IV
politico dal vecchio sistema tibetano dei rigidi protocolli di
corte. Una volta in India, il Dalai Lama si impegnò nel
realizzare un nuovo Stato tibetano all’estero, creando una
solida struttura per la comunità dei rifugiati, capace di
ospitare un numero sempre crescente di esuli dal Tibet;
avviò inoltre un processo di riforma democratica delle
istituzioni
2
che si concluse con l’emanazione di una
Costituzione per un Tibet autonomo
3
.
Sebbene in esilio, il Dalai Lama rimase
costantemente una guida spirituale per il suo popolo, cercò
allo stesso tempo di affrontare e risolvere problemi politici
e diplomatici legati alla sopravivenza del Tibet.
I primi anni dell’esilio rappresentano l’inizio del
lungo cammino intrapreso dal Dalai Lama; è in questi anni
che Egli cominciò a prendere consapevolezza del proprio
ruolo e della gravità della causa tibetana. Gli anni Ottanta,
invece, rappresentano il punto d’arrivo di un processo
iniziato nel momento più contrastato e difficile della vita
dell’Oceano di Saggezza
4
.
Per avere un quadro sufficientemente completo
dell’esistenza del Dalai Lama, fondamentale è stata la
consultazione di diverse biografie ed autobiografie. Queste
ultime sono:
2
Il processo consisteva nella trasformazione delle antiquate strutture governative del
Tibet in una struttura democratica di governo e nell’abolizione di quei privilegi che
rendevano l’attività politica esclusiva prerogativa di nobili e monaci.
3
Dalai Lama, Libertà nell’esilio, Sperling&Kupfer, Milano, 1998, pp. 187-88.
4
Basta ricordare che nel 1989, il Dalai Lama fu insignito del Premio Nobel per la
Pace, riconoscimento significativo per la sua lotta per l’autoderminazione del popolo
tibetano e per tutti quei popoli che difendono i propri diritti civili. Claude Levenson,
Tibet, Storia di una Tragedia, Edizioni Lavoro, Roma, 1997, p. 65.
V
- La mia terra, la mia gente, Sperling&Kupfer,
Milano, 1998 (dall’inglese: My Land and my people,
MacGrawn-Hill, New York, 1962);
- My Tibet, University of California Press, Berkley,
Los Angeles, 1990;
- La libertà nell’esilio. La mia vita, Sperling&Kupfer,
Milano, 1998 (dall’inglese Freedom in exile, Harper
Collins, New York, 1991);
- His Holiness, Dalai Lama: Speech, Statement,
Articles, Interwiev from 1987 to 1995, Department of
Information and International Relations, DIIR Publications,
Dharamsala, 1995.
Le biografie sono:
- Il Dalai Lama ci parla, di John Avedon, Pomaia,
Pisa, 1989 (dall’inglese: An Interview with the Dalai Lama,
Littlebird Pubblication, New York, 1980);
- Il Dalai Lama, in esilio dal Paese delle Nevi di John
Avedon, Dall’Oglio, Milano, 1989, (dall’inglese: The Dalai
Lama, in Exile from the Land of the Snows, Alfred A.
Knopfer, New York, 1982);
- Sette Anni in Tibet di Heinrich Harrer, Mondatori,
Milano, 1999 (dall’inglese: Seven Years in Tibet, J. P.
