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1. Storia del Magistrato alle acque
1.1. Il governo delle acque venete fino al XVI secolo
1.1.1. Introduzione
Non è possibile indagare sull’istituzione del Magistrato alle acque
del 1501 senza risalire ai suoi prodromi e agli strumenti cui si era
fatto ricorso fino ad allora per il governo e la tutela delle acque.
L’acqua ha avuto da sempre un’importanza centrale per
l’insediamento umano nella laguna veneta, sia per quanto riguarda
l’organizzazione della vita e della società, sia, e soprattutto, per ciò
che concerne le condizioni di precarietà geomorfologica e ambientale
del territorio che rendeva problematica la costruzione di qualsiasi
unità abitativa. Da un lato le condizioni sfavorevoli del territorio,
dall’altro l’enorme facilitazione offerta dall’acqua stessa sia per i
commerci sia per la difesa da possibili invasioni esterne.
Alcune popolazioni di Aquileia, Altino, Oderzo ed Eraclea, in fuga
davanti all’avanzata dei Longobardi, iniziarono ad insediarsi nella
laguna veneziana, prima a Torcello, poi verso i lidi, seguendo le
direttrici dei canali lagunari maggiori. L’organizzazione di ognuno di
questi insediamenti, considerate le problematiche derivanti dal
territorio, doveva essere rigorosa e soprattutto poggiare su direttive
comuni: venne così istituita un’autorità militare che si affiancava a
quella civile. Le singole isole erano governate dai tribuni, che a loro
volta erano coordinati e diretti da un magister militum, alle
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dipendenze dell’Esarca di Ravenna, la cui sede era a Rivo Alto, il
primo nucleo dell’antica città di Venezia.
La superiorità del tribuno di Venezia su quelli delle isole lagunari
venne riconosciuta dall’imperatore di Costantinopoli attorno al 725,
quando nominò un dux, in veneziano doge, cui venne affidato il
governo di tutto il ducato bizantino delle lagune e la cui carica,
almeno in un primo momento, era elettiva.
Il doge esercitava la propria autorità militare su tutti i tribuni,
deteneva ampie prerogative di comando e un’autorità indiscussa.
Nel corso degli anni la sua figura, pur mantenendo tutto il suo
prestigio, venne evolvendosi in forme complesse, determinando il
decentramento di competenze specifiche. Il trasferimento di poteri ad
organismi esecutivi costituì un tratto caratteristico della gestione
amministrativa fin dalla sua prima strutturazione e rese più agile la
soluzione dei problemi, sia di natura giuridico-amministrativa sia di
quelli di natura tecnica.
Fin dalla sua costituzione la Serenissima Repubblica concentrò tutta
la propria attenzione sulla difesa dei lidi e sull’allontanamento delle
acque dolci dalla laguna. La storia insegna che l’acqua costituiva un
formidabile strumento di difesa poiché, almeno nel caso specifico
della conformazione del sottofondo veneto, si prestava ad opporsi a
coloro che avessero tentato di invaderne le zone abitate.
Uno dei principali problemi del Governo della Serenissima, quindi,
fu quello della difesa della laguna. A questo scopo si dedicarono con
impegno e costanza prima i tribuni, poi il Doge ed infine le
magistrature, che costituirono una sorta di emanazione e di
strumento esecutivo di quell’autorità.
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1.1.2. IX secolo
Nell’ anno 820, il Doge Angelo Partecipazio, nel fissare la propria
sede a Rialto, pensò di affidare a tre distinti magistrati il compito di
tutelare il territorio e le acque della città di Venezia: uno per l’attività
edilizia, per i lavori di ampliamento degli spazi a destinazione
urbana, il censimento e la classificazione dei rii, dei canali e delle
piscine, un secondo per la preservazione e la difesa dei lidi, un terzo
per i lavori di interrimento, di costipamento e di acquisizione di
superfici occupate da porzioni di laguna. Le linee cardine del loro
operato erano comuni: la prevenzione e la riparazione dei danni
provocati dalla natura e dall’uomo alla laguna. Scaturì una serie di
divieti che mostrano una spiccata sensibilità ambientalista, risultante
da una prolungata osservazione degli effetti negativi conseguenti alle
alterazioni e agli interventi anche meno invasivi.
