6
l’interiorizzazione del modello dominante non riesce a creare un equilibrio con
l’identità.
3
Sia si parli di anoressia, di bulimia, di binge eating disorders, le differenti
somatizzazioni hanno in comune un rapporto ossessivo con il proprio corpo, oggetto di
cure e ritualismi, volti tutti al solo traguardo della linea, della conformità ai canoni
culturali vigenti. Il corpo da strumento di interazione con il mondo, zona di confine e
scambio fra l’interno e l’esterno, diviene strumento di sfida del soggetto verso gli altri e
verso se steso.
Per comprendere il senso attribuito alla cura del corpo, il suo valore, non si può
prescindere da un’analisi storico-culturale che illustri il modificarsi del significato
attribuito allo stesso, per arrivare poi ad ipotizzare non solo come sia concepito nella
cultura contemporanea, ma come sia vissuto dal singolo soggetto che lo erige a testo di
una sua rivalsa.
In questa indagine culturale dei disturbi del comportamento alimentare, non si vogliono
indagare le cause personali che conducono un soggetto a fare del suo corpo un veicolo
di comunicazione estrema, bensì si indagheranno i valori attribuiti al corpo socialmente
costruito, nella cultura occidentale, per poi verificare se esistano paralleli fra essi e i
temi veicolati nei disturbi alimentari.
L’interrogativo nasce dalla considerazione per cui, soggetti diversi, provenienti da storie
personali differenti, assumono a comune denominatore il proprio corpo, come elemento
di riscatto, di denuncia, di opposizione all’Altro. Storie diverse si incontrano nell’uso di
un codice comune: il proprio corpo.
Partendo da questo interrogativo si vorrà indagare come il corpo e la sua immagine
siano costruiti nei soggetti con disturbi alimentari, ponendo particolare attenzione se
questi si sviluppino in aderenza con principi culturalmente accettati o creando una
cultura sovversiva del corpo.
Si procederà quindi su due piani, uno culturale, nel quale si indagherà la costruzione
sociale del corpo nella cultura occidentale, quindi anche la creazione dell’immagine
corporea, ovvero la creazione del corpo vissuto dal singolo soggetto, per poi procedere
all’analisi del corpo vissuto nella specificità dei disturbi alimentari.
3
Gordon R. trad.it. Anoressia e Bulimia.Anatomia di un’epidemia sociale, Milano; Cortina, 1991, pag 94
7
LA COSTRUZIONE SOCIALE DEL CORPO
8
1 IL CORPO COME METAFORA DI UNA CULTURA
La sociologia del corpo ipotizza che la nostra percezione dello stesso non sia univoca
ma culturalmente connotata
“Il corpo umano non esiste né è comprensibile al di fuori della costruzione sociale della
realtà […] Il corpo non è semplicemente un oggetto che ereditiamo alla nascita ma
qualcosa che è socializzato durante tutta la vita…”
4
Esso diviene una metafora della società, un testo su cui sono scritti i precetti base della
sua cultura, che nel corpo del singolo individui si uniscono alle esperienze personali,
alle contraddizioni nascenti dall’osservanza degli stessi precetti.
Affermare l’influenza culturale nella costruzione del senso e valore del corpo non vuol
dire pensarlo come sola costruzione sociale, il che annullerebbe l’influenze delle
esperienze personali, di quella che Turner definisce “incarnazione
5
”, ovvero la fisicità e
l’esperienza singolare che ne deriva. Il corpo è sia una metafora sia organismo
materiale, insieme sociale e naturale, socialmente mediato e individualmente percepito.
Ovviamente, pur riconoscendo una componente fisica della percezione corporea, lo
stesso autore sottolinea che, per quanto non la si possa eliminare, essa sia poi filtrata
dalla componente culturale; si pensi agli impulsi, agli stimoli fisici che il corpo avverte
biologicamente e come siano poi incanalati, governati secondo il valore che socialmente
è loro attribuito. Si pensi al controllo degli istinti sessuali o al controllo della stessa
alimentazione, sanciti differentemente a seconda della cultura di riferimento.
