2
si aggiungevano seguaci della Cabala, che ravvisavano nei numeri 11 e
19 (il numero dei dirottatori) simboli legati alla fine del mondo,
comportamenti xenofobi nei confronti degli immigrati magrebini,
diffusione della paura e dell’insicurezza (del resto, obiettivo primario
del terrorismo), stereotipi e pregiudizi sulla religione islamica. Il
presente lavoro intende presentare il fenomeno del terrorismo islamico
da un punto di vista geografico, considerando i territori che ospitano i
maggiori focolai di crisi, che si sono estesi in quasi tutto il mondo
musulmano. Il terrorismo, in quanto azione violenta di un’ideologia, è
diventato in questo caso uno strumento al servizio dell’islamismo; a sua
volta, l’islamismo non indica più solo un’idea politica, ma nazionalista.
Partendo dal presupposto che “tutti i terroristi sono fondamentalisti,
ma non tutti i fondamentalisti sono terroristi”, che non esistono buoni e
cattivi musulmani, ma solo credenti più o meno praticanti, è stata
delineata una scaletta concettuale. L’Islam non può essere accusato di
indottrinare alla violenza verso chi non è musulmano, piuttosto che di
discriminare le donne, dal momento che ,non esistendo una Chiesa,
ogni corrente ha dato interpretazioni diverse del Corano e del diritto
fatto dedurre dal Libro; il più delle volte, queste correnti sono in
coflitto tra loro che non con la dottrina cristiana o ebrea. Se è pur vero
che la religione guida l’agire e il pensare umano, è anche vero che
3
l’uomo ha inventato la religione, non viceversa. Il fondamentalismo (o
neo-fondamentalismo) è nato in un periodo in cui la colonizzazione
europea stava entrando in crisi, dal momento che il “fardello dell’uomo
bianco
1
” non aveva più motivo di esistere. I primi movimenti di riforma
nel mondo musulmano erano volti ad un ritorno (salafiyya) alle origini
dell’Islam nel tentativo di trovare un mezzo di riscatto di fronte
all’arretratezza culturale e tecnologica rispetto all’Europa. Attraverso le
Guerre Mondiali, il bipolarismo e la liberalizzazione del mercato
petrolifero, il salafiyysmo è diventato jihadista, ovvero armato;
stravolgendo completamento il concetto di jihad, esso si è alleato con le
frange dell’estrema sinistra, per contrastare il nuovo ordine mondiale
sopravvissuto alla Guerra Fredda. Il terrorismo islamico deriva da idee
tipiche del Nazionalismo e della lotta di classe socialista: di fatto,
entrambi concetti nati e sviluppatisi in Occidente. Il risultato è stato lo
sviluppo di una nuova ideologia che ha trovato terreno fertile nei
territori che da anni ospitano guerre e conflitti a causa di una politica
internazionale scorretta. La rete terrorista responsabile degli attentati
verificatisi a New York, Madrid, Londra, Sharm El Sheik, presente in
quasi tutti e cinque i continenti, è “figlia” dei conflitti (passati e
1
Cfr. SAID Edward W., Orientalismo. Immagine europea dell’Oriente (tr. it),
Feltrinelli, Milano, 2005
4
presenti) in Palestina, Cecenia, Afghanistan, Bosnia, Algeria, Kashmir,
Iraq.
Il terrorismo “islamico” si serve di una tecnica sconosciuta ai passati
movimenti di guerriglia: l’attentato suicida. Benchè l’Islam condanni il
suicidio in quanto solo Dio può dare e togliere la vita, alcuni esperti di
teologia islamica hanno emesso fatawa (sentenze) favorevoli a questi
combattenti definiti “martiri”. La religione è il miglior pretesto per fare
proselitismo e demagogia: dalle Crociate del Medioevo
2
alla guerra nei
Balcani
3
, la fede religiosa è sempre stata la motivazione preferita per
legittimare un conflitto di fronte alla comunità. Senza voler mettere in
dubbio la fedeltà religiosa di personaggi come Mohammed Atta o
Hawa Barayev, la religione non spinge a cercare il significato della vita
nella morte, ma nella fede. Quando la fede viene riposta in
un’ideologia, allora si può essere disposti non solo ad uccidere, ma
anche a morire
4
.
