LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA CAPITOLO 1
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sottratto all’altrui curiosità
3
. Il progresso tecnologico, che ha portato alla diffu-
sione dei mass media, degli strumenti per la registrazione della voce e la fissa-
zione delle immagini (dalle microspie, alla possibilità di avere ogni informa-
zione circa le comunicazioni telefoniche tramite i tabulati delle compagnie),
l’uso dei calcolatori elettronici e la creazione delle banche dati (per non di-
menticare Internet, quale potente strumento di comunicazione), hanno reso as-
solutamente inadeguate le precauzioni che solitamente sono adottate per difen-
dersi da ingerenze nella vita intima delle persone. Non a caso, i primi tentativi
di elaborazione di una cultura di tutela giuridica della privacy effettuati negli
Stati Uniti d’America, furono contemporanei alla diffusione della stampa, uno
dei mezzi di comunicazione di massa (ovvero mediante i primi tentativi di ri-
produzione statica della attività del soggetto ricorrendo all’uso di tecniche della
fotografica)
4
.
Per cui, dall’iniziale diritto alla riservatezza inteso come diritto ad essere
lasciati soli, o diritto ad uno spazio di quiete silenziosa si è passati, dopo
l’entrata in vigore della legge 675/1996 (e degli atti normativi modificativi ed
attuativi), alla riservatezza, intesa come diritto di controllo sulla circolazione
dei dati informativi connessi agli individui ed alle loro attività, in poche parole
tradotto nel diritto ad accedere liberamente alle proprie informazioni, per con-
trollare se sono esatte, per correggerle e soprattutto monitorarne l’utilizzo. Si
arriva in pratica al diritto di “autodeterminazione informativa”. Le “mura del
focolare domestico” non possono più offrire sufficiente protezione alle inge-
3
G.M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza,
cit., p. 426.
4
G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), in Enc. dir., XL, Giuffrè, Milano 1989, p. 1244.
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renze ed indiscrezioni esterne, di conseguenza la tutela della riservatezza va
oltre l’esigenza del riserbo e la necessità di sottrarre qualcosa di sé all’altrui cu-
riosità, ed arriva ad includere le informazioni personali o i dati (dai profili atti-
nenti alla salute a quelli concernenti le opinioni politiche, dal credo religioso
professato all’appartenenza a gruppi o associazioni), legandosi al concetto più
ampio e flessibile di privacy
5
.
La riservatezza si presenta come una “costellazione di diritti”, in realtà,
tutti ricollegabili a fattispecie protette costituzionalmente e comunemente ri-
conducibili allo stesso nucleo
6
. La posizione centrale attribuita alla persona
umana e alla tutela della sua pari dignità negli artt. 2 e 3 della Cost, ha consen-
tito di aprire la strada al riconoscimento (prima soltanto della dottrina, poi con
il sostegno fattivo della giurisprudenza anche costituzionale) di quelle situa-
zioni giuridiche protette, i cui interessi erano riconducibili alla riservatezza
7
, la
cui radice sarebbe assimilata al “rifiuto di intrusioni non consentite in una sfera
riconosciuta come propria della persona e della sua spontanea socialità”
8
.
Esiste una riservatezza che garantisce ai soggetti lo svolgimento della
personalità lontano da intrusioni della curiosità sociale, un diritto che si va di-
scendere dall’art. 15 Cost. e crea una separazione nelle vicende umane tra ciò
che è pubblico e ciò che è privato. I limiti della libertà, che talora rendono for-
zatamente pubbliche quelle vicende, sono dati dalle determinazioni del potere
5
G.M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza,
cit., p. 428.
6
A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, in Enc. giur., Ist. Enc.
Ital., Roma 1995, p. 3.
7
G.M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza,
cit., p. 429.
8
A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, cit., p. 3.
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legislativo quelle che comportano l’attuazione di norme sanzionatorie, autoriz-
zatorie o cogenti, soprattutto perché l’esercizio stesso del potere coercitivo che
attua le norme non può essere riservato.
Un’altra eccezione alla sfera della privacy, è quella derivante dal “pub-
blico interesse” della notizia che coinvolgerebbe irrimediabilmente la sfera pri-
vata, la quale comunque dovrebbe rimanere sacrificata solo per quei fini di co-
noscenza e non oltre. Si introduce il discorso delle problematiche relativo alle
“banche dati”, alla pubblicità delle udienze penali e al “diritto all’oblio” come
congruenza tra pubblicità e pubblico interesse attuale. Quella che rimane, è
stata definita come “la tutela residuale” della riservatezza (che per esempio, in
merito alla pubblicità delle udienze penali e alla diffusione in forma televisiva
della vicenda, consente di mantenere l’anonimato dell’imputato, ove lo ri-
chieda, tramite l’oscuramento delle immagini)
9
.
Esiste altresì un diritto alla riservatezza che protegge l’individuo dalle
intrusioni delle comunicazioni che avvengono nella collettività, la cui tutela è
frutto di un ragionevole bilanciamento con gli interessi in ballo nella libertà di
manifestazione del pensiero o di comunicazione positiva. In ultimo, ma non per
questo meno importante, troviamo la riservatezza come sfera di libertà protetta
dalle intrusioni del potere pubblico e soprattutto delle leggi. In tal senso il con-
cetto di privacy identifica “una sfera della vita che appartiene solo a noi stessi,
alla nostra socialità spontanea, allo sviluppo della nostra persona”, sfera che
non appartiene a nessun altro, né alla società in generale, né alla curiosità so-
ciale, tanto meno al potere normativo dello Stato sebbene, si capisce, con al-
9
A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, cit., p. 3.