1.1.3. XI secolo
Dai documenti risalenti al XI secolo si riesce a sapere che in quel
periodo il doge non si avvaleva più dell’aiuto dei magistrati per la
tutela della laguna: era egli stesso aiutato dai suoi consiglieri a
svolgere tutte le operazioni necessarie all’avvio dei lavori, dalla
stipula dei contratti fino al collaudo delle opere, ma solo di quelle
che si trovavano all’interno della cinta lagunare; tutte le altre non
erano sotto la sua diretta sorveglianza; egli si impegnava ad
assicurare solo un finanziamento che copriva in parte le spese e un
compenso annuale per la manutenzione dell’opera, affidata al
podestà del luogo.
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1.1.4. XIII secolo
Successivamente, nel corso del XIII secolo, le fonti d’archivio
testimoniano nuovamente la coesistenza di tre distinti Magistrati.
Con questo titolo non si faceva riferimento ad una persona ma si
indicavano dei veri e propri organi esecutivi costituiti da più
funzionari appartenenti alla classe nobiliare, in genere tre, alcuni
denominati Corti e altri Offici.
Gli Officiales erano funzionari che costituivano un organismo
pubblico, amministrativo, giuridico e penale, dotato di competenze
tecniche. Davano corpo ad un Officio il cui compito era quello della
salvaguardia e del controllo relativo alle opere effettuate o da
effettuare nell’ambito cittadino e lagunare.
In particolare gli Officiales supra canales, rivos et piscinas esercitavano
una funzione preventiva e istruttoria per qualsiasi tipo di intervento
e di modificazione ambientale che riguardasse le acque. Tratto
saliente era il compito della sorveglianza sugli eventuali abusi a
danno di canali, fiumi, paludi e vie di pubblico accesso a loro.
Gli Officiales super pontibus et viis civitatis Rivoalti erano un corpo di
funzionari cui era stato affidato il controllo della proprietà demaniale
di ponti e strade. Erano incaricati di provvedere alla manutenzione
dei ponti e della viabilità della città, e collaboravano a stretto
contatto con gli Officiales supra canales.
Infine gli Officiales publicorum comunis si occupavano della gestione
della parte economica ed amministrativa, assolvendo
contemporaneamente il ruolo di esattori e di pagatori in tutte le
circostanze in cui era necessaria la concorrenza dell’erario pubblico
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negli interventi consorziali, vale a dire quelle opere condotte insieme
ai privati, tenuti al versamento di somme cospicue.
Nel corso degli anni il Doge limitò drasticamente il potere degli
Officiales supra canales, prima togliendo loro il diritto di alienare le
acque pubbliche, considerandole bene demaniale, poi introducendo
la figura dei Capi di Sestriere, che avevano il compito di gestire la
giustizia penale, infine nominando alcuni incaricati speciali (Capita
supra predictis) da affiancare ai Capi di Sestriere con la responsabilità
anche tecnica dei lavori straordinari che nel frattempo erano stati
avviati nei canali e nei rii.
In particolare togliendo agli Officiales il diritto di alienare le acque si
affermò il principio che considerava l’acqua un bene pubblico non
privatizzabile; era l’elemento che assicurava la stabilità politica e
sociale della Repubblica: era ovvio che venisse posta alla base di tutta
la gestione giuridico-amministrativa dello Stato.
1.1.5. XIV secolo
Nel 1301 il Maggior Consiglio, l’organo con potere legislativo,
procedette alla nomina di un nuovo organismo con prerogative
analoghe a quelle degli Officiales, costituito da sei membri, che
assumevano tutte le competenze esercitate da questi e dai Capi di
Sestriere. Il doge veniva così sgravato definitivamente del potere di
controllo delle fasi esecutive e operative attinenti i lavori di scavo e
di regolazione delle acque lagunari. Questa istituzione rimase in
vigore fino al 1321, anno in cui venne ripristinata l’autorità dei Capi
di Sestriere affiancati dagli Officiales; questi ultimi, a partire dal 1392,
furono eliminati: le loro mansioni vennero passate interamente ai
Capi di Sestriere.
