, invece, la Convenzione
Internazionale dei diritti del fanciullo di New York nel 1989.
In questo percorso si può senza dubbio notare l’evoluzione dello status
giuridico del bambino; non più come semplice oggetto di protezione da
parte degli adulti ma, anzitutto, una persona titolare dei più ampi diritti di
cittadinanza. La nostra Costituzione
3
, come quelle di molti altri paesi,
riconobbero ai minori la titolarità di diritti inalienabili. Ed è proprio da
questo punto che si è deciso di partire nell’affrontare il tema della tutela del
minore in televisione.
Si è scelto di suddividere la tesi in quattro capitoli, secondo la scala
decrescente del valore normativo, partendo dalla tutela costituzionale fino
ad arrivare alle regole imposte dai vari codici di autodisciplina.
L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di comprendere quale sia
il giusto limite tra programmazione televisiva (che comprende programmi
televisivi, telegiornali, film, fiction ecc.) e il diritto del minore ad una sana
ed equilibrata crescita. Cercheremo, quindi, di capire esattamente quali
sono i casi in cui il diritto del minore prevale sulla programmazione
televisiva e viceversa.
Nel capitolo primo si è cercato di affrontare, innanzitutto, la disciplina
cardine del sistema dei mezzi di comunicazione nel nostro paese: l’articolo
21 della Costituzione. Ci si è subito soffermati sul suo contenuto,
analizzando in particolare le sentenze della Corte Costituzionale e gli
orientamenti dottrinali prevalenti. Va, infatti, ricordato che nel 1948, anno
in cui fu pubblicata la nuova Costituzione Repubblicana, non esisteva ancora
un servizio televisivo nazionale
4
, quindi, il costituente non ha avuto modo di
individuare specifici principi per questo mezzo.
Il nostro lavoro prosegue con l’analisi dei limiti al diritto di
manifestazione del pensiero, limiti che hanno diviso e che continuano a
3
La Costituzione italiana se ne occupa negli articoli 29, 30 e 31.
4
Per le prime trasmissioni l’Italia dovrà aspettare il 1954.
Introduzione
vi
dividere la dottrina e la giurisprudenza. In particolare ci occuperemo di
quelli relativi al diritto di cronaca, dove il dibattito è ancora apertissimo non
solo a livello costituzionale.
Infine, ci siamo interrogati sui diritti del minore garantiti dalla nostra
Carta Costituzionale, cercando di capire in che misura la tutela stessa dei
più piccoli possa rappresentare, a sua volta, un limite all’articolo 21.
Le fonti normative sono state, invece, approfondite nel capitolo secondo.
Nello specifico abbiamo deciso di affrontare la relazione tra minore e
televisione sotto tre aspetti: il minore come utente, il minore coinvolto in
casi di cronaca e, infine, il minore protagonista di spot o spettacoli televisivi.
Relativamente al primo aspetto, il nostro punto di partenza sono state le
principali norme relative all’emittenza televisiva: la legge 6 agosto 1990
n. 223 (c.d. Legge Mammì), la legge 31 luglio 1997 n. 249 (c.d. legge
Maccanico), la legge 3 maggio 2004 n. 112 (c.d. legge Gasparri) e il Codice
di Autoregolamentazione Tv e minori del 2002. Ognuna di queste norme ha
rappresentato, chi più e chi meno, un importante passo verso la diffusione
di una cultura televisiva all’insegna del rispetto e della tutela dell’utenza
minorile. Abbiamo, poi, affrontato alcune disposizioni specifiche legate alla
trasmissione di film per il cinema, film per la tv e, in particolar modo, la
normativa relativa alla pubblicità.
Per quanto riguarda il minore coinvolto in casi di cronaca, abbiamo
deciso di analizzare la fonte principale del nostro ordinamento in tema di
riservatezza: il Testo unico della privacy (decreto legislativo n. 196 del
2003). Non abbiamo, però, dimenticato di citare la legge n. 675 del 1996,
meglio conosciuta come legge sulla privacy, che ha rappresentato un primo
e importantissimo passo verso la tutela della riservatezza dell’individuo.