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cuni limiti). Un concetto che si avvicina molto a quello della dottrina ameri-
cana, ovvero della “inviolata personalità”
10
.
Il contenuto della riservatezza coincide con quello specifico ambito di
protezione sottratto all’ingiustificata curiosità altrui, che si traduce in una le-
sione degli interessi costituzionalmente rilevanti, come il riserbo e i diritti
all’identità personale. Il contenuto della tutela non dovrebbe essere definito
mediante criteri uniformi, perché si potrebbero male adattare agli eterogenei
casi che sono generalmente riconducibili alla tutela della riservatezza e soprat-
tutto perchè potrebbero apparire costituzionalmente non giustificati. Il legisla-
tore in considerazione dell’evoluzione dei comportamenti individuali e dei rap-
porti sociali, deve poter definire i molteplici ambiti protetti, nei limiti del ri-
spetto della ragionevolezza e del principio della pari dignità sociale su cui si
fondano le garanzie costituzionali specificatamente apprestate a favore di
quella particolare situazione. Per fare un’analisi complessiva della protezione
della riservatezza nel nostro ordinamento costituzionale, dopo aver compreso
l’ampio nucleo degli interessi compresi in essa, occorre definire il quadro dei
principi e di interessi tutelati dalla Costituzione e collocare sulla base di questi
la disciplina normativa vigente che nel suo complesso tutela le persone verso le
non gradite indiscrezioni esterne.
La “prospettiva ordinamentale” della riservatezza può essere tracciata os-
servando: dapprima gli interventi normativi a tutela degli ambiti privati o co-
munque riservati e l’effettiva applicazione di strumenti di tutela giurisdizionale
a favore della sfera privata; poi ancora con l’interazione delle elaborazioni
10
V. paragrafo 1.5 in questo capitolo.
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dottrinali delle fondamenta giuridiche della protezione della riservatezza nella
Costituzione; con lo spunto degli interventi delle carte internazionali dei diritti
dell’uomo, poste a tutela dei diritti umani e in specie della stessa riservatezza;
infine si aggiunge la corposa disciplina normativa in tema di protezione dei dati
personali
11
.
11
G.M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza,
cit., p. 418.
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1.2 Le origini della problematica della tutela della riservatezza: dottrina e
giurisprudenza
Come si è arrivati all’affermazione dell’esistenza di un diritto soggettivo
alla tutela della vita privata del soggetto, in altre parole al diritto alla riserva-
tezza?
La tematica del diritto alla riservatezza ha origine nel diciannovesimo se-
colo in Inghilterra, poi si afferma negli Stati Uniti d’America e successiva-
mente negli altri Paesi fondati su ordinamenti di tipo liberal-democratico
12
.
La dottrina e la giurisprudenza italiana, dopo l’avvento del codice civile
del 1942, hanno mosso la loro attenzione verso forme e modalità di protezione
giuridica relative a quella particolare sfera delle vicende umane che si qualifica
normalmente come privata, intima o riservata, proprio per questo motivo, me-
ritevole di tutela giuridica nei confronti di ingiustificate ingerenze, interferenze
o altre indebite forme di indiscrezione provenienti dall’esterno
13
.
Si è iniziato a parlare di garanzia della vita privata, proprio nell’ambito
della tutela dei diritti della personalità, nella fattispecie, in riferimento a due
complessi e particolari “casi” giudiziari
14
: uno, del 1951, riguardante la
divulgazione cinematografica della vita del tenore Caruso (Pret. Roma, 19 no-
vembre 1951) e l’altro, del 1953, sulla pubblicazione a puntate della vita di
Claretta Petacci (Trib. Milano, 24 settembre 1953); poi ancora ci fu un caso
12
A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, cit., p. 1.
13
G.M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza,
cit., p. 418.
14
A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, cit., p. 2.
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relativo ad un film di Nazario Sauro (Trib. Roma, 25 febbraio 1956) e uno re-
lativo ad un film dell’attore Vittorio De Sica (Cass. 31 maggio 1966, n. 1146).
La tesi prevalente della dottrina, favorevole al riconoscimento di un diritto di
riservatezza, era generalmente argomentata, attraverso l’applicazione del ca-
none ermeneutico dell’analogia (nella sua doppia proiezione, in virtù dell’art.
12 disp. prel., della analogia legis ed analogia iuris)
15
, limitatamente a diverse
norme riguardanti: il diritto all’immagine, inteso come diritto a non consentire
la riproduzione e la divulgazione delle proprie sembianze fisiche (art. 10 c.c.;
art. 96 e 97 l. n. 633 del 1941)
16
; la normativa sul diritto al nome (artt. 6 e 7
c.c.)
17
; i diritti morali d’autore ed in particolare, il diritto di inedito o di anoni-
mato (artt. 8, 9, 12 l. n. 633 del 1941); i diritti delle persone celebri e dei pa-
renti stretti relativi all’epistolario di natura personale (artt. 93 ss. della legge
summenzionata).
La prima ipotesi, è quella concernente la tutela dell’immagine e sulla
protezione del diritto di autore
18
. Alla base c’è il presupposto, acquisito
pacificamente, anche dalla dottrina francese, che l’immagine della persona co-
stituisce per ciascuno il “prolungamento” della personalità. In altre parole,
l’immagine è “la proiezione della individuazione fisica della persona alla sua
15
G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p. 1245.
16
“Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza
il consenso di queste […]”, art. 96 L. 22 aprile 1941, n. 633. “Non occorre il consenso della
persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o
dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici
o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pub-
blico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio,
quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od
anche al decoro della persona ritrattata.”, art. 97, L. suddetta.
17
“Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono
il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se
non nei casi e con le formalità dalla legge indicati.”, Art. 7 c.c .
18
G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p. 1245.