Introduzione
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Il rating è, quindi, un sistema articolato, composto da fattori diversi, metodi,
procedimenti, controlli, dati, sistemi informativi assemblati e finalizzati alla
valutazione del rischio di credito, all’attribuzione di gradi interni di merito e alla
stima quantitativa delle perdite. Tale sistema si basa su un processo di valutazione
che individui, in via preventiva rispetto al loro sorgere, situazioni di crescita o di
declino dell’impresa e che esprime, quindi, attraverso l’attribuzione di un appropriato
punteggio, il profilo di rischio complessivo dell’azienda e misura, in termini puntuali
e dinamici, la sua affidabilità e grado di solvibilità.
Le modifiche apportate nei metodi di calcolo utilizzati per la valutazione del merito di
credito ha comportato delle conseguenze sull’intero sistema bancario italiano, a
livello strutturale, operativo e strategico.
Il presente lavoro di tesi si propone di approfondire le caratteristiche dell’attività
relativa alla valutazione del rischio di credito, e come l’introduzione di sistemi di
rating interni possa rispecchiare una nuova filosofia di valutazione del merito
creditizio nonché un nuovo modello gestionale e operativo all’interno delle banche.
Per avere successo nel quadro di Basilea II, gli istituti devono adeguare tutti gli
aspetti, legati ai rispettivi business, all’organizzazione e alla tecnologia, in modo da
supportare l’ulteriore elaborazione e la divulgazione dei dati di portafoglio e di
mercato richiesti dalle nuove linee guida. Le banche, invero, devono potenziare la
raccolta, la gestione, la qualità e l’analisi dei dati, al fine di garantire precisione,
congruenza e trasparenza per tutte le tipologie di rischio e le divisioni di business.
La diffusione della cultura dei rating e conseguentemente la valutazione del rischio di
credito, basata sull’uso di soft information e di metodologie bottom up, ha portato le
banche alla divisionalizzazione, cioè alla creazione di strutture dedicate per
avvicinare il livello decisionali al cliente, e allo sviluppo di sistemi di Credit Risk
Management basati su procedure automatiche che incorporano anche informazioni
qualitative in modo strutturato.
I sistemi di Credit Risk Management hanno l’obiettivo di affiancare alla tradizionale
gestione individuale, basata sulla gestione delle singole posizioni, una gestione a
portafoglio della massa dei rischi creditizi assunti, basata cioè sulla gestione dei
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profili di rischio di insiemi omogenei di posizioni di cui sia possibile prevedere
statisticamente le variazioni a fronte delle mutevoli condizioni dei mercati cui i
clienti appartengono.
Il passaggio a una struttura credit risk oriented richiede al management della banca
soprattutto una trasformazione di tipo culturale poiché occorre cambiare radicalmente
la tradizionale maniera di fare credito. La riprogettazione del processo del credito
tenderà all’obiettivo della riduzione dei costi anche attraverso la semplificazione dei
processi, la segmentazione della clientela e la creazione di figure professionali
orientate alla gestione della relazione con il cliente (relationship manager).
L’approccio al Credit Risk Management è un percorso a tappe in cui focalizzare
l’attenzione su diverse variabili quali l’analisi strategica preliminare, la valutazione
dell’impatto organizzativo, con l’obiettivo finale di giungere a una risk integration
complessiva (rischi di mercato, operativi e di credito).
La mancata valutazione di tutte le diverse componenti di un progetto di credit risk
management o l’enfasi solo su alcune di esse si traduce non solo nella mancata
percezione della portata e della complessità realizzativa ma, soprattutto, in una scarsa
probabilità di successo dell’intervento.
Il presente lavoro è diviso in cinque capitoli.
Il primo capitolo consiste in una presentazione generale del rischio di credito e delle
sue principali modalità di determinazione. Inoltre, si considerano le principali
modifiche intervenute nel calcolo del rischio di credito a seguito dell’introduzione dei
parametri di Basilea II.
Il secondo capitolo si sofferma sui sistemi di rating considerando le principali
differenze tra i rating interni e i rating esterni, con particolare riferimento ai differenti
approcci utilizzati per la determinazione dei rating interni che possono essere
racchiusi in due grandi gruppi omogenei: modelli ispirati a metodologie statistiche e
modelli judgemental fondati su valutazioni a carattere soggettivo.
Il terzo capitolo si concentra sull’importanza dell’utilizzo dei sistemi di rating
interno. In particolare vengono delineate le principali modalità di determinazione del
rating attraverso diverse fasi. Inizialmente si procede con la raccolta delle
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informazioni che consentono la costruzione del database informativo, in seguito si
procede con l’attribuzione delle classi di rating e con il processo di validazione.
