1. Introduzione
5
condizioni socio – economiche, dalla paura e dalla
necessità di esorcizzarla, dai rapporti tra sacro e
profano.
Durante la festa vengono infranti i limiti del
quotidiano, si invertono i ruoli, i re diventano servi
e i servi vengono incoronati, sono leciti offese e
scherzi e anche il sacro scende in piazza
diventando elemento di critica e di derisione1.
L'ordine viene infranto, e il disordine viene
accettato in quanto momento necessario al
rinsaldamento dei valori sociali nonchè dei
rapporti di dipendenza e di potere. Ovviamente,
però, la festa non è solo distruzione dell'ordine:
“Per il suo carattere eccezionale, essa
[la società festiva] è manifestazione di una
società specifica, espressione o contestazione
di relazioni quotidiane. La determinazione
del ruolo riservato a ciascuno in questa
società effimera ci fornisce informazioni sulla
comunità, sul gioco delle alleanze e delle
solidarietà.”2
Durante la festa vengono risanciti i rapporti
sociali, vengono ricelebrate le diversità. L'ordine di
uscita delle maschere in una sfilata o i ruoli
ricoperti possono essere, ad esmpio, a
1 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001
2 Martine Boiteux, Struttura e comportamenti: le feste tradizionali
romane tra il XV e il XVIII secolo, in Atti – Festa – Antropologia e
semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, ed.Nuova
Guaraldi, 1981
1. Introduzione
6
pagamento3; in questo caso non si farà che
ricelebrare i rapporti già esistenti, in un'azione
scongiurante o propiziatoria.
Le feste popolari, siano esse sacre o profane,
sono il frutto di un'evoluzione che ha attraversato
tutta la nostra storia. Difficile stabilirne le origini,
nascono probabilmente dalle antiche feste romane
e sopravvivono al teatro ufficiale dopo la caduta
dell'Impero Romano (476) diventando le
celebrazioni teatrali più interessanti dell'epoca
medioevale4.
In realtà più che di festa occorre parlare di
ciclo festivo: la morte è la rinascita, la fine è
l'inizio. Questi elementi cari anche alla cultura
cristiana (il Cristo muore per dare le vita
resuscitando egli stesso), sono alla base
dell'ideologia medioevale. L' abbassamento
corporeo, i mostri e le torture, le umiliazioni, le
imprecazioni e il sesso cari alla letteratura e alle
festività medioevali, non sono solo strumenti utili
per esorcizzare la morte e per propoziare il futuro.
I romantici hanno cercato una corrispondenza
simbolica e allegorica di queste manifestazioni,
analizzando così per la prima volta la realtà
medioevale in un'ottica nuova, ma non sono stati
3 Antonio Pasqualino e Jeanne Vibaek, Struttura e comportamenti: le
feste tradizionali romane tra il XV e il XVIII secolo, , in Atti –
Festa – Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio
Del Ninno, ed.Nuova Guaraldi, 1981
4 Cesare Molinari, Storia del teatro, ed Laterza, Bari 1998
1. Introduzione
7
in grado di leggere criticamente questo passato
finendo per modellarlo alle proprie esigenze. Nel
corso dell'ottocento è stato ripreso il grottesco ma
non più come :
“...gioco insolito, fantasioso e libero
delle forme vegetali, animali e umane, che
passavano l'una nell'altra e quasi si
trasformavano reciprocamente.”
Inoltre:
“In questo gioco ornamentale si
percepisce una straordinaria libertà e
leggerezza della fantasia artistica; questa
libertà, inoltre, è sentita come libertà gioiosa,
quasi ridente.”5
Durante il Romanticismo il grottesco perde
la sua dimensione pubblica riducendosi ad una
visione in solitudine del mondo; l'uomo è cosciente
del proprio isolamento. L'aspetto festivo del riso, la
comicità e la libertà permangono ma sotto forma
di sarcasmo e ironia: scompare l'elemento centrale
della rigenerazione.
L'uomo medioevale è parte integrante della
sua società, il divenire del mondo è concepito in
un ottica comunitaria ed è solo nelle generazioni
future che si realizza l'evoluzione umana.
