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fertilizzanti utilizzati per il mantenimento del prato del campo di calcio.
Sfortunatamente, al momento nessuna di queste associazioni può essere provata. (Al-
Chalabi et al, 2005)
9 L’incidenza della SLA è di circa 1-3 casi per 100000 l’anno e la sua prevalenza
si aggira sui 3-5 casi per 100000 l’anno (rapporto maschi/femmine 1.5/1),
rappresentando così la causa più frequente di paralisi nell’adulto. Benché la SLA possa
colpire individui di ogni età, generalmente è prediletta l’età adulta avanzata con picco
fra i 50-70 anni.
9 Dal punto di vista anatomopatologico, la SLA è caratterizzata dalla perdita
selettiva dei motoneuroni della corteccia cerebrale e dei motoneuroni delle corna
anteriori del midollo spinale. I motoneuroni superstiti sono generalmente atrofici, e
spesso presentano anomali accumuli di neurofilamenti (Corpi di Lewy), sia a livello del
corpo cellulare sia a livello dell’assone. Queste alterazioni neuronali sono associate
all’astrogliosi reattiva, che accompagna qualsiasi alterazione degenerativa del sistema
nervoso interessando le fibre dei fasci piramidali che decorrono nelle colonne laterali
del midollo.
9 Le più comuni manifestazioni cliniche dalla SLA includono debolezza
muscolare, fascicolazioni, crampi e progressiva atrofia muscolare. La lesione del
motoneurone periferico causa paresi e atrofia muscolare: questa è assai spiccata ai
muscoli delle mani con quadro, a malattia conclamata, di mano ad artiglio. I muscoli
degli arti inferiori e quelli prossimali dei superiori sono di solito meno gravemente
interessati, ma mai indenni. La lesione dei motoneuroni dei nervi cranici produce
disturbi trofici e paretici dei muscoli della faccia, della lingua, della faringe e della
laringe causando gravi disturbi di deglutizione e di masticazione, e disartria.
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La lesione del motoneurone centrale, oltre a concorrere a provocare i fenomeni paretici,
si manifesta con accentuazione dei riflessi propriocettivi (risposte policinetiche,
estensione delle aree reflessogene, fenomeno di Babinski, cloni delle rotule e dei piedi,
riduzione dei riflessi esterocettivi addominali) e con spasticità.
9 La SLA ha un decorso progressivamente ingravescente e di solito porta a morte
in 2-3 anni per complicazioni varie; frequenti sono la polmonite ab ingestis dovuta alla
disfagia e l’insufficienza respiratoria causate dal progressivo declino della funzione
muscolare. Non sono eccezionali i casi con sopravvivenza più lunga (almeno un caso su
cinque).
Non esistono delle efficaci strategie terapeutiche, l’unica eccezione, sulla base
dell’ipotesi eccitotossica, è al momento rappresentata dal Riluzolo (inibitore della
liberazione pre-sinaptica del glutammato) (Gurney ME et al, 1996). I recenti trials
clinici con l’uso di questo farmaco sono stati piuttosto deludenti, hanno dimostrato solo
un modesto aumento della sopravvivenza, di circa 3 mesi, e una scarsa efficacia nel
combattere la progressione della malattia. (Miller RG et al, 2002).
Dal punto di vista epidemiologico si possono distinguere due forme di SLA.
Comunemente la SLA è di tipo sporadico (SALS), solo nel 10% dei casi la SLA è
ereditaria (o familiare: FALS). Non vi sono differenze cliniche apprezzabili tra SALS e
FALS ad eccezione dell’età di esordio: nei casi di SALS è intorno ai 60 anni, nei casi di
FALS è intorno ai 40 anni. La SLA di tipo sporadico inoltre colpisce maggiormente gli
uomini rispetto alle donne, e in questi l’esordio sembra essere più precoce e la malattia
più severa. Le cause di SLA sono tutt’oggi sconosciute. Solo nel 10% dei casi di SLA
familiare, è stato identificato come causa un difetto genetico sul cromosoma 21, in
particolare sul gene della Cu/Zn superossido-dismutasi (SOD1), enzima citoplasmatico
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antiperossidante (Rosen DR et al, 1993). Tale enzima ha il compito di rimuovere i
radicali liberi dalle cellule. In particolare SOD1 catalizza la reazione di detossificazione
dell’anione soperossido (O
2
-
) che viene convertito in perossido di idrogeno (H
2
O
2
). Si
conoscono 114 mutazioni sul gene SOD1 che causano la malattia, la maggior parte con
ereditarietà di tipo dominante. La mutazione più frequente è D90A, la più studiata è
G93A.