Il quarto capitolo analizza le modifiche da apportare necessariamente all’interno del
sistema creditizio che conducono allo sviluppo di sistemi di Credit Risk Management
orientati prevalentemente alla relazione con il cliente, cercando di seguirlo non
soltanto nella fase di erogazione del credito ma anche successivamente fino
all’eventuale sintomo di insolvenza.
Infine, nel quinto capitolo si presenta l’esperienza del gruppo Unicredito Italiano che,
attraverso l’implementazione di un proprio modello di rating, ha iniziato ad attuare
una nuova modalità gestionale e operativa.
Il rischio di credito e l’impatto del Nuovo Accordo di Basilea
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CAPITOLO I
IL RISCHIO DI CREDITO E L’IMPATTO DEL NUOVO
ACCORDO DI BASILEA
1.1 La valutazione del merito creditizio
Secondo la teoria economica la banca è un’impresa che nella sua attività tipica
sviluppa una esperienza specifica nella valutazione del merito di credito e nella
gestione degli affidamenti, che la mette in condizione di svolgere un ruolo quasi
unico nella selezione e nella allocazione delle risorse nel mercato del credito.
L’esistenza di asimmetrie informative , secondo Akerlof
1
, può portare al
fallimento del mercato per effetto di una selezione avversa (adverse selection)
degli affidamenti, cioè l’impossibilità di valutare la qualità effettiva degli
strumenti trattati
2
, ma anche a maggiori rischi derivanti da comportamenti
opportunistici (moral hazard) da parte dell’affidato nel corso della vita del prestito
stesso; fattispecie, queste, che sono viste come ostacoli al libero estrinsecarsi dei
meccanismi di mercato, ma anche come giustificazioni dell’esistenza e
dell’operare degli intermediari.
Tutto ciò espone la banca al rischio di credito, cioè al rischio che il soggetto
finanziato sia inadempiente o addirittura insolvente
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, con conseguente necessità di
1
Per i problemi legati alle asimmetrie informative si veda Akerlof G. (1970).
2
In sostanza si accordano crediti a condizioni non proporzionate al rischio a cui ci si espone: in
presenza di condizioni troppo restrittive rispetto a tassi di credito eccessivamente alti, la banca
corre il pericolo di cedere i rischi più contenuti alla concorrenza più a buon mercati (perdita di
clienti), innalzando automaticamente il peso dei gravi rischi insiti nel portafoglio crediti. Viceversa
se i tassi di credito sono troppo modestia banca appare appetibile agli occhi dei debitori della
fascia di solvibilità più bassa (clienti in perdita), con l’effetto di deteriorare ulteriormente la
struttura del portafoglio.
3
Si ha inadempienza quando il debitore non realizza la prestazione al momento dovuto, nel luogo
dovuto e secondo le modalità stabilite. L’insolvenza invece è una situazione di inadempienza
definitiva, a fronte della quale il creditore può chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell’art.
1453 c.c.
Il rischio di credito e l’impatto del Nuovo Accordo di Basilea
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misurare tale rischio con metodologie più o meno sofisticate che rientrano tra i
criteri di valutazione dei fidi.
L’analisi del merito di credito della clientela richiede però una notevole quantità
di informazioni che di solito sono riservate, e solo l’instaurazione di un reciproco
rapporto di fiducia tra impresa e banca può consentire a quest’ultima l’accesso a
dati necessari alla valutazione, superando di fatto i problemi legati all’esistenza di
asimmetrie informative.
I benefici derivanti da un siffatto rapporto si estendono a entrambi i contraenti:
per l’impresa, infatti, c’è la possibilità di ottenere una stabilizzazione del costo del
finanziamento, ovvero di godere di finanziamenti a tassi inferiori, mentre per la
banca si intravede un miglior sfruttamento delle informazioni riservate.
Per contro, le imprese si trovano ad affrontare il dilemma tra la diffusione di
informazioni necessarie alla loro valutazione e le esigenze di competitività
aziendale che, invece, suggeriscono di mantenere una certa riservatezza per
evitare di favorire le aziende concorrenti.
Non c’è dubbio però che l’avvio di un rapporto privilegiato con la banca è
particolarmente importante per le imprese di dimensioni minori, le quali riescono
in tal modo ad accedere al mercato dei capitali.
Se, infatti, le grandi imprese hanno la possibilità di agire autonomamente sui
mercati finanziari e accedere direttamente alle opportunità di finanziamento, le
imprese più piccole, che non hanno tale capacità, devono necessariamente
rivolgersi al mercato finanziario in forma mediata.
1.2 Il rischio di credito: elementi definitori
Il termine rischio di credito esprime ‘’la possibilità che una variazione inattesa del
merito di credito di una controparte, nei confronti della quale esiste
un’esposizione, generi una corrispondente variazione inattesa del valore di
mercato della posizione creditoria’’(Sironi A.,2000). Impliciti in questa
definizione si racchiudono tre concetti che necessitano di essere argomentati.