Tarcher, Los Angeles, 1982);
- Grande Oceano di Saggezza di Roger Hicks e
Ngakpa Chogyam, Armenia, Milano, 1989 (dall’inglese:
Great Ocean: An Authorized Biogrphy of the Buddhist
Monk Tenzin Gyatso His Holiness the Fourteenth Dalai
Lama, Element Books, London, 1984);
VI
- The Last Dalai Lama di Michael Goodman, Sidwick
and Jackson, London, 1986;
- The Dalai Lama: a Biography di Claude Levenson
Unwin Hyan Limited, London, 1988;
- Tenzin Gyatso: The Dalai Lama di Kai Friese,
Chelsa House Pbl., London, 1989;
- Il Dalai Lama. Capo del popolo tibetano in esilio e
paziente operatore di pace di Christopher Gibb, LDC,
Torino, 1991 (dall’inglese: Dalai Lama: the Exiliated
Leader of the People of the Tibet and Tireless worker for
word peace, Gareth Stevens Children's Books, Milwaukee
1990);
- Il Dalai Lama, una Biografia Autorizzata di Pietro
Verni, Jaka Book spa, Milano, 1990;
- Kundun: Biography of the Family of the Dalai
Lama, di Mary Craig, Book News Inc., Portland, 1998;
- The Dalai Lama: a Biography of the Tibetan
Spiritual and Political Leader di Demi, Henry Hold Pbl.,
New York, 1998;
- Dalai Lama, my son di Diki Tsering, Penguin
Group, Viking Arkana, London, 2000;
- The Dalai Lama: a Biography di Patricia Cronin M.
Marcello, Greenwood Publishing Group Incorporated,
Westport, USA, 2003;
- His Holiness the XIV Dalai Lama: An Oral
Biography, di Deborah Strober, John Wiley and Son, New
York, USA, 2005.
VII
L’elenco dei testi presi in considerazione può essere
suddiviso in base al rilievo che in ciascuno di essi viene
dato ai momenti più significativi della vita del Dalai Lama.
La maggior parte dei biografi introduce la figura del Dalai
Lama partendo delle sue origini familiari. Solo alcuni testi
si sono soffermati in descrizioni particolareggiate della sua
infanzia come Great Ocean: An Authorized Biogrphy of the
Buddhist Monk Tenzin Gyatso His Holiness the Fourteenth
Dalai Lama, di Hichs & Chogyam oppure Dalai Lama, my
son di Diki Tsering. Il primo parla della vita di Tenzin
Gyatso, dall’infanzia trascorsa in un villaggio del Tibet
Orientale alla gioventù a Lhasa, dalla fuga dal Tibet
all’esilio in India. Il secondo testo, invece, è un racconto
personale scritto dalla madre del Dalai Lama nel quale la
donna narra gli eventi più importanti della sua vita, le
abitudini e rituali antichi del Tibet, la nascita di suo figlio,
fino ad arrivare ai giorni movimentati della fuga in India
5
.
Un altro testo che rievoca le origini del XIV Dalai Lama è
Kundun: Biography of the Family of the Dalai Lama, di
Mary Craig, la prima opera che, narrando le vicende della
vita del leader buddista, sofferma la sua attenzione
sull’intera famiglia del Dalai Lama.
Partendo, ancora una volta, dalla descrizione della
nascita di Tenzin Gyatso, testi quali The Dalai Lama: a
Biography, di Claude Levenson, Seven Years in Tibet, di
5
Il libro fornisce anche un’accurata descrizione rituale del riconoscimento del Dalai
Lama.
VIII
Hainrich Harrer
6
, The Last Dalai Lama, di Goodman,
forniscono un ritratto completo del Dalai Lama dal giorno
in cui fu riconosciuto come la quattordicesima
reincarnazione del Buddha Compassionevole, fino agli anni
dell’esilio in India.
Altre biografie quali Il Dalai Lama, una biografia
autorizzata, di Pietro Verni, e An Interview with the Dalai
Lama, di John Avedon, nel ricostruire le vicende vissute dal
Dalai Lama e le sue attività nei primi anni Ottanta,
forniscono un preciso e dettagliato quadro politico culturale
e religioso del Tibet dalla fine del XIX secolo ai giorni
nostri
7
. Entrambi i testi costituiscono un’eccellente
introduzione al mondo tibetano e alla figura che ne
rappresenta il simbolo più elevato.