2
Cfr. CARDINI Franco, Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza, Roma-
Bari, 2002
3
Cfr. RUMIZ Paolo, Maschere per un massacro, Riuniti, Roma, 1999
4
Nell’aprile 2006, la Delegazione antiterrorismo della Commissione Europea ha
adottato la proposta, che dovrebbe diventare attiva a partire dal mese di giugno, di
sostituire nei documenti ufficiali la definizione “terrorismo islamico”, con
“terrorismo che invoca abusivamente il nome dell’islam”. Cfr. “L’UE cancella il
terrorismo islamico”,di Massimo Introvigne, pubblicato sul sito www.cesnur.org
5
1 La pluralità dell’Islam
Iniziare una tesi di laurea sul terrorismo islamico partendo
dall’Islam,si inserisce in un disegno preciso. Da una parte non si può
prescindere dal pensiero,dalla weltanshaunng, dalla storia dell’Islam
che sono degenerate in forme di violenza. Dall’altra parte,gli episodi
di cronaca degli ultimi dieci anni hanno portato ad una visione
monolitica e fuorviante della religione. Per parlare del terrorismo
islamico non è possibile non cominciare dall’Islam,partendo dal
presupposto che la religione islamica non esalta affatto il terrorismo,
come del resto nessuna fede. Se dovessi attribuire alla parola Islam
un aggettivo, sceglierei “multicolore”; esso è infatti costituito da più
correnti, scuole di pensiero, scuole giuridiche, ordini mistici, che si
sono sovrapposti a loro volta ad un substrato culturale millenario.
Quando Muhammad cominciò a predicare in seguito ad
un’esperienza mistica,nel 610 d.C. circa,la popolazione della
Penisola Arabica era abitata essenzialmente da semiti al
Nord,nomadi legati a culti pagani e astrali al Centro,cristiani,ebrei e
animasti al Sud, e la società era divisa in clan familiari. La
predicazione di Muhammad non segnò solo l’inizio di una nuova
fede monoteista,ma stabilì le fondamenta per la nascita di una nuova
6
civiltà: da una popolazione frammentata, le cui leggi erano
rappresentate da quelle di ogni singola tribù, ad una società dove i
legami,le reti sociali non erano più costituite da vincoli familiari,di
sangue,ma di fede; dove le norme,fatte derivare dal Corano
(dall’arabo Quran, che significa sia lettura,sia predicazione),il libro
che secondo la tradizione è stato dettato al Profeta da Dio,erano
valide per tutti. In questo modo si costituì una civiltà che si
sovrapponeva ad una già esistente, influenzandosi reciprocamente. I
principali caratteri della fede islamica riguardavano:il monoteismo
(Allah sarebbe la traslitterazione araba di Iddio,lo stesso Dio adorato
da ebrei e cristiani); i profeti,tenuti nella massima
considerazione,poiché hanno dovuto confrontarsi con la debolezza
umana (quindi hanno condotto un jihad), principalmente Adamo,
Noè, Abramo, Mosè ,Gesù, Muhammad, ultimo e quindi il più
importante,poiché ha ricevuto l’ultima rivelazione; creature
ultraterrene, angeli e jinn; la vita nell’Aldilà e il Giudizio Finale; i
libri sacri,soprattutto il Corano, la Sunna (termine arabo che
significa cammino), che raccoglie episodi di vita significativi del
Profeta,gli hadith o detti,di valore paradigmatico,oltre alla Torah,il
Pentateuco, i Salmi di Davide, il Vangelo. L’Islam si presentava
come l’ultima tra le tre religioni monoteiste,quindi la più autentica.
7
Islam deriva da una radice verbale araba che porta in sé il
significato di sottomissione, sottostare alla volontà di qualcuno: il
musulmano si rimette completamente al volere di Dio, ma non con
arrendevolezza e passività. Islam è iman, fede, e ibadat, doveri.
