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professionale, che spesso (nel caso specifico dell’utenza del Centro per l’Impiego)
vivono situazioni problematiche sia economiche e che familiari (quarto capitolo).
Saranno quindi indicate le motivazioni, emerse durante il mio percorso di tirocinante,
che hanno dato luogo alla necessità di ideare un servizio di questo tipo e che sono state
in seguito approfondite con la raccolta diretta delle opinioni delle utenti del Centro,
tramite un questionario. Oltre a raccogliere informazioni e opinioni di donne la cui
attenzione è rivolta alla sfera lavorativa, si è pensato di svolgere un’analisi comparativa
di donne la cui attesa non è quella di un lavoro o di una svolta professionale, ma
l’attesa di un bambino. Per rilevare le esigenze di una donna immersa nell’esperienza
della maternità, si è pensato di somministrare lo stesso questionario presso i corsi della
preparazione al parto dell’Ospedale Maria Vittoria (quinto capitolo).
Infine, si presenta lo “Sportello Donna e Lavoro”, in cui vengono illustrate le
strategie d’azione, le funzioni e i servizi necessari a fornire un aiuto e alle donne per le
quali vi è poca conciliazione nella vita quotidiana, ma molta volontà e determinazione
a portare avanti in modo qualitativamente alto i propri impegni familiari e lavorativi
(sesto capitolo).
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PRIMA PARTE
IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
“LA DONNA NELLA SOCIETA’ OCCIDENTALE: MADRE,
LAVORATRICE, CITTADINA”
1. STORIA DELL’EVOLUZIONE DEL RUOLO SOCIALE DELLA
DONNA.
L’attuale ruolo femminile, è dovuto ad una serie di conquiste ottenute dalle
donne nei secoli trascorsi, ciò che ora ci appare ordinario è il risultato di numerosi
cambiamenti storicamente importanti, dovuti a donne che hanno lottato e sofferto per
ottenerli. Il ruolo sociale della donna, infatti, è sempre stato legato alla figura di moglie
e madre, e quindi sempre in funzione alla vita di altri, ovvero del marito e dei figli.
Solamente nel XX secolo è avvenuta una svolta, la donna è riuscita ad affermare la
propria identità al di fuori della sfera familiare, sostenendo i propri diritti legali,
politici e lavorativi (De Vega 1994).
Dalle società antiche, quanto emerge sul ruolo e sulla vita delle donne, ci è
stato lasciato dalla visione (spesso superficiale) degli uomini che governavano e
amministravano le città e ne costruivano le memorie. Nel Diritto Romano, ad esempio,
si descriveva la donna nel suo ruolo legale di materfamiliars, ovvero lo statuto che ne
definiva la posizione in funzione al marito, un’istituzione giuridica che limitava a tal
punto la donna, da far sì che fosse solamente “il principio e la fine della propria
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famiglia”, poiché privata dei prolungamenti istituzionali della sua persona singola.
Solo partire dal I secolo a.C., fu abolita la legge delle XII Tavole secondo cui la donna
libera doveva essere tutelata dal padre e alla morte di esso, da parenti di genere
maschile (tutela agnatica). La donna non coniugata, alla morte del padre, poteva
ereditare e quindi amministrare il proprio patrimonio e i propri affari, al pari degli
uomini. Una vera e propria emancipazione per l’epoca (Thomas 1990).
Nei primi tempi della cristianità, invece, l’immagine della donna oscillava tra
condanna ed esaltazione. La figura di massima purezza fu quella di Maria, madre di
Cristo. Le donne erano tenute ad esercitare le virtù della “donna valente“ ovvero sposa,
madre ed abile massaia. Per la donna vi era il divieto di esercitare sacerdozio e
insegnamento ed era tenuta lontana dalla sfera pubblica. La sua figura era strettamente
legata alla famiglia e in particolare al marito (Alexandre 1990).
La situazione sociale sopradescritta, non subì particolari cambiamenti nel
Medioevo: le prospettive della donna erano ridotte e limitate, poiché era totalmente
subordinata all’uomo (marito, padre o fratello). Ciò nonostante, la donna poteva
ottenere una certa libertà d’azione, pur superando numerosi ostacoli giuridici, infatti,
ad esempio, poteva mantenere (anche se sposata) la proprietà sui propri beni personali,
amministrati comunque dal marito (la donna non aveva possibilità di difenderli
legalmente). Se i diritti e le azioni delle donne erano esigui, il XIV secolo, segnato
dalla grande crisi economica, escluse quasi totalmente la donna feudale dall’ambito
pubblico, confinandola tra le mura domestiche. Il lavoro femminile incontrò ostacoli e
restrizioni sempre maggiori, così come il ruolo sociale della donna di per se stesso già
barcollante, fu caratterizzato da una lunga condizione di decadenza (Power 1984).
L’Età Moderna, seppur ricca di scoperte e innovazioni, vedeva, con il
consolidarsi della borghesia, una netta divisione dei ruoli tra uomini e donne
nell’ambito familiare: l’uomo doveva occuparsi del mantenimento della famiglia,
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mentre la donna della prole e della cura della casa. Si affermò la concezione della
famiglia nucleare. La donna, in quanto moglie e madre, era socialmente rappresentata
come genitrice responsabile, dedita ai propri figli e alle cure della casa. L’uomo
divenne padrone e protagonista della sfera pubblica, mentre la donna essendo la
“regina del focolare” era legalmente subordinata al marito (De Vega 1994).