Non mancano, tuttavia, autori come Kai Fiese (Tenzin
Gyatso: Il Dalai Lama), Christopher Gibb (The Dalai
Lama: the Exiliated Leader of the People of the Tibet and
Tireless worker for word peace), Demi (The Dalai Lama: a
Biography of the Tibetan Spiritual and Political Leader) e
Patricia M. Marcello (The Dalai Lama: a Biography) che
hanno scelto di esaltare la vita pubblica e privata del leader
tibetano in esilio. Le loro opere trattano con semplicità
della storia e della missione di un uomo coraggioso e
gentile che si è trasformato in un simbolo internazionale di
pace, libertà e speranza. Ognuno, a modo proprio, ha
6
Sette Anni in Tibet, è la vera storia dell’alpinista Harrer che rifugiatosi in Tibet per
sfuggire agli inglesi, diviene amico del giovane Dalai Lama. E’ stato trasposto
cinematograficamente nel 1997.
7
Entrambi basati su numerose conversazioni private con il Dalai Lama.
IX
cercato di rendere omaggio alla vita del Dalai Lama
mettendo a fuoco il suo messaggio universale di non
violenza e la pietà per la sua gente.
L’ultima e più recente biografia è quella di Deborah
Strober, His Holiness XIV Dalai Lama: An Oral Biography,
pubblicata in occasione del settantesimo compleanno di
Tenzin Gyatso. In questo libro l’autrice ha riportato le
dichiarazioni più importanti rilasciate dalle personalità che
Tenzin Gyatso ha incontrato durante tutta la sua vita. Dalle
varie testimonianze emerge un’immagine di un uomo di
elevata spiritualità ed equilibrio, con una spiccata
intelligenza ed una pietà incondizionata verso tutti gli esseri
viventi. Questa storia orale compie un’esplorazione di
cinquant’anni di vita pubblica e privata del Dalai Lama.
Tra le autobiografie, Freedom in Exile, è interamente
dedicata alle vicende spirituali e politiche dell’uomo Tenzin
Gyatso: dalla nascita in uno sperduto villaggio del Tibet
settentrionale al conferimento del Premio Nobel per la
Pace, passando attraverso i decenni più drammatici
dell'intera storia del Tibet.
My Land, My People è una straordinaria autobiografia
che, rievocando storia, miti e tradizioni del Paese delle
Nevi, ripercorre la meravigliosa avventura personale di un
bimbo predestinato, scelto all'età di due anni come leader
spirituale e politico del Tibet. Ma la sua singolare vicenda
avrebbe conosciuto un'ulteriore, drammatica, svolta con
l'invasione cinese del 1950 e con la sua conseguente fuga,
nel 1959, in India. Lì, seguito da ottantamila connazionali,
X
ha stabilito un governo in esilio e da lì tuttora prosegue
instancabile la lotta non violenta per la liberazione del Tibet
e la sua trasformazione in uno Stato neutrale.
My Tibet, racchiude le più personali riflessioni del
leader tibetano sul suo Paese, dal quale è stato costretto a
fuggire nel 1959, e sulla sua nuova condizione da esule.
Infine, His Holiness, Dalai Lama, Speech, Statement,
Articles, Interwiev from 1987 to 1995, raccoglie tutte le
dichiarazioni pubbliche del leader buddista nel corso degli
anni. Sono anche riportati gli annuali discorsi di
commemorazione della rivolta di Lhasa.
1
CAPITOLO I
1. 1 IL TETTO DEL MONDO
Il Tibet è un vasto altopiano che si estende nel cuore
dell’Asia centrale con vette presenti su quasi tutto il
territorio, soprattutto nelle vaste zone del nord, che sfiorano
in media i 6000 metri sul livello del mare; da tale
conformazione geografica deriva l’appellativo di Tetto del
Mondo. Esso confina a nord-ovest e a nord-est
rispettivamente con la regione autonoma del Sinjiang e con
la provincia dello Qinghai; ad est e a sud-est
rispettivamente con le province del Sichuan e dello
Yunnan; a sud con la Birmania, l’India, il Bhutan e il
Nepal; ad ovest con l’India
1
.