L'individualismo è inesistente; non è avvertito il
bisogno di ricongiunzione e di riappacificazione
5 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 39
1. Introduzione
8
con la natura e il basso corporeo rappresenta la
forza rigeneratrice. Tutto questo scompare
nell'ottocento: il ritorno alla natura avviene sul
piano individuale e ancora più spesso su quello
mistico e la fisicità viene degradata ad un livello
inferiore dell'esistenza umana, caricandosi spesso
di un significato dispregiativo.
Il Romanticismo riprende anche il tema
delle maschere e della follia. Quest'ultima non è
più una posizione privilegiata che permette di
osservare il mondo senza essere succubi di leggi e
giudizi comuni, ma sottolinea la tragedia, la
sofferenza e l'isolamento individuale. E se nel
Medioevo la maschera:
“...è legata alla gioia degli
avvicendamenti e delle reincarnazioni, alla
relatività gaia, alla negazione gioiosa
dell'identità e del significato unico, alla
negazione della stupida coincidenza con sè
stessi; la maschera è legata agli
spostamenti, alle metamorfosi, alle violazioni
delle barriere naturali, alla ridicolizzazione,
ai nomignoli; in essa è incarnato il principio
giocoso della vita...”6
nel Rinascimento diventa lugubre, ingannevole,
cela il vuoto e la nullità dell'uomo.
Infine, un'altra figura emblematica è quella
del diavolo, che nelle diableries medioevali era il
6 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 47
1. Introduzione
9
portavoce delle verità non ufficiali, allegro
compagno nonchè rappresentante della corporeità
e della santità “alla rovescia”, diventando
personaggio terrificante, crudele e tragico
nell'ottocento.
È utile osservare questa ambiguità e queste
differenze per poter meglio comprendere come
nascono le manifestazioni culturali popolari. Solo
calandosi nella mentalità quattrocentesca si potrà
realmente capire l'affascinante mondo del
carnevale.
Il carnevale è forse il frammento della
cultura popolare che si è conservato meglio nel
corso del tempo, e benchè influenzato
dall'economia e dal turismo, rimane il contenitore
privilegiato degli elementi rituali, di immagini e
maschere propri delle feste popolari.7
L'atmosfera carnevalesca rafforza la
coesione sociale, si perde il rapporto con la
propria fisicità, con l'individualità, diventando
parte integrante del tutt'uno che è il popolo. Il
vivere le stesse emozioni, le stesse sensazioni,
l'essere e il sentirsi parte di una medesima realtà
sono esigenze sempre attuali che vengono oggi
soddisfatte allo stadio, ad un concerto, durante
una processione.8
7 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 238
8 Dayan e Katz, Le grandi cerimonie dei media, ed Baskerville
1. Introduzione
10
“In questo insieme il corpo individuale
cessa in un certo qual modo di essere se
stesso: è come se fosse possibile scambiarsi
l'un l'altro i corpi, rinnovarsi (con
travestimenti e maschere).”9
Il carnevale permette di guardare la realtà in
un'ottica diversa, il quotidiano scompare sostituito
dall'eccezionale, dal diverso.
Il basso corporeo rappresenta la rinascita
ma allo stesso tempo la vicinanza al suolo, al
terreno, sottolinea la finitezza dell'uomo. Si è
provveduto nel tempo a depurare la cultura
medioevale dagli elementi tipici del basso corporeo
legati alla sessualità, al mangiare e al bere in
quantità eccessive; soprattutto quando i
protagonisti erano categorie sociali privilegiate
(non è raro imbattersi in preti, vescovi,
aristocratici ubriachi e satolli che si circondano di
belle donne dai facili costumi). Gli eccessi, di cui
torneremo a parlare, sono il simbolo della vita, e
vengono inevitabilmente associati a simboli della
morte, che non diventano però simboli tragici. La
vita e la morte, sono due elementi centrali nella
comicità carnevalesca, e non possiamo
sorprenderci se la donna muore dando la vita, se il
vecchio è sempre accompagnato dal bambino e se
il grasso è associato al magro – cadaverico.
9 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 279
1. Introduzione
11
Molti elementi della comicità grottesca si
sono persi: i simboli fallici, le nudità, le
imbottiture sono ormai scomparsi o hanno perso il
loro significato originario. La sessualità
rappresentava l'icona di questo rinnovamento ma
banalizzata, è stata interpretata semplicemente
come comicità volgare ed è pressochè scomparsa.