Vivere con passione, con fervore religioso la propria fede significa
non solo curare la vita contemplativa, ma anche quella attiva,
attraverso cinque prescrizioni fondamentali, i cinque pilastri:
professione di fede, shahada (“Non c’è altro dio se non Dio, e
Muhammad è l’Inviato di Dio”); la preghiera rituale, salat, che va
recitata cinque volte al giorno; il digiuno nel mese di Ramadan,
nono mese dell’anno lunare arabo, che si concretizza nell’astensione
dal mangiare, bere, fumare, avere rapporti sessuali (e l’intenzione di
averli), assumere medicinali durante le ore del giorno; l’elemosina
di legge, zaqat, che viene devoluta per fini umanitari o militari; il
pellegrinaggio, hadji, almeno una volta nella vita alla Mecca, città
considerata santa già dalle società preislamiche. Non compare nei
cinque pilastri dal momento che non si tratta di un obbligo
individuale,ma un precetto, la “guerra santa”, jihad, inteso come
sforzo ora dell’anima, ora del fisico,a difesa della propria fede.
Le prime società islamiche,guidate da Muhammad e in seguito
dai successori, i califfi, basavano le regole di convivenza civile su
8
queste prescrizioni,in particolare dal Corano, da cui venne ricavato
un codice etico, una sorta di compendio tra ciò che poteva essere
bene e male, la sharì’a. Non si costituì mai una Chiesa come
istituzione, né fu mai eletto un Papa, un personaggio a cui poter far
riferimento. L’Islam si ramificò in due correnti nel momento in cui
si pose il problema della successione alla morte di Muhammad: i
sunniti a favore di Abu Bakr, fedele compagno del profeta, e gli
sciiti, che avanzarono come califfo il genero del profeta, Alì, e
ripudiarono la Sunna. La civiltà islamica conobbe una forte
espansione,in particolare sotto il califfato abbaside (VIII, X sec. )e
con l’egemonia ottomana, fino al XVIII sec. In tutti questi secoli, la
dottrina islamica si andava sovrapponendosi, senza imporsi, ad un
substrato culturale originario, sistemandosi come l’acqua prende la
forme del contenitore in cui è versata. Pur essendosi costituita come
civiltà, non solo come religione, l’Islam non fu mai, e non lo è
neanche tuttora, uguale in tutte le sue parti: un territorio esteso dal
Marocco all’Indonesia, dalla Russia all’Africa centrale, che non
poteva fare riferimento ad una Chiesa, ad un Papa, ma ai libri sacri e
all’interpretazione che ne veniva data dai “dottori dell’Islam”, gli
ulemà, la cui formazione,a sua volta, apparteneva ad un contesto
geo-storico preciso. L’ Islam conobbe al suo interno diverse
9
scissioni, in particolare tra il X e l’XI sec., per controversie di ordine
teologico ed etico, alla cui radice stava la lotta per il controllo
spirituale e temporale. Pur essendo molto forte tra i musulmani il
senso di comunità, parola che si potrebbe tradurre con umma,
letteralmente “gruppo ben guidato che giunge a buon porto”, dalla
stessa radice di imam, “colui che guida”, tuttavia l’Islam è sempre
stato plurale al suo interno: per ragioni culturali, trovandosi in
territori molto diversi tra loro,e storiche,date le scissioni dovuta alla
mancanza di una autorità centrale che si dichiarasse infallibile. Pur
ritenendo fondamentale argomentare proprio le divisioni interne alla
confessione islamica nell’economia di un discorso sulla geopolitica
dei Paesi islamici, mi limiterò ad elencare le correnti fondamentali:
1-i sunniti, o ortodossi, che si rifanno sia al Corano che alla Sunna,
e costituiscono la corrente più diffusa;
2-gli sciiti, i quali non accettano la Sunna e ritengono che
l’interpretazione del Corano spetti solo a chi ricopre un certo ruolo;
sono l’unica corrente ad avere una sorta di “clero” al suo
interno,ovvero i mullà. Gli sciiti praticano il culto di Alì e di Fatima,
rispettivamente genero e figlia di Muhammad, e sono soliti
celebrare cerimonie dove la pratica del martirio e dell’ascetismo è
molto forte. A loro volta si dividono tra: imamiti
10
”duodecimani”,chiamati così perché riconoscono e venerano dodici
imam (più uno nascosto, che arriverà in futuro); zaiditi, il cui culto è
più vicino a quello degli ortodossi; gli ismailiti, famosi nella storia
per la setta degli Assassini. Gli sciiti costituiscono la corrente
maggiore nella zona dell’Antica Persia,in particolare in Iran.