Oltre a dar spazio alle principali disposizioni in tema di riservatezza, in
particolar modo nei casi di cronaca giornalistica, si è dedicato un apposito
paragrafo all’organo di Garanzia del rispetto delle regole previste: l’Autorità
Garante per la Protezione dei dati personali. Solo dopo questa premessa si
affronteranno, nello specifico, le diverse disposizioni a tutela del minore
coinvolto in casi di cronaca.
Relativamente al minore attore, aspetto decisamente meno problematico
tra i tre affrontati, valuteremo quali sono i diritti del minore lavoratore nel
mondo dello spettacolo. La disciplina di riferimento in questo caso sarà la
Introduzione
vii
legge 17 ottobre 1967 n. 977, che affronta in generale la tematica del
lavoro minorile. Altre importanti disposizioni, in particolar modo nel mondo
della televisione, sono contenute nella legge Gasparri e nel Codice di
Autoregolamentazione tv e minori.
Nel terzo capitolo affronteremo, invece, le fonti deontologiche, cioè quel
complesso di regole stabilite dai vari ordini professionali.
Per quanto riguarda l’autoregolamentazione nel giornalismo, siamo
partiti dai due principali documenti a tutela del minore: la «Carta di
Treviso» del 1990 e il «Vademecum 1995». «La carta dei doveri del
giornalista» e il «Codice deontologico» verranno presi in considerazione
limitatamente alle parti in cui si parla di minori.
A proposito di programmazione televisiva, parzialmente affrontata nel
secondo capitolo con il Codice di autoregolamentazione tv e minori, ci
occuperemo di due importanti codici sottoscritti dagli operatori della
Concessionaria pubblica: «Carta dell’informazione e della programmazione
del servizio pubblico radiotelevisivo» e la «Carta dei diritti e dei doveri del
giornalista radiotelevisivo del servizio pubblico».
L’autodisciplina in pubblicità concluderà questo nostro percorso
attraverso le fonti deontologiche. Ci occuperemo, infatti, del Codice di
autodisciplina pubblicitaria (C.A.P.) e del recente codice di
autoregolamentazione in tema di televendite. Anche in questo caso ci
limiteremo a considerare le sole disposizioni a tutela del minore, che per i
C.A.P. sono gli articoli 11 e 28-bis.
Inoltre, dedicheremo un apposito paragrafo al ruolo del Giurì e del
Comitato di controllo, in modo da poter confrontare l’efficacia dei tempi di
applicazione e delle sanzioni rispetto agli strumenti previsti dalla legge
ordinaria.
Il quarto e ultimo capitolo verrà dedicato all’analisi dei principali casi di
violazione rilevati dagli organi incaricati al controllo e all’applicazione delle
regole a tutela del minore: per la parte giornalistica faremo riferimento alle
sentenze dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, per la
programmazione televisiva alle delibere del Comitato di controllo di
applicazione del Codice di autoregolamentazione tv e minori e, infine, per la
pubblicità faremo ricorso alle decisioni del Giurì.
CAPITOLO PRIMO
- Fonti Costituzionali -
1.1 Il contenuto dell’articolo 21
Oggi uno stato si definisce democratico quando garantisce ai propri
cittadini la libertà di manifestazione del proprio pensiero, infatti, la
privazione di questo diritto è tipica dei regimi autoritari. La storia del nostro
paese, purtroppo, insegna che tale diritto può essere facilmente calpestato.
Fu così, ad esempio, con la dittatura fascista, in cui la libertà di espressione
fu pesantemente ridotta per dare spazio alle sole voci favorevoli al regime.
Oggi, fortunatamente, la centralità di questo diritto è una certezza,
tant’è che difficilmente potrà mai essere messo nuovamente in discussione.
Per questo motivo la libertà di pensiero viene anche definita «libertà
funzionale», in quanto espressione del buon funzionamento della
democrazia che si fonda appunto sulla partecipazione dei cittadini alla vita
del proprio paese
1
.