Le sue frontiere sono delineate naturalmente da fiumi
e catene montuose; il limite meridionale è prevalentemente
formato da due giganteschi sistemi montuosi, il più esterno
dei quali è quello dell’Himalaya (a Sud), il più interno è
quello del Karakorum (ad Ovest). Il limite settentrionale,
invece, è costituito dal sistema del Kunlun che partendo dal
Pamir si spinge verso est fin nel cuore della Cina
2
.
1
Atlante Geografico Zanichelli, Milano, 2001, pp. 42-43; p. 47.
2
Peter Kizilos, Tibet, Disputed Land, Lerner Publication Company, Minneapolis,
2001, p. 12.
2
I confini occidentale ed orientale sono definiti
rispettivamente dai corsi del fiume Indo e del Brahmaputra
(gTsan-gpo), il corso d’acqua maggiormente navigabile;
ambedue si diramano dal nodo orografico che ha per centro
il monte sacro Kailasa
3
.
I Tibetani chiamano il loro paese Bhot, termine molto
usato anche in India dove i Tibetani sono chiamati Bhotia.
Probabilmente la parola Tibet è un adattamento europeo del
termine Tobhot, o Grande Bhot, nome tibetano che denota
l’altopiano sulla frontiera con la Cina, il Kashmir e la
Mongolia
4
.
La popolazione è distribuita in maniera molto
diseguale, essendo rigidamente condizionata dalla geografia
e dal clima, e si addensa nei fondovalle dei grandi fiumi, le
sole zone adatte all’agricoltura. Le parti più elevate del
paese sono invece riservate alla pastorizia. Lhasa,
capoluogo del paese, Città Santa del buddismo tibetano e
residenza del Dalai Lama
5
, è, insieme a Shigatsé, Gyantse e
Gartok, uno dei centri più importanti della zona sud-
occidentale
6
.
3
Ibid., p. 13.
4
Il termine Tibet ricorre per la prima volta nelle opere dello scrittore arabo Istakhri,
che chiama il paese “Tobbat”. Frank Moraes, La rivolta nel Tibet, Piccin Editore,
Padova, 1962, pp. 3-4.
5
Del Dalai Lama si parlerà nel secondo capitolo.
6
Lhasa, città imperiale e capitale del paese fin dalle sue origini, fu costruita nel VII
secolo dall’imperatore Songten Gampo- si veda la nota successiva- insieme al
Palazzo del Potala. Cinta da mura, occupa la sommità della Collina Rossa da cui
domina la città. Gli edifici attuali risalgono al XVII secolo e sorgono sulle
fondamenta del Potala originario del VI secolo. Di quel tempo resta il pittoresco
tempio di Jokhan, in seguito ampliato. Laurent Deshayes, Storia del Tibet,
Newton&Comton, Roma, 1998, p. 19.
3
Geograficamente isolato, il Tibet può apparire come
una terra misteriosa, la cui storia documentata non inizia
prima del VII secolo
7
, quando avvenne l’unificazione del
paese ad opera di Songtsen Gampo
8
, fondatore di una forte
dinastia reale che si protrasse per oltre due secoli
9
. Tutte le
informazioni riguardanti il popolo tibetano prima del VII
secolo sono intrecciate a leggende che fanno risalire
l’origine della razza direttamente ad Avalokiteshwara-
Chen-re-si in tibetano, lo Spirito Compassionevole,
protettore del Tibet. Ma probabilmente i Tibetani hanno
un’origine post-glaciale, immigrati dalle steppe e dai deserti
quando il Tibet, terra di ghiaccio, divenne abitabile
10
.