Stabilito un così intenso rapporto di influenza fra corpo e cultura, si vuole indagare da
dove sia scaturita quella forte frattura fra corpo e Sé che molte pazienti con DCA
sottolineano, innalzando il proprio corpo a solo strumento attraverso cui esprimere un
disagio e su cui riversare la propria ostilità.
4
Polhemus, S , Social Aspects of the Human Body, Penguin Books,1978 ,citato in Corpi Anoressici di
Morag MacSween
5
Turner,B.S., The body and Society, Blachkwell, Oxford p204, 233, 244, 251
9
1.1 RADICI DEL PENSIERO OCCIDENTALE
Il corpo come ingannevole e peccaminosa prigione dell’anima è un’immagine molto
ricorrente nella filosofia occidentale.
Platone nel “Fedone”in proposito è molto chiaro, ” >… ≅fino a quando noi possediamo il
corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai
in modo adeguato ciò che ardentemente desideriamo, vale a dichiarare la verità. >… ≅ Ci
avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo e comunione
con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia imprescindibile necessità”
Platone crede nella trascendenza della verità, traguardo raggiungibile solo superando
quella che definisce “follia del corpo.”
.
La filosofia così inaugurata impone il passaggio
dalla terra materiale, dell’esperienza umana, all’ideale. L’anima divisa dal corpo, sua
prigione, non è frutto dell’esperienza diretta dell’uomo, ma è costruzione di un
immaginario che considera vera realtà solo l’ordine trascendente e immateriale. In tale
costruzione compito della filosofia è liberare l’anima dal corpo, per raggiungere un altro
da sé che è la vera essenza. Di qui nasce la visione occidentale per cui il valore d’ogni
cosa è sempre altrove, ritrovato solo superando la stessa, in un processo che scioglie il
materiale, plurimo nell’unità del molteplice.
A livello antropologico questo ha significato la creazione della nozione d’anima,
principio unitario che nasce e si sviluppa a scapito del corpo, dei suoi sensi.
Un dualismo fra materia e idea, anima e corpo che nella tradizione giudaico-cristiana
trova corrispettivo nella dicotomia bene/male, carne/spirito.In questa prospettiva il
corpo diviene corpo del peccato, corpo da redimere. Dopo la Caduta originaria esso
diviene ontologicamente corrotto, legato al mondo e non al cielo, fonte di corruzione e
perdizione.
Turner in “The body and society”rileva come nel cristianesimo medievale il corpo fosse
la sede eletta dell’irrazionalità, della passione e del desiderio. La carne diventa terreno
di corruzione morale e per tanto deve essere dominata con pratiche ascetiche, prime fra
tutte il digiuno e l’astinenza. Scopo ultimo é liberare l’anima dalle tentazioni del
desiderio.
Nella cultura medievale ogni elemento, sia a livello macrocosmico sia microcosmico, è
collocato in un ordine preciso, immutabile, sancito secondo una rigida gerarchia di ruoli
e valori. A livello cosmologico tutto è ricondotto alla divisione fra i quattro elementi
basilari (terra, acqua, aria, fuoco), così come a livello anatomico l’armonia del corpo
10
umano è ricondotta all’armonia fra i quattro umori (bile gialla, bile nera, flegma,
sangue). La dicotomia fra cielo e terra si rispecchia nel dualismo fra anima e corpo.
Teoria di origine galeniana, per cui uno squilibrio fra i quattro componenti base
causerebbe la patologia. Uno squilibrio fisico che ben presto assunse anche valore
morale; non esistendo alcuna distinzione fra malattia e peccato, i malanni divenivano
espressione somatica di una trasgressione morale, così come la lebbra era la
dichiarazione scritta sul proprio corpo dell’eresia.
Corpo e anima quindi in rapporto dialettico, ma non separati, le condizioni dell’uno si
rispecchiavano nell’altro.
Quest’immagine di corpo specchio dell’anima sarà un valore ricorrente nella cultura
occidentale; nelle donne vittoriane la costrizione del corpo nei corsetti per conferire alla
propria immagine l’innaturale curva a S era etichettato come indice di gran forza di
volontà, determinazione e capacità di governare gli impulsi del corpo. Allo stesso modo,
nella cultura contemporanea, nei soggetti con DCA la ferrea disciplina imposta al
proprio corpo è vissuta come indice di autocontrollo e rigore morale.