La stessa Corte Costituzionale è tornata più volta a ribadire l’importanza
di questo diritto: “In più occasioni la Corte Costituzionale ha avuto modo di
riconoscere il carattere presupposto e fondante della libertà di
manifestazione del pensiero, individuando in essa la «pietra angolare»
1
Per approfondire: Barile Paolo, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, Il Mulino, Bologna,
1984, p. 229.
CAPITOLO PRIMO – Fonti costituzionali
2
(Sentenza 2 aprile 1969 n. 84)
2
dell’ordinamento democratico, un «diritto
coessenziale» al regime di libertà garantito dalla Costituzione (Sentenze 4
febbraio 1965 n. 9 e 21 marzo 1968 n. 11)
3
, la «condizione preliminare»
per l’attuazione, ad ogni livello, centrale e locale, della forma propria dello
Stato democratico” (Sentenza 11-20 luglio 1990 n. 348)
4
. Si tratta, quindi,
di un vero e proprio diritto dell’uomo costituzionalmente garantito
5
.
Nell’Italia liberata dal fascismo si pose immediatamente il problema della
revisione di tutte quelle norme che, fino ad allora, avevano limitato la
libertà di espressione. Punto di partenza di questo diritto riconquistato fu
l’articolo 21 della nuova Costituzione Repubblicana, il quale sancisce al
primo comma: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
La formula sintetica del primo comma racchiude molti più significati di
quello che può apparire ad una prima lettura. Già la sola parola “Tutti” ha
dato vita ad un interessante dibattito sulla titolarità di tale diritto.
L’impostazione prevalente riconosce il diritto di manifestazione del pensiero
sia ai cittadini italiani, cui la Costituzione fa inevitabilmente riferimento, sia
ai cittadini stranieri, confermando che si tratta di un vero e proprio diritto
dell’uomo
6
.
Un’impostazione minoritaria, al contrario, la riconduce ai soli cittadini
italiani: “non può certamente sottovalutarsi la posizione giuridicamente
antitetica, seconda la quale la Costituzione, come fatto politico, possiede
rilevanza per i cittadini”
7
. L’intervento della Corte Costituzionale ha spazzato
via ogni dubbio sulla questione. Infatti, è stata più volte ribadita
l’eguaglianza dello straniero rispetto al cittadino, soprattutto per ciò che
riguarda la sfera dei diritti fondamentali (Sentenze: 12 dicembre 1962
2
In www.cortecostituzionale.it.
3
In www.cortecostituzionale.it.
4
Gardini Gianluca, “Le regole dell’informazione: principi giuridici, strumenti, casi”, Bruno
Mondadori, Milano, 2005, p. 14.
5
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 2.
6
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 5.
7
Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia Giuridica”, Volume
XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Istituto
poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 4.
La tutela del minore in televisione
3
n. 120, 19 giugno 1969 n. 104, 2 luglio 1970 n. 144 e 15 giugno 1979
n. 54)
8
.
A queste va anche aggiunta la sentenza 9 luglio 1974 n. 225
9
dove, oltre
ad essere affermata l’eguaglianza dello straniero, si evidenzia anche il
carattere transfrontaliero dell’informazione
10
.
La libertà di manifestare il proprio pensiero, infatti, deve potersi svolgere
senza limitazioni di frontiere, comportando
11
:
- L’obbligo di astenersi dall’ostacolare in qualsiasi modo la libera
circolazione delle informazioni sia all’interno che verso l’esterno;
- L’obbligo di adoperarsi affinché tale libera circolazione sia assicurata.
Sempre riconducibile a quel “Tutti” dell’articolo 21, anche se attraverso
una lettura combinata con altre disposizioni costituzionali, va ricordato il
«principio pluralistico». Esso, come è stato più volte sottolineato anche dalla
Corte Costituzionale (Sentenze: 6-13 maggio 1987 n. 153, 13-14 luglio
1988 n. 826, 5-7 dicembre 1994 n. 420, 24 aprile-7 maggio 2002 n. 155 e
20 novembre 2002 n. 466)
12
, è considerato come il valore costituzionale più
importante in materia di mezzi di comunicazione di massa
13
.