La società tibetana fino al 1949-50 si basava su un
sistema feudale ed era divisa in quattro classi: nobili,
7
Études tibétaines dediées à la mémoire de Marcelle Lalou, Maisonneuve, Paris,
1971, p. 192.
8
Songtsen Gampo, nato nel 617, fu il trentatreesimo re del Paese, ma fu anche
l’unico re che riuscì a trasformare il Tibet in uno dei più grandi imperi d’Asia. Molti
Tibetani considerano la storia del proprio popolo cominciata con il suo regno,
periodo di massimo splendore, sorto dal nulla e consolidato in pochi anni. Egli
governò dal 620 al 650 durante i quali conquistò l’Alta Birmania e la Cina
occidentale; introdusse l’alfabeto; formulò un codice di leggi penali e uno di
costumi. La lunga dinastia di re tibetani finì nell’XI secolo con la morte di Lang
Darma ed una micidiale guerra interna che ridusse il Tibet ad un insieme di piccoli
principati retti da signori locali. In questo caos politico la forza religiosa del
buddismo cominciò ad affermarsi con più vigore ed alla fine del secolo aveva messo
forti radici in tutto il paese. Esistono varie leggende che narrano dell’origine divina
dei re tibetani; alcune di esse s’intrecciano con i racconti indiani che fanno risalire la
loro origine dal comandante dei fratelli indiani Pandava che lottava per riconquistare
il potere contro i cugini del clan Kaurava, sconfitto fu costretto a rifugiarsi
sull’Himalaya. Altre leggende fanno risalire l’origine dei sovrani tibetani
direttamente dal Buddha Gautama Siddharta, attraverso un clan chiamato Lichavi.
DEB-DMAR, A History of the early kings in Tibet, citato da Tsepon W. D.
Shakabpa, Tibet, a Political History, Yale University Press, New Haven&London,
1967, pp. 25-26; Paul Pelliot, Histoire Ancienne du Tibet, Maisonneuve, Paris,
1961, pp. 7-27, Frank Moraes, op. cit., p. 36; Laurent Deshayes, op. cit., pp. 32-34.
9
Charles Bell, Tibet: Past and present, Oxford University Press, Oxford, 1924, p.
23; Stephen W. Bushell, ”The Early History of Tibet from Chinese Sources”,
Journal of the Royal Asiatic Society (JRAS), New Series, 12 (1880), pp. 435-541.
10
Frank Moraes, op. cit., pp. 36-37.
4
commercianti, contadini e nomadi. La nobiltà, che
possedeva la maggior parte delle terre e dei beni del paese,
aveva tre differenti origini.
La più antica parte della nobiltà comprendeva i
discendenti degli antichi monarchi che governarono il
Tibet, prima del X secolo dell’era cristiana; signori che
talvolta vantavano origini divine, o un passato da guerrieri,
che conferivano loro un ascendente naturale sui beni e sugli
uomini. Un’altra parte era formata dalle famiglie nelle quali
era nato il Dalai Lama, o il Panchen Lama
11
, poiché
automaticamente dichiarate nobili. L’ultima parte
dell’aristocrazia era composta da individui i cui antenati
avevano riportato lodevoli servigi al paese e ne erano stati
ampiamente ricompensati; inoltre ogni famiglia
apparteneva ad un clan con un antenato comune la cui fama
si rifletteva su ogni individuo
12
. I commercianti
costituivano una sorta di ceto intermedio tra i proprietari
terrieri e i contadini; oltre ai commercianti di professione
anche nobili e monaci praticavano il commercio. La
posizione dei contadini, soprattutto nei confronti dei loro
11
Il Panchen Lama è il secondo leader del Tibet dopo il Dalai Lama. Il titolo venne
conferito per la prima volta dal V Dalai Lama ad uno dei suoi maestri, Panchen
Edreni (Sua Santità il Grande Insegnante) che i Tibetano chiamano Panchen
Rinpoche (il Prezioso Grande Saggio). Il I Panchen Lama fu anche eletto Grande
Lama del monastero di Tashilhunpo a Shigatsè. Considerato la reincarnazione di
Amitabha, guida spirituale di Chen-re-si, egli può avere solo funzioni spirituali e la
sua autorità politica si limita a Shigatsè. Tale differenza di funzioni è spiegata dalla
figura religiosa che il Panchen Lama reincarna- ossia il Buddha Amitabha- puro
pensiero e spiritualità, al contrario del Dalai Lama che è la reincarnazione del
bosisathva Chen-re-si, un Buddha in potenza che si trova ancora in contatto con il
mondo terreno, con il vortice della vita. Entrambe rappresentano due differenti
aspetti di Buddha, uno spirituale (il Panchen Lama) e uno terreno (il Dalai Lama).