Fig. 1:Struttura cristallina del legame dimerico di SOD1 umano. Gli ioni di rame e zinco sono mosttrati
rispettivamente come sfere blu e arancione. Il loop di zinco è colorato in arancione. il loop elettrostatico
in verde. (Valentine S. et al, 2005)
Tramite una moderna analisi di linkage, di recente, sono state identificate nuove
mutazioni correlate alla malattia, ad esempio sul gene ALS2, che si trova sul
cromosoma 2 e codifica per una proteina di 184 kD chiamata alsina ( Bruijn et al,
2004).
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Patologia Ereditarietà Linkage Gene Esordio
SALS no nessuno sconosciuti Adulto
FALS Dominante 21q22.1 SOD1 Adulto
ALS Dominante 16 ? Adulto
ALS Dominante 18 ? Adulto
ALS Dominante 20 ? Adulto
ALS con Dominante 9q21-22 Adulto
Demenza
frontotemporale
ALS con demenza, Dominante 17q21 Tau Adulto
Parkinsonismo
ALS giovanile tipo 1 legata a X Xp11- Xq12 ? Adulto
Recessiva 15q15-22 ? Adolescenza
ALS giovanile tipo 3 Recessiva 2q33 ALS2 Adolescenza
ALS giovanile Dominante 9q34 ? Prima dei
25 anni
Tab.1. Forme di SLA ereditarie.
Fra tutte le mutazioni quella indagata con maggior attenzione è la forma legata al
cromosoma 21. Infatti la ricerca genetica, grazie all’utilizzo di modelli murini, ripone in
essa le speranze per comprendere il meccanismo fisiopatologico della malattia e per
identificare nuovi approcci terapeutici (Cleveland DW, 1999).
1.1.1 Modello murino
Esistono diverse linee di topi transgenici per SOD1 (Wong PC et al, 1995; Bruijn LI et
al, 1997; Ripps ME 1995; Dal Canto et al, 1995; Kikugawa K et al, 1997), topi in cui
sono state inserite più copie di questo gene. Questi animali presentano una patologia
neurodegenerativa trasmessa con ereditarietà autosomica dominante sorprendentemente
simile alla SLA; i sintomi iniziali sono solitamente una debolezza delle zampe
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posteriori accompagnata da un fine tremore, seguita a breve distanza dai sintomi
maggiori: una ingravescente perdita di funzione della muscolatura delle estremità che si
tramuta in paralisi e atrofia muscolare da denervazione. Gli animali mostrano anche
difficoltà ad alimentarsi e muoiono entro alcune settimane dall’esordio dei sintomi. I
topi portatori di un elevato numero di copie del transgene (high expressor) manifestano
una patologia ad insorgenza precoce e rapidamente progressiva, mentre i topi con un
minor numero di copie del transgene (low expressor) sono affetti da una patologia ad
insorgenza tardiva e a lenta progressione.
Il modello murino più utilizzato è quello proposto da Dal Canto e Gurney nel 1995.
Essi produssero una linea di topi transgenici che sovraesprimevano una forma mutata di
SOD, originariamente riscontrata in una famiglia affetta da SLA. Tale mutazione,
situata nel quarto esone del gene della SOD, consisteva nella sostituzione della glicina
in posizione 93 con un’alanina (G93A); furono ottenute diverse linee di topi
transgenici, delle quali venne sviluppata in particolare quella denominata G1.
All’interno di tale linea sono stati isolati due sottotipi: G1L, un low expressor (18 copie
del gene) in cui la malattia esordisce in media al giorno P130; e un high expressor (25
copie) che manifesta i sintomi più precocemente, intorno al giorno P90. Dal punto di
vista anatomopatologico, le lesioni interessano la materia grigia delle corna anteriori
del midollo spinale e dei nuclei motori bulbari, in modo sovrapponibile a quanto accade
nell’uomo. Nei topi high expressor, le lesioni sono più estese e possono interessare le
corna posteriori, il nucleo dorsale del vago, la formazione reticolare, il nucleo rosso, la
sostanza grigia, la materia grigia del talamo e del cervelletto.