“La Corte riconosce che nell’epoca contemporanea, proprio per la
rilevante dimensione dei fenomeni economici, la libertà di manifestazione
del pensiero non può che essere appannaggio di pochi soggetti. Quindi,
diventa decisivo il nuovo profilo del diritto all’informazione che appartiene,
in linea di principio, a tutti i cittadini e che acquista uno spessore concreto
grazie agli interventi legislativi che, in attuazione dell’articolo 21 della
Costituzione, individuano delle soglie precise alle posizioni dominanti nel
settore dell’informazione e in attuazione dell’articolo 3, all’articolo 21 e
8
In www.cortecostituzionale.it
9
In www.cortecostituzionale.it
10
Per approfondire: Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia
Giuridica”, Volume XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni
Treccani, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 4.
10
In www.cortecostituzionale.it
11
Per approfondire: Strozzi Girolamo, “Libertà di informazione e società dell’informazione”, in
“Diritti nuove tecnologie trasformazioni sociali”, scritti in memoria di Barile Paolo, Cedam,
Padova, 2003, p. 739
12
In www.cortecostituzionale.it.
13
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 83.
CAPITOLO PRIMO – Fonti costituzionali
4
all’articolo 41, 3 comma
14
, della Costituzione definiscono gli obblighi del
servizio pubblico a tutela dei cittadini e della loro libertà in questo campo”
15
.
Il principio pluralistico, ricavato dalle seguenti norme costituzionali, sta a
significare che la molteplicità di iniziative imprenditoriali rappresenta un
valore costituzionale e un obiettivo da perseguire da parte del legislatore
16
.
La sentenza della Corte Costituzionale 5-7 dicembre 1994 n. 420 ha, infatti,
sottolineato che: “l’opportunità di conseguire una dimensione di impresa
ottimale, sotto il profilo economico aziendale, non risponde peraltro, alla
preminente necessità di assicurare il pluralismo”
17
. Comunque, è evidente
che, in caso di conflitto, sia sempre l’articolo 21 a prevalere sull’articolo 41.
Il primo comma si preoccupa, poi, di definire le modalità di espressione
del proprio pensiero. Esse possono essere espresse in: forma orale, in
forma scritta o con qualsiasi altro mezzo di diffusione
18
. Si tratta, quindi, di
una clausola aperta, che permette ai media più o meno recenti, come la
televisione e internet, di rientrare sotto la tutela dell’articolo 21
19
.
È, altresì, importante sottolineare che l’articolo 21, comma 1, copre sia il
momento della manifestazione del pensiero sia quello della sua diffusione.
Questa distinzione è evidente nell’ambito dello stesso articolo 21: “tutti
hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” - e subito
dopo aggiunge - “attraverso la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione”.
In questo modo viene coperto sia il momento della manifestazione del
pensiero sia quello della sua diffusione. “Da una parte stanno quindi le
libertà relative alla libera manifestazione del pensiero propriamente detta,
dall’altra quella concernenti il libero uso dei mezzi di diffusione. Per quanto
14
“La legge determina in programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
15
Zaccaria Roberto, “Servizio pubblico radiotelevisivo, garanzia del diritto all’informazione e
istituzioni di effettiva tutela”, in “Diritti nuove tecnologie trasformazioni sociali”, Cedam,
Padova, 2003, p. 930.
16
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 83.
17
In www.cortecostituzionale.it.
18
Degna di nota la formula ampia utilizzata dal costituente nel definire tale libertà, il tutto in
contrapposizione con quanto disciplinato nei successivi commi incentrati prevalentemente
sulla libertà di espressione a mezzo stampa.
19
Per approfondire: Colarullo Enzo, “Manuale di diritto dell’informazione e della
comunicazione”, Giappichelli Editore, Torino, 2003, p. 7.
La tutela del minore in televisione
5
riguarda queste ultime, la libertà di manifestare il proprio pensiero ne
costituisce il logico presupposto”
20
.
Infine, la libertà di pensiero comprende a sua volta la «libertà di
tacere»
21
, cioè il diritto a mantenere segrete le proprie opinioni e
conoscenze. Questo risvolto trova un ulteriore rafforzamento anche grazie
all’articolo 48
22
della Costituzione
23
.