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Alcuni compiti venivano affidati a Commissioni straordinarie con
carattere temporaneo, i cui membri possedevano conoscenze tecniche
più specifiche di quelle dei tecnici ordinari; dovevano controllare gli
interventi particolarmente delicati e garantirne l’efficacia. Il carattere
consultivo di queste commissioni tuttavia faceva sì che le loro
prestazioni fossero sempre subordinate all’autorità degli Officiales o
di chi ne esercitava le funzioni.
1.1.6. Gestione finanziaria e giurisdizione
1.1.6.1. Gestione finanziaria
Per quanto riguarda il problema dei finanziamenti, è da rilevare
come non ci fosse una regola consolidata, il Maggior Consiglio
stabiliva di volta in volta come procedere, ma in ogni caso
l’intervento pubblico non superava mai un terzo della spesa
complessiva, il rimanente era a carico dei privati. Era il carattere
dell’opera ed il tipo di coinvolgimento delle parti a determinare le
modalità di partecipazione alle spese. I privati potevano essere
costretti al pagamento per intero dell’opera cha li riguardava. Per la
riscossione dei tributi era stato creato un organismo ad hoc, la Curia
publicorum, il cui nome volgare era Officio del Piovego. Non esisteva
una prassi unitaria, era il Maggior Consiglio che di volta in volta
decideva se, ed in che misura, ci dovesse essere una partecipazione
statale.
Nel 1490 si posero le basi di un sistema uniforme, rendendo
obbligatorio un tipo di tassazione piuttosto inconsueto: il Maggior
Consiglio deliberò che tutti i funzionari pubblici dovessero
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concorrere alle spese di manutenzione dei rivi e dei canali
proporzionalmente alle proprie entrate. Si trattava di un tentativo di
istituire un fondo comune per la copertura delle spese a carattere
pubblico, alleggerendo il contributo dei privati e consentendo allo
stesso tempo una maggior partecipazione dello Stato, anche a livello
della gestione del patrimonio demaniale.
Sul finire del XV secolo si istituì un catasto dei beni demaniali e
successivamente un registro delle proprietà private. Inoltre si
stabilirono le norme che dovevano regolare le volture catastali con
l’obbligo per le parti di notificare la transazione entro un anno al
massimo.
1.1.6.2. Giurisdizione
La giurisdizione territoriale degli Offici e delle magistrature si
limitava all’ambito lagunare e alla città di Venezia, con esclusione
della terraferma; tutte le acque extralagunari e tutto ciò che le
riguardava, godevano di una certa autonomia, sebbene il concorso
pubblico, sia dal punto di vista tecnico che da quello dei
finanziamenti, fosse in conformità agli indirizzi della conservazione e
della tutela delle acque lagunari. La Signoria riconosceva ampia
autonomia alle singole comunità insediate nel territorio, pur
riconoscendo la possibilità di aver parte ed essere coinvolta
giuridicamente nei provvedimenti che riguardavano i fiumi ed, in
parte, i lidi. Si avevano quindi due ambiti territoriali diversi per
quanto riguarda la tutela delle acque extralagunari: gli uffici
territoriali si preoccupavano della costruzione e della manutenzione
delle opere già esistenti, seguendo però le linee guida della
Repubblica, mentre le contestazioni che riguardavano gli interessi sia
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pubblici sia privati venivano risolte in ultima battuta dagli Organi
supremi del Governo, senza alcuna intermediazione.
Le comunità locali partecipavano alle spese e molto spesso seguivano
direttamente i lavori, pur sotto il controllo della Repubblica, che nella
maggior parte delle volte indicava quali fossero i lavori da effettuare:
questo controllo era motivato dalla preoccupazione di evitare
eventuali danni alla città e alla sua laguna. Proprio per questo
motivo venne creata una nuova figura, quella del Soprastante ai lidi,
cui venne affidato il compito di coadiuvare gli Officiali nel
sorvegliare i lidi.