Sopravvive camuffata ed ingentilita solo in alcune
celebrazioni popolari, assumendo però toni
satirici.
La comicità, il riso, rappresentavano nel
Medioevo un modo diverso di interpretare il
mondo, una visione alternativa a quella seria ma
non per questo meno importante. Anzi, il riso
riusciva più del serio a raggiungere gli antri più
reconditi della realtà. Anche il riso, però, come gli
altri elementi che abbiamo esaminato è stato
svuotato del suo originario significato: nel seicento
non è più considerato forma universale di visione
del mondo ma può riferirsi solo a fenomeni
parziali della vita sociale, per lo più negativi; nel
settecento è infine degradato a “svago leggero” e a
strumento socialmente utile per punire persone
riprovevoli e vili.10
Il riso è stato svuotato, semplificato e
banalizzato nel corso del tempo; e questo processo
così lungo rende certamente ardua la
10 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 76 - 77
1. Introduzione
12
comprensione nel ventunesimo secolo della realtà
quattrocentesca. Parlare del riso riferendosi al
Medioevo significa parlare non solo della sua
grande libertà di espressione e dei suoi privilegi,
ma anche della sua capacità di purificare la
serietà, cancellando dogmatismo, fanatismo,
paura, ingenuità, illusione, fissità.
“Il riso è una forma interiore, non
esteriore, sostanziale, a cui non può
sostituirsi la serietà, se non sminuendo e
snaturando il contenuto stesso delle verità
rivelate per mezzo del riso. Esso ha liberato
non soltanto dalla censura esteriore, ma
soprattutto dal grande censore interiore,
dalla paura del sacro, delle proibizioni
autoritarie, dal passato, dal potere: paure
ancorate nello spirito umano da migliaia di
anni. [...] Il riso ha rivelato un mondo nuovo
soprattutto nel suo aspetto gioioso e
lucido.”11
È un riso generale, perchè appartiene al
mondo, è universale poichè tutti ridono di tutti e
soprattutto di se stessi ed infine è ambivalente: è
gioioso e sarcastico, nega e afferma, uccide e dà la
vita.
Tutto ciò però non deve indurre in errore: la
serietà non si trovava ad un livello inferiore
rispetto alla comicità. Sono due realtà
concatenate, funzionali a se stesse; l'una esiste
grazie all'altra ed è proprio dall'altrui diversità che
11 Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi,
Torino 2001, pag 105 – 107, 133 – 136
1. Introduzione
13
trae la propria forza.
Il carnevale nasce come festa popolare ed è
ancora oggi profondamente caratterizzato dagli
elementi propri delle feste di piazza. Con la
crescita dell'interesse gli studi sono aumentati e
alle varie discipline è corrisposto
l'approfondimento di determinati aspetti. Grazie
alle indagini storiche si è riusciti a collocare
diacronicamente i fatti culturali fornendo la
possibilità di analizzarli in rapporto al loro
presente e all'evoluzione storico – sociale e
culturale. Le indagini sociologiche hanno allargato
la prospettiva storica all'organizzazione strutturale
dei fatti mentre gli studi ispirati all'antropologia
culturale e alla semiotica hanno approfondito
l'analisi strutturale delle organizzazioni semiotiche
e dei codici ideologici veicolati. Gli studi
demologici e folklorici si sono infine occupati
dell'interazione tra le varie culture e del rapporto
tra cultura egemone e cultura subalterna.12
Pertanto è possibile individuare secondo
una prospettiva antropologica le invarianti del
fenomeno festivo che permangono
indipendentemente dagli eventi analizzati. Le
feste:
sono periodiche
12 Anna M. Pedullà, Michele Rak e Salvatore Ussia, Le feste napoletane
dell'età barocca, in Atti – Festa – Antropologia e semiotica, a cura
di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno, Nuova Guaraldi 1981, pp. 183 -
184
1. Introduzione
14
ritualizzano i comportamenti
modificano i significati
sono connesse con l'evento fondante13
Le feste popolari sono periodiche e
generalmente legate ai cicli naturali: la semina, il
raccolto, la nascita, l'iniziazione, la morte, la
primavera. Ogni festa ha il suo rituale che va
puntigliosamente rispettato, pena l'esclusione dal
gruppo. I riti festivi vengono tramandati con la
stessa festa anche se nel trascorrere del tempo si
possono modificare i significati attribuiti agli
stessi. Il Carnevale oggi di sovente ripropone
vecchi riti campestri ma nonostante sopravvivano
le rappresentazioni simboliche, i riti sono stati
svuotati riducendosi ad attrazioni turistiche. Ogni
festa infine, come ho già detto, è legata ad un
evento fondante che può essere sacro o profano.