L’articolo 21, dal secondo al quinto comma
24
, si occupa in modo
esclusivo del fenomeno della stampa. La Costituente, mancando di
lungimiranza, non tenne conto né dei media emergenti del tempo, come ad
esempio la radio, né di quelli che stavano compiendo ancora i primi passi
prima di un completo sviluppo e diffusione, come la televisione
25
. Dobbiamo
comunque ringraziare anche questa serie di disposizioni se oggi vengono
riconosciuti due concetti fondamentali: il diritto di informazione e il diritto di
cronaca.
Si può facilmente notare che l’assemblea costituente non ne ha fatto in
alcun modo esplicita menzione; eppure il diritto all’informazione era già una
realtà all’epoca della stesura della nostra Carta Costituzionale. Infatti, le
coeve «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo» del 1948 e la
«Convenzione Europea» del 1950 la ascrivevano, senza alcun problema, tra
i diritti fondamentali dell’uomo.
20
Fois Sergio, “Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero”, Giuffrè Editore,
Milano, 1957, p. 23.
21
Intesa come risvolto negativo della libertà di espressione del pensiero.
22
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza
penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.
23
Per approfondire: Barile Paolo, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, Il Mulino,
Bologna, 1984, p. 231.
24
“La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di
delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione
delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento
dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di
polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare
denuncia all’autorità giudiziaria, se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive,
il sequestro si intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica” (Per il sesto comma rimandiamo al prossimo
paragrafo dedicato ai limiti).
25
Per approfondire: Roidi Vittorio, “Diritto dell’informazione”, Edizioni Simone, Napoli, 2003,
pp. 18-19.
CAPITOLO PRIMO – Fonti costituzionali
6
Solo qualche anno più tardi anche la Corte Costituzionale riconobbe il
diritto di cronaca tra quelli coperti dall’articolo 21
26
. “Il rilievo costituzionale
della libertà di cronaca (comprensiva dell’acquisizione delle notizie) e della
libertà di informazione quale risvolto passivo della manifestazione del
pensiero, nonché il ruolo svolto dalla stampa come strumento essenziale di
quelle libertà”
27
(Sentenza 22 gennaio 1987 n. 1). Abbiamo qui appena
introdotto il concetto di «risvolto passivo»; la nozione di informazione,
infatti, si presta a definire fenomeni sostanzialmente e giuridicamente
diversi
28
:
- Lato Attivo, intendiamo il diritto di diffondere informazioni attraverso
tutti i canali possibili.
- Lato Passivo, cioè il diritto di ricevere e ricercare informazioni. Questa
dimensione risulta essere particolarmente importante per chi svolge
la professione giornalistica.
Oggi l’esercizio del diritto di informazione e di cronaca è pienamente
riconosciuto dal nostro ordinamento, questo però non deve comportare la
lesione o il pregiudizio degli altri principi fondamentali garantiti dalla
Costituzione.
Dunque, è opportuno distinguere la nozione di cronaca e la nozione di
manifestazione; mentre la prima è da ricondurre al diritto di informare,
diritto riconosciuto soprattutto ai mass media, il secondo riguarda la
persona intesa come singolo
29
. Bisogna evitare di escludere il diritto di
cronaca dalla tutela dell’articolo 21. Infatti, espressione del pensiero e
narrazione dei fatti costituiscono un unicum che acquisisce valenze
giuridiche diverse, a seconda che sia oggetto di manifestazioni individuali
oppure dell’attività dei mezzi di comunicazione di massa
30
.
26
In questo caso il diritto all’informazione è da intendersi come categoria più ampia del
diritto di cronaca.
27
In www.cortecostituzionale.it.
28
Per approfondire: Chiola Claudio, “Diritto all’informazione”, in “Enciclopedia Giuridica”,
Volume XVI, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani,
Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 1.
29
Per approfondire: Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia
Giuridica”, Volume XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni
Treccani, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 2.
30
Per approfondire: Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia
Giuridica”, Volume XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni
Treccani, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 2.