1.2. L’istituzione del Magistrato alle acque
1.2.1. Introduzione
All’istituzione di quello che verrà chiamato Magistrato alle acque o
Grave Magistrato concorsero circostanze di varia natura, prima tra
tutte l’esplosione demografica con il conseguente allargamento della
cinta cittadina e delle attività produttive. Queste modificazioni
avevano determinato una serie di episodi edilizi di grande rilievo
soprattutto per le alterazioni apportate al sistema idraulico dei canali
e dei rii. Un organismo che rispondeva alle rinnovate esigenze di
tutela idrografica doveva avere struttura unitaria o quantomeno
essere in grado di imprimere un indirizzo unitario alla molteplicità
di problemi che stavano nascendo dentro e fuori dalla cinta lagunare.
Tra questi, l’eccessiva proliferazione delle autonomie locali che non
riuscivano più a coordinare gli interventi sempre più numerosi e
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concomitanti e la complicata gestione dei lavori in corso e in
programma, che necessitava di un piano di spesa coordinato, oltre
che di fondi. Quello che successivamente si chiamò Magistrato alle
acque si configurò come unificazione di più magistrature o
organismi che fino a quel momento avevano agito separatamente.
“All’aprirsi del secolo XVI il Governo della
Repubblica Veneta si persuase che la materia forse
fra tutte di più difficile intelligenza era quella delle
acque, nella quale il più semplice errore poteva
condurre ad una successione di disordini
difficilmente riparabili, e che non poteva quindi
lasciarla affidata, nella parte amministrativa, ad
istituti aventi molteplicità di incombenze, e nella
parte tecnica al solo consiglio di una successione di
commissioni sempre varie di persone e di numero.
Si sentì allora la necessità di preporre alla stesse
una speciale e stabile amministrazione la quale,
risultante da un complesso di organismi distinti ma
separati, si chiamò volgarmente Magistrato alle
acque.”1
Sotto la sua giurisdizione non più solo la città di Venezia e la sua
laguna, ma anche tutte le acque extralagunari della Serenissima, che
corrispondono alle attuali province di Padova, Rovigo e Treviso.
1.2.2. L’istituzione
Gli Officiales supra canales e le cariche che di volta in volta si erano
susseguite nell’amministrazione e nella gestione delle materie
riguardanti le acque, avevano operato senza un indirizzo preciso, ma
si regolavano in base alla consuetudine e a quanto veniva imposto di
volta in volta dalle esigenze più varie, al di fuori di una
programmazione o da un indirizzo univoco. Da qui l’esigenza di un
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G. ORLANDINI, Il Veneto Magistrato alle acque, in Ateneo veneto, fascicolo 3°,
Venezia, 1906
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istituto totalmente innovativo, il Magistrato alle acque, che dal 1501 è
al centro del governo delle acque, della loro regolazione,
utilizzazione e difesa dalle aggressioni.
La sua costituzione è così riferita da uno storico dell’epoca,
Bernardino Zendrini:
“Devolutasi l’anno 1501 la materia delle acque
come tutte le altri più gravi della Repubblica alla
Eccelsa autorità del Consiglio dei X con l’aggiunta,
una delle prime ispezioni fu di rimanere sotto il
regio Fisco tutte le proprietà le quali state distratte
in passato erano possedute dai particolari in
laguna. […] Eransi retti gli affari delle acque sino a
quei tempi, […], con collegi deputati dal Senato
che si andavano formando secondo l’esigenza delle
materie. Ed al certo prima del 1486 non vi fu stabile
sorta di Magistrato; solamente da allora in qua pare
che non fosse interrotta l’elezione di tre soggetti col
nome di Provveditori sopra la acque, a’ quali anco
fu conceduto entrare in Senato, senza voto però,
come si è veduto sotto l’anno 1486. Ma in
quest’anno 1501 li 7 di Agosto fu dal Consiglio di X
stabilita la elezione di tre Savi sopra le acque
perché dovessero stare nel Magistrato due anni,
avessero l’ingresso nel Senato senza la facoltà di
votare, potessero entrare nel Consiglio di X allorché
si trattassero materie appartenenti alle acque, senza
voto però, a riserva se alcuno di essi fosse della
Giunta, nel qual caso avessero l’autorità di
proporre nel detto Consiglio o uniti o separati
qualunque parte attinente le acque, purché della
loro opinione fosse o un consigliere, ovvero un
Capo del predetto eccelso Consiglio.” 2
Il compito che si proponeva di espletare la nuova istituzione era assai
complesso, proprio perché in precedenza era mancata un’azione
omogenea che ne convalidasse l’indirizzo e perché le iniziative
autonome erano scoordinate e talvolta contraddittorie.