6
La salvezza dell’anima era raggiungibile soltanto con la mortificazione del corpo,
attuata con il distacco dal mondo, ovvero attraverso la povertà, la castità, il digiuno, là
dove denaro, sessualità e cibo rappresentano il mondo terreno.
Benché questa fosse nel Medioevo la visione ufficiale, basata su una rigida gerarchia
che mai consente contatto fra l’alto e il basso, l’ideale e il terreno, parallelamente la
cultura popolare presenta una concezione del corpo diametralmente opposta. E’ questa
una cultura che si fonda su di un principio di Abbassamento, per cui tutto quello che
nella visione ufficiale è posto come ideale ora è trasferito a corporeo e materiale, e
viceversa. Non è un semplice ribaltamento, il che vorrebbe mantenere rigide divisioni
gerarchiche seppure con ordine inverso, ma si propone l’inclusione dell’ideale nel
materiale.”…l’elemento corporeo è così grande, esagerato, infinito >… ≅ l’elemento
dominante in tutte queste immagini della vita materiale e corporea è la fertilità, la
nascita. La crescita in sovrabbondanza.”
7
In questa visione il corpo è celebrato come
luogo rigenerante della vita, non più solo corpo del singolo ma corpo collettivo.
6 Molto significativo a tal proposito è un testo di Apfeldorferdal titolo “Mangio dunque sono”,dove le
scelte alimentari si materializzano nel proprio corpo divenendo specchio del proprio Io.
7
Bachtin, M.trad.it.L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione
medievale e rinascimentale”, Einaudi, Torino, 1979, pag 23
11
Se nella cultura ufficiale gli orifizi del corpo sono controllati rigidamente perché fonte
di peccato, nella visione popolare essi divengono luoghi di contatto fra il corpo e il
mondo.
“…tutto ciò che sbuca fuori dal corpo, che sporge e affiora dal corpo, tutto ciò che cerca
di sfuggire ai confini del corpo … tutto ciò che prolunga il corpo e lo unisce agli altri
corpi o al mondo non corporeo”
8
assume importanza vitale.
E lo stesso significato è attribuito al cibo, non più fonte di perdita di controllo e
contaminante, ma possibile connubio fra corpo e mondo. E’ nel mangiare che il corpo
oltrepassa i propri confini e si arricchisce a spese del mondo: ”qui l’uomo assaggia il
mondo, lo introduce nel proprio corpo, lo rende parte di sé >… i confini tra uomo e
mondo sono cancellati, a vantaggio dell’uomo”
9
1.2 DUALISMO CARTESIANO E LA CREAZIONE DEL CORPO COME
SIMULACRO BIOLOGICO
Se la filosofia platonica e la religione cristiana hanno contribuito a creare le basi della
dicotomia tutta occidentale fra anima e corpo, la radicalizzazione di questo dualismo si
ha con la ragione cartesiana, fonte del pensiero scientifico moderno.Riprendendo il
dualismo platonico di anima e corpo e spogliandolo di ogni connotato religioso,
Cartesio scioglie il corpo dal suo mondo per chiuderlo in quella che chiamerà res
extensa, ovvero per considerarlo, alla stregua di tutti gli altri corpi, dominato dalle leggi
fisiche che regolano e spiegano il movimento. Separato dall’anima il corpo diviene
semplice oggetto, separata dal corpo l’anima diviene puro intelletto, ego
intersoggettivo.”Da allora ogni produzione di senso non fu più nell’originario rapporto
col mondo, ma il corpo e il mondo ricevettero il loro senso dalle cogitazioni
dell’ego >… ≅ nata dall’uomo nel mondo, la scienza s’è così trovata con Cartesio a
dimenticare la propria origine”
10
In questa visione l’io umano non è più l’io che abita il mondo, ma l’ego cogito che
considera il mondo secondo operazioni idealizzanti, che non creano contatto con la
realtà ma con l’immagine definita di essa.