La tutela del minore in televisione
7
1.2 I limiti alla libertà di manifestazione del pensiero
Esistono tre ordini di limiti alla libertà di manifestazione del pensiero:
1) I limiti logici;
2) I limiti espliciti;
3) I limiti impliciti.
“L’esigenza del limite nasce laddove l’esercizio in concreto dei diritti di
libertà da parte dei singoli individui si pone in conflitto con altri interessi
ugualmente rilevanti e tutelati. […] Tuttavia, è altrettanto evidente che i
limiti al libero esercizio della libertà di manifestazione del pensiero non
possono venire moltiplicati ad arbitrio, né la loro individuazione potrebbe
essere affidata al legislatore ordinario, a pena di vanificare la garanzia
dell’articolo 21 della Costituzione”
31
.
Per questa ragione gli unici limiti alla libertà di espressione del pensiero
possono essere ricavati solo dalla stessa Costituzione. Lo ha deciso la Corte
Costituzionale con la Sentenza 21 novembre 1968 n. 120: “La libertà di
manifestazione del pensiero non può trovare limitazioni se non nelle
disposizioni legislative dirette alla tutela di altri beni e interessi fatti oggetto
di protezione costituzionale”
32
.
La Corte Costituzionale, nelle sue prime decisioni, ha avuto la tendenza
ad individuare una serie di c.d. limiti logici alla libertà di manifestazione del
pensiero; cioè di quelle forme che, andando oltre il puro pensiero,
incitavano all’azione
33
. Tale impostazione aveva, in realtà, lo scopo di non
ricondurre alla tutela dell’articolo 21 alcune forme di manifestazione del
pensiero come l’istigazione, l’apologia, la propaganda e la pubblicità
34
.
Proprio su queste ultime due la dottrina si è divisa; infatti, secondo
alcuni queste: “Non godrebbero della piena garanzia costituzionale
dell’articolo 21 - mentre per altri - rientrano assolutamente in tale ambito.
L’opinione più restrittiva, in ordine all’inquadramento costituzionale della
31
Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”, Cedam, Padova, 2004,
p. 10.
32
In www.cortecostituzionale.it.
33
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 7.
34
Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia Giuridica”,
Volume XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani,
Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 1.
CAPITOLO PRIMO – Fonti costituzionali
8
pubblicità, nasce probabilmente anche dal fatto che questa particolare
forma di manifestazione è considerata strumentale rispetto alla libertà di
iniziativa economica e quindi sottoponibile agli stessi limiti che l’articolo 41
35
della Costituzione prevede a tale riguardo”
36
.
Con la sentenza 23 giugno 1965 n. 68
37
la Corte Costituzionale ha
escluso che le manifestazioni di pubblicità commerciale possano rientrare
nell’area dell’articolo 21 della Costituzione, in quanto la particolare garanzia
costituzionale è posta a difesa della sola stampa di cultura, di opinione e
d’informazione
38
. Questa lettura, però, risulta essere, oggi come oggi,
leggermente anacronistica: “se si tiene conto, peraltro, che la realtà
moderna ha portato gli stessi partiti politici, che sono i più emblematici
utilizzatori dell’articolo 21 della Costituzione, ad impiegare nelle campagne
elettorali, in forma di estrema sintesi della proposta politica, gli schemi e i
modelli della pubblicità commerciale, sembra assai arduo negare ad un tale
profilo la tutela dell’articolo 21 della Costituzione”
39
.
La libertà di manifestazione del pensiero, come sappiamo, ha lo scopo di
sollecitare un attività intellettuale negli altri individui; ciò vuol dire che, in
primo luogo, ove invece la manifestazione voglia sollecitare negli altri
«l’azione», è per lo meno dubbio che si resti nell’ambito della libertà di
pensiero
40
.
Negare tale aspetto significa diminuire il suo valore e la sua portata.
“Bisogna distinguere a seconda che l’azione al cui compimento la
manifestazione del pensiero incita, sia lecita o no: se lecita, l’incitamento a
tale azione costituisce esercizio di libertà; questo perché, se un’azione è
esplicitamente od implicitamente dichiarata legittima dall’ordinamento
giuridico, anche l’incitamento a compierla deve essere ritenuto legittimo
35
“L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e
privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”
36
Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”, Cedam, Padova, 2004,
p. 8.