2 B. ZENDRINI, Memorie storiche dello stato antico e moderno delle lagune di Venezia e
que’ fiumi che restarono divertiti per la conservazione delle medesime, Padova, Stamperia
del Seminario, 1811
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In primo luogo si trattava di acquisire tutte le proprietà demaniali
che erano state date in concessione e poi tenute in godimento dai
concessionari come fossero beni propri; quindi si doveva ristabilire il
controllo pubblico su quelle proprietà che per loro natura avevano
carattere demaniale.
Nel 1501, come si è appena visto, venne creato il Magistrato alle
acque, un organismo politico, amministrativo e tecnico, con sede a
Rialto, dove prima erano ospitati gli Officiales supra canales, come a
testimoniare una continuità di intenti.
1.2.3. Composizione
1.2.3.1. La gestione politica
1.2.3.1.1. I Savi alle acque
Il Consiglio dei Dieci, il Senato di allora, nominò tre Savi alle acque,
con il compito di ricontrollare il territorio per rilevare eventuali stati
di degrado e di pericolo e di stabilire eventuali lavori di
manutenzione o di rifacimento delle opere esistenti. Dovevano
riesaminare inoltre tutte le concessioni demaniali rilasciate fino ad
allora, perseguendo gli abusi e emettendo ordini di demolizione per
gli edifici costruiti su terreno dello Stato. Era infine demandata loro
la funzione di controllo dell’azione delle acque dolci e degli effetti
negativi che ne derivavano, e la presenza di eventuali zone paludose.
I Savi in carica non potevano assumere nessun altro ufficio, in modo
da garantire la massima imparzialità nel loro operato: il controllo
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della cosa pubblica, il bene comune e la sua netta separazione
dall’ambito privato rivestivano la massima importanza nella politica
della Serenissima.
1.2.3.1.2. Gli Esecutori alle acque
L’elezione dei tre Savi non era sufficiente, nel 1530 si aggiunsero a
loro tre Esecutori, con un duplice compito, amministrativo e tecnico:
destinare le entrate delle tasse ai pagamenti delle spese inerenti ai
lidi e alle acque e controllare periodicamente sia la laguna che i fiumi
per individuare eventuali possessi arbitrali e occupazioni o
usurpazioni del suolo demaniale. Era infine dato loro mandato di
assegnare i lavori alle imprese private valutando le offerte migliori in
presenza del Proto e di effettuare i collaudi delle opere finite.
1.2.3.1.3. Il Collegio delle acque
La direzione del Magistrato spettava al Consiglio dei Dieci, che,
trovandosi impossibilitato a tenerne le direttive perché occupato in
gravi questioni di Stato, nel 1505 decise di istituire il Collegio delle
acque accordandogli la più estesa autonomia e trasferendovi tutta la
gestione legislativa in materia delle acque.
Si stabilì di escludere dal diritto all’elezione di questo organo tutti
coloro i quali avessero qualche interesse e possesso di beni nelle aree
di competenza, sempre per assicurare la massima indipendenza
nell’operato.
Tra tutti i corpi preposti all’Amministrazione civile il collegio era il
solo che poteva rinnovarsi da sé alla scadenza biennale, disposizione