3-i kharigiti,o dissidenti, che praticano norme molto severe,
condannano il lusso, il fumo, il gioco d’azzardo, e ritengono che
anche uno schiavo possa essere eletto califfo o imam; inoltre,
ammette l’assassinio religioso come forza politica. Si distinguono
in: azraquiti,favorevoli alla pena di morte, e gli ibaditi,più moderati,
i quali sostengono al contrario che il pentimento da solo possa
cancellare i peccati meno gravi; questi ultimi si trovano per lo più in
Oman, a Zanzibar,nell’Isola di Djerba e in alcune zone dell’Algeria
4-gli yaziti, per lo più curdi, mescolano tradizione islamica con
quelle manichee, nestoriane, assire.
5-wahhabiti,setta sorta verso la fine del XVIII sec.,i quali si posero
il problema di come attualizzare il credo islamico, attraverso la
salafiyya,ovvero con il ritorno alla tradizione degli antichi.
6-sufi,ordine mistico,i cui devoti sono dediti a pratiche ascetiche.
Beninteso, eccetto la corrente wahhabita,tutte le altre sono sorte
intorno all’XI, XII sec., hanno avuto una loro storia e sono giunte al
11
XXI secolo. Le scissioni interne, l’espansione da un oceano
all’altro, le diverse dominazioni, prima arabe, poi turche ed europee,
e le diverse scuole giuridiche sunnite relative all’interpretazione del
fiqh, il diritto fatto dedurre dalla sharì’a, possono dare un’immagine
della multicromatismo dell’Islam, aspetto maggiormente accentuato
ai nostri giorni, dove sono sempre più i musulmani che vivono in
contesti di emigrazione.
Islam come religione, come civiltà, come identità. Renè Guenon,
filosofo francese convertitosi all’Islam, in“Oriente e Occidente”
1
,
probabilmente l’opera più ermetica tra quelle pubblicate, confronta
le differenze di fondo tra la weltanshauung orientale e quella
occidentale, tra l’etica cristiana e quella islamica. Il Cristianesimo
annuncia un regno che non è di questo mondo: nel suo messaggio
viene enfatizzato l’aspetto trascendentale,di conseguenza ha dovuto
lasciare spazio alle dottrine liberali e materialiste, la teocrazia ha
ceduto il posto al Cesaropapismo; per i musulmani,invece, Dio li
guida direttamente sulla via terrena attraverso la sharì’a. Chi vive in
un contesto di emigrazione, riconosce nell’Islam non solo la fede,ma
anche le radici; oppure,allenta i propri legami per inserirsi nel
tessuto sociale. Purtroppo la cronaca degli ultimi dieci anni,ma
1
Cfr. GUENON Renè, Oriente e Occidente (tr. it.), Luni, Milano, 2005
12
soprattutto la “telecronaca”, ha contribuito a diffondere
un’immagine stereotipata dell’Islam, dei musulmani,della sharì’a,
che va accantonata nel momento in cui si va a trattare un argomento
delicato come il terrorismo. La religione islamica è andata a
stabilirsi in contesti dove alcune pratiche erano già esistenti:il
Corano non parla affatto di circoncisione,infibulazione o di burqa,né
di kamikaze. Pur essendo la religione una parte importante della
cultura di un popolo,tuttavia non ne detiene il monopolio: l’uomo è
continuamente prodotto e produttore di cultura. Resta da definire
cosa rimanda a precise e ancestrali tradizioni culturali, e cosa
compare in un libro sacro o è stato predicato da un profeta.