Microscopicamente, l’alterazione più precoce consiste nella presenza di vacuoli di
diverse dimensioni che compaiono a partire dalla seconda settimana di vita, e sono
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rilevabili con la microscopia elettronica (Bendotti C. et al, 2001; Mourelatos Z et al,
1996). Appena prima dell’insorgenza dei sintomi, negli animali high expressor
compaiono dei vacuoli citoplasmatici originati dalla dilatazione dei mitocondri e del
reticolo endoplasmatico; nei low expressor, come nei casi familiari di SLA, tali vacuoli
sono raramente osservabili (Sasaki S et al, 1998). Nella fase di malattia conclamata, i
motoneuroni delle corna anteriori del midollo appaiono atrofici e ridotti di numero;
sono presenti inclusioni citoplasmatiche ialine ubiquitinate (NHI, neuronal hyalin
inclusions), positive all’immunoistochimica per gli anticorpi anti-SOD1, localizzate nel
corpo cellulare e negli assoni, che appaiono rigonfi. Istologicamente le NHI consistono
di un core eosinofilo circondato da un alone pallido, e gli studi ultrastrutturali mostrano
la presenza in esse di neurofilamenti associati a fibrille di maggior spessore; esse
appaiono dunque molto simili ai corpi di Lewy presenti in diverse patologie
neurodegenerative (Shibata N et al, 1998). I topi low expressor presentano tali
inclusioni anche a livello astrocitario (AHI, astrocytic hyaline inclusions): esse sono
positive all’immunoistochimica per SOD1, ubiquitina e GFAP (proteina gliale fibrillare
acida) (Kato S et al, 1997). Le alterazioni compaiono nei low expressor all’incirca dopo
quattro mesi e diventano via via più evidenti col progredire della malattia, interessando
in particolare le colonne laterali e anteriori del midollo.
In relazione al quadro anatomopatologico, gli animali low expressor appaiono dei
modelli più precisi della forma familiare di SLA, e pertanto sono da considerarsi i più
adatti per ottenere informazioni sulla patogenesi del danno neuronale e per
sperimentare possibili strategie terapeutiche.
12
1.1.2 Meccanismi molecolari della perdita selettiva dei motoneuroni
Il danno neuronale nei topi SOD1 presenta una patogenesi complessa, nella quale è
difficile individuare la causa scatenante che dà origine alla cascata di eventi che
culminano con la degenerazione selettiva dei motoneuroni.
ALTERAZIONI MITOCONDRIALI, VACUOLIZZAZIONE E STRESS OSSIDATIVO
Le lesioni iniziali sono localizzate nei mitocondri. Consistono in un variabile grado di
disorganizzazione delle creste e dal rigonfiamento delle camere mitocondriali. Questo
stadio precoce è caratterizzato anche dalla presenza di vacuoli di diverse dimensioni,
con una singola membrana priva di ribosomi e con un contenuto chiaro. La loro origine
non è definita. Oggi, si ritiene che la membrana di questi vacuoli origini dalla
membrana esterna dei mitocondri o dal reticolo endoplasmatico.
I mitocondri alterati e i vacuoli sono stati per lo più osservati nei dendriti di diverso
calibro, nei corpi cellulari e in alcuni assoni dei neuroni delle corna anteriori (Bendotti
C et al, 2001).
I mitocondri potrebbero essere i primi siti danneggiati nei topi SOD1, perché la SOD1
presentando un’alterata capacità metal-binding fa sì che gli ioni rame si accumulino
nello spazio intermembrana (Okado-Matsumoto et al, 2002), oppure catalizzando
reazioni e/o improprie aggregazioni fa sì che si generino molecole reattive (es.
perossinitriti) che danneggiano questi organelli.
Alternativamente le alterazioni mitocondriali potrebbero essere il risultato di
cambiamenti nella permeabilità mitocondriale, risultanti da uno scorretto
funzionamento del MPTP (mitochondrial permeability transition pore: un canale
voltaggio dipendente permeabile ai cationi). Il malfunzionamento di questo canale può
essere indotto da un eccessivo aumento intracellulare di calcio, di agenti ossidanti come
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ROS (reactive oxygen species) (Carrì MT et al, 1997; Liu D. et al, 1999) e di
glutammato.
ANORMALITA’ CITOSCHELETRICHE E AGGREGAZIONE PROTEICA
I neurofilamenti (filamenti intermedi del citoscheletro dei neuroni) sono proteine
composte da tre monomeri: la subunità leggera (NFL), la subunità media (NFM) e
quella pesante (NFH). Nei topi SOD1 i neurofilamenti si accumulano in forma
iperfosforilata nel citoplasma del corpo cellulare e nei segmenti dilatati dell’assone.
Questo accumulo può essere originato dall’alterata fosforilazione proteica prodotta
dalle chinasi. Nel midollo spinale dei topi SOD, infatti, è stato rilevato un progressivo
accumulo di p38MAPK (un componente della famiglia MAPK, una famiglia di serin-
treonin chinasi), che procede parallelamente alla degenerazione dei motoneuroni.
p38MAPK attivato o da un aumento del livello di glutammato extracellulare o dalla
presenza di citochine proinfiammatorie si colocalizza con i neurofilamenti fosforilati
nei corpi cellulari e negli assoni prossimali dei motoneuroni e ne induce
l’iperfosforilazione (Tortarolo et al, 2003). Quando diventano iperfosforilati, il loro
trasporto può non essere funzionale, e ciò porta al loro accumulo (Shibata N et al,
2001).