37
In www.cortecostituzionale.it.
38
Per approfondire: Chiola Claudio, “Libertà di manifestazione del pensiero”, in “Enciclopedia
Giuridica”, Volume XVII, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni
Treccani, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1989, p. 6.
39
Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”, Cedam, Padova, 2004,
p. 7.
40
Per approfondire: Fois Sergio, “Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero”,
Giuffrè Editore, Milano, 1957, p. 113.
La tutela del minore in televisione
9
(caso tipico l’incitamento a votare un determinato partito politico)”
41
.
Quindi, anche l’incitamento all’azione trova riconoscimento nell’articolo 21,
a meno che l’azione tenda a spingere fattivamente a commettere reati.
Tutte le idee quando vengono diffuse producono degli effetti nei
destinatari. Questi non solo vengono convinti a pensare in un certo modo,
ma anche ad agire e a comportarsi in modo coerente rispetto ai messaggi
che si ricevono
42
. Oggi l’interpretazione prevalente vede riconosciuto
pienamente il diritto di incitamento all’azione nell’articolo 21 della
Costituzione
L’unico limite esplicito alla manifestazione del proprio pensiero è, invece,
rinvenibile nello stesso articolo 21, comma 6: “Sono vietate le pubblicazioni
a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a
reprimere le violazioni”.
Esso si divide in due precetti
43
:
1) Di carattere negativo, cioè operante come vero e proprio limite alla
libertà di manifestazione del pensiero (“sono vietate le
pubblicazioni…”);
2) Di carattere positivo, che delega al legislatore il compito di “prevenire
e reprimere” le eventuali violazioni.
Il costituente, come possiamo notare, non ha voluto dare una definizione
di buon costume. Il suo obiettivo era, infatti, quello di ridurre gli interventi
limitativi all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, in modo
che questa non fosse completamente neutralizzata
44
. Si tratta, quindi, di
una norma in bianco, che permette al concetto di buon costume di
adeguarsi alla normale evoluzione dei costumi sociali
45
.
41
Fois Sergio, “Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero”, Giuffrè Editore,
Milano, 1957, p. 113.
42
Per approfondire: Barile Paolo, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, Il Mulino,
Bologna, 1984, p. 229.
43
Per approfondire: De Roberto Giovanni, “Buon costume – diritto costituzionale”, in
“Enciclopedia Giuridica”, Volume V, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da
Giovanni Treccani, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1988, p. 1.
44
Per approfondire: Cortese Roberto, “Moralità pubblica e buon costume”, in “Enciclopedia
del diritto”, Volume XXVII, direzione Mortati Costantino, Pugliatti Salvatore, Giuffrè Editore,
Torino, 1977.
45
Per approfondire: Trabucchi Alberto, “Buon costume”, in “Enciclopedia del diritto”, Volume
XXVII, direzione Mortati Costantino, Pugliatti Salvatore, Giuffrè Editore, Torino, 1959, p.
700-701.
CAPITOLO PRIMO – Fonti costituzionali
10
“Allo stato della dottrina e della giurisprudenza possono comunque dirsi
precisate due proposizioni: che il buon costume non coincide con la moralità
pubblica e che esiste una nozione di buon costume costituzionale distinta da
quella disciplinata nella legislazione ordinaria”
46
. Di conseguenza, sarebbe
un errore guardare alle altre fonti del diritto per eliminare i dubbi sulla
questione
47
.
Anche la Corte Costituzionale ha cercato di fissarne i concetti senza però
arrivare ad una definizione finale. Infatti, la sentenza del 4 febbraio 1965
n. 9 definisce buon costume: “un insieme di precetti che impongono un
determinato comportamento nella vita sociale di relazione, la inosservanza
dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale […], della
dignità personale che con esso si congiunge, e del sentimento morale dei
giovani”
48
.
La dottrina si è prevalentemente indirizzata nell’interpretare il limite del
buon costume con particolare riferimento alla sfera del comune senso del
pudore e di pubblica decenza, quindi, orientandosi essenzialmente verso la
sfera della morale sessuale
49
. Questa interpretazione ha, in realtà, lo scopo
precipuo di tutelare lo sviluppo della personalità dei minori
50
.