Spesso le pretese di “sacralità” sono dovute alle
necessità storiche; di conseguenza molte
celebrazioni nate nel Medioevo, data l'importanza
e la forza della religione cattolica, vanteranno
origini sacre legate a martiri, a processioni, ad
apparizioni e ad interventi divini (ad esempio i
miracoli).
Utilizzando un diverso approccio ai tratti
peculiari della festa, è possibile individuare
13 Alfonso di Nola, Varianti semiotiche della festa e interpretabilità
marxiana, in Atti – Festa – Antropologia e semiotica, a cura di Carla
Bianco e Maurizio Del Ninno, Nuova Guaraldi 1981, pp 89 – 90
1. Introduzione
15
quattro componenti proprie del fenomeno festivo:
la socialità
la partecipazione
la ritualità
l'annullamento temporaneo e simbolico
dell'ordine14
Abbiamo già detto dell'importanza dei riti e
della loro trasmissione e perpetuazione nel tempo
nonché dell'annullamento della dimensione
temporale e quotidiana, che viene percepita come
momento negativo. Non ci resta che soffermarci
sugli ultimi due aspetti. La partecipazione è
fondamentale; vengono rinsaldati i rapporti sociali
e viene ripresa la dimensione ludica dell'esistenza.
Lo spiraglio di giocosità e di irrazionalità che così
si viene a creare era importantissimo in passato.
Da un lato permetteva al popolo di accettare con
più facilità le restrizioni e la serietà quotidiani,
dall'altro il clero e l'aristocrazia concedendo questi
momenti di svago tranquillizzavano il popolo, lo
legavano a sé ed evitavano così eventuali
sommosse. Infine la festa vede trionfare l'aspetto
sociale che si realizza tramite doni, scambi,
banchetti, visite e tregue dei conflitti.
14 Vittorio Lanternari, Spreco, ostentazione, competizione economica.
Antropologia del comportamento festivo, in Atti – Festa –
Antropologia e semiotica, a cura di Carla Bianco e Maurizio Del Ninno,
Nuova Guaraldi 1981, pp 134 - 136
1. Introduzione
16
ricchezza realmente non c'è.
Attraverso lo spreco festivo si esorcizza la
precarietà dell'esistenza creando una condizione
propizia. Anche tramite lo spreco si riaffermano la
socialità (ad esempio durante la ripartizione del
prodotto) e la partecipazione (il prodotto viene
consumato subito e collettivamente). A titolo
esemplificativo vorrei qui riportare un passo di
Pier Giorgio Solinas che sintetizza perfettamente il
rapporto esistente tra la dimensione festiva, la
negatività del quotidiano e lo spreco sociale.
“1) I rituali di spartizione festiva non
sono che una banda entro uno spettro di
gradi distributivi molto più largo.
L'opposizione ordinariamente impiegata fra
tempo della festa e tempo ordinario è
lacunosa. Infatti l'arco delle variazioni non è
fra normale e festivo, ma fra normale e due
tipi di anormale: l'anormale in eccesso (la
festa) e l'anormale per difetto (la crisi, il
mancare).[...]
2) L'associazione indivisibile di pieno e
di vuoto di soddisfazione e insufficienza fa si
che nei rituali di distribuzione ogni quota
positiva assegnata forma solo una parte, la
più evidente, dell'assegnazione. Insieme a
questa infatti si da sempre qualche cosa di
altro, un simmetrico negativo, un perdere e
uno zero che fa sentire i suoi effetti come se,
a sua volta, si trattasse di un bene positivo.
3) Nel rapporto di mescolanza e
avvicendamento fra privazione ed
eccedenza, fra successo alimentare e
debolezza nutritiva la festa qualifica non uno
stato ma un passaggio di stato. Ciò vuol dire
che quando la festa crea abbondanza, o
anche quando l'abbondanza crea la festa, ciò