8
Bachtin, M,ibidem,316
9
Bachtin, M, ibidem 281,312
10
Galimberti, Il Corpo, Feltrinelli, Milano, 1997, pag 41
12
Il corpo diviene somma di parti prive di interiorità, così come è pensato dall’intelletto, e
la mente una interiorità senza spazio né distanze.
Questi capisaldi della filosofia cartesiana influenzeranno molto la teorizzazione medica
dei secoli diciassettesimo e diciottesimo, privilegiando la mente come definizione del Sé
e interpretando il corpo come una macchina complessa governata dalla medicina,
aggregato di parti analizzabili singolarmente.
Si assiste così alla trasformazione del corpo da oggetto di un discorso sacro sulla carne
ad oggetto di un discorso medico che lo concepisce unicamente come macchina da
controllare, eliminando ogni ipotesi di obbedienza ad una logica non matematica ma
spirituale.
Il corpo diviene “simulacro biologico”, ove biologia e anatomia detengono il sapere che
nasce dallo studio di un cadavere, un sapere che muove da un corpo privo di vita per poi
essere applicato ad uno in vita. In questo modello medico l’io corporeo è solo materia
inerte su cui si materializza un sintomo da decifrare, un corpo che diviene testo di facile
lettura data la conoscenza dei suoi componenti, testo che è solo esplicitazione di un
qualcosa di latente, conoscibile e controllabile. Questa immagine di corpo come testo
predeterminato della scienza moderna si scontra con il corpo-testo che emerge nei DCA,
testo che esula dagli schemi prestabiliti aprendosi a nuovi significati, testo di qualcosa
che si oppone al dover essere biologico (si pensi alle opposizioni che il corpo-testo
dell’anoressica in età adolescenziale manifesta verso la sua maturazione sessuale, verso
il suo divenire donna).
Ridurre il corpo a solo oggetto di indagine scientifica è porsi nella condizione di
spiegare senza comprendere. La differenza è notevole, ”nel corpo-cosa che la scienza
descrive ogni volta che parla dell’organismo e delle sue funzioni io non mi riconosco,
perché è un corpo che non mi rivela, non mi rappresenta, non mi esprime.”
11
Il corpo che l’io conosce nell’esperienza quotidiana è ciò grazie a cui per esso esiste un
mondo, il corpo-cosa della scienza è la stessa realtà depauperata del soggetto. Il corpo
che sono e il corpo che vedo sono le parti complementari di una stessa unità,
l’incomprensione nasce quando si riduce la presenza del corpo nel mondo (il suo
esserci) al modo con cui esso si presenta all’occhio della scienza.
11
Galimbert, ibidem, 144
13
E’ come se descrivessimo la stessa immagine in modi differenti a seconda che
emergesse la figura o lo sfondo, entrambe le prospettive sono corrette ma non esaustive
se prese singolarmente.
Lo spiritualismo che comprende l’uomo a partire dalla realtà dell’anima atemporale
dimentica che il corpo è la condizione sine qua non si è al mondo; il materialismo
scientifico che tutto risolve nella biochimica dimentica che il cervello può elaborare dati
solo coordinando ciò che riceve dall’esterno, grazie ad un corpo che non è solo oggetto
ma vivente, corpo coinvolto negli stimoli esterni.
14
2 LA POLITICA DEL CORPO
2.1 CREAZIONE DEL CORPO BORGHESE E DEL CORPO MACCHINA
Abbiamo delineato come il discorso scientifico che si sviluppa a partire dalle radici
cartesiane designi il corpo come oggetto privo di valenze simboliche o religiose,
andando oltre, esso con l’avvento del capitalismo diverrà semplice merce.
Nel pensiero medievale uno stesso ordine gerarchico governava tanto l’armonia cosmica
quanto quella umana; una netta distinzione regnava fra i quattro elementi cosmici e la
stessa sanciva le divisione fra i quattro umori. Allo stesso modo i rapporti sociali erano
regolati da un ordine gerarchico, in modo che mai alto e basso potessero confondersi.
L’uomo partecipava alle leggi della natura, ne era una sua infinitesima parte sottoposta
alla stessa gerarchia.