Frank Moraes, op. cit., pp. 61-62.
12
Un primo nucleo di nobiltà si pensa si sia formato nel VI secolo. Laurent
Deshayes, op. cit., pp. 26-27.
5
signori, era quella di servi ai quali non era concesso di
lasciare le terre senza il permesso del padrone. La quarta
classe comprendeva i pastori nomadi che abitavano in alta
montagna e discendevano a valle una volta l’anno per
vendere i prodotti ricavati dal loro lavoro
13
.
Una èlite a parte e per molto tempo la classe
dominante per eccellenza era quella dei monaci, la cui
influenza esercitata attraverso i monasteri si avvertiva in
tutti gli aspetti della vita tibetana, dal commercio alla
politica, dalla religione alle attività militari. I privilegi dei
monaci e la loro forza dipendevano dalla grandezza dei loro
possedimenti e dalle offerte che ricevevano
14
. I monasteri
più grandi, ma anche quelli con maggior peso politico,
erano Ganden, Sera e Drepung
15
.
Il vertice di questo sistema sociale era il Dalai Lama,
guida spirituale e temporale del Tibet, di cui si parlerà nel
paragrafo successivo.
13
Hugh E. Richardson, A History of Tibet, E. P. Dutton&Co., New York, 1962, p.
15.
14
Dorje Gegyelpa, “The Organisation of the original Tibetan local government”,
Tibet Studies, vol. 1, n° 2, TASS, Lhasa, 1989, pp. 223-30.
15
I tre monasteri Ganden (Gioioso), Sera (Rosa recintata), e Drepung ( Ammasso di
riso) furono rispettivamente fondati nel 1419, 1416, 1409. La loro forza proveniva
dalla grandezza delle proprietà che possedevano e dalle offerte chef venivano loro
inviate. Melvyn C. Goldstein, A history of modern Tibet, 1913-1951, The Demise of
the Lamaist State, University of California Press, Berkeley, 1989, pp. 5 e sgg.
6
1. 2. I DALAI LAMA E IL BUDDISMO
TIBETANO
Nessuna cultura è stata così profondamente permeata
dal buddismo
16
quanto quella tibetana. Introdotto in Tibet
intorno al VII secolo, il buddismo si diffuse, come fusione
di elementi Bon
17
ed alcune pratiche tantriche indù
18
, a poco
a poco in tutti gli strati della società che modificò
profondamente.
Il buddismo raggiunse il Tibet attraverso l’India, ove
erano già conosciuti gli insegnamenti e i precetti di un
asceta indiano di nome Gautama, che visse nella seconda
metà del V secolo, prima dell’era cristiana, nel medio
bacino del Gange
19
. Il nome di Buddha, attribuito a lui
stesso ed al suo insegnamento, significa «risvegliato»
20
,
16
Anne Marie Blondeau, op. cit., ne L’Atlante delle Religioni, pp. 105-107.
17
La religione Bon, antica religione tibetana, era un insieme di sciamanesimo o
culto della natura, divinazione, esorcismi, propiziazione di vari spiriti e sacrifici di
animali. Il culto del demonio era una delle sue caratteristiche principali. Con la
fusione di questa religione al rituale buddista, Guru Rimpoche diede origine al
buddismo tibetano, detto lamaismo, basato anche su una forte credenza nella
reincarnazione. Frank Moraes, op. cit., p. 35.