Secondo l’Istituto Geografico De Agostini,aggiornato al 2002
2
, i
convertiti all’Islam costituiscono poco meno del 20% della
popolazione mondiale, il 90% dei quali appartiene alla corrente
sunnita; la maggior parte dei musulmani vive nelle regioni
asiatiche,tra Indonesia e Iran, seguite in ordine da Maghreb e Africa
sub-sahariana, Medio Oriente,Europa, Nord e Sud America,
Oceania. Negli ultimi tempi è aumentato il numero di convertiti
all’Islam di origine europea. Questo prospetto rende maggiormente
2
Cfr. CARPANETTO D. Le religioni nel mondo, Istituto Geografico De Agostini,
Novara, 2002; GATTI Roberto C., Conoscere l’Islam. Strumenti per lo studio della
geografia e della religione, ECIG, Genova, 2005
13
l’idea della pluralità dell’Islam: un convertito italiano appartenente
alla corrente sunnita, vivrà la propria fede in modo diverso che un
coetaneo algerino, ma nessuno dei due sarà più musulmano
dell’altro. Non esistono “buoni e cattivi” musulmani: l’adesione o
meno a interpretazioni radicali del Corano non deve essere
necessariamente giudicata in ambito morale, finché non arriva a
ledere la libertà altrui, principio etico. Libertà religiosa significa
anche libertà di vivere la propria religiosità come meglio si crede:
chi si dichiara credente ma non praticante non è per questo più
onesto e tollerante degli altri.
14
2 L’Islam politico: fondamentalismi e
neofondamentalismi
Le categorie di Islam moderato, integralista, radicale,
fondamentalista, sono state creati dagli studiosi in materia, non dai
musulmani: un musulmano si definisce tale e basta. Queste
definizioni sono sorte in seno agli studi orientalisti, sviluppatisi in
particolare nel XIX secolo, in seguito alla diffusione della politica
coloniale e del pensiero positivista. Gli studi sull’Oriente inteso
come dimensione opposta all’Occidente, e sull’Islam come cultura
prima che religione, fanno parte di una disciplina definita
orientalismo. I contatti tra Europa e Medio Oriente, tuttavia,
svilupparono correnti di pensiero anche all’interno del mondo arabo.
Significativi sono stati gli apporti dei pensatori islamici dal
XVIII sec. a oggi. Gli influssi dell’Illuminismo francese giunsero
sino al Maghreb; quello che venne definito “primo riformismo”
denunciava l’arretratezza tecnologica dei Paesi islamici, dovuta ad
una povertà culturale e soprattutto, allo stretto rapporto tra religione
e politica, ove l’una si serviva dell’altra. Benché sotto il dominio
turco non fu mai applicata la sharì’a, e gli affari religiosi erano
compito di un ministero sotto giurisdizione del governo, tuttavia
15
esisteva ancora il califfato, istituzione che aveva in sé poteri
spirituali e temporali. A ciò si aggiunse lo smembramento
dell’Impero Ottomano e la colonizzazione europea. La
consapevolezza di un “ritardo” rispetto all’Europa, sviluppò due
diverse correnti di pensiero, entrambe definite “riformiste”, poiché
parlavano di riforme dal punto di vista politico, ma soprattutto
culturale e sociale. La prima si definiva “liberale”, in riferimento ai
valori e alla civiltà occidentale, auspicando una riforma nel modo di
leggere e interpretare i testi sacri, al fine di vivere una sorta di
Rinascimento, come quello che l’Europa visse nel XV sec. Di
questa corrente faceva parte Alì Abd al-Raziq, vissuto in Egitto a
cavallo tra il XIX e il XX sec., il quale pubblicò nel 1925 il discusso
“ al Islam wa usul al-hukum”, l’Islam e le basi del potere, dove
sosteneva la tesi sull’abolizione del califfato (ufficialmente
cancellato in Turchia nello stesso periodo da Mustafà Kemal, detto
Ataturk). La seconda, più sensibile alla colonizzazione europea,
intendeva partire proprio dall’Islam per colmare il deficit avvertito
in materia di tecnologia e di povertà culturale. Questi pensatori
vennero definiti “radicali”, dal momento che il ritorno alle radici
culturali era proposto come soluzione .Il ritorno in termine di
indagine, di ricerca a quelli che erano concepiti come i “tempi