L’avvento del Capitalismo opera una rivoluzione entro i confini di questa gerarchia, si
assiste alla separazione fra uomo e natura: quest’ultima diviene l’oggetto dell’operare
umano, il frutto modificabile del suo lavoro. Parallelamente si avverte la rottura delle
gerarchie sociali considerate fino ad allora immutabili; lavoro e proprietà privata creano
una struttura sociale ove ogni individuo è portatore di un nuovo valore, la forza lavoro,
spendibile sul mercato come merce. Il singolo non è più pedina del cosmo, intrappolata
nelle leggi immutabili del suo ordine, ma assume maggiore libertà e possibilità nel
determinare il suo destino. Così il corpo, ora separato dalla natura, diviene strumento
con cui raggiungere l’interesse individuale.
Si ricordi con Bachtin come il corpo fosse vissuto, nella concezione popolare
medievale, in comunione con la natura al punto che i suoi confini si scioglievano a
contatto con essa: ”I confini fra uomo e mondo sono cancellati, a vantaggio
dell’uomo”.
12
Diversamente ora il corpo si separa da essa, facendo della sua superficie
una barriera. Per opposizione ora “il nuovo canone corporeo[…] presenta un corpo
perfettamente dato, formato, rigorosamente delimitato, chiuso […] La superficie cieca e
le valli del corpo assumono il significato essenziale di confine di un’individualità chiusa
che non si fonde con altri corpi e con il mondo”
13
Dissolte le catene che legavano il corpo del singolo alla natura e al corpo collettivo del
popolo, esso assume un nuovo significato: facendo della natura l’oggetto e dell’uomo il
12
Bachtin M, ibidem, 312.
13
Bachtin M, ibidem, 347.
15
soggetto dell’azione, esso diviene strumento per il conseguimento dell’interesse
individuale.
La preoccupazione medievale volta all’ossessivo controllo del desiderio e dei bisogni
del corpo è modificata: ora lo stesso desiderio non è più semplicemente represso, il
corpo e i suoi impulsi sono disciplinati ai fini della produzione e, allo stesso tempo,
sono incoraggiati in vista del consumo. Il desiderio è creato, alimentato e controllato,
per conciliare produzione e consumo.
Si è assistito allo slittamento da un uomo pedina del cosmo ad un uomo suo creatore
consapevole, mutamento che ha concorso alla creazione dell’identità moderna, dove l’io
padrone di sé guarda con oggettività al mondo esterno e a quello interno, alle sue
emozioni.
Se da un lato si assiste alla riconquista da parte dell’uomo del suo corpo, ora non più
sciolto nel cosmo ma indipendente e capace di agire consapevolmente nel mondo,
quello che realmente si ottiene non è un corpo che segua la volontà del singolo, ma uno
strumento di azione nel mondo che sia inserito in un piano normativo, ovvero sottoposto
alle leggi di produzione e consumo dell’epoca moderna: è la creazione dell’uomo-
macchina.
2.2 DAL CORPO MACCHINA AL CORPO AUTOCONTROLLATO
Sciolto da un vincolo, il corpo rientra in un altro, e andando ancor più oltre la norma
non sarà più imposta dall’esterno bensì interiorizzata; il corpo diviene esso stesso
strumento di disciplina.
In una prospettiva ove ruolo nodale è attribuito al singolo individuo come fautore del
proprio destino, pur entro certe norme, il corpo assume importanza primaria in quanto
primo strumento di autorealizzazione. Da contenitore scomodo del sé, diviene base per
la costruzione dell’identità.
Sempre più il soggetto, ormai consapevole della possibilità di costruire da sé il proprio
destino, non decide solo come agire, ma come mostrarsi agli altri. Se il corpo non è
gabbia dell’Io, ma suo strumento di possibile realizzazione, allora dovrà essere sempre
in grado di ottenere una resa massima, esso sarà l’immagine dell’io nel mondo.
Con l’epoca post-moderna la rigida disciplina inflitta al corpo non si sviluppa più da un
controllo esterno, ma nasce dallo stesso soggetto; mantenere il corpo in perfetto ordine
diviene prerogativa del singolo.