18
Il tantrismo è il culto dell’energia divina sotto forma di principio femminile. I
Tantra sono i libri sacri del culto di Siva, uno degli dei della triade fondamentale
indù, e simbolo della creazione e della distruzione, risalgono al VI e VII secolo
dell’era cristiana e consistono in dialoghi tra Siva e la sua Shakti, o Energia
Femminile. La divinità maschile rappresenta Karuna (la pietà), quella femminile
impersona Prajna (la conoscenza perfetta), il che suggerisce una certa uguaglianza
dei sessi. Ibid, p. 35.
19
Andrè Bareau, “Il Buddismo” ne l’Atlante delle Religioni, UTET, Torino, 1996,
pp. 98-99.
20
Secondo la tradizione Siddharta, o l’asceta Gautama, fu raggiunto
dall’illuminazione durante una profonda meditazione, trovando quello stato supremo
che lo rendesse libero da ogni passione terrena, comprese le quattro verità
fondamentali (l’essenza del dolore, la sete di vivere, distruggere il dolore,
raggiungere il nirvana), che rendono un uomo libero e al sicuro da eventuali
rinascite. Emanuele Pavolini, Testi di morale buddistica, G. Carabba, Lanciano,
1898, p. 39.
7
stato cui Egli pare pervenne dopo sette anni di
meditazione
21
attraverso i quali raggiunse il Nirvana,
condizione in cui non esisterebbero morte o rinascita
22
. La
sua dottrina si basa fondamentalmente su due postulati:
sulla catena indefinita delle reincarnazioni cui sono
sottoposti tutti gli esseri viventi, sotto forme diverse,
umane, animali e vegetali; sulla natura dolorosa del ciclo
delle esistenze, legato al valore morale degli atti compiuti
nelle vite anteriori
23
.
In Tibet il buddismo proseguì un proprio sviluppo
autonomo, quasi nel più assoluto isolamento, dando vita ad
un ordinamento monastico peculiare
24
. La casta dominante
era costituita dai lama, monaci anziani che avevano studiato
a fondo le scritture tibetane, praticando profonda
meditazione e penitenza; il loro potere era assoluto e le loro
ricchezze incommensurabili
25
. I monaci tibetani erano
considerati molto più di semplici figure religiose; loro
rappresentavano un sistema di leadership e autorità che da
sempre ha caratterizzato la cultura tibetana, la sua storia ed
21
Durante i sette anni di meditazione, Siddartha colse le quattro Verità
Fondamentali attraverso quattro stadi della meditazione, che gli permisero di intuire
e dominare la legge delle continue reincarnazioni. Ferdinando Belloni-Filippi, La
dottrina di Gotama Buddha, G. Carabba, Lanciano, 1928, p. 119.
22
Secondo la dottrina del Buddha, ogni esistenza, anche quella degli dei è penosa,
perché è soggetta a sofferenze di ogni sorta e si conclude con la morte: bisogna
dunque rinunciare al desiderio di rinascere e sforzarsi di spezzare la catena delle vite
successive; per questo bisogna rompere tutti i legami con il ciclo delle
trasmigrazioni (samāra) e qualsiasi legame con le passioni terrene. XIV Dalai Lama,
La compassione e la purezza, Rizzoli&Grandi Opere s. p. a., Milano, 1995, p. 199.
23
Dalai Lama, Incontro con Gesù, Mondadori, Milano, 1998, p. 60.
24
Stein Rolf Alfred, La Civilisation Tibétaine, le Sycomore-l’Asiathèque, Paris,
1981, cap. IV.
25
AA. VV., Enciclopedia delle religioni, Garzanti, Milano, 2003-2004, p. 119.