Per quanto riguarda le manifestazioni rivolte ai minori la nozione di buon
costume risulta allargata, in considerazione della loro immaturità e
inesperienza. Una parte della dottrina ha, però, interpretato tale limite a
loro difesa esclusiva; visto che i maggiorenni hanno comunque la libertà e la
maturità di decidere di ricevere o assistere a pubblicazioni-spettacoli
contrari alla normale concezione di buon costume
51
.
46
De Roberto Giovanni, “Buon costume – diritto costituzionale”, in “Enciclopedia Giuridica”,
Volume V, a cura dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Istituto
poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1988, p. 1.
47
Il rinvio dell’articolo 21, comma 6, (“La legge stabilisce provvedimenti adeguati a
prevenire e a reprimere le violazioni”) non riguarda in alcun modo il contenuto della nozione
di buon costume.
48
In www.cortecostituzionale.it.
49
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 14.
50
Per approfondire: Caretti Paolo, “Diritto dell’informazione e della comunicazione: stampa,
radiotelevisioni, telecomunicazioni teatro e cinema”, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 25.
51
Per approfondire: Paolo Barile, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, Il Mulino,
Bologna, 1984, p. 259.
La tutela del minore in televisione
11
Vi sono, infine, i c.d. limiti impliciti, che, per comodità, suddivideremo a
loro volta in due categorie
52
:
1) I SEGRETI, divisi a loro volta in:
a) Segreti Pubblici (interesse all’amministrazione della giustizia,
prestigio del Governo e della Pubblica Amministrazione, la
sicurezza dello Stato);
b) Segreti privati (i c.d. segreti professionali).
2) DIRITTI DI PERSONALITÀ, ascrivibili ai più ampi diritti della
personalità (diritto alla riservatezza, all’onore e alla reputazione,
dignità sociale, all’immagine, al nome)
Dei segreti pubblici affronteremo solo il limite dell’amministrazione della
giustizia, l’unico ad essere in qualche modo legato all’oggetto di questa tesi.
Tale limite: “risponde all’esigenza di assicurare una corretta informazione
sulle vicende giudiziarie e quella, parimenti rilevante di non compromettere
lo svolgimento di procedimenti giudiziari in corso a causa di una fuga di
notizie”
53
. Esso trova riconoscimento nel primo comma dell’articolo 24:
“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi”, in quanto ogni procedimento deve aver luogo con tutte le
garanzie necessarie per un suo corretto sviluppo
54
.
Anche la Corte Costituzionale si è espressa a favore, affermando che la
libertà di manifestazione del pensiero: “incontra il limite della esigenza della
realizzazione della giustizia”
55
(Sentenze 6 aprile 1965 n. 25 e 3 marzo
1966 n. 18).
Oggi i media hanno compreso che le vicende giudiziarie, soprattutto
quelle che vedono protagonisti i minori, hanno particolare seguito tra i
lettori e gli ascoltatori
56
. I casi più recenti di cronaca, purtroppo, insegnano
che l’infanzia, oggi più che mai, fa notizia. “La cronaca quotidiana brucia in
tempi molto brevi il suo interesse per i fatti, lasciando ferite profonde, talora
52
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 13; Caretti Paolo, “Diritto dell’informazione e della comunicazione:
stampa, radiotelevisione, telecomunicazioni, teatro e cinema”, Il Mulino, Bologna, 2004, p.
26-27.
53
Caretti Paolo, “Diritto dell’informazione e della comunicazione: stampa, radiotelevisione,
telecomunicazioni, teatro e cinema”, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 26.
54
Per approfondire: Zaccaria Roberto, “Diritto dell’informazione e della comunicazione”,
Cedam, Padova, 2004, p. 56.
55
In www.cortecostituzionale.it.
56
Per approfondire: Faustini Gianni, Porro Renato, Falvo Rodolfo, “L’infanzia in prima pagina,
tra violenza e diritto di cronaca”, Francoangeli, Milano, 1993, p. 98.