La Rivoluzione Industriale segnò indiscutibilmente l’assetto politico,
economico e sociale dell’Europa, e con essa la rivoluzione americana e la rivoluzione
francese, con la relativa rivendicazione dei principi di libertà e uguaglianza,
determinarono dei cambiamenti seppur modesti, nel ruolo sociale della donna. Le
donne reclamarono i loro diritti in vari campi: educazione, divorzio, lavoro, ecc… ; si
trasferirono dalle aree rurali per inserirsi nei centri urbani, per lavorare nelle
fabbriche, per impieghi di servizio domestico, per attività tessili e di sartoria. Spesso il
lavoro extradomestico impegnava fino a quindici o sedici ore al giorno, ma era
comunque compito della donna la gestione del lavoro domestico e quindi riuscire a
conciliare le due attività. Il lavoro femminile divenne per le donne un vero e proprio
strumento di mobilità sociale. Dal XIX secolo infatti, le donne ebbero largamente
accesso ai lavori d’ufficio, la cui entrata, anche se ostacolata dai colleghi maschi, era
stata facilitata dall’invenzione prima della macchina da scrivere e poi del telefono,
considerati tipicamente femminili. Nonostante le minori pressioni sociali, vi erano
comunque forti pressioni ideologiche che influivano sulle azioni del mondo femminile
(Duby e Pierrot 1992).
Nel Novecento, i cambiamenti anticipati dalle donne ottocentesche, non si
arrestarono, ma si evidenziarono, soprattutto a causa dei due conflitti mondiali che
videro un’entrata di massa da parte delle donne nel mercato del lavoro. Le nuove
tecnologie, le nuove mode e i movimenti femminili contribuirono a far cambiare la
mentalità dell’opinione pubblica. Nella prima guerra mondiale, le donne furono portate
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necessariamente a sostituire gli uomini in guerra, nelle loro occupazioni: questo fu il
primo passo che diede un apporto a far mutare i valori e la moda femminile. Infatti le
gonne si accorciarono per facilitare i movimenti necessari per l’attività lavorativa, così
come i capelli, dal momento che lunghi richiedevano troppo tempo per la cura. Le
mansioni considerate fino ad allora “maschili”, furono necessariamente svolte dalle
donne, che al termine della guerra alcune di esse mantennero, altre invece furono
marginate a lavori per gli uomini routinari e noiosi, mentre altre tornarono alla vita
domestica, stanche della duplice fatica casa e lavoro (in quegli anni il lavoro nelle
fabbriche si protraeva fino a quindici ore). Nel secondo conflitto mondiale, la
situazione fu identica a quella sopradescritta, ma dal dopoguerra, qualcosa cominciò a
cambiare nella concezione del lavoro stesso. Il lavoro diventò una realtà necessaria che
dava dignità alla donna, un riconoscimento sociale. Forti restarono le discriminazioni
sia sul livello salariale che sul livello professionale rispetto agli uomini. Le prime
donne che manifestarono pubblicamente, negli anni ’60, sulla parità dei diritti furono
quelle americane. I movimenti femministi negli Stati Uniti, come in Europa, non
desideravano ottenere solo parità nel lavoro, ma volevano ottenere parità di diritti
legali, politici e matrimoniali. Una lotta per cambiare il ruolo sociale della donna,
assegnato dalla società.
Il Decennio Internazione delle Nazioni Unite per la Donna, iniziato nel 1975,
si occupò di stilare un programma di uguaglianza di opportunità tra i 157 stati
partecipanti, una legislazione ugualitaria che pur non eliminando i molteplici problemi,
fu una rilevante conquista femminile (De Vega 1994).
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2. IL PROBLEMA DELLA CONCILIAZIONE
L’identità femminile, attualmente, sembra costruirsi su due fondamenti: quello
della vita affettiva familiare e quello della vita professionale. Purtroppo il mercato del
lavoro non è d’aiuto, è instabile e offre scarse opportunità e poche soluzioni alle
pressanti richieste di questa nuova condizione. Alle donne, talvolta, non resta che
scegliere la soluzione più opportuna alle necessità familiari, sacrificando in certe
circostanze le proprie ambizioni e aspirazioni professionali (Piazza 2004).
L’obiettivo principale del V.I.S.P.O. (Valutazione Impatto Strategico Pari
Opportunità) è quello di migliorare le condizioni di vita e di indipendenza delle donne,
secondo due variabili: migliorare le condizioni di vita al fine di rispondere meglio ai
bisogni delle donne e migliorare la condizione delle donne sul lavoro con connessa
redistribuzione del lavoro di cura, entrambe legate alle tematiche della conciliazione.
Le due variabili/obiettivo possono richiamare due differenti dimensioni del vivere
sociale, di cui la prima è rappresentata dalla quotidianità del vivere sociale
dell’individuo, mentre la seconda è più specifica e riguarda le condizioni in cui si
svolgono le attività lavorative del soggetto (Fig.1). Le due dimensioni anche se con
significati distinti si intrecciano saldamente (Saraceno e Naldini 2001).
La “conciliazione individuale” (soggettiva) è quella vissuta quotidianamente
dalle donne, si differenzia dalla “conciliazione di sistema” (oggettiva, ovvero
organizzazione della società, cultura diffusa, strutture del territorio) ed è basata
sull’organizzazione del tempo, nello specifico il tempo diacronico e sincronico:
ο Diacronico: il corso della vita in cui sono presenti delle determinate fasi
che richiedono l’assunzione di funzioni e di ruoli specifici; precisamente la
fase pre-familiare in cui si vive nella famiglia d’origine e si è proiettati al
futuro (lavoro, studio, indipendenza, ecc…), la fase familiare in cui la
donna assume il ruolo di moglie e madre, il periodo in cui